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Autore: Lily_Luna    20/12/2015    5 recensioni
Apparentemente, la vita di Rose Weasley è perfetta. E' probabilmente la migliore studentessa di Hogwarts, Caposcuola, influente e carina.
Eppure...
La gente non la sopporta granché, ma la teme. I suoi cugini non le parlano più di tanto. I suoi parenti quasi preferiscono quello smidollato di Malfoy a lei. E Rose comincia a capire che le cose non vanno poi così bene. Nel momento stesso in cui riesce ad ottenere ciò che voleva, forse si rende conto di aver sbagliato tutto.
Basterà un incidente a farla ricominciare da zero?
"[...]Mi lanciai giù, senza guardare dove mettevo i piedi, e fu così che dimenticai di saltare il solito gradino che puntualmente spariva. Per evitare incastrarmi mi sbilanciai in avanti, perdendo l’equilibrio. Lanciai un grido, prima di rotolare giù.
All’improvviso ricordai una frase che mio padre mi aveva sussurrato il primo settembre di sette anni prima, come fosse un segreto “Alle scale piace cambiare… fai attenzione, Rosie!” [...]"
Rose/Scorpius
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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12 – Talk

 

 

Il suono deciso dei miei passi echeggiava tra le vecchie pareti di pietra del corridoio del sesto piano. Ero così concentrata su ciò che dovevo fare che a malapena riuscivo a pensare a quello che era successo solo qualche ora prima. Non mi importava niente. Avevo preso la mia decisione.

- Ti rendi conto che abbiamo bisogno di qualcuno che sia alla nostra altezza?

Sì. Certo che me ne rendevo conto.

Mi fermai davanti alla porta, bussai brevemente e senza aspettare risposta entrai.

Il profumo dei fiori mi colpì come uno schiaffo; improvvisamente con l’occhio della mente rividi quella stessa stanza, piena di gente, in un pomeriggio di qualche tempo prima. Un ricordo. Istintivamente mi voltai a destra, dove vidi una foto di alcuni ragazzi – presumibilmente della mia stessa età – che mi fissavano e mi salutavano. Erano terribilmente familiari. Mamma, papà e gli zii.

- Rose? Cosa succede? – esclamò il professor Longbottom, alzandosi dalla scrivania per venirmi incontro – Credevo fossi già scesa al Banchetto con gli altri.

- Non ancora. Ho bisogno di parlarti – distolsi lo sguardo dalla vecchia foto e lo puntai su di lui – Voglio uscire dalla squadra.

Neville corrugò le sopracciglia – Come?

Sospirai e mi sedetti su una delle morbide poltrone davanti alla grossa scrivania di quercia.

- Pensavo che sarebbe stato facile, che sarei riuscita a… non so, andare avanti, dimostrare che ero in grado di farcela nonostante tutto. Ma avevo sottovalutato tutta la situazione. Non posso partecipare alla gara. Devo… riannodare un sacco di lacci – sussurrai, scuotendo la testa.

Il professore mi fissò a lungo, poi scosse lentamente la testa - Non posso, Rose. Mi dispiace.

- Sì che puoi, è solo che non vuoi! – incalzai, scaldandomi subito – Per favore, permettimi di uscire. Non…

- È per qualche commento da parte dei tuoi compagni di squadra? Parleremo di questo, alla prossima riunione. Litigare come dei bambini durante la competizione… scherzate?

- No! – esclamai in fretta – Non hanno detto niente. È solo… senti, l’hai vista anche tu la gara, oggi. I miei compagni sono in gamba; sono bravi! Io non posso aiutarli e al momento è come se avessero un membro in meno. Io non voglio essere la zavorra di nessuno, okay?

Neville sospirò e si sedette – letteralmente – sulla scrivania. Mi guardava con la stessa espressione affettuosa dei miei genitori – Rose. Lo so che è difficile. Ma andartene non è la decisione giusta.

- No. Non lo sai! Tu sei un professore e sei sempre impeccabile. Tu credi che inserendomi a forza in questa squadra gli altri mi prenderanno in simpatia, che sarà facile per me ricordare tutto piuttosto che sentirmi ridicola e inutile, e per un attimo l’ho pensato anche io, ma non è così. Non è così. – sbottai, passandomi una mano sul viso.

Restammo in silenzio per un bel po’, poi Neville sospirò ancora – È vero; spesso noi adulti dimentichiamo cosa significhi essere adolescenti… ma ti assicuro che so cosa significa. So anche cosa provi. Forse non ci credi – aggiunse, mentre aprivo bocca per ribattere – ma ti capisco. Io non voglio che tutti i tuoi compagni ti accettino. Non sarà mai così ed è bene che tu lo sappia. Ma questo non vuol dire che tu non possa provare a dimostrare chi sei veramente. Non perché tu abbia bisogno dell’approvazione di qualcuno, sia chiaro. Ma solo perché noi siamo molto di più di come ci viene definiti. Non ti farò uscire dalla squadra, un giorno capirai. E poi, che tu ci creda o no, mi stai aiutando a far crescere i tuoi amici. Hanno bisogno di te, come tu ne hai di loro.

