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Autore: TaliaAckerman    31/12/2015    5 recensioni
L'ultimo atto della saga dedicata a Fheriea.
Dubhne e Jel si sono finalmente incontrati, ma presto saranno costretti a separarsi di nuovo. Mentre la minaccia dal Nord si fa sempre più insistente, un nemico che sembrava battuto torna sul campo di battaglia per esigere la sua vendetta. Il destino delle Cinque Terre non è mai stato così incerto.
Dal trentaquattresimo capitolo:
"Dubhne si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e ricordò quando, al suo arrivo a Città dei Re, l'avevano quasi rasata a zero.
- Quando ero nell'Arena... - mormorò - dovevo contare solo su me stessa. Un Combattente deve imparare a tenere a bada la paura, a fidarsi solo del proprio talento e del proprio istinto. Non c'è spazio per altro.
Jel alzò gli occhi e li posò su di lei - E che cosa ti dice ora il tuo istinto?
- Sopravvivi. "
Se volete sapere come si conclude il II ciclo di Fheriea, leggete!
Genere: Azione, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
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Per la quarta volta in quei giorni, Dubhne si svegliò di soprassalto, la schiena sudata, le membra scosse da fremiti di nervosismo. Di nuovo l'Arena, di nuovo il sangue, nessun campo di fiori rossi però. Era curioso: gli ondeggianti steli dei campi di Cèlia erano sempre stati presenti nei tre sogni precedenti.
La ormai ex Combattente si liberò dalle lenzuola e appoggiò i piedi sulle levigate assi di legno che costituivano il pavimento. La superficie era tiepida, sarebbe stata piacevole non fosse stato per l'opprimente clima di quelle settimane. Sorte di sbuffi di aria calda parevano provenire dalle finestre semi aperte anche a quell'ora di prima mattina e all'interno della stanza faceva caldo, quel denso tepore che in pochi minuti lasciava la pelle inumidita da centinaia di piccole goccioline di sudore.
Dubhne aveva dormito quasi completamente svestita, tenendo la propria scimitarra nascosta sulle assi sotto il morbido materasso del letto a baldacchino sul quale aveva riposato. Ricordava di essersi coricata già in stato di lieve agitazione; da quando era giunta a Grimal aveva tentato di modulare le proprie pessimistiche e angosciose sensazione, ma senza particolare successo.
La ragazza alzò la testa, dopo averla retta fra le mani per una manciata di secondi, studiando attentamente la camera attorno a lei: apparteneva ad una delle più rinomate locande della città, un edificio in pietra al cui piano inferiore si sviluppava un ampio salone dotato di almeno una ventina di tavolate. Il bancone di legno di quercia nascondeva a malapena la vistosa fornitura di liquori e bevande di ogni tipo. Non si potevano trovare bisacce o anfore scheggiate, solo botti di birra e bottiglie contenenti ogni varietà di vini. Non era una sala da pranzo opprimente e sudicia, ma ben curata, confortevole.
Dubhne, abituata all'austerità del palazzo Cerman, era rimasta stupita nel ritrovarsi in un ambiente di quel livello. Nei giorni in cui aveva soggiornato alla locanda "Aiachest" non si era mai imbattuta in malconci viaggiatori o ubriachi da quattro soldi: il clima che vi si respirava all'interno non sfociava mai nel caos e Dubhne aveva dedotto che le regole in merito fossero piuttosto rigide, o le misure di sicurezza piuttosto efficaci.
Era stato Jel a suggerirle di alloggiare proprio lì. Ora che poteva disporre di una notevole quantità di denaro, Dubhne aveva tutte le intenzioni di godersi, almeno per un po', le condizioni di una vita agiata. Il giorno prima del loro arrivo a Grimal, aveva domandato al Consigliere se in città vi fosse qualche ostello che si adattasse alle esigenze di una vincitrice dei Giochi. Lui aveva sorriso accondiscendente e le aveva elencato due o tre posti che avrebbero potuto fare al caso suo.
Quella era stata l'ultima volta in cui l'aveva visto.
Dubhne attraversò la stanza con passo lento, coprendosi la bocca con una mano per reprimere uno sbadiglio. Afferrò il manico di una brocca colma d'acqua e ne versò il contenuto nella graziosa bacinella di ceramica che stava appoggiata su una piccolo tavolino. Senza pensarci due volte, immerse il viso nel liquido ancora freddo; nell'avvertire la propria pelle che si intirizziva al contatto con l'acqua si sentì immediatamente più arzilla.
Dunque Dubhne, sei qui, a Grimal. Goditi la tua libertà.
Quella parole risuonarono nella sua mente quasi come una presa in giro. Godersi la libertà... come? Cosa poteva fare per svagarsi e tentare di non pensare, almeno per un po', alla fastidiosa sensazione di irrequietezza che da giorni la tormentava?


