Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Mai Valentine    30/12/2015    2 recensioni
Se Merida principessa ed erede di DunBronch si inoltrasse nella fitta foresta e seguendo il suo istinto trovasse un anello di ghiaccio? E se Elsa regina di Arendelle sognasse la coraggiosa e ribelle Merida e un regno devastato dalla guerra? Un viaggio oltre il tempo, un legame oltre ogni confine, una regina e una principessa così diverse unite da uno strano scherzo del destino.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Anna, Elsa, Kristoff, Nuovo personaggio, Olaf
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Violenza
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Arendelle
 
I corridoi del Castello erano deserti e vuoti. Sulle mura di pietra riverberavano la luce flebile delle candele creando giochi d'ombre, di mostri e di paura. Da una delle finestre aperte per sbaglio filtrava l'aria gelida dell'inverno e neve si era addensata sugli scalini. Merida si strinse nelle spalle guardando quel luogo a lei sconosciuto con un certo timore, innanzi alla regina di Arendelle proseguiva decisa la strega, come se conoscesse il Castello e ogni suo anfratto più della stessa sovrana; un brivido freddo le percorse la schiena. Elsa si voltò indietro e vide nello sguardo dell'arciera dubbio, incertezza e forse paura. La monarca le allungò il braccio porgendole la mano, sorrise.
         «Tra poco sarai al sicuro».
         Si fidò di Elsa e a un tratto non tremò più.
         Salirono finché poterono giungendo innanzi a una porta. La strega l'aprì, era una delle stanze private della sovrana, perfettamente in ordine e colma di giochi. Si lasciò sfuggire un «oh» di sorpresa. Poi scesero di nuovo altre scale. Attraversarono altre porte, i labirinti della mente o così li chiamò la strega  disse che servivano per ingannare i loro nemici. "Nemici" pensò Merida, quella parola le risultava così strana, ora. Finalmente dopo aver attraversato una nebbia fitta giunsero nella camera da letto di Elsa. La sovrana si affrettò a chiudere le tende delle finestre e a girare tre volte la chiave nella serratura, poi con uno strato di denso ghiaccio bloccò ogni entrata.
         «Mi devo complimentare con lei mia sovrana, avete una padronanza del vostro potere eccezionale» disse la vecchia con una riverenza.
         «Ho avuto chi mi ha dato una mano» pensò ad Anna e sorrise.
         «Va bene, sono stanca dei vostri giochetti, qualcuno mi dice cosa sta accadendo? Prima vengo imprigionata, poi dite che sono innocente e in fine siamo giunte qui! E tu chi sei e come vi siete conosciute?» domandò sull'orlo di una crisi isterica la principessa di DunBroch.  La strega le batté sulla testa il bastone, rimproverandola severamente.
         «Non si parla così a una anziana e a una regina. Maleducata, testa dura di una principessa. Io sono la vecchia dell'Himalaya colei che ha forgiato i cinque anelli e colei che ti ha fatto dono di uno di essi... In realtà era dono di un tuo antenato, destinato a te ma quest'altra è un'altra storia» concluse agitando la mano; Merida la fissò ancora più confusa di prima. «Tornando a noi — proseguì la vecchia — sono stata io a ridarti la memoria, a farti riconoscere nel volto di quell'uomo la famiglia che vi ha distrutto e sostituito. In un'altra vita saresti andata in sposa a Ramsay Sutherland, ma in questa no. Lo impediremo».  L'erede di DunBroch posò lo sguardo prima sulla regina, poi sulla strega e infine si lanciò verso la porta cercando di aprirla, gridando disperatamente aiuto e urlando che erano tutte pazze e che lei con la magia aveva chiuso dopo l'orribile esperienza di aver trasformato sua madre in orso. Elsa tentò di avvicinarsi alla ragazza, ma la vecchia lo impedì.
         «Ci penso io» disse. Batté in terra il bastone per tre volte e  delle corde magiche, bianche, apparvero dal nulla, l'avvinghiarono e la trascinarono ai piedi della regina.
         «Ora ascoltaci bene o altrimenti ti farò conoscere l'ira delle mie creature!» e tutto intorno alla strega aleggiava un'aura magica, forte e oscura. Merida annuì spaventata. Elsa roteò gli occhi verso il cielo e face un passo in avanti, verso la principessa.
         «Posso? Cercherò di essere più chiara, sembra che con tutto il rispetto tra di voi non ci sia comunicazione».  Con decisione e dolcezza invitò Merida a sedersi offrendole da una teiera  di ceramica colma di biscotti e cioccolatini tondi e cremosi come burro; ne porse anche alla strega e con calma spiegò ogni cosa di ciò che era accaduto fino all'imprigionamento dell'arciera. Merida ascoltò  prima titubante, poi più la monarca parlava più restava a bocca aperta per la sorpresa.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Tre ore prima Arendelle
 
