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Autore: innominetuo    13/12/2015    12 recensioni
Joe Yabuki ritorna sui suoi passi, dopo un anno di dolore e di rimpianto. La morte di Tooru Rikishi lo ha segnato profondamente. Ma il ring lo sta aspettando ormai da tempo.
E non solo il ring.
…Se le cose fossero andate in un modo un po’ diverso, rispetto alla versione ufficiale?
Storia di pugilato, di amore, di onore: può essere letta e compresa anche se non si conosce il fandom e quindi considerata alla stregua di un'originale.
°°°°§*§°°°°
Questi personaggi non mi appartengono: dichiaro di aver redatto la seguente long fic nel rispetto dei diritti di autore e della proprietà intellettuale, senza scopo di lucro alcuno, in onore ad Asao Takamori ed a Tetsuya Chiba.
Si dichiara che tutte le immagini quivi presenti sono mero frutto di ricerca su Google e che quindi non debba intendersi il compimento di nessuna violazione del copyright.
Si dichiara, altresì, che qualsivoglia riferimento a nomi/cognomi, fatti e luoghi, laddove corrispondenti a realtà, sono puro frutto del Caso.
LCS innominetuo
Genere: Drammatico, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Bianche Ceneri'
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Perché doveva essere sempre tutto così complicato?

Yoko si torceva le mani, nervosamente. Il clic della cornetta aveva appena chiuso la conversazione tra lei e Joe. Da diversi giorni, ormai, Joe era divenuto per lei solo una voce: si diceva preso e concentrato nella sua battaglia contro i chili di troppo, in vista dell’incontro, per cui non era più andato a trovarla. Tutte le sue energie e la sua attenzione erano rivolte all’obiettivo di far abbassare quel dannato ago della bilancia: per questo motivo, Joe non aveva lasciato la palestra e i dintorni della stessa, per potersi preparare al meglio contro Ryuhi Kim.

“Cerca di capirmi, Yoko. In fondo si tratta solo di pochi giorni. Ma sono cruciali per me e non posso deconcentrarmi per nessun motivo… neppure per te. Scusami.”

Ecco la solita chiusa alle loro conversazioni. Joe ergeva un muro, invisibile ma granitico, tra loro due, pregando Yoko di avere fiducia in lui e di pazientare ancora per un po’… Ma Yoko non intendeva starsene in disparte. Il suo intento non era di certo quello di interferire, ben sapendo che in ballo c’era il titolo asiatico: quello che la giovane cercava in tutti i modi di far capire al suo uomo era semplicemente che voleva stargli accanto per aiutarlo. Del resto, c’era già passata… con Tooru. Chi meglio di lei era in grado di capire quanto fosse delicata situazione del peso, per un pugile?

Chiuse gli occhi, la testa le girava leggermente… già seduta com’era sulla dormeuse si lasciò andare riversa. Come dimenticare? Le immagini le si affollarono nella mente, come in un caleidoscopio.

Tooru affamato ed angosciato nel contemplare una mela tra le sue mani tremanti… una misera mela, unico pasto della giornata.

Tooru che si pesava ossessivamente, più volte al giorno.

Tooru che si allenava vestito di una pesante tuta con cappuccio… ma non all’aperto e nel pieno della stagione invernale, ma all’interno di una sauna.

Ma, soprattutto…

Tooru che si aggirava di notte, per la palestra Shiraki ove si era barricato, implorando, con la voce rauca: “Ho sete, ho sete… vi prego, dell’acqua…”, dato che aveva persino smesso di bere, due giorni prima* del match contro Joe.

Una limpida lacrima le scorse giù per la gota. No, non aveva dimenticato quello che era stato il suo primo amore: il ricordo di Tooru era gelosamente custodito nel suo cuore…un ricordo prezioso come un gioiello, da serbare con cura e con rispetto. E adesso pure Joe doveva lottare contro la bilancia, anche se nel suo caso non si trattava di dover scendere di ben due categorie di peso, com’era stato per Tooru, ma di rimanere nella propria, di categoria, facendo più attenzione, per il futuro, alle bevande ed all’alimentazione, dato che, negli ultimi tempi, aveva peccato di leggerezza. La vera difficoltà era riuscire a perdere gli ultimi tre chili a distanza di pochi giorni dall’incontro: un vero e proprio conto alla rovescia, che lo metteva in uno stato di comprensibile angoscia. Anche se al telefono Joe ne parlava scherzando, cercando di rassenerare Yoko e di minimizzare la cosa, lei sapeva che il ragazzo, già solo tenendola a distanza, cercava a suo modo di proteggerla. Combattuta tra il desiderio di stargli accanto e quello di rispettare la sua volontà di gestire la questione-peso con Tange, Yoko fissava, immobile, un punto della carta da parati, come ipnotizzata dalle fantasie a tenui colori pastello della sua camera da letto. E rimase così anche nelle ore successive, in uno stato di dormiveglia, ponendosi mille interrogativi, tutti rimasti senza risposta.

