Serpeverde e Grifondoro nei sotterranei, la voce strascicata di Piton e la tensione alle stelle per il primo compito di
inizio semestre.
Molti posti vuoti e qualche nube di fumo di troppo. Una
normale mattinata a Pozioni.
Harry Potter è distratto, lo sguardo perso nel vuoto, e il
suo calderone ancora con il primo liquido.
-
Potter, per lei è troppo semplice la pozione?- La voce
strascicata di Piton giunge all’orecchio del Grifondoro facendolo sobbalzare.
Il ragazzo torna alla realtà, - No, mi scusi Professor Piton-
L’insegnante se ne torna alla cattedra mentre Harry ringrazia
tutti i santi per le ripercussioni mai giunte e cerca la concentrazione.
Di tanto in tanto guarda il posto vuoto in prima fila e si
chiede dove mai sia finita.
A Draco, in fondo alla stanza,
ronza in testa un quesito molto simile. Aggiunge l’ultimo ingrediente alla sua
pozione e la consegna.
Passa di fianco a Potter e infila della polvere nel suo
calderone.
-
Ma che acc-
-
Evito che tu faccia saltare in aria tutti i sotterranei.-
Harry guarda la pozione e vede che ha smesso di bollire.
-
Potter, io ringrazierei il signor Malfoy
fossi in lei, le ha evitato una notte in infermeria. E questa notte le servirà
per creare la pozione che mi porterà domani. Così come alla signorina Grenger che ci ha degnato solo ora della sua presenza. –
Grifondoro e Serpeverde la guardano. I capelli sconvolti, bianca come un
cencio e quell’aria di chi è tornato al mondo da molto poco.
Hermione
stringe il foglio tra le sue mani, gli ingredienti della punizione appaiono
velocemente sulla pergamena. Piton la sorpassa
dirigendosi altrove, gli studenti lo seguono poco dopo.
La riccia si siede all’ultimo banco, su cui posa tutte le sue
cose, e cerca di leggere il foglio ora che è più lucida.
-
Se vuoi ci vediamo dopo cena e la facciamo insieme.-
-
Non posso Harry, ho da fare stasera, la farò nei momenti
liberi.- Conversazione chiusa. Il moro la vede raccogliere le sue cose e
andarsene.
-
Malfoy ne
sai qualcosa? – Il biondo sorride ironicamente.
-
Meno di te Potter e sinceramente ha reso chiara l’idea mesi
fa. Non sono fatti miei.- Il Griffondoro sospira e si
dirige dove sa di trovare risposte.
Morag McDougal è alla quarta
sigaretta della mattinata, occhi chiusi e sole sul viso.
Harry irrompe poco silenziosamente in
questo ediliaco e soprattutto silenzioso ritratto.
-
Cosa le hai venduto?-
-
Ciao Morag, dopo
mesi mi sono ricordato della tua esistenza. – non un muscolo si era mosso
durante la conversazione.
La
ragazza spegne la sigaretta, apre gli occhi e si volta. – Vendo a tanti Potter,
mi serve un chi.-
-
Hermione Granger.-
-
Bella ragazza, devo chiederle che balsamo
usa.- Una battuta detta con serietà.
-
Morag sul serio, cosa ha comprato.-
-
Non credo di aver mai fatto affari con
lei.- Lo sguardo di Harry si indurisce
-
Malfoy non ne sa nulla, ergo la Parkinson non c’entra,
quindi rimani solo tu. So che sta prendendo qualcosa ma non so cosa.- La mano del ragazzo le stringe un braccio dolcemente
mentre lei cerca di girarsi
-
Anche se fosse non posso dirtelo. Chiedilo
a lei. Perfavore lasciami ora.- Il Bambino
sopravvissuto lascia la presa e forse si accorge solo allora di aver tenuto per
granparte del tempo il suo braccio. Morag riporta il braccio lungo il corpo. Harry si avvicina
al volto della ragazza lentamente, lei si allontana leggermente prima di
riavvicinarsi e baciarlo, lentamente guardandolo negli occhi.
