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Autore: Selene6    23/12/2015    1 recensioni
Dal prologo:
"Aveva incrociato le vite di tante donne nel corso della sua lunghissima vita. Le ultime lo avevano segnato particolarmente, ognuna a modo suo… Amelia, Donna, Martha, Rose… E infine ora c’era River che incrociava nel suo continuo vagare, sempre più vicini eppure lontani.
Erano state persone importanti della sua vita che mai avrebbe dimenticato, ma era stato costretto ad abbandonarle tutte, una dopo l’altra."
Dal capitolo 1:
"Il Cyberman aggiunse: –Porteremo la ragazza con noi e tu non potrai far nulla. Addio.–
L’uomo sorrise mentre mi aiutava ad alzarmi e, rivolgendosi a me con un tono così serio da spaventare il più temibile nemico, ma al tempo stesso aveva una luce negli occhi, come se trovasse quella situazione la più divertente del mondo e disse: –Loro non sanno chi sono.–
Io risposi fingendo serietà, ma con un sorriso nascosto nelle labbra: –Nemmeno io so chi sei.–
Lui sorrise e rispose: –Sono il Dottore!–"
***Storia in revisione***
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 1, Doctor - 11, Jenny, Nuovo personaggio, River Song
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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–Emely… Guardati intorno! Questa è assolutamente la mitica, enorme, fantastica, assurda…–
–Firenze–
Il Dottore si guardò davvero intorno e tirò fuori il suo cacciavite sonico, dopo qualche istante a contemplarlo si voltò verso di me e sorrise teso: –Sì, in effetti questa è Firenze… Chissà per quale strambo motivo non mi porta mai dove le dico di andare!– Disse poi, in tono di rimprovero, rivolto al Tardis.
–Lei ti porta dove devi andare, credo che tu e lei abbiate un legame speciale… Uno di quei legami che nel nostro popolo erano andati perduto da secoli, da prima della Guerra del Tempo.–
I suoi occhi si incupirono, ma poi sorrise: –Adesso siamo nel... 1348! Forse conosco qualcuno che ci potrebbe ospitare! Conosci un po’ di cultura letteraria umana? In particolare italiana?–
Annuii, era la mia passione! In particolare adoravo certi autori che univano una grande cultura all’ironia e alla sfacciataggine; cercando qualche indizio sul mio mondo ero capitata anche in Italia e studiando nelle varie biblioteche mi ero fatta una cultura di quei testi.
–Ma Dottore? Da chi stiamo andando?–
L’uomo sorrise e mi strizzò un occhio: –Se te lo dico ora che sorpresa è? –
Senza aver tempo di replicare fui costretta a corrergli dietro per la fretta con cui stava sfrecciando tra le viuzze di Firenze. Molti ci fissavano perché il nostro abbigliamento non centrava nulla con quell’epoca, o meglio, il mio abbigliamento, perché il Dottore era adatto a qualunque luogo; così fui costretta a correre più velocemente per poterlo fermare: –Dottore, forse è meglio se compriamo qualcosa di adatto a me… In quest’epoca i miei abiti non mi sembrano l’ideale.–
Lui mi squadrò da capo a piedi e annuì, ci dirigemmo verso una bottega con l’insegna: “Vesti da dama” e comprammo un vestito. Per quanto io volessi un vestito semplice in modo da non dare nell’occhio, il Dottore insistette per comprarmi un abito ricamato e molto fine, come se io fossi una nobile: era lungo fino alla caviglia e di color celeste, aveva una fascia che stringeva in vita bianca e lo scollo era di pizzo bianco come anche la fine selle braccia e della gonna, c’era inoltre dal petto in su una parte di stoffa bianca cucita insieme al celeste a formare un elaborato disegno floreale.