- Perché?

- Perché tu sei stata posta davanti a questa prova… e non puoi tirarti indietro, devi combattere. E i tuoi compagni… beh, loro devono crescere. Devono confrontarsi con una realtà diversa da quella a cui sono abituati. Devono aprirsi alle differenze e capire…

- Quindi cosa sono? Una specie di esperimento sociale? Il caso umano dell’anno?!  – replicai, voltandomi di scatto a guardarlo. Io dovevo aiutarli a crescere, imponendogli la mia presenza a tutti costi? Perché? Perché non potevo semplicemente rimanere nell’ombra e aspettare che le cose si sistemassero?

- No, Rose, tu… - iniziò, ma io lo interruppi – Lasci stare, professore. Va bene così. Mi vuole nella sua squadra? Okay. Quando poi avremo perso a causa di una persona in meno provi a consolare così i miei compagni. Forse a loro basterà. – mi alzai di scatto e mi precipitai fuori dall’ufficio. Finsi di non vedere la sua espressione ferita e mi imposi di pensare che non me ne importava nulla.

 

*

 

La piuma galleggiava a mezz’aria, proprio davanti al mio naso.

- Grande Rose, hai imparato a far levitare gli oggetti. I ragazzini di Primo sarebbero fieri di te! Evviva. - sbottai rabbiosamente, sbattendo la bacchetta sul banco accanto a me. In quell’istante il contatto si ruppe e la piuma prese a cadere verso il basso, volteggiando pigramente.

Sospirai e mi sedetti meglio, stringendo le ginocchia al petto. Avevo freddo. Fuori era buio e, sebbene la vecchia finestra alla mia sinistra fosse molto sporca, era possibile vedere un pezzettino di luna piena fare capolino tra le nuvole. Rabbrividii.

Ti rendi conto che abbiamo bisogno di qualcuno che sia alla nostra altezza?

Eccome. Ed era davvero stupido da parte del professor Neville non capirlo.

E ora eccomi lì, in quella vecchia aula polverosa, a nascondermi dal resto della scuola. Mi vergognavo così tanto. Non volevo vedere nessuno. Non avevo neppure idea di che ora fosse, ma l’ora di cena doveva essere passata da un bel pezzo. Il mio stomaco brontolò, ma continuai ad ignorarlo. Ero più triste che affamata, in ogni caso.

Improvvisamente vidi una luce oltre il vetro smerigliato della porta della classe; poi qualcuno spinse la porta ed entrò. Vidi solo il raggio luminoso sulla punta della bacchetta, quindi non realizzai subito di chi si trattasse.

Poi riconobbi i capelli biondi ed alzai gli occhi al cielo. Di tutte le persone… non era proprio possibile.

- Oh. Sei qui. – disse Malfoy, preso alla sprovvista. Sollevai le sopracciglia – Già, e adesso puoi uscire, chiudere la porta e lasciarmi in pace.

- Cosa…? – Sbuffò risentito – Senti, Al sta dando di matto. Noi due siamo di ronda e lui voleva venirti a cercare, quindi…

Mi voltai a guardarlo ed incrociai le braccia – Infatti, lui. Che peccato che tu mi abbia trovata per primo. Quindi perché adesso non te ne vai? Puoi sempre dirgli che mi hai visto, che sono viva e che sto andando a dormire.

Malfoy rimase in silenzio per un tempo che mi parve lunghissimo. I suoi occhi brillavano nell’oscurità, ma non riuscivo a cogliere la sua espressione. Continuava a tacere e fissarmi.

Alla fine sospirai e mi voltai verso la finestra. La luna era ancora lì, mentre le nuvole si erano spostate. Poi, incredibilmente, iniziai a giustificarmi con lui, l’ultima persona a cui avrei voluto parlare ancora.

- Senti, lo so che avete ragione. Neanche io voglio farla, questa stupida gara. E sono sicura che siate perfettamente in grado di parteciparvi anche senza di me; ma Longbottom non mi permette di lasciare la squadra. Forse se glielo diceste voi…

- Lasciare la squadra? – Malfoy si avvicinò lentamente alla cattedra impolverata e mi guardò con leggera curiosità. Annuii stancamente.

- Rose Weasley si farebbe calpestare dai Centauri piuttosto che mollare la squadra. – disse lui con fare antipatico. Gli scoccai un’occhiataccia.

- Bah, forse una volta – mi mossi a disagio e la bacchetta cadde a terra. Non la raccolsi neanche.

- Dovresti prenderla. – suggerì Malfoy, mentre quella rotolava sotto un armadio. Fissai il punto in cui era caduta - Per quello che mi serve. La prenderò dopo. A meno che tu non voglia lanciarmi contro qualche maledizione, certo… ma anche in quel caso sarebbe assolutamente inutile.