Non
smette di guardarlo fino alla fine, si stacca leggermente, smette di stare in
punta dei piedi, chiude gli occhi e prende un respiro profondo. Quando il
ragazzo comincia a parlare lei è ancora nel suo mondo.
-
Usciamo stasera? Alle 22 sotto il
portico.- Lei lo guarda e risponde solo ok.
-
Ok, allora è ufficiale usciamo insieme.-
Bacio- stasera- Bacio.- Alle 21:00 - bacio
-
22:00- il ragazzo sorride.
-
Volevo vedere se eri attenta.- Morag non replica lo bacia e basta.
E statte zitta
che ne sai tu de quello che sento
c'ho na fitta ma nun me lamento, nun me lamento
Amore un corno
i panni s'asciugano soli
e sto freddo non viene da fori
io ce l'ho dentro
Pansy Parkison
e Theodore Nott si trovano
nella Stanza da Caposcuola di lei, gli unici rumori nella camera sono gli
schiocchi di baci e gli asiti.
Nudi, abbracciati sotto le lenzuola, soli e innamorati.
Nessuno mai avrebbe detto che la ragazza si potesse definire silenziosa in un
qualunque momento della sua vita, ma mentre fa l’amore Pansy
non parla, non pensa, si lascia andare al tocco del suo amante, sentendosi la persona
più importante, speciale e fragile del mondo. Ma soprattutto si sente amata
come mai lo è stata nel resto della sua vita.
Un sole pallido nel cielo, l’aria che profuma d’autunno ed
una fioca luce filtra dalla piccola finestra nella camera, illuminando
fiocamente i volti sudati dei due ragazzi. Sorridono sinceramente mentre crollano
uno di fianco all’altro esausti.
.- Dovremmo saltare le lezioni più spesso.-
- Ok, signorina Parkinson lei deve fare qualcosa per me ora.
Visto quello che ho fatto io per lei-
- Pensavo di averla già
fatto nell’ultima ora e mezza.- Un sorrisino beffardo appare sul volto della
ragazza.
- mh.
Non lo so.- Uno schiaffo leggero sul braccio lo fa
ridere di gusto.
Il picchiettio del becco di
un Gufo sulla finestra interrompe quel comico siparietto, Pansy
si alza portandosi dietro coperte e lenzuola, lasciando il serpe verde nudo al
freddo della stanza.
.- Cazzo, Pansy!- La ragazza sorride mentre prende la lettera, la
guarda cercando il mittente: l’ennesima lettera da Azkaban.
Prende un accendino dal
comodino al suo fianco e la brucia.
-
Tua Madre?-
-
No, il suo avvocato.- La ragazza torna seduta sul
letto, di fianco al moro. Guarda bruciare la carta per poi farla sparire con un
colpo di bacchetta.
-
E’ la seconda questo mese.- Theodore tira a se la ragazza che si rannicchia al suo
fianco dandogli le spalle, chiude gli occhi e si gode il contatto con il corpo
del ragazzo, ormai gelido e sorride.
-
La terza, comunque.-
-
Mi togli una curiosità?- La ragazza annuisce
-
Perché l’hai bruciata? Ma soprattutto perché con
l’accendino e non con la bacchetta.-
-
Perché se non si spreca a scrivere lei, io non mi
sprecherò a leggere. E perché le avrebbe dato più fastidio un metodo babbano che uno da Mago. Ma adesso vorrei evitare di
parlare di mia madre e dedicarmi ad altro non so se mi spiego.- Gli occhi della
serpe verde avrebbero reso chiaro il concetto a chiunque.
Un insistente bussare e il
successivo spalancare la porta con conseguente invasione di Daphne
nella stanza interrompe il momento e soprattutto l’atmosfera.
-
Daphne… ciao.-
Il cipilio della mora viene sostituito da
preoccupazione quando si accorge del nervosismo dell’amica.
-
Draco.- Non servono altre parole
per vestirsi e seguire l’amica insieme al serpeverde
e raggiungere l’amico.