         Il cuore di Elsa batteva all'impazzata. Innanzi ai suoi occhi tutto si era svolto in una manciata di secondi: Merida aveva aggredito Ramsay e sembrava di conoscerlo, ma ciò che più l'aveva turbato e  aveva reso il suo animo inquieto era stata l'ombra apparsa dal nulla che aveva inghiottito il luogo circostante, tranne lei. Aveva provato a usare i suoi poteri, ma invano. Dalle sue mani per la prima volta non scorreva la magia. Si era sentita nuda e debole. Aveva provato a varcare la barriera dell'ombra nel tentativo di entrarvi, era stata respinta indietro con violenza; aveva battuto il capo e la schiena contro la corteccia di un albero perdendo i sensi.  Sognò una donna dai lunghi capelli neri, il volto cerulo e dagli occhi ardenti come braci, si abbassò la maschera dal viso e sulle sue labbra apparve un sorriso malvagio. La donna con un movimento fluido del polso creò  un drago d'ombra. Il drago si lanciò contro di lei aprendo le orribili fauci. Elsa guardò con orrore, incapace di muoversi. Poi una voce.
         «Alzati e combatti! Sei una regina. Risveglia il drago!».
            "Il drago, il drago di ghiaccio come quello che ho creato nella mia stanza" pensò e presa da nuova energia si alzò e difendendosi apparve dalle sue mani un drago, un drago di ghiaccio. Le due creature si scontrarono. Il sogno si sgretolò come frammenti di vetro neri e azzurri.
         Si svegliò urlando. Due guardie la sollevarono da terra. Le voci giungevano lontane e confuse. Sua sorella Anna le andò incontro baciandola sulle guancie e abbracciandola, preoccupata. Kristoff andò in soccorso  al principe Ramsay svenuto in terra, ferito e sanguinante. Merida veniva trattenuta da cinque guardie, scalciava e urlava.
            «Sono innocente! Non ho fatto io del male alla regina! Preoccupatevi di quell'uomo, lui vuole la rovina di Arendelle. Lui vuole Elsa» e più urlava e più le guardie le stringevano i polsi. Elsa circondata da Kai, da Anna e da altre guardie non riusciva a vedere il volto di Merida. Era debole, la magia effettuata le aveva prosciugato ogni energia, ogni passo era una sofferenza.
         «Lasciatemi e lasciatela andare» disse con un filo di voce.
         «Cosa? Elsa è lei che ti ha ridotto in questo stato» ribatté Anna preoccupata.
         «No, è stata l'ombra» scosse il capo.
         «Sta delirando. Kristoff portala dentro!» urlò la principessa. L'Ice Master lasciò Ramsay alle cure del medico accorrendo dalla sua regina la sollevò tenendo tra le braccia.
         «Perdonatemi maestà».
         «No. È innocente» gridò un'ultima volta prima di sparire oltre la porta principale del Castello. Merida si liberò dalla presa delle guardie, i suoi fratelli le erano andati in soccorso mordendo e colpendo chi teneva prigioniera l'erede di DunBroch.
         «Elsa! Non sono stata io!» disse allungando la mano.
         «Lo so» rispose la regina sfiorandole le dita. Poi una guardia colpì l'arciera con  una baionetta dietro la testa. Merida sentì il proprio corpo vacillare, cadde in terra tra le neve alta.
         Elsa chiusa nella sua stanza gridava e urlava sprigionando il suo potere, debole. Kristoff aspettava l'arrivo della principessa Anna nella camera da letto della monarca. A un tratto delle guardie armate fecero irruzione  spalancando la porta. Si alzarono il bavero delle giacche fino al mento, il fiato era condensato e sui cappotti in fretta si formò uno strato di neve e ghiaccio. Kristoff corrugò la fronte e capì subito che le intenzioni dei militari non erano delle più nobili.
         «Soldati sono la vostra regina e vi ordino di aprirmi la porta e lasciarmi andare, devo parlare con Merida!»
         Nessuno badò ai suoi ordini.
         «Siete diventati sordi? Vi ordino di aprire la porta e farmi uscire» gridò.
         Un uomo dalle spalle larghe si fece avanti porgendo un elegante inchino alla donna.
         «Mia sovrana perdonateci per questo». Due guardie afferrarono per le esili braccia Elsa imprigionando i polsi e le mani della sovrana con le pesanti manette sotto ordine del comandante dell'esercito. La sovrana sgranò gli occhi, indietreggiando spaventata.
         «Cosa? Siete impazziti?» domandò Kristoff prendendo le difesa della monarca.
         «Capirai anche tu che è per il bene di Arendelle, ha gelato l'intero castello» disse la guardia con voce dura, cattiva. E in un attimo negli occhi di Elsa il ricordo di tre anni prima ritornò alla mente e si sentì trafitta   come se un pugnale si fosse conficcato al centro del cuore, del suo cuore pulsante. Il suo popolo la temeva. La sovrana strinse le palpebre, cadde in terra, strsciò fino alla parete più lontana dalla porta, accanto allo specchio, portò le mani al petto, raggomitolandosi su stessa diede un ultimo ordine.
         «Lasciatemi sola. Vi prego» ingoiò le lacrime, la voce risuonò spezzata e fragile.
         «Fate ciò che chiede» disse Kristoff guardando la sovrana. Le guardie annuirono e obbedirono riluttanti. Tutti lasciarono la stanza, ma quando la porta venne aperta Anna oltrepassò la soglia. L'Ice Master la fermò prima che potesse entrare.
         «Credo sia il caso di lasciarla sola».
 