La sala da pranzo era quasi deserta, ma Dubhne non se ne stupì: era abituata a quella solitudine. Gli orari rigidi della sua vita da combattente l'avevano plasmata ad avere ritmi di dormi-veglia piuttosto scarsi. La sera, dopo essersi coricata, generalmente impiegava diverse ore nell'addormentarsi e, di certo, non recuperava nelle ore mattutine. Quella mattina si era svegliata che non era ancora l'alba.
Dubhne passò accanto al bancone salutando l'ostessa, una donna di mezza età cicciottela e dal volto gentile, con un sorriso e richiese il solito - pane, marmellata e un bicchiere di vos, la bevanda locale di Grimal che aveva il pregio di avere eliminare almeno parzialmente il torpore mattutino. Fu solo dopo che la ragazza si fu seduta al proprio solito posto, un piccolo ma comodo tavolo tavolo nell'angolo destro della sala, che si rese conto della presenza di qualcun altro. Stava seduto nell'angolo opposto al proprio e, come lei d'altronde, pareva aver cercato il posto più appartato della vasta stanza per sistemarsi. Dubhne notò immediatamente che parte del suo volto e l'occhio sinistro erano coperti da una benda, sulla quale ricadevano ciuffi di capelli biondicci.

- Chi è quell'uomo? - chiese incuriosita a Tessi, mentre la donna le sistemava davanti un piatto e un boccale.

L'ostessa alzò le spalle. - Immagino ne vedremo molti come lui in città, di qui a poco. Ora che l'esercito delle Cinque Terre e impiegato nella guerra del Nord, avremo molti reduci anche fra gli Uomini Reali.

- L'esercito delle Cinque Terre? - ripeté Dubhne facendosi ancora più interessata e, contemporaneamente, rimproverandosi per non aver prestato maggior attenzione alle notizie che probabilmente, in quei giorni, erano sulla bocca di tutti.

- Proprio così. Ma... - e qui la guardo con un sorrisetto che nascondeva una leggera aria di scuse. - Non sono la persona più adatta per fornire informazioni sull'argomento.

- Certo, certo - fece Dubhne facendo un cenno con una mano. Non era affatto sorpresa: Tessi era il classico esempio di persona affezionata ai propri piccoli affari quotidiani e poco propensa alle faccende politiche.
Mentre la donna si allontanava dal suo tavolo e si apprestava a tornare al suo posto dietro il bancone, Dubhne tornò a fissare l'uomo con interesse, pur tentando di non farlo in modo troppo evidente. Allo stesso tempo le parve di sentire un lieve odore di ferro aleggiare nell'aria, molto flebile, ma troppo familiare perché non lo percepisse. L'uomo seduto nell'angolo doveva avere altre ferite oltre a quella in viso, qualcosa di grave, perché quello era l'odore del sangue.
Nell'esatto momento in cui la giovane ne prese coscienza, avverti una strana sensazione stringerle lo stomaco.
Un reduce di guerra, si disse mentre addentava una fetta di pane. Era curioso, anche se se ne rendeva conto solo in quel momento: dopo tutti i mesi che aveva trascorso nell'Arena, in mezzo a guerrieri e al sangue... quella era la prima volta che vedeva un vero soldato, uno che avesse visto battaglie.
Una piccola fitta alla spalla la colse di sorpresa; era da parecchio che non le capitava. Portandosi una mano e tastando, sopra lo strato di vestiti, la vecchia cicatrice inflittale da Pete, Dubhne chiuse gli occhi e si appoggiò allo schienale della sedia.
Quando li riaprì, il soldato con la benda sull'occhio era seduto di fronte a lei.