Ha volte ci si dimentica che soffrire è normale,
per ogni relazione, di qualunque natura e genere.
Il vero errore è non capire quanto si desidera
sopportare prima di lasciare andare,
quasi tutto si può sopportare,
ma quanto si vuole tollerare?
Hermione si guarda allo specchio, si
bagna il viso con l’acqua gelida cercando di riprendersi e togliersi quel senso
di stordimento.
-
Ti ho detto di andarci piano con quella roba.- Morag McDougal riflessa nello specchio appare come un fantasma
dietro le sue spalle.
-
Non credo siano problemi tuoi.- La replica
della mora appare stanca e strascicata mentre si asciuga il volto.
-
Io invece credo di si.-
-
E in che modo?-
-
Te l’’ho procurata io e soprattutto è
illegale.- la riccia innalza un
sopracciglio
-
Come tutti i tuoi traffici?-
-
Ma nessuno degli altri è mortale.- Lo sguardo freddo
della corvonero segna la fine di quella scomoda conversazione.
Hermione regge lo sguardo della
compagna fino a che non la vede voltare le spalle e uscire dalla stanza.
La mora lancia l’asciugamano
con tutta la forza in corpo contro lo specchio, poi guarda il suo riflesso e si
vede brutta, consumata e capisce che di quel passo avrebbe retto veramente
poco.
Morag esce dal bagno e si
appoggia alla parete appena uscita, sente i singhiozzi soffocati della
compagna, tre ragazza del terzo si avvicinano ridendo scherzando alla porta.
-
E’ inagibile.-
-
Non ci sono comunicazioni.- la corvonero
le fissa per un momento in silenzio
-
Ho detto che è inagibile usate quelli al terzo piano
oppure potrebbe arrivare una voce all’orecchio di qualche professore. E che io
sappia l’erba babbana non è ancora ben vista ad Hogwarz.- Con uno sguardo d’odio e non poco indispettite le
tre ragazze girano i tacchi e ritornano sui loro passi.
La sua buona azione del
giorno Morag McDougal l’ha
fatta ora si accende una sigaretta e si dirigere lontano da tutti quei drammi.
Ne ha abbastanza di tutto.
Me ne andrò su una barca de fiori
Me ne andrò però nun
me lamento
Quando Pansy Theo Daphne arrivano, Draco è seduto a
terra con le spalle poggiate alla parete di pietra, un occhio nero, il labbro
spaccato e probabilmente un braccio e delle costole rotte a giudicare dalla
postura inarcata in avanti. Davanti a lui Blaise, le
braccia allargate come per fare muro all’amico, lo sguardo freddo e i
lineamenti induriti dalla mascella serrata.
Nott
affianca quest’ultimo, entrambi con la bacchetta sotto il mantello e nessuna
voglia di sferrarla, le due ragazze si inginocchiano ai fianchi di Malfoy cercando di capire quanto preoccuparsi. Duncan Inglebee e due ragazzi del terzo dietro di loro, un sorriso
beffardo di chi pensa di aver vinto.
Pochi secondi prima che Theodore e Blaise saltassero al collo di Duncan e uno degli scagliozzi, Il terzo terrorizzato dietro di loro.
Daphne
sconcertata guarda la scena:- Perché nessuno usa le bacchette?-
-
Testosterone, ego, idiozia? Puoi scegliere.- alla replica inacidita
di Pansy segue un risolino di Draco
ed un mugolio di dolore dovuto alle costole incrinate.
-
Ok, dopo mi spiegherete perché parlate a bassa voce. Ora
falli smettere Pansy. Ho bisogno di andare in
infermeria. – Pansy sbuffa, tira fuori la bacchetta e
con due fatture gli scagnozzi corrono via spaventati. Blaise
blocca la mano di Pansy nel momento in cui sta per
sferrare la terza fattura. Occhi negli occhi. Una mano di Zambini
al collo che stringe mentre Duncan cerca di non soffocare.
Draco si
alza a fatica, posa una mano sulla spalla dell’amico.