°°°°°°°

Qualche giorno dopo…al Ponte delle Lacrime


Ormai mancavano solo tre giorni dall’incontro.

Joe aveva preso la decisione di nutrirsi solo di un frutto al dì. Tange era riuscito, seppur a fatica, a convincere Joe a continuare a bere, dato che la disidratazione avrebbe arrecato danni gravissimi al suo fisico e dato che, debilitato com’era, senz’acqua non avrebbe resistito neppure per una settimana. Il ragazzo, infatti, memore del digiuno assoluto a suo tempo affrontato da Tooru, non voleva essere da meno, rispetto al suo povero amico.

Erano rimasti, più che soli, isolati, Joe e Danpei. A parte qualche sporadica visita di Nishi e dei monelli del quartiere, i due uomini si erano ora tenacemente aggrappati l’uno all’altro, un po’ incoraggiandosi a vicenda, un po’ litigando, a volte pure aspramente. Nakamura aveva provato, più volte, ad approcciarsi a Joe, offrendogli il suo aiuto: l’uomo si aggirava spesso da quelle parti, come un felino geloso del suo territorio, pronto a difenderlo da tutto e da tutti. Ma Joe, seppur in modo non troppo brusco, gli aveva fatto capire, proprio come aveva fatto anche con Yoko, di voler gestire la situazione soltanto insieme al suo coach, dovendo perseguire un duplice obiettivo: quello di rientrare nei limiti di peso della sua categoria e, al contempo, quello di arrivare al match adeguatamente allenato. Tutte le questioni personali e familiari andavano semplicemente rimandate di qualche giorno, senza se e senza ma.

“Un chilo. Solo un maledetto, fottuto chilo. Che dici: ce la possiamo fare, in questi tre giorni?” borbottò Joe, rivolgendosi a Tange, dopo che ambedue avevano consultato, ansiosi, la bilancia medica della palestra.

“Speriamo di sì… più di così non possiamo fare, mi sa.”

“E se non ce la facciamo?” chiese Joe, in tono iroso. Ormai non ce la faceva più a reggere una situazione tanto incerta. Si rivestì in fretta e furia, lasciandosi poi sedere, sospirando, sulla panca.

“Se non ce la facciamo dovremo avvisare la Federazione e far annullare il match, oppure cercare di spostarlo un po’ più avanti. Certo: ci saranno delle penali da pagare e se ne andranno in fumo tutti i nostri risparmi messi da parte per costruire la palestra nuova… ma pazienza. Si vede che non era destino… forse sarebbe il caso di farti iscrivere alla categoria di peso superiore, quella dei supermedi: così, se anche ogni tanto ti capita di sgarrare con il cibo, più di 76 chili non penso proprio che riusciresti a pesare, ragazzo mio, e faresti almeno una vita meno grama. Va bene fare sacrifici ed essere rigorosi: ma alla tua età è anche giusto poterti permettere ogni tanto un peccato di gola, come fanno tutti i ragazzi. A me dispiace stare sempre attento a quello che ti metto nel piatto e sapere che ti alzi da tavola ancora affamato! Cosa credi, che io non l’abbia capito?”

“No. Non si può fare. Io non intendo cambiare di categoria.” replicò Joe, in tono secco, chinandosi ad allacciarsi le scarpe da running.