- Allora? - le chiese prima che lei potesse aprir bocca. Così facendo aveva sorriso, un sorriso - notò Dubhne - alquanto stanco. - Se hai qualcosa da chiedermi perché non lo chiedi direttamente a me?

Lei non arrossì. Si limitò ad alzare le spalle e affermare:- Non volevo disturbare. Insomma... immagino non abbia molta voglia di parlare con degli sconosciuti di quella - accennò alla sua ferita.

- Ma tu non sei un'estranea. Sei la Ragazza del Sangue... Alloggio qui da nemmeno due giorni e ho sentito almeno una volta tutti gli avventori parlare di te.

- Già, già, dovevo immaginarlo...- anche Dubhne sorrise, portandosi alla bocca il bicchiere e sorseggiando il vos. - Allora... posso...?

- Certo.

- Dove hai combattuto?

Lui sospirò. - In diversi posti, praticamente lungo tutto il confine. Quando è scoppiata la guerra ero con i battaglioni al servizio di Lord Broderick, signore del Borgo Doleff.

Nonostante non avesse la più pallida idea di dove si trovasse il Borgo Doleff, Dubhne annuì.

- È stato un continuo, frustrante, pericoloso. Avevamo pochi uomini. Il confine con le Terre del Nord è sterminato e il sovrano dell'Ariador ha ordinato fossero impiegate solo le forze dei signori a Nord di Tamithia.

- Come ti sei procurato quella ferita?- chiese Dubhne tornando a fissare la benda che, se ne accorgeva solo in quel momento, pareva leggermente macchiata di sangue.

- Non è il peggio - rispose l'uomo ostentando noncuranza. - Ed è vecchia ormai. Ogni tanto qualche taglio si riapre e sanguina un po', ma ormai sono abituato ad usare un occhio solo. L'ho rimediata in uno dei primi giorni di combattimenti, ero... - s'interruppe un istante, pensoso. - Vicino a Hiexil, forse. O nei dintorni di Harrel, non ricordo. Ma te l'ho detto... mi è capitato di peggio.

Si alzò un attimo in piedi e Dubhne ebbe modo di vedere una seconda, larga fasciatura cingergli l'addome. Dalla quantità di sangue di cui il tessuto era rimasto intriso, la ragazza capi che l'odore di ferro proveniva da lì.

- È per questa che sono stato congedato. È successo durante uno dei tanti assalti a Hiexil, sai, la prima città ariadoriana ad essere stata conquistata dai Ribelli.

Dubhne annuì; aveva sentito diverse persone nominarla, in quei giorni.

- Una freccia mi ha trapassato proprio nel fianco. Tu non... non puoi immaginare il dolore.

- Credimi - rispose immediatamente lei abbassandosi la spalla della casacca che indossava e mostrandogli la cicatrice bianca della ferita di Pete. - Ne so qualcosa.

I due rimasero in silenzio per qualche secondo. Per un attimo Dubhne rimpianse l'aver immediatamente ribattuto alle parole dell'uomo. Dopotutto in quel momento si stava parlando di lui, possibile che lei provasse ogni volta il bisogno di dimostrarsi "all'altezza"?
Ma la ragazza era curiosa, aveva diverse altre domande da porre a quel guerriero.

- E quindi come... come procede la guerra? - esordì.

- Male, da quel che ho sentito. Con la caduta di Qorren il morale delle truppe dev'essere ai minimi storici. La gente ora ha paura per Rosark, se dovesse essere presa anche lei Tamithia si ritroverebbe decisamente minacciata.

- Ma questo è poco probabile, giusto? Insomma, Rosark è la seconda città ariadoriana, immagino sia ben protetta. E i Ribelli non possono disporre di così tanti uomini per...

- È quello che pensavamo anche riguardo a Qorren - la interruppe l'uomo con un gesto della mano. - ... ma Theor sembra disporre di diversi assi nella manica.

Theor. Quel nome le diceva qualcosa. Le pareva di ricordare fosse stato Jel a parlargliene, doveva trattarsi del capo della ribellione.

- In ogni caso, ora che è entrato in gioco anche l'esercito delle Cinque Terre, le cose dovrebbero drasticamente cambiare, per i Ribelli.