Non mi ero mai sentita così bella come con quell’abito addosso, il Dottore si mise dietro di me mentre mi stavo guardando allo specchio e disse in un sussurro: –Sei davvero meravigliosa Emely.–
Gli sorrisi, lui ricambiò per poi afferrarmi un braccio e trascinarmi fuori dalla bottega in tutta fretta nelle strade di Firenze, dietro di noi la proprietaria gridava: –Ladri! Tornate indietro!–
Solo dopo numerose stradine percorse il Dottore si decise a lasciarmi, con il fiato corto gli chiesi: –Perché… Siamo scappati così?–
Lui mi sorrise come suo solito e rispose: –Perché non avevo neanche un fiorino! Ahahah mi sono dimenticato i soldi sul Tardis!–
Io lo fissai senza parole, ma poi scossi la testa e, alzando le spalle scoppiai a ridere.
–Dottore mi vuoi dire allora da chi stiamo andando?–
Lui scosse la testa: –Non ci penso neanche, è una sorpresa! Proprio quest’anno dovrebbe stare scrivendo… Bè, lo vedremo presto! Eccoci, siamo arrivati.–
Ci ritrovammo davanti ad una normalissima villa dell’epoca, anche se era completamente azzurra, il Dottore bussò e si sentirono parecchi rumori strani: piatti caduti, vetri rotti e tanto altro non ben identificato, poi si udì un rumore di sedie spostate e alla fine la porta sì aprì.
Ne uscì un giovane coi capelli a spazzola e un sorriso a trentadue denti e un buffo naso rosso da pagliaccio, mi guardò attentamente, così a lungo da farmi imbarazzare, poi spostò lo sguardo sul Dottore e spalancò le braccia: –John! Da quanto tempo! L’ultima volta che ti ho visto ti sei buttato nel fiume urlandomi che tornavi subito, ma da quel giorno sono passati… dodici anni!–
Il Dottore rise nervosamente, e con un gesto della mano disse:–Sì, bè, ho avuto un contrattempo! Ma non ti ho ancora presentato Emely!–
M’indicò sorridendo. Io feci una mezza riverenza e l’uomo mi baciò la mano dicendo: –Incantato di fare la sua conoscenza, mi scuso di non essermi presentato prima, il mio nome è Giovanni, un umile pittore di Firenze.–
Giovanni pittore di Firenze? Chi era? Il Dottore aveva detto che avrei incontrato qualcuno della cultura italiana, ma il suo nome non mi ricordava niente.
In più mi stupii di ciò che aveva detto il Dottore. Perché giustificare in modo sciocco i suoi viaggi temporali con il Tardis? Non capivo, anche se dovevo ammettere che non mi era mai stato spiegato da ragazza come comportarsi con i popoli meno evoluti riguardo i viaggi nel tempo; in guerra non c’era posto per questo.
Mi riscossi e accantonai questi pensieri in un angolo della mente, promettendomi di chiedere chiarimenti al Dottore alla prima occasione.
Giovanni stava parlando con il Dottore a proposito dei suoi quadri: –E vendi bene con questa attività? Perché a quanto ne so Firenze è piena ora di pittori e molti si sono stufati.–
Stufati dell’arte? Ma che discorsi erano?
–John caro, non ci si stufa dell’arte! Sì, per ora non sto vendendo quanto vorrei, ma è tutta una questione di tempo! Non appena riuscirò a far vedere uno dei miei quadri alla galleria sono certo che li adoreranno!–
Certo, le sue parole erano molto ottimistiche, ma guardandolo negli occhi era ovvio che stesse mentendo.
–Mi dispiace lasciarvi così presto, ma ho un importante appuntamento in una delle ville nella campagna a sud.–
Il Dottore annuì e replicò: –Non preoccuparti, se non ti dispiace ci piacerebbe poter cenare con te questa sera.–
Lui sorrise e ripose: –Molto più che volentieri! Ci troviamo qua al calar del sole, vi saluto John e signorina Emely.–
–Solo Emely, grazie.– Corressi col sorriso sulle labbra.
Quel signorina mi metteva a disagio, quasi fossi una figura importante.
Giovanni sorrise e corse via per le strade trafficate di Firenze.