“Joe…”

“Ascoltami bene, Danpei. Non mi sono ridotto a mangiare un’arancia al giorno per poi mollare tutto. Ce la devo fare. Punto. E non voglio più sentir parlare di salire di categoria: io sono e resto un peso medio! Lo era Carlos, che ci ha rimesso la salute mentale, su quel cazzo di ring. E soprattutto… ricordati che Tooru è diventato un peso medio per combattere contro di me, scendendo di ben due categorie: ha rinunciato ad essere un mediomassimo, perdendo tanti chili e riducendosi a pelle ed ossa per incrociare i guantoni con me… e tutto questo per onorare una promessa! E tu ora mi vieni a dire, bello tranquillo, di cambiare di categoria per poter mangiare un po’ di più? Ma scherzi o stai delirando?” man mano che parlava, Joe alzava i toni, sempre più, fronteggiando Danpei. “Io non faccio la boxe per divertimento! Chissenefrega se non posso abboffarmi di dolci, guarda che non stai mica parlando con Nishi! Mangiare mi piace, ok, ma il cibo non è la prima cosa cui penso quando mi alzo al mattino! Lo capisci o no che per me ora la cosa più importante è misurarmi con José Mendoza? E come faccio se cambio di categoria? Vuoi che quel messicano se la rida, dopo che si è dato la briga di venire fin qua, anche se solo per guardarmi negli occhi?” concluse, ormai urlando fuori di sé.

Tange aveva ascoltato in silenzio la reprimenda di Joe, evitando di interromperlo, per non farlo irritare ancora di più. Vedendolo così nervoso, cercò di blandirlo, appoggiando paternamente le mani sulle sue spalle: “Va bene, va bene… ho capito. Se per te è tanto importante onorare la memoria di Tooru Rikishi, non intendo insistere, con la storia del peso. Però guarda che io lo dicevo per te, per il tuo bene. Questi giorni sono davvero pesanti e volevo solo evitarti, per il futuro, di ricascarci… ecco tutto.” Tange abbassò lo sguardo, contrito, voltandosi per andare in cucina.

“Lo so, vecchio, che mi vuoi bene. Pure io te ne voglio. Ma devi darmi fiducia e lasciarmi fare. Vedi,” Joe additò al loro ring da allenamento “ogni volta che io oltrepasso quelle corde non dimentico nulla. Ed è come se lo stesso copione venisse recitato ripetutamente, anche se con qualche modifica. Ma io in ogni nuovo sfidante ci rivedo Wolf. E Bellosguardo. E Carlos.” Joe si incamminò all’uscita; aprendo la porta si voltò a guardare Danpei, con una luce triste negli occhi. “Ma soprattutto… ci rivedo lui, Tooru.”

Fatto un cenno di saluto con la mano, si mise a correre.

Non appena Joe si fu allontanato, Danpei inforcò la bicicletta e si recò alla drogheria Hayashi. Dopo i saluti ed i soliti convenevoli sul tempo e su argomenti generali con Keishichi Hayashi, finalmente sbucò Nishi dal retro del negozio, con aria cospiratoria. Il proprietario si congedò, scusandosi “di avere un milione di cose da fare”, e lasciandoli soli.

“Allora, hai fatto?” chiese Danpei, ansioso.

Nishi fece una smorfia di disappunto, scuotendo la testa “Sì, sì, certo, ecco qui… come mi avevi richiesto” gli disse, consegnandogli un sacchetto di carta di piccole dimensioni. “Senti, vecchio, io continuo a non essere d’accordo. Ti ho dato il peso vuoto fatto fare apposta, come mi avevi richiesto. Ma non trovo giusto ingannare Joe in questo modo… illudendolo di aver raggiunto il peso corretto mentre in realtà non è così. Tanto poi all’esame del peso lo scoprono e ci fa pure una figuraccia!”

“Senti tu, sciocco bestione, non farmi la predica! Vorrà dire che il match sarà rinviato di qualche settimana! Joe in questi giorni è debole come una formica, mangia solo un’arancia al dì! Lo capisci? Si sta rovinando la salute, alla sua giovane età! E tutto perché quei fetenti di coreani hanno preteso di fissare l’incontro in fretta e furia, senza neppure permetterci di prepararci in modo adeguato! Se anche il peso di Joe fosse stato perfetto, per un match così importante con anche il titolo asiatico in palio, ci dovevano dare più tempo, anche per allenarci in un modo speciale! Tu lo hai visto combattere, quel mostro di Kim? No. Io invece sì! E Joe NON È PRONTO! E se anche dovessi pagare delle penali salate chissenefrega! Ma io non ci rimetto il mio ragazzo, hai capito?” urlò Danpei, scuotendo Nishi come un birillo, dopo averlo afferrato per il bavero.