- Le Cinque Terre... sarebbe una sorta di esercito continentale, giusto?

- Qualcosa del genere. A contrario degli eserciti locali è composto solo da volontari, che fanno di quel servizio il proprio lavoro. Dicono anche siano ben pagati. Ma... non so molto più di questo.

- E come mai tu non sei tornato in Ariador? Come mai qui a Grimal?

- Non voglio più avere niente a che fare con questa guerra. Me ne vado, il più lontano possibile. Con il servizio che ho prestato in questa guerra ho ricavano abbastanza denaro da procurarmi un trasporto per le terre aldilà del mare. Dicono che là faccia caldo tutto l'anno e, sinceramente, dopo il gelo che ho patito mentre ero in quel maledetto nord, la cosa non mi disturberà più di tanto.

Dubhne rise, suo malgrado. Le parole di quell'uomo avevano risvegliato in lei un'idea che finora era rimasta sopita. Eppure eccola li ora, prendere piede in lei, l'unica soluzione ai suoi problemi, l'unico modo di combattere quella perenne ansia che, ne era sicura, in pochi mesi l'avrebbe condotta ad impazzire.

Dubhne terminò in silenzio di mangiare e offrì al proprio interlocutore un'altro bicchiere di vos. Quando ebbe finito di bere lui si alzò, con una certa cautela per non infierire sulla ferita che doveva dolergli ancora parecchio.
- E stato un piacere conoscerti, Ragazza del Sangue - si congedò con voce roca e fece per voltarsi e avviarsi vero le scale.

Ancora una cosa.

- Con chi si deve parlare per arruolarsi nell'esercito delle Cinque Terre?

L'uomo parve intendere al volo che cosa intendesse la ragazza con quelle parole.

- Poco distante dalla piazza centrale c'è il distaccamento di Grimal. È parecchio trafficato dai volontari, in questo periodo. Ma non ti consiglio di farlo, Ragazza del Sangue. Là nel Nord non è come nell'Arena. Le possibilità di sopravvivere possono ridursi allo zero. Per chiunque.


                                                                     ***


Dubhne aveva preso la propria decisione in pochi minuti.
Lei era fatta così, ormai ne era ben cosciente. Possedeva una capacità decisionale fulminea, poco avvezza a lunghi ragionamenti ed eccessivi scrupoli.
Aveva trascorso giorni e giorni lì a Grimal, in ambienti confortevoli, disponendo di denaro e ogni comodità. Si era apparentemente lasciata alle spalle il mondo dei combattimenti, ma quel mondo non aveva abbandonato lei.
Se fosse rimasta in città, per quanto tempo quella vita sarebbe potuta continuare? Prima o poi i soldi della vincita sarebbero finiti e lei non aveva altre doti particolari, oltre alla capacità di uccidere. A malapena sapeva leggere e scrivere, e le capacità di tessere e ricamare che aveva acquisito nella sartoria del signor Tomson si erano decisamente affievolite, se non sparite del tutto.
Trovare marito e formarsi una famiglia era un'ipotesi che la ragazza non era solita nemmeno considerare. E anche se fosse riuscita a trovare un impiego che le garantisse il necessario per vivere, Dubhne sapeva che la sua vita non sarebbe mai potuta tornare ad essere appagante per lei, per lei che aveva sperimentato il rischio e la paura, per lei che nell'Arena era arrivata a venire considerata una regina. L'assuefazione al sangue non si sarebbe allontanata da lei tanto facilmente, quindi perché non soddisfarla? La guerra nel Nord era l'occasione perfetta per tornare a combattere e mettersi alla prova. Certo, le parole del soldato della locanda avevano acceso in lei anche una punta di paura, incrementata dalle voci che si sentivano in giro e da ciò che significava veramente una guerra, ma in un certo senso la cosa la stuzzicava. Mettersi alla prova era l'unica maniera che aveva per dimostrare a se stessa, ancora una volta, di che pasta fosse fatta.
Si stava proprio recando nel luogo indicato per arruolarsi, quando una voce familiare la fece voltare.

- Dubhne, è un piacere rivederti.