***
 
         Elsa rimase raggomitolata su stessa per diverso tempo, non seppe quanto. Era tutto come prima, nulla era cambiato. Nessuno le credeva. Nessuno rispettava i suoi ordini. Colpì con le manette la parete versando  copiose lacrime. Il buio era calato nuovamente su di lei, su Arendelle. E tra i singhiozzi di dolore e le lacrime si addormentò incapace di pensare più a niente. Passò altro tempo fino a quando una mano dalle dita ricurve e callose non si posò sulla sua fronte, mentre una seconda le porgeva una tazza di tè verde fumante.
         «Ahi, ahi così non va maestà, non può perdere tempo a versare lacrime, deve combattere».
         Elsa aprì gli occhi di scatto indietreggiando fino a toccare con la schiena la parete del muro. Il buio circondava ogni cosa e uando quanqqq
         Quando finalmente la sua vista si abitò al buio vide una donna dalla schiena ricurva che teneva tra le dita un bastone di legno molto simile a uno scettro, vestita con un abito di taffetà dai colori sgargianti, verde, rosa e blu elettrico. La pelle del volto era raggrinzita e rugosa, le palpebre cadenti e i piedi scalzi grossi come zampogne, doveva avere più di cento anni e li mostrava tutti. Sebbene ne avesse paura la sovrana si alzò all'in piedi affrontando la nuova venuta dall'aspetto sinistro e misterioso.
         «Tu chi sei?»
         «Sono la strega dell'Himalaya — porse un inchino. Ho più del quintuplo dei tuoi anni e sono qui per aiutarla, maestà».
         «Aiutarmi?» domandò Elsa. La strega le girò in tondo afferrando tra il pollice e l'indice il mento della donna giovane guardandola con attenzione. Annuì lasciandola andare.
         «Devo dire che hai il suo stesso aspetto, spero anche l'intelligenza. Forse più intelligente sarebbe meglio, ma non meno, oh no sarebbe un guaio!» esclamò camminando avanti e indietro per la stanza.
         «Di cosa state parlando?»
         «Della vostra bisnonna Ingrid di Arendelle, la regina del ghiaccio e ovviamente del suo Berserk Meraud di DunBroch» sorrise soddisfatta della sua spiegazione. Elsa sbatté le palpebre incredula.
         «Sono i nomi comparsi nel diario... Come fate a...?» non riusciva a formulare le parole quella vecchia piombata dal nulla nella sua stanza sembrava sapere più di tutti quanti, perfino di GranPapà.
         «Sorpresa? Si, lo vedo. Sono stata io quasi un centinaio di anni fa a salvare Arendelle e DunBroch dalla catastrofe, ma a quanto sembra il destino ha giocato un nuovo brutto scherzo. La regina delle ombre è ritornata, o meglio il suo potere si è rincarnato in una nuova donna dall'animo corrotto». Elsa incurvò le sopracciglia guardando con sospetto la strega. La vecchia intuì i pensieri della regina, le si avvicinò e semplicemente toccando le manette le spezzò, caddero in terra con un fragoroso rumore.
         «Sono tua amica, maestà. Le consiglio di continuare a leggere il diario, capirà più avanti. Solo che ora abbiamo un problema Merida è in carcere, per causa mia ma questi sono dettagli, ora bisognerà liberarla e far dimenticare a tutti ciò che è accaduto».
         «Siete una strega, pensate a un incantesimo!» esclamò Elsa portando i capelli all'indietro con nervosismo. La donna anziana strabuzzò gli occhi ricordandosi in quel momento chi fosse e infine batté in terra lo scettro.
         «Che la notte avvolga le mura di pietra ancora una volta,
          Che il tempo si fermi.
         Il sonno degli uomini si prolunga.
         Ritorna indietro l'ora.    
          La memoria del giorno trascorso svanisca!»
         Dallo scettro di quercia si sprigionò una nube grigia seguita da un manto di stelle, si susseguirono veloci il giorno e la notte fino a quel momento. Elsa si guardò intorno nulla e tutto era cambiato.
         «E ora?» domandò
         «Salviamo Merida» disse la strega.
 