Alle urla dell’uomo fecero capolino Hayashi e consorte. “Ehm, Tange-san… tutto bene? Venga dentro, che Le offro del buon sakè.” lo invitò, affabilmente la madre di Noriko. La brava donna, sotto la scorza burbera, nascondeva un cuore d’oro, da vera chioccia.

“Grazie, Tamako-san… Lei è sempre gentilissima. Un goccio di sakè lo gradisco eccome. Quanto a te,” continuò, rivolgendosi nuovamente a Nishi, che continuava ad osservarlo con espressione preoccupata “sei pregato di tenere il becco chiuso. Io so quello che faccio.”

“Va bene, vecchio. Io ti ho avvertito: Joe NON la prenderà bene.” pontificò il ragazzone, tornandosene nel magazzino.

°°°°°°°

Nel frattempo, Joe aveva finito la sua sessione di corsa ed era ritornato alla palestra. Rimase un attimo interdetto, una volta aperta la porta.

“Ma cosa ci fai tu, qui?”

“Sai dirmi solo questo, dopo tanti giorni che non ci vediamo?” sussurrò Yoko, alzandosi dalla panca. Gli si avvicinò, dato che lui era rimasto impalato alla porta. “Come sei sciupato e pallido… che cosa sta succedendo?” gli sussurrò, prendendogli il viso tra le mani, fissandolo preoccupata.

“Aspetta… sono tutto sudato, di certo non profumo di fiori!” cercò di scherzare Joe, eludendo di proposito la domanda di Yoko. Le prese le mani tra le sue, stringendole piano ed accarezzandole i polsi sottili. “Dammi cinque minuti per una doccia… un attimo solo.” Infilatosi in cabina, continuò: “E comunque non ti devi preoccupare, eh. Guarda che io sto benissimo. Questa è solo la tirata finale, per l’incontro. Poi mi prenderò qualche giorno di relax, promesso.”

Yoko fece fatica a percepire le parole di Joe per lo scroscio dell’acqua. Ma il tono falsamente allegro che lui cercò di tenere anche dopo che ebbe finito con le abluzioni e che le ricomparve davanti rivestito di una tuta fresca di bucato, quello lo intese benissimo. Si era messo a cianciare di cose varie, senza spessore. Yoko non lo ascoltava: si limitava ad osservare, in Joe, il colorito smorto, le occhiaie profonde, le guance scavate.

“Basta. Taci. Non stai parlando con una stupida: smettila con questa sceneggiata!” gli si avvicinò “Te lo ripeto: che cosa sta succedendo? Hai un aspetto orribile! Cosa stai combinando?” gli intimò, gli occhi negli occhi.

“Va bene, Yoko.” Joe sollevò le mani, in segno di resa, “Basta con le stronzate. E scusa se ho fatto l’idiota, poco fa. Dimenticavo con chi sto parlando… con la stessa con cui litigavo, anni fa, al riformatorio.” Joe la contemplò in silenzio, per qualche secondo: no, la sua Yoko non sarebbe mai stata una donna dimessa, nonostante l’aspetto delicato. Un fiore d’acciaio: ecco cos’era**. “Hai ragione: sto da schifo. Ma non importa: la cosa importante è arrivare all’incontro con il peso a posto. Ormai manca pochissimo e devo farcela, anche a costo di nutrirmi d’aria! Anzi: sai una cosa? Mi hai fatto venire una splendida idea!”

“A cosa alludi?” chiese Yoko, sempre più perplessa ed angosciata.

“Possiamo andare alla tua palestra? Vorrei chiederti un favore…”

“Che cosa intendi fare, Joe?” urlò quasi, avendo intuito. Un maledetto déjà-vu.

