Cavaliere di drago
“Ti ho trovato.”
“No, non lo farò.”
“Andiamo!” Il principe le sorrise ammaliante.
“Sarà divertente e poi, chi non vorrebbe essere me?”
“E’ un’idea folle e ci metterà nei guai, non
voglio averci niente a che fare.” Scuotendo la testa Shira
cercò di raggiungere la porta.
“Non ti lascerò dire di no, dopo tutto tu mi
hai sfidato.” Mansur si era messo tra lei e la via di
fuga, un bagliore divertito negli occhi.
“Ho detto che non lo farò e questa è la mia
ultima parola.”
Shira
osservò l’abito maschile adagiato sul letto e sentì la gola stringersi. Perché
aveva ceduto?
Suo fratello, il principe Mansur,
sapeva essere dannatamente convincente e di sicuro non era abituato a ricevere
un no come risposta. L’aveva intrappolata in quella stanza fino a quando non
era riuscito a strapparle un sì ed ora eccola lì, davanti a un completo da
ballo nero intarsiato d’oro, innegabilmente da uomo.
“E sia…” Mormorò, iniziando a spogliarsi.
Shira
era la ventiduesima principessa del regno di Saharin,
figlia del re e di una delle sue spose, sorella dell’unico figlio maschio avuto
dal re, Mansur e delle altre ventuno figlie. Mansur era nato qualche ora dopo di lei, donando al re il
tanto desiderato erede. Entrambi avevano preso, dal comune padre, i capelli
castani e gli occhi verdi. Mansur era esile per i
suoi diciotto anni e non aveva ancora accenni di barba. Tutto ciò aveva giocato
a sfavore di Shira nella situazione che si era
creata.
La principessa si guardò allo specchio e
sospirò, nel riflesso c’era lei, malgrado gli abiti fossero quelli del
fratello. Raccolse i capelli in una coda bassa, come era in uso tra i giovani
nobili e aggiunse la maschera.
Sospirò, osservandosi un’ultima volta nello
specchio, non avrebbe dovuto provocare Mansur, non
doveva dirgli che il suo seguito di gonnelle era dovuto all’essere principe.
Eppure lo aveva fatto ed ora eccola lì, pronta ad impersonarlo al ballo in
maschera di quella sera. Pronta a danzare con le dame del regno e a sorridere
loro mentre il fratello avrebbe potuto aggirarsi sotto le spoglie di un
semplice nobile e dimostrarle che era il suo fascino a creargli un seguito di
fanciulle e non il suo titolo.
Era una pazzia. Shira
dovette raccogliere tutto il suo coraggio per avanzare tra la folla di nobili e
notabili presenti al ballo. Fin da subito si ritrovò gli sguardi di tutti
addosso, sorrisi e cenni di saluto le piovevano addosso ovunque posasse lo
sguardo. Continuò a camminare, non avrebbe potuto sostenere una conversazione quindi
doveva evitarlo a ogni costo, senza interruzioni raggiunse il grande spiazzo al
centro, là dove i musici suonavano. Le tremavano le mani, di certo presto
l’avrebbero smascherata. Invece nessuno la fermò mentre si inchinava a una dama
e le porgeva elegantemente la mano.
Si ritrovò a volteggiare e man mano che le
danze si susseguivano la sua agitazione si placò e Shira
iniziò a divertirsi. Dopo tutto le era sempre piaciuto danzare e anche se
doveva fare uno sforzo per eseguire i movimenti maschili, non poteva negare che
quella pazzia aveva dato una scossa alla sua monotona vita di palazzo.
Riuscì persino a notare che suo fratello
chiacchierava con un gruppo di fanciulle, tutte sorridenti. Dopo tutto Mansur aveva avuto ragione il suo fascino andava al di là
dell’essere principe.
Le grandi sale che ospitavano il ballo in
maschera davano sul giardino dove gli ospiti passeggiavano chiacchierando,
approfittando di un ambiente più calmo rispetto alla festosa e agitata sala da
ballo. Shira vi si diresse sperando di riposarsi un
pochino dopo tutti quei volteggi.