 
 
 
Tre ore dopo
 
         Merida lasciò cadere la tazza di the in terra, le mani le tremavano. Fece un balzo dalla sedia rovesciandola in terra, fuggendo raggiungendo la porta. Elsa si morse la labbra credendo che si fosse spaventata per i suoi poteri, distolse lo sguardo. La vecchia portò alle labbra una lunga sigaretta alla bocca sbuffando anelli di fumo tondi e grigi verso il soffitto facendo sciogliere il ghiaccio che si trasformò in acqua.
         «La porta è sigillata non puoi fuggire» disse la strega continuando a fumare.
         «Merida posso capire che sei spaventata, ma ti prego non voglio che hai paura di me» Elsa fece dei passi in direzione dell'arciera, poi si ritrasse portando la mano al petto, sul cuore.
         «Io non ho paura di te, ma di lei. Ho promesso di stare lontano dalla magia, l'ho promesso a mia madre la regina Elinor dopo che l'avevo trasformata in orso a causa di una strega e ora mi dite che sarà una strega a salvare il mio regno caduto in disgrazia, che era già caduto in disgrazia una volta?» parlò senza fermarsi l'erede di DunBroch torturandosi i capelli ricci e rossi arrotolandoli tra le dita.
         «Non esattamente, leggendo il diario ti sarà tutto più facile, vi sarà più facile capire, entrambe. Bene, il mio compito è finito, ora tocca a voi. Ah ricordatevi tutti hanno dimenticato il giorno trascorso, tranne L'Ombra» e avvolgendosi nel suo mantello di stoffa verde sparì davanti agli occhi increduli delle giovani donne. Merida in uno scatto d'ira afferrò uno biscotto e lo lanciò contro il vuoto della stanza maledicendo la strega, ne prese un altro e ancora un altro riempiendo il pavimento.
         «Maledette streghe tutte uguali. Non raccontano mai nulla per intero. Brutta stronza sei identica all'altra! Ah! Ah! Prendi questo e questo e questo». Elsa guardò la giovane principessa sfogarsi, era colma di rabbia, come lei. Provò una fitta al cuore vederla nervosa, quasi sull'orlo delle lacrime e immaginava che Merida difficilmente piangeva. Era il tempo di fare qualcosa e  facendosi coraggio e cinse la vita della ragazza dagli occhi dell'acqua marina per tranquillizzarla; l'erede smise di lanciare dolci contro la parete. L'arciera si voltò verso la sovrana rossa in volto sia per la rabbia provata, sia per l'imbarazzo di quel gesto così innocente, così sensuale. Sobbalzò spostandosi. Elsa ritrasse in fretta il braccio. Si guardarono negli occhi nel più confuso dei silenzi. Merida si gettò sul letto della regina coprendosi gli occhi con le mani torturandosi il volto.
         «E ora?» Udì il frusciò della gonna di seta, il rumore dei tacchi e una chiave che girava in una toppa, un attimo dopo lo stesso rumore. Elsa la coprì con la sua ombra, poi sentì il materasso affondarsi leggermente. Schiuse gli occhi e vide la monarca intenta ad aprire un libro dalla copertina verde con lo stesso simbolo della sua casata impresso. Iniziò a leggere e l'arciera restò senza fiato.
 