Quando scomparve dalla vista mi rivolsi al Dottore, ma prima di poter aprir bocca lui prese il suo cacciavite sonico e iniziò ad armeggiare con la porta di casa: –Ormai è il 1348, dovrebbe aver ricominciato a scrivere a questo punto! Non capisco…–
–Sì, neanche io capisco Dottore. Non capisco niente! Perché hai mentito riguardo i viaggi nel tempo? Come hai conosciuto Giovanni? Ma soprattutto chi è lui?–
Il Signore del Tempo non mi guardò neanche e solo quando riuscì ad aprire la porta ed entrarvi mi rispose: –L’ho conosciuto per caso mentre stavo scappando da un Sontaran bloccato sulla Terra che voleva far esplodere per la seconda volta il Vesuvio in modo da poter usare l’onda d’urto per far ripartire i motori della sua nave. All’epoca Giovanni era a Napoli e senza saperlo mi diede una mano a sventare l’attacco, purtroppo fui costretto ad andarmene perché un Sontaran si era salvato e non potevo lasciarlo andare in giro da solo, così abbandonai Giovanni e partii.–
Certo, mi aveva risposto ad una domanda, ma ovviamente non a tutto ciò che volevo sapere. Mi chiedevo se lo facesse apposta oppure semplicemente non ci pensasse.
–Dottore e perché non gli hai rivelato questo?–
Lui sta volta si fermò e mi guardò, sembrava indifferente, ma nei suoi occhi lessi dispiacere, quasi pena per me: –I terrestri non conoscono questo tipo di tecnologia, non possiamo rivelare loro ciò che non hanno ancora scoperto. Un tempo lo insegnavano ai giovani, ma con la guerra ogni cosa è cambiata.–
Mi diedi della stupida per non averci pensato, il Dottore aveva ragione, con la guerra tutti quei valori che caratterizzavano i Signori del Tempo erano stati cancellati e sostituiti con le armi, i metodi di distruzione e l’odio.
Lui lesse nel mio sguardo il dolore per la mia ignoranza e sorridendo mi disse: –Devo mostrarti un posto! Vieni con me, abbiamo tutto il giorno prima che torni Giovanni!–
Così dicendo mi prese per mano e mi trascinò per le vie trafficate di una Firenze del quattordicesimo secolo; vidi banchetti, botteghe pieni di stoffe pregiate e soprattutto una quantità esorbitante di artisti che vendevano i loro quadri e capii la frase del Dottore, ma non riuscivo a capire dove mi stava trascinando così di fretta: –Dottore! Che fretta c’è? Dove stiamo andando?–
Lui si girò appena verso di me, giusto il tempo di sorridermi sfacciatamente come suo solito e dire: –Sorpresa!– che si scontrò contro un ragazzo piuttosto alto, biondo e di bell’aspetto. Entrambi caddero a terra, il Dottore si alzò subito e tese una mano al giovane per scusarsi, ma questo sembrava preso da altri pensieri, tanto che non alzò lo sguardo finchè non mi piazzai davanti a lui prendendogli una mano e tirandolo su di peso: –State bene messere?–
Gli chiesi poi, notando lo sguardo di rimprovero del Dottore per il mio comportamento poco femminile per l’epoca. Questi mi guardò con un sorriso triste e disse: –Madama, una così dolce fanciulla si preoccupa per me? Un povero giovane senza alcun talento se non quello di far poesia astratta, e senza alcuna speranza di far breccia nel cuore di una giovane della bella Firenze, non merita la preoccupazione e il turbamento di una così bella dama.–
Rimasi senza parole, sia per il linguaggio così colto sia per le parole così tristi. Non capivo come un ragazzo bello e acculturato non fosse uno dei più ricercati nella Firenze tardo medievale. Il Dottore intervenne, notando il mio imbarazzo: –Mi volevo scusare con voi gentile signore, ma io e la mia compagna siamo di fretta.–
Non capii il motivo di tanta fretta, ma annuii, il giovane si congedò da noi dicendo: –Non si preoccupi signore. Arrivederci a voi e alla vostra bellissima compagna. Forse un giorno ci rivedremo.– Io gli sorrisi e feci per seguire il Dottore, ma prima di farlo sussurrai al giovane: –Vedrà che una giovane signorina la noterà, prima di quanto possa immaginare!–
Corsi poi per raggiungere la mia guida e la seguii finchè non raggiungemmo un locale con un insolito nome: “Vortice del tempo”.