Il ragazzo tacque, ed io mi strinsi nelle spalle, facendo del mio meglio per ignorarlo. Poi improvvisamente lui puntò la sua bacchetta verso l’armadio – Accio bacchetta.

Volevo chiedergli cosa stesse facendo, ma poi lo vidi afferrarla e porgermela, l’espressione molto seria – Non è inutile. Questo è quanto di più caro possa avere un mago… o una strega. – disse semplicemente. Io la afferrai, incerta su cosa dire.

- Grazie – mormorai infine, senza guardarlo.

Restammo in silenzio per un bel pezzo, finché lui non si schiarì la voce. Esitava.

- Senti… quello che ho detto oggi, quello che ha detto Nott…

- Oh no. Non farlo – mi voltai di nuovo verso di lui e sollevai una mano – Non voglio che ti scusi, okay? È quello che pensi, quello che pensa lui. Va bene così.

- Io volevo solo… - iniziò lui, punto sul vivo, ma io lo interruppi ancora – Non voglio delle scuse dettate da… questa specie di compassione che pare la mia situazione susciti in tutti. Prima mi vomitate addosso quello che provate e poi ripensate a quello che mi è successo e vi scusate? No, lascia stare. Sì, un po’ di comprensione aiuterebbe... se fosse autentica.

- Comprensione?

- Sì… se solo capiste sul serio che sto facendo del mio meglio. Che capiste, piuttosto che… sparare a zero su tutto quello che faccio, solo perché prima

- E dov’era la tua comprensione, prima? – replicò lui con voce tagliente – Quando tu eri Miss Perfezione, dov’era? Quando tu sparavi a zero sui tuoi amici, i tuoi parenti, su tutti…

- Io… - sentii gli occhi pungere, perché aveva ragione. Ed ero sicura che altre volte lui mi avesse detto la verità allo stesso modo, ed io… lo avevo mai ascoltato? – non lo so. Non lo so.

Il silenzio durò a lungo anche in questo caso.

Alzai lo sguardo e fissai quello sconosciuto. Perché al momento lo era, esattamente come tutti gli altri. Non avevo idea del perché mi trovassi in quelle strane situazioni sempre con lui. Come se ci fosse qualcosa di irrisolto, come se il mio subconscio mi suggerisse di parlare con lui. Di chiarire qualcosa.

- Io e te non siamo mai stati amici, vero? Devo averne combinate di grosse, per essere arrivati a questo punto – sussurrai infine, stringendo la bacchetta tra le dita. Volevo capire, anche se non sapevo perché.

- No, non siamo amici. Noi siamo…

Ci mise un po’ a rispondere, per cui mi voltai a guardarlo. Si era seduto sulla cattedra, le lunghe gambe penzoloni e mi scrutava. – Cosa siamo, Scorpius? Okay, nessuna comprensione. Ma almeno mi aspetto un po’ di onestà da te.

- Tu non sai niente di me.

- E tu non sai niente di me – replicai – mi sembra che su questo punto siamo d’accordo.

- Noi non siamo amici – disse lui – Noi siamo in competizione da sempre e per tutto; la scuola, l’amicizia di Al, il Quidditch, l’affetto della tua famiglia. Ci siamo detti… cose. Ci siamo lanciati addosso incantesimi. Non siamo amici. Non lo saremo mai, Rose.

Lo disse con un tono calmo, quasi gentile, ed io annuii. Mi voltai verso di lui, facendo un piccolo sorriso – Scusami, non lo sapevo. Non so tante di quelle cose… forse non le ho mai sapute – aggiunsi poi, parlando più a me stessa che a lui.

Lui schiuse le labbra per dire qualcosa, poi le richiuse. Scese dalla cattedra e si avviò verso la porta. Prima di uscire si voltò a guardarmi – Ti ho vista davanti al ritratto della tua Sala Comune. Stavi tornando dall’Infermeria, perché avevi mal di testa.

- A causa della gara. E stavo andando a dormire – suggerii. Lui annuì – Non farti beccare da Al, allora.

Scossi la testa e lui se ne andò.

Io mi voltai nuovamente verso la finestra, stringendo ancora la bacchetta tra le dita.

 

 

Okay, questo è un capitolo strano. Strano forte, lo so.
Stavo cercando di creare un punto di contatto tra Rose e Scorpius e... sì, direi che questa è una sorta di svolta del loro rapporto. Parrebbe di no, eppure non è così.
Seguendo una linea temporale, in teoria il capitolo si svolge lo stesso giorno della gara, ma ci sarà un piccolo salto in avanti dal prossimo. Roba di settimane eh, nulla di che!
Sono supermega felice di essere tornata! Avrei postato prima, ma in pratica non ho internet a casa e sto scroccando da quella del mio fidanzato! Il prossimo capitolo, in ogni caso, è a buon punto... ho mille idee!!!
A prestissimo! Baci!
Lily_Luna
  
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