-
Lascialo andare, Blaise ora.-
Il nero lascia il compagno che
corre via, vile come lo è sempre stato e probabilmente spaventato a morte, Zabini non si volta verso gli amici, scansa la mano di Draco e inizia a camminare allontanandosi.
Il biondo barcolla e viene
sorretto da Daphne, Pansy
cerca di fermare il compagno che la ignora.
-
Pansy,
lascialo andare lui ha bisogno di schiarirsi le idee e io di un infermiera.-
Pansy resta
ferma e guarda infondo al corridoio dove Zabini è
sparito poco prima, Nott le tocca la spalla.
-
Draco ha
ragione ha bisogno di calmarsi, stai tranquilla.- La ragazza sorride poco
convinta, mentre lui le bacia il capo stringendola a se leggermente.
-
Vi muovete? Questo pesa!- Daphne arrancanca sotto il peso del Biondo e sorride alla sua
faccia contrariata.
-
Questo a chi?!-
-
Zitto! Che il nuovo Draco che non
reagisce ha creato solo problemi! – La replica piccata della bionda in realtà
racchiude tutto l’orgoglio che la ragazza prova nei confronti del compagno, che
la stringe per quanto possibile e le bacia la guancia quando vede una lacrima
di tensione scendere dagli occhi grigi così simili ai suoi. Mugula
di dolore quando la Greengrass lo abbraccia.
-
Scusa.-
-
Mamma come siete melensi.- Theodore
prende il braccio dell’amico e se lo carica sulle spalle mentre la sua fidanzata
sorride raggiungendoli e finalmente spariscono in fondo al corridoio
dirigendosi in infermeria.
Solo me chiedo perchè
sto così bene co te
Io che non ho paura
nella notte scura
A fa risse, guerre, scommesse
mille schifezze
Tremo tremo forte fra
le tue carezze
Tremo tremo forte fra
le tue carezze
L’aria
della biblioteca satura di polvere, la penombra dovuta alle tende tirate e il
silenzio dato dall’assenza di gente.
-ehi,
stai cercando questo?- Una voce famigliare che è impossibile che lei abbia
sentito.
Con
la coda dell’occhio le sembra che una testolina rossa sia sparita oltre gli
scaffali.
Si
gira e vede il grande libro dalla copertina nera sul tavolo di legno.
Lo
apre e lo sfoglia, una coltre di polvere si alza dalle pagine.
Hermione scorre con il dito le righe scritte
sulla carta, un areoplanino incantato si posa sulla
superficie, si apre:
“ Alza lo sguardo”
La
riccia alza gli occhi, e lo vede lì, occhi grandi e limpidi, sorriso dolce.
-
Signorina
Granger.- La voce si alza leggermente e si indurisce –
Signorina Granger!-
Apre
gli occhi che non si è accorta di aver chiuso, la bibliotecaria le copre la
visuale con la sua corporatura robusta – La stanno cercando nella sala dei
caposcuola.
E statte zitta
che ne sai tu de quello che ho visto
Eri bella in un altro posto
e non insisto
Amore in fondo
la vita mia è una bottiglia che se scola
e non me serve fra le lenzuola
chi me consola
Hermione, inserisce l’ultimo ingrediente nella
pozione, e si mette a leggere il libro che si è portata dietro, gli occhi si
chiudono, si sente stanca. Le parole si confondono davanti ai suoi occhi, il
sobbollire della pozione davanti a lei sembra una ninna nanna.
Posa
il libro sul banco e si stropiccia la faccia cercando di svegliarsi, Ron seduto
nel banco davanti al suo la guarda, sorride dolcemente, il suo volto si fa via via più pallido e poi boom.
Si
spaventa, il ragazzo non c’è più, i suoi capelli sono ricoperti di una sostanza
viscida e verde, il calderone bruciato ormai vuoto.
Me ne andrò su una barca che vola
Me ne andrò ma non resterai sola
Ormai
è il tramonto e Draco continua a sedere sul letto
dell’infermeria, inizia a essere indispettito oltre che dolorante.