Per la seconda volta nell’arco di neanche un’ora ero a bocca aperta: –Il Tardis traduce correttamente Emely! Questo è il Vortice del tempo, o meglio, questo locale è stato costruito dai Signori del Tempo quando visitarono la Terra, per consentire di viaggiare da Gallifrey a qui in caso di necessità, ci sono posti come questi sparsi in tutti i pianeti di tutti gli universi, sono i…–
Riuscii a scuotermi dal mio stupore e completai la frase: –…Portali Spazio-temporali! Ne avevo sentito parlare a scuola, ma credevo che fossero stati chiusi tutti all’epoca della guerra e ormai i Signori del Tempo… non possono averli riaperti!–
Il Dottore scosse la testa, ma non mi rispose e si diresse a passo deciso verso l’ingresso lasciandomi il compito di seguirlo. E così feci.
Dentro era caldo, dannatamente caldo e pieno di persone. Tutti uomini, fatta eccezione per qualche cameriera. Il Dottore mi fece cenno di sedermi, ma non trovavo un posto adatto, odiavo stare in mezzo a troppe persone, preferivo un posto tranquillo ed isolato così mi diressi verso l’angolo del locale, purtroppo l’unico tavolino era già occupato da un giovane con un cappuccio a coprirgli il volto ed un mantello molto ampio che non lasciava intravedere nulla delle sue fattezze.
Mi domandai come potesse sopportare quel caldo atroce così coperto, ma non erano affari miei, così chiesi semplicemente se era possibile occupare i due posti vicini che sembravano liberi.
Quello annuì senza proferir parola. Prese il suo boccale di birra e bevve, così potei intravederne le mani e la bocca. Aveva mani affusolate e delicate, molto curate e anche la bocca sembrava disegnata tanto era dolce nei lineamenti. Quella era sicuramente una donna, ecco spiegato lo strano comportamento ed il mantello, mi avvicinai e le sussurrai in un orecchio: –Anche io sono una donna, stai tranquilla, se temi che questi uomini possano farti in alcun modo male non preoccuparti il mio compagno ed io ti difenderemo. Forza, mostra il tuo viso.–
Il Dottore mi domandò con gli occhi che stessi facendo, era appena arrivato al tavolo ed aveva notato anche lui la figura incappucciata con cui stavo parlando.
La giovane lo guardò di sottecchi e poi, ancora un po’ dubbiosa annuì e si scoprì il volto, era mora, con occhi di cristallo, non sembrava spaventata, tutt’altro, sembrava solo infastidita: –Mi dispiace di essere sembrata tanto misteriosa, ma in questo posto non sempre gira gente per bene ed una giovane donna da sola può sembrare una facile preda agli stolti. In ogni caso piacere, il mio nome è Pampinea. E voi siete?–
Quella ragazza era interessante, dal suo sguardo si notava quanto fosse forte e determinata, ed il suo nome mi risuonava famigliare: –Io sono Emely e lui è il mio compagno, John.–
Lei annuì senza scomporsi, guardai il Signore del Tempo e lessi nei suoi occhi che stava pensando intensamente, probabilmente anche a lui quel nome suonava famigliare.
Prima che qualcuno potesse parlare Pampinea vide in lontananza qualcosa che la terrorizzò, mi voltai e osservai tre uomini entrare nella sala a passo spedito, e guardarsi intorno alla ricerca di qualcosa, o qualcuno. La ragazza si mise il cappuccio sul volto e ci disse bisbigliando: –Devo andarmene di fretta, i miei scritti probabilmente non sono stati apprezzati, o forse lo sono stati fin troppo! Spero di rivedervi un giorno Emely e John, arrivederci!–
E scappò via aprendo la porta sul retro; i tre appena entrati le corsero dietro in un lampo.
Sembravano agenti di sorveglianza, quella ragazza aveva parlato di scritti che potevano non essere piaciuti e vista l’epoca in cui ci trovavamo probabilmente era qualcosa di eretico o almeno visto come tale.