 
 
 
DunBroch
 
Un manto di stelle brillava infondendo luce sulla terra. Il silenzio regnava sovrano nel Castello sembrava che ogni cosa fosse stata inghiottita dalle tenebre, divorata dal fuoco. Niente più feste, niente più balli, niente più grida. Elinor pensava ai suoi figli, ai tre principi non li rincorreva più i suoi bambini per le scale del palazzo, la loro confusione non la circondava più, non li vedeva inghiottirsi di cibo e poi rimproverarli. Abbassò lo sguardo sul letto posto sotto la finestra, si avvicinò sedendosi. Accarezzò con i polpastrelli i segni fatti con la spada dalla sua unica figlia ribelle e coraggiosa. Portò alle labbra il cuscino, lo baciò stringendolo al petto. Il calore della principessa si era confuso con il suo, così come i capelli, ancora permanevano tracce di Merida. Volse lo sguardo alla finestra, aveva una speranza e quella speranza era Laire.
         Si sedette sul morbido giaciglio accarezzandosi nervosamente la fede nuziale, suo marito, il re era trattenuto ancora nelle prigioni, trattato alla stregua di un animale, feroce. Non aveva più lacrime da versare. Si alzò e con passi fermi aprì la porta. Due guardie le si avvicinarono, il ferro delle spade sguinate luccicò sotto la luce delle candele. I due uomini coperti in viso in parte dall'elmo a forma di maschera, in parte da un pesante cappuccio nero come ogni loro abito,  si lanciarono un'occhiata d'intesa, posando le spade nei foderi.
         «Cosa possiamo fare per sua maestà?»
         «Voglio andare nelle prigioni, voglio vedere mio marito».
         Gli uomini armati studiarono il volto della regina, abbassarono lo sguardo sul corpo della regina, uno degli uomini allungò una mano verso Elinor che lo colpì con uno schiaffo.
         «Cosa fate!»
         «Dovremmo controllare se nascondete qualcosa... Avanti non fate la preziosa». Si avvicinarono alla sovrana e mentre uno la tratteneva per i polsi, il secondo la toccava con malizia. Elinor scalciò, urlò,  una mano possente le tappò la bocca, una seconda mano le sollevò la gonna, sgranò gli occhi spaventata e un tratto le parole di Liare le tornarono alla mente: " da quando i Sutherland hanno messo piede in questo posto invece tutto è diverso". Elinor morse la mano della guardia che le tappava la bocca. L'uomo emise un gemito di dolore.
         «Stronza!» La colpì con un pugno nello stomaco, la regina si piegò in due per il dolore, il secondo uomo la costrinse ad alzarsi, mentre la prima guardia la schiaffeggiò in viso. Elinor venne afferrata per le braccia e sbattuta contro il muro, era stata svuotata di ogni energia per ribellarsi. Chiuse gli occhi attendendo il suo destino, mentre la luce della luna illuminava il suo volto pallido dalla finestra della sua stanza.
         «Toccatela ancora e oltre a perdere le mani e gli occhi perderete anche qualcos'altro» tuonò la voce di Roose Sutherland. Le guardie liberarono la sovrana e con terrore si inginocchiarono ai piedi dell'uomo, del loro sovrano.
         «Vi supplichiamo di risparmiarci» urlarono i due uomini. Roose fissò i supplicanti, poi diede ordine ai suoi cavalieri di arrestarli.
         «Portateli nella sala delle torture, applicate il rito per tentato stupro» ordinò a voce bassa, le due guardie colpevoli lo fissarono con occhi colmi di terrore.
         «Vi supplichiamo» dissero in un bisbiglio.  
         «Un uomo deve prendersi la responsabilità delle proprie scelte, voi avete fatto le vostre, io le mie. A meno che Elinor non voglia spendere una parola per voi, per difendervi e lasciare cadere le accuse» posò lo sguardo sulla sovrana, la donna scosse il capo. Gli uomini vennero trascinati  con urla disperate nelle prigioni.
         «Maestà mi dispiace per questo increscioso incidente, mio figlio non ha molto il pugno di ferro a differenza mia e di Shane. Permettetemi di aiutarvi» disse e prendendola sotto il braccio la condusse nella stanza della donna. Roose chiuse la porta girando la chiave, poi aiutò Elinor a sedersi sul letto. Le alzò il mento controllando le ferite, perdeva del sangue dal sopracciglio destro, la guancia era gonfia e quasi violacea.
         «Bene, chiamerò qualcuno per farvi curare». Le voltò le spalle senza aggiungere altro. Il rumore della suola degli stivali rimbombava per tutta la stanza. Elinor come se si svegliasse in quel momento da un lungo e bruttissimo sonno gridò: «Laire. Chiamate Laire». Roose si voltò verso la donna e annuì chiudendo nuovamente la porta.
 