“Mi sa che hai capito. Ascoltami, Yoko: io so quello che faccio, non sono pazzo, né stupido. Ma credo che qualche ora senza mangiare non mi ammazzerà. Mi porterò dietro una bottiglia d’acqua, giusto per non esagerare con il digiuno. Solo che con Danpei intorno che mi sbraita di mangiare ogni cinque minuti non lo so se riuscirò a perdere l’ultimo, fottuto chilo. Da te starò più tranquillo.” Osservando l’espressione sconvolta di lei, le prese le mani e le strinse forte “Aiutami, Yoko. Come facesti con Tooru, ricordi? Sarà solo per due giorni. Poi tornerò qui e completerò la preparazione atletica prima del match. Ma devo assolutamente rientrare nei limiti di peso, o tutti i miei sacrifici di quest’ultimo periodo, e quindi anche il non vederci, non sarà servito a niente!!”

Yoko deglutì, chinando il capo. “Va bene.” Lo precedette, a testa bassa, uscendo dalla palestra. Rimase in assoluto silenzio per tutto il tragitto sino allo SBC: mettendo in moto la sua corvette, aveva inforcato gli occhiali da sole, per non mostrare a Joe le lacrime brucianti che le erano affiorate tra le ciglia.
 
°°°*§*°°°

“Mi hai chiesto aiuto.

Pure tu.

Una voce diversa, una persona diversa... ma la stessa folle cocciutaggine. In nome di che cosa? Che cosa brucia in un pugile così intensamente da oscurare tutto il resto? Né la salute, né il pensiero di chi vi sta intorno, contano, per quelli come te… e come lui. Mi sorridi, poco prima di chiudere la porta, chiudendoti a chiave all’interno. Ma non mi inganni, con il tuo sorriso.

So benissimo che vuoi escludere me e tutti gli altri con qualcosa di più di una semplice porta.”


°°°°°°

Né Tange, né Nakamura presero bene la decisione di Joe di autorecludersi per perdere l’ultimo chilo. I due uomini si urlarono l’un l’altro i peggiori insulti, recriminando e maledicendo ogni singolo vicendevole atto che poteva aver portato Joe a quella follia. Tutti e due si recarono allo Shiraki Boxing Club per cercare, con le blandizie e con le minacce, di convincere il ragazzo ad uscire dalla cantina dove si era rinchiuso. Tutti e due si sedettero per terra, davanti a quella porta chiusa, dalla quale non proveniva quasi nessun suono.

E così fu, per due giorni e per due notti.

°°°°°°

Fu difficile per lui affrontare quel buio e quella solitudine.

Tempo addietro, aveva vissuto una situazione simile, al riformatorio, quando lo avevano sbattuto in cella di isolamento per punirlo dell’ennesima rissa che aveva scatenato contro i suoi compagni di reclusione. Uno sguardo di troppo, una battuta infelice… erano bastati per farlo esplodere come una miccia pericolosa. Ma all’epoca si sentiva bruciare dentro: di rabbia, di sconforto.

Joe il ribelle; Joe l’attaccabrighe.

Quello che non rispettava niente e nessuno e tantomeno le regole. Dov’era andato a finire quel ragazzo? La sua anima ora era rimasta circoscritta in quel quadrato sopraelevato e delimitato da corde.

Si sentiva stanco, Joe.

Sapeva solo di dover continuare a combattere, ad affrontare i suoi sfidanti: dentro il ring e, soprattutto, dentro se stesso. In tutte quelle ore di solitudine, mentre i morsi della fame si facevano sentire, sempre più atroci, tra un piccolo sorso e l’altro della bottiglia d’acqua, Joe sferrava pugni all’aria contro un avversario immaginario. Tre jab, un diretto destro. Continue, perfette combinazioni di colpi.

Tre-uno, tre-uno…

Nessuno poteva capire quel delicato momento, neppure la sua Yoko.

O meglio: solo una persona avrebbe potuto comprenderlo. Ma essa era dietro una porta, questa, sì, davvero chiusa per lui.

Ancora per il momento.

°°°°°°°

Finalmente passarono i due giorni: ormai, mancavano solo ventiquattro ore dall’incontro contro Ryuhi Kim. Danpei, Hiro e Yoko - che avevano fatto la guardia alla cantina facendo un po’ a turno, in modo che, se Joe avesse chiamato aiuto, avrebbero potuto intervenire e che ora avevano atteso insieme che il ragazzo si decidesse ad uscire, come già promesso a Yoko - udirono il rumore della chiave ed il cigolio della porta. Yoko portò le mani alla bocca, per soffocare un gemito. Joe avanzava barcollando, come un bimbo piccolo alle prese con i primi passi. Se ne stava un po’ curvo e, debolmente, scansò le mani di Hiro che gli si era fatto incontro per sorreggerlo. Era pallidissimo, gli occhi sparivano nelle occhiaie violacee. A fatica, riuscì a stirare le labbra in quello che, più che un sorriso, era una smorfia grottesca. Le labbra gli si spaccarono, le mucose si rigarono di sangue. E gli occhi di Yoko si riempirono di lacrime, una volta di più.