Madama
Chips passa per l’ennesima volta davanti al suo letto
portando riviste che il biondo dubita siano di medicina babbana
o magica.
-
Madama
devo aspettare di compiere la sua età per avere la sua attenzione?- 3, 2, 1, un
infuriata infermiera, bassa tonda ma dagli occhi dolci nonostante l’espressione
acciliata appare davanti al serpeverde.
-
Dubito
che lei arrivi alla mia veneranda età.- Draco le
sorride ironicamente mentre prende la pozione disgustosa che gli avrebbe messo
a posto le ossa.
-
Non
faccia tante scene e se ne vada. –
-
Ma
scusi il labbro rotto e l’occhio nero?- Ormai madama Chips
gli ha voltato le spalle ma la risposta arriva forte e chiara.
-
Quelli
se li tiene come monito. Arrivederci signor Malfoy.
Si ricordi di chiudere la porta quando esce.- Il biondino scuote la testa,
scende dal letto e si dirige al campo da quidditch.
Il vento è abbastanza forte, un’unica scopa
vola con fatica nel cielo, a cavalcioni un moretto parecchio arrabbiato cerca
di sfogare la rabbia rincorrendo un boccino che non sembra risentire del vento
contrario.
Finalmente la mano bruna riesce a stringere la
pallina alata al suo interno. E’ ora di rientrare. I piedi fasciati negli
stivali verdi poggiano tra l’erba e Blaise Zabini scende elegantemente dalla scopa per dirigersi agli
spogliatoi.
-
Vuoi
rubarmi il ruolo?- Il moro si volta verso la voce.
-
No
tranquillo, prima devo provare a capire chi ti ha rubato il cervello.- Draco sorride guardando l’amico. Non dice nulla.
-
Come
cazzo ti è saltato in mente di non reagire? –
-
Sarebbe
andato a mio discapito.-
-
Ti
avrebbe evitato un labbro spaccato.- Draco sa che
quel nervosismo è dovuto a brutti ricordi. Che non riguardano lui, ma il moro
stesso.
Blaise abbassa lo sguardo e Draco non smette di sorridere, si avvicina al bruno e lo
stringe a se, se mai qualcuno avesse raccontato questa scena, pochi ci
avrebbero creduto.
Il crepuscolo dipinge il cielo e i due amici
entrano negli spogliatoi tra spintoni più o meno amichevoli.
E tra sorrisi sinceri e complicità ritrovata.
Solo me chiedo perchè
sto così bene co te
Io che non ho paura
nella notte scura
A fa risse, guerre, scommesse
mille schifezze
Tremo tremo forte fra
le tue carezze
Tremo tremo forte fra
le tue carezze
Consegna
l’ultima borsa della giornata, si mette i galeoni in tasca e si dirige in
camera.
Il
suo passo è accelerato, quasi corre, non sente neanche i suoi compagni che la
salutano quando rientra nella sala comune.
Sale
le scale e spalanca la porta della stanza e successivamente quella del bagno, da
dove Orla Quirke,
la sua compagna di stanza, appena uscita dalla doccia ed ancora in accappatoio,
viene sbattuta fuori in malo modo.
Un’ora
dopo la stanza è piena di vapore, lo specchio appannato. Morag
avvolta nell’accappatoio rabbrividisce, con un colpo di bacchetta si asciuga i
capelli scuri, venti minuti dopo un rossetto rosso tinge le labbra della ragazza,
dei tacchi vertiginosi le fasciano i piedi ed un semplice abitino nero le cade
morbido sui fianchi.
Si
guarda allo specchio mordendosi le labbra, si vede bella, ha voglia di essere
bella, ha il desiderio di vederlo e di sentirsi speciale.
Provare
quella sensazione di benessere, quando qualcuno ti considera talmente
particolare e affascinante da non doverlo dire, perché tutto di lui lo
trasmette: il modo di fare, di parlare e di agire.
Così
si sentiva tre mesi prima, così spera di vedersi tra poche ore.