“Principe.” Si fermò, attirata da quel
richiamo, i suoi occhi si mossero e infine si fissarono su una giovane. La
ragazza indossava un lungo abito grigio, i capelli neri erano sciolti e le
ricadevano in una massa morbida sulle spalle, il naso dritto e le labbra
sottili davano serietà al volto, addolcito però da profondi occhi castani. Sul
suo volto c’era della curiosità e un accenno di sorriso. Shira
agì come aveva fatto in precedenza, tendendole la mano in un evidente invito al
ballo. La giovane sconosciuta esitò un istante, ma infine posò la mano sulla
sua. La principessa avvertì un brivido che le attorcigliò lo stomaco,
un’emozione forte che non aveva mai provato. Senza distogliere lo sguardo dagli
occhi di lei la accompagnò al centro della pista.
Danzare fu magico, stringere tra le braccia
quella donna la inebriò, il suo sorriso, i suoi occhi il suo calore, la
catturarono completamente.
Volteggiarono dimenticandosi di tutto quello
che le circondava, la stanza era vuota e silenziosa, perché la musica era nei
loro cuori. Ad un certo punto la giovane si fermò e, senza staccare le loro
mani intrecciate, la guidò nel giardino, fino ad un angolo isolato tra delle
fitte siepi.
“Ti ho trovato.” Mormorò la ragazza alzando le
mani verso il suo volto. Solo allora Shira si rese
conto di quello che stava succedendo. Tutto quello era un terribile inganno e
stava per essere smascherata. Con un deciso passo indietro si allontanò dalla
giovane che seppur stupita sorrise.
“Potresti anche essere luomo più brutto sulla
terra…” Con un deciso passo fu di nuovo vicinissima le sue mani le
accarezzarono il volto, delicate. Il cuore di Shira
era in subbuglio, ma era incapace di muovere un muscolo. La ragazza sorrise
dolcemente, chiuse gli occhi e le depose un delicato bacio sulle labbra. Mentre
Shira cercava di lottare con i suoi sentimenti la
giovane tornò ad aprire gli occhi e pronunciò parole che trascendevano il
semplice suono e che risuonarono nella mente e nel cuore della principessa.
“Tu sei
mio e io sono tuo, non siamo che uno.” La
sconosciuta si avvicinò e Shira seppe che sarebbe
stata baciata di nuovo, chiuse gli occhi, incapace di opporsi, incapace di
desiderare altro se non quelle dolci labbra.
“Shira!” La voce,
possente e autoritaria del padre la fece sobbalzare e separarsi bruscamente
dalla giovane. “Cosa sta succedendo qui?”
“Padre io…” Vedeva la rabbia del padre, ma
percepì l’orrore della giovane. Si voltò verso di lei cercando parole di scusa
che la sua bocca non riusciva a pronunciare.
“Padre, Shira non ha
nessuna colpa, è stata una mia idea e…”
“Taci!” Mansur, che
era apparso per difenderla rimase sbigottito da quell’intimazione, mai il padre
era stato così severo con il suo unico erede, almeno non in pubblico.
“Sacerdotessa Aki,
vi porgo le mie scuse. Spero che questo disguido non mini la possibilità che
mio figlio aveva di essere scelto.”
“Temo, Vostra Altezza, che la scelta sia già stata fatta e il legame posto.” A parlare era stata una
donna che Shira non conosceva. La dama era vestita di
un semplice abito verde e portava i capelli grigi raccolti in uno stretto
chignon che rendeva il suo volto ancora più severo.
“Perdonatemi, Cavaliere Kimi, ma non capisco.”
“Aki ha appena legato a sé questa giovane.”
Shira,
che aveva seguito lo scambio con confusione, ora posò lo sguardo su colei che,
ora sapeva, si chiamava Aki. L’orrore si era
trasformato in rabbia e quello che percepì fu un solido muro, una parete che
non avrebbe mai potuto oltrepassare.
“Volete dire che mia figlia diverrà un
cavaliere?” Chiese con circospezione suo padre, attirando di nuovo l’attenzione
della principessa sulla conversazione. Kimi aveva uno sguardo teso mentre
rispondeva con voce ferma.
“Sì, un cavaliere di draghi.”