“Danpei… andiamo a casa… per favore.” riuscì a mormorare, con un filo di voce.

“Certo… certo, ragazzo mio. Vieni, appoggiati a me. Per favore, può darci un passaggio?” chiese Tange a Nakamura. Quest’ultimo si limitò ad annuire, stringendo le labbra per autoimporsi il silenzio. Anche Yoko si unì alla piccola scorta per Joe: niente e nessuno le avrebbe impedito di stargli accanto. Del resto, a nulla erano valse, nei due giorni appena trascorsi, le implorazioni di Tange e di suo nonno di tornarsene a casa per riposare.

Nessuno parlò, durante il tragitto. Joe aveva chiuso gli occhi e si era assopito. Riaprì gli occhi solo quando furono arrivati al Ponte delle Lacrime.

Erano tutti lì.

Gli Hayashi al completo; i suoi piccoli amici, con Saki in testa. Il buon Nishi. E così pure gli sfaccendati del quartiere e le brave massaie. Tutti rimasero in religioso silenzio, nel guardare il loro giovane amico, quello che avrebbe dovuto riscattare tutti loro e che, nel buio delle loro vite, essi consideravano il faro di una vita migliore e ricca di soddisfazioni: lo mirarono scendere da un’elegante berlina scura a passo incerto, sorretto da Danpei e scortato da un’ereditiera e da uno Yakuza. Non si sentiva volare una mosca, neppure le voci acute dei bambini, che quasi trattenevano il fiato. Le donne avevano gli occhi rossi ed umidi, gli uomini tiravano su col naso, cercando di darsi un contegno.

Joe aprì la porta della palestra e vi si infilò dentro, senza dire una sola parola, seguito da suo padre e dalla sua donna. Tange si voltò verso gli astanti, sorrise tristemente e li pregò di tornare a casa. “Adesso Joe è in ottime mani, state tranquilli. Vi farò sapere per domani. Grazie a tutti.”

Pian piano il folto gruppo di persone si disperse nella nebbia mattutina, come uno strano sciame d’api.

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Spigolature dell’Autrice:


*Un uomo adulto, in buone condizioni fisiche, può resistere senza bere acqua o assumere liquidi direttamente dagli alimenti per circa 7-10 giorni; ma un Tooru Rikishi fortemente debilitato da una dieta massacrante non avrebbe retto così a lungo: per questo motivo ho ritenuto di limitare nella mia ff la sua astensione dall’acqua a soli due giorni dal fatidico match… o sul ring sarebbe salito solo il suo fantasma! Scusate: ormai lo sapete quanto io sia rompiscatole!

(fonti: www.sos2012.i, www.sopravvivere.net, www.manuelmarangoni.it )

**permettetemi la citazione di un film da me molto amato: “Fiori d’acciaio” (“Steel Magnolias”), Usa 1989, di H. Ross, con Julia Roberts, Sally Field, Shirley MacLaine.


L’angolo del boxeur:

Ecco per voi le categorie di peso (espresse in chilogrammi) per la boxe professionistica maschile:

Massimi: nessun limite di peso
Massimi leggeri: 90,600
Mediomassimi: 79,275
Supermedi: 76,104
Medi: 72,480
Superwelter: 69,762
Welter: 66,591
Superleggeri: 63,420
Leggeri: 61,155
Superpiuma: 58,890
Piuma: 57,078
Supergallo: 55,266
Gallo: 53,454
Supermosca: 52,095
Mosca: 50,736
Minimosca: 48,924
Paglia: 47,57

(Fonte: www.mondoboxe.com)
****

Sì, lo so. Questo capitolo è molto introspettivo. Solo che in “Ashita no Joe” non ci sono solo ceffoni, ma anche tanta profondità. E comunque i ceffoni saranno di ritorno al prossimo capitolo. E che ceffoni, ragazzi miei…
  
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