***
 
         Nelle cucine del castello tra il pavimento scricchiolante e il russare della cuoca Laire teneva stretto tra le mani un libro dalla vecchia copertina ingiallita e rovinata dal tempo e dall'usura. Da lontano poteva sembrare un banale libro di cucina, ma al suo interno vi erano scritti i più complicati incantesimi di magia. Laire ripeteva meccanicamente le parole impresse sulla carta, rafforzando le difese del castello e proteggendo l'intera DunBroch, purtroppo era ben consapevole che la Regina dell'Ombra era a conoscenza di incantesimi più forti, più crudeli, era magia pura. Un rumore di passi la mise in allerta, chiuse il libro  bisbigliando: «velo*». Il  libro venne coperto da una patina bianca, nessuno poteva vederlo tranne il legittimo proprietario. Laire fece finta di dormire poggiando la testa sulla sedia a dondolo, un cane latrò durante il sonno. "Brutto segno" pensò.
         Shane entrò nella cucina, portava con se il freddo della notte e l'odore del sangue. Si avvicinò a Laire accarezzandole il collo bianco con le unghie nere e affilate, ne aspirò il profumo avvertendo potere magico.
         «Non fare finta con me, io so chi sei».
         Laire aprì gli occhi e le sorrise, spavalda.
         «Anche io so chi sei. Sono stata addestrata dalle streghe più potenti del mondo e sono stata mandata qui sotto ordine della Strega del Himalaya, la signora degli anelli*».
         «Lei è debole, tu sei debole. Lo sento. Non mi fermerete, mai né tu, né quel branco di idioti di questo popolo. Io sono le tenebre, io sono l'ombra!» gridò Shane e dal nulla apparve un feroce cane nero a Tre Teste dagli occhi infuocati e dalle fauci scoperte. Laire ingoiò la saliva, ma non si tirò indietro pronta a combattere e sussurrando parole sconosciute evocò uno spirito della foresta, uno spirito di luce. Le due creature si fissarono fronteggiandosi. La porta venne spalancata. La cucina giaceva nel più totale dei silenzi. Laire dormiva sulla sedia con la testa ciondolante da un lato. Roose Sutherland la scosse per una spalla.
         «Svegliati devi occuparti della regina Elinor è stata schiaffeggiata da due degli uomini di mio figlio... Sbrigati o altrimenti ti rimanderò nel bordello da cui sei venuta».
         La serva si alzò porgendo un inchino al nuovo Lord e di corsa si affrettò a salire le scale, per una volta la fortuna era stata dalla sua parte. Shane al rumore di passi era fuggita in un manto d'ombra lasciandola sola, non temeva suo padre, ma non voleva rendere palesi i suoi piani a nessuno dei membri della sua famiglia. Voleva tornare indietro nel tempo, cambiare il passato stravolgendo il futuro. Il compito di Laire, il suo compito era impedirlo.
 
***
 
         Shane dal punto più alto, dalla vetta più alta di DunBroch osservava il Castello e tutta la città. Presto, molto presto ogni cosa sarebbe stata sua. Si volse verso il cane a Tre Teste, sorrise, un sorriso gelido e crudele.
 
 
Angolo Autrice.
È passato un nuovo mese che ha portato via con sé tante cose, si sono scartati i regali, si è mangiato e bevuto peggio di re Fergus e sopratutto ho finalmente scritto il nuovo capitolo. Spero che anche questo vi sia piaciuto e che vi faccia ancora piacere seguirmi.
*Velo in latino significa coprire.
*Signora degli anelli ogni riferimento a una saga bellissima e grandiosa è puramente casuale.
Ancora vi ringrazio e auguro buon Anno a tutti voi! Un abbraccio e a presto Mai Valentine. 
   
 
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