–Quella ragazza si farà uccidere se non riesce a correre abbastanza velocemente.–
La giovane davanti a noi era alta, rossa di capelli, con occhi smeraldo e un portamento importante, come se ci fosse solo lei nella sala. Indossava degli abiti non esattamente tipici all’epoca, o meglio, portava una veste lunga beige che sembrava essere stata strappata di netto per renderla più corta, con una fascia nera legata in vita a sottolinearne le curve e una scollatura decisamente non naturale.
La giovane fissava il punto in cui erano scomparsi i tre uomini, ma subito si fissò su di noi e sorridendo si allungò sul tavolo per stringerci le mani, il Dottore le rispose: –Sembrava abbastanza caparbia da potersela cavare da sola. E poi correre è favoloso.–
La ragazza gli sorrise e ci sussurrò: –A volte correre non è necessario, se si ha la giusta… merce di scambio.– E fece un sorriso malizioso al mio compagno. Alzai gli occhi al cielo.
La rossa si tirò su e sorridendo si mise a giocare con un suo ricciolo fuoco: –Il mio nome è Fiammetta e non è dato solo dal colore dei miei capelli, il mio fuoco migliore è dato da altro. Se volete messere potrei…–
Questa ci stava spudoratamente provando col Dottore! Viste le sue parole probabilmente ci avrebbe provato con qualunque persona di sesso maschile presente intorno a sé, la cosa mi tranquillizzò, anche se non ne capii il motivo.
–Veramente non siamo qui per questo genere di affari. Quindi la ringrazio, ma declino l’offerta.–
Alzò le spalle e sorridendo andandosene disse: –Portate i miei ossequi a Giovanni e ditegli solito posto solita ora.–
Fiammetta conosceva Giovanni?
In effetti non c’era molto da sorprendersi vista la reputazione che doveva avere la giovane, ma quei due nomi…
Dopo aver bevuto qualcosa di caldo uscimmo dal locale, e all’improvviso sentii che l’aria si faceva pesante, come se si fosse alzata all’improvviso la temperatura, come se stessi soffocando… Caddi in ginocchio guardandomi intorno spaesata e per un istante vidi un lampo blu intorno a me, poi tutto tornò normale e sentii il Dottore che mi prendeva una spalla: –Emely? Emely che succede? Stai bene?–
Io mi guardai intorno alla ricerca di una fonte di quello strano attacco, ma era tutto esattamente come prima, così annuii: –Sì, scusa, per un attimo mi sono sentita male, ora sto meglio.–
Era poco convinto, ma non fece domande. Uscimmo dal locale, il sole era alto nel cielo, doveva essere mezzogiorno, mancava ancora mezza giornata all’appuntamento con Giovanni.
Questa volta fui io ad avere un'illuminazione: –Dottore! Siamo a Firenze nel quattordicesimo secolo e se non ricordo male questa è proprio l'età del teatro! Mi porti a vedere uno spettacolo? Ti prego!–
Il Dottore sbuffò, ma aveva il sorriso sulle labbra: –Sei proprio una bambina! Va bene dai, seguimi!–
Gli sorrisi di rimando e mi diressi insieme a lui nelle viuzze di Firenze.
Eravamo appena in tempo per vedere uno spettacolo, le porte stavano per chiudersi, mentre una folla di persone si spintonava per cercare di entrare.
Agguantai il braccio del mio compagno per evitare di perderlo nella folla, ma non bastò. Ci allontanammo sempre di più, il flusso di persone mi trascinava lontano da lui, entrambi verso il portone, ma lui l'aveva superato, io rimasi chiusa fuori.
Non potevo crederci. Perchè capitavano tutte a me?!
Scossi la testa affranta, ma non mi sarei arresa: dovevo trovare un altro ingresso! Potevo fingermi un'attrice ed entrare dal camerino... no. Mi ricordai che all'epoca le donne non potevano recitare, se occorreva interpretare un ruolo femminile toccava comunque ad un uomo travestito.
E fu proprio uno di questi che mi venne addosso mentre, spaesata, provavo a cercare un altro ingresso.