Vuole
ignorare il sentore che qualcosa non va, la sensazione di sentirsi una tra le
tante, la certezza che deve aspettare ancora una volta che qualcuno sia pronto
per lei.
Sorride
a se stessa prende la borsa scaccia i pensieri e di dirige al suo appuntamento.
Il
fuoco scoppietta nei sotterranei, non è tardi ma la maggior parte degli
studenti si è già ritirato nelle proprie stanze.
Blaise e Dranco si
siedono al tavolo e fanno una cosa che da un po’ di tempo è diventata la loro
buonanotte.
-
Scacchi
magici sul serio? Siete su quella partita da due giorni ormai.- Entrambi
ignorano il commento di Daphne e si concentrano sulla
partita.
Draco fa apparire due
bicchieri di idromele al loro fianco, Theodore arriva
con Pansy in quel momento, prende il bicchierino e
butta giù il liquido senza sforzo, osserva l’amico mentre cerca a tentoni la
bevanda. Inizia a ridere e così gli altri lo seguono, il biondo cerca di
trattenere le risate il più a lungo possibile, ma alla fine cede anche lui
unendosi agli amici.
Me ne andrò su una barca d'argento
Me ne andrò su una barca che vola
Me ne andrò ma non resterai sola
Mannarino- Statte zitta
Una boccetta nelle mani, l’ennesimo sbadiglio sulla bocca e i
capelli con ancora qualche residuo della pozione tra i capelli.
La borsa dei libri sulla spalla è strapiena, il passo è
lento, dovuto al peso e alla stanchezza. L’aula di Pozioni davanti a lei. Un
ragazzino del terzo anno esce seguito dai suoi amici, corrono e colpiscono Hermione di striscio, facendogli perdere l’equilibrio quel
tanto che basta per farle incontrare il muro e farle scivolare di mano l’ampolla
che si frantuma al suolo.
Una scena che quegli studenti non vedono, troppo impegnati a
ridere tra loro, e quella risata è particolarmente irritante alle orecchie
della riccia che afferra la bacchetta girandosi verso le nuche degli studenti.
Lo sguardo è appannato e la fattura sembra tardare ad arrivare tra i ricordi
leggermente
confusi.
Una mano le afferra il polso con non troppa gentilezza
facendo in modo che la bacchetta le cada di mano.
E quando realizzi che ci hai sperato di nuovo.
Che stai aspettando che appaia dal buio, sorridente con
quegli occhi che brillano al solo guardarti che fa più male.
Perché Harry Potter non era solo in ritardo, non sarebbe mai
arrivato.
Morag sente
il respiro che si spezza, come quando devi iniziare a piangere, odia lui e odia
se stessa perché gli ha permesso di farla sentire inadeguata, ma soprattutto
stupida.
Vuole urlare che sarebbe stato meglio non conoscerlo mai, che
non fosse mai entrato nella sua vita; anche se sa che è un pensiero passeggero.
Si stacca dal muro, il rumore dei tacchi rimbomba tra le
pareti, la corvonero rientra dal quadro della sua
casa, apre la porta della sua stanza, osserva il letto della sua compagna di
stanza, è vuoto.
E probabilmente non le sarebbe importato anche se ci fosse
stata.
Si sveste lentamente, prendendo un respiro profondo di tanto
in tanto quando sente il nervoso e le conseguenti lacrime salire, si strucca e
si getta sotto il getto bollente della doccia, chiude gli occhi e si rilassa
sentendo l’acqua scorrere sul corpo.
Si sente sporca, sorride ironicamente, mentre pensa di non
aver mai fatto una doccia così ravvicinata all’altra, che per l’ennesima volta
sta perdendo tempo dietro ad una persona che non fa per lei, o non vuole fare
per lei: ma in fondo poco importa, il risultato è lo stesso.
Fuori la luna è piena, non c’è bisogno della luce
artificiale, tutto è illuminato.
Finalmente tutto tace.
Fonte:
http://www.angolotesti.it/A/testi_canzoni_alessandro_mannarino_55070/testo_canzone_statte_zitta_1167883.html