Lo guardai, ma ciò che vidi mi lasciò senza parole: era una donna. La parrucca era scivolata rivelando una lunga chioma bionda. Lei mi scoccò un'occhiata impaurita, poi si sistemò velocemente e si alzò: –Io... Ti prego non dire nulla a nessuno! Ho visto che stavi cercando di entrare, se vuoi posso aiutarti io, ma solo se non rivelerai la mia identità.–
Era terrorizzata da quel pensiero, ma più che altro i suoi occhi erano illuminati di una luce che non capii. Mi alzai e annuii alla sua richiesta, senza riuscire a parlare in maniera consona alla situazione. Lei si diresse di corsa verso il retro del teatro, aprì la porta controllando che non ci fosse nessuno e mi fece cenno di seguirla. Entrai e la ringraziai di cuore: –Non preoccuparti, grazie a te di non avermi rivelato. Io sono Filomena.– Aggiunge a voce bassa, io le risposi col mio nome.
–Grazie Emely, goditi lo spettacolo!– Poi sparì.
Mi guardai intorno. Ero su delle scale, davanti a me iniziavano le quinte, così mi voltai e vidi le tribune. Corsi tra le file alla ricerca dei buffi capelli castani che aveva il Dottore. Quando lo trovai metà del pubblico mi odiava.
Il Signore del Tempo sorrise e mi sussurrò: –Dov'eri finita?–
Stavo per rispondergli quando si aprì il sipario, così decisi di rimandare le spiegazioni per non dover attirare ulteriore ira nei miei confronti.
E Filomena era lì, al centro del palco. Rappresentava una nobildonna amata da molti uomini, ma che non vuole sposarsi con nessuno e vorrebbe diventare cantante. Infatti lei cantava oltre a recitare e questa volta capii la luce nei suoi occhi. Era l'arte, amava talmente tanto il suo mestiere da esserne rapita e gioiosa. Era la sua vita, per questo non voleva essere cacciata da quel luogo.
Quando la rappresentazione finì tutti in sala si alzarono applaudendo gli attori, poi ci dirigemmo verso l'esterno.
Ormai era quasi sera, così ci dirigemmo verso l'abitazione di Giovanni, mentre gli raccontavo dell'incontro con Filomena.
Due giovani donne erano comodamente sedute su un muretto e sembravano immerse in una discussione coinvolgente. La più giovane delle due scese e si avvicinò a noi: –Voi credete forse che un uomo possa considerarsi uomo solo se un Dio sta al di sopra di lui?!–
Sembrava infuriata. Io e il Dottore ci guardammo senza capire, ma prima di poter anche solo pensare una risposta, la ragazza si girò su se stessa e si rivolse alla compagna: –L'uomo non deve essere soggetto a nessun potere al di sopra di lui. Ognuno deve poter essere libero nei propri ideali e nelle proprie decisioni. Un Dio al di sopra di tutti potrebbe esistere solo nel caso esso non entri in nessun contatto con l'uomo e quindi esista su un piano differente dal nostro. Questa è l'unica verità!–
Perchè due giovani fiorentine del quattordicesimo secolo discutevano della filosofia della vita?
–Senza qualcuno al di sopra di noi che possa controllarci e aiutarci a proseguire la storia dell'umanità nessun essere vivente sarebbe mai riuscito a trovare una strada per il futuro e noi non saremmo mai diversi da semplici animali.– Ribatté l'altra ragazza.
Le due ripresero a discutere senza fermarsi un istante a considerarli. Erano molto diverse, una bionda ed una mora; la prima alta e la seconda bassa. Completamente opposte, ma evidentemente molto unite.
Vidi il mio compagno scrollare le spalle e continuare a camminare verso la casa di Giovanni.
Quando arrivammo ci fu immediatamente evidente che qualcosa non andava...


 
Sono passati... Tre anni... Non riesco a crederci. Dire che sono mortificata è dir poco. Purtroppo i mille impegni mi hanno tolto tutto il tempo che avevo per scrivere, oltre purtroppo alla mia ispirazione che solo recentemente ho ritrovato.
Vi prometto che d'ora in poi aggiornerò in maniera il più possibile costante, ogni due mesi circa. Mi sto già portando avanti con i prossimi.
Grazie a chi mi seguirà o continua a seguirmi e spero di ricevere altre recensioni!
Baci,

Selene6
   
 
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