Riconobbe all'istante la figura di Jel che, materializzatosi a pochi passi dal luogo in cui si trovava, si faceva strada verso di lei. Non poté fare a meno di notare quanto paresse dimagrito dall'ultima volta in cui si erano visti. Le vistose occhiaie che portava sotto gli occhi suggerivano che lei non fosse l'unica a non dormire bene, in quei giorni.

- Consigliere Jel - lo salutò con un lieve cenno del capo.

- Soddisfatta della sistemazione che ti ho consigliato?

- Direi di sì - fece lei ostentando l'ormai consueto sorriso di circostanza.

Era curioso. Non aveva modo di parlargli da quasi due settimane, eppure ora eccoli li a discorrere, come fossero amici.
- Non vorrei trattenerti - aggiunge la ragazza. - Immagino tu debba recarti a palazzo.

- In effetti dovrei, ma non mi uccideranno cinque minuti di ritardo.

Si misero un po' in disparte rispetto alla consueta moltitudine di persone che occupava le vie centrali di Grimal e si fermarono sotto un porticato.

- Allora, ehm... novità? Come si è conclusa la faccenda delle Pietre? - per qualche assurdo motivo Dubhne si sentiva lievemente imbarazzata, lì, a parlare di politica e altri affari di cui sapeva poco o niente con quel giovane con cui aveva già litigato parecchie volte...

Jel sospirò, e il suo volto si fece ulteriormente ombroso. - In realtà la cosa si è rivelata piuttosto inconcludente. Non dovrei parlarne fon te ma dato che ti ho già detto parecchio sull'argomento... - e per scrupolo abbassò la voce. - Non abbiamo abbastanza informazioni per utilizzare le Pietre. È così. La nostra ricerca non è servita praticamente a niente.
Il risentimento era palese dietro quelle parole.

- Mi dispiace - rispose lei sinceramente. So cosa significa essere frustrati.
Fu sorpresa di sentirsi così comprensiva. Eppure era qualcosa che aveva provato quasi subito quando aveva conosciuto Jel, la sua storia l'aveva interessata più di quanto fosse disposta ad ammettere. Forse era stata la consapevolezza di avere qualcosa in comune con lui; nonostante i temperamenti diversi, alla fine, forse erano più simili di quanto pensassero. Entrambi dei sopravvissuti ed entrambi degli assassini.
Smettila di fare così. Non puoi permetterti di creare dei legami. Tra poco, tra poco...

- Me ne vado - proferì spezzando il silenzio che era andato a crearsi. - Tra pochi giorni me ne vado da Grimal, probabilmente. Ho intenzione di arruolarmi nell'esercito dele Cinque Terre.

Il mago all'inizio parve piuttosto sorpreso, ma Dubhne non riuscì a comprendere se fosse dispiaciuto o no per la notizia. In ogni caso la cosa non doveva importarle.
Alla fine Jel sorrise. - Avrei dovuto aspettarmelo. La vita cittadina è troppo noiosa per una come te, non è vero?

- In un certo senso.

- E così andrai a combattere nel Nord... - mormorò lui. - Sono certo che te la caverai.

- Lo sono anch'io.

Jel rise. - Saresti una pessima diplomatica, Dubhne.

- E tu un pessimo Combattente.

Presero lentamente a camminare, fianco a fianco. - Che cosa farai ora? - domandò Dubhne facendosi seria.

- Immagino che continuerò a cercare dove il mio maestro ha fallito - rispose il Consigliere dopo qualche istante. - Proverò a trovare spiegazioni sul potere delle pietre. Dev'esserci qualcosa, deve esserci.

- Jel - quasi senza volerlo Dubhne gli poso una mano sulla spalla, al che lui parve stupito. - Ti auguro tutta la fortuna del mondo.

Il giovane dovette capire che quelle parole significavano un addio.
- Beh - allungò una mano. - In questo caso, Ragazza del Sangue, credo che noi due siamo arrivati al capolinea.

- Già - convenne lei stringendola.

- Grazie per aver dato il tuo contributo al bene di Fheriea - fece il giovane, e Dubhne comprese si riferisse alla Pietra del Nord. Le parevano passati anni dal giorno in cui erano incontrati la prima volta e Jel le aveva parlato delle Sei Pietre.

Rimasero a fissarsi per pochi, lunghi istanti, le mani destre intrecciate in quel saluto. Dubhne si soffermò per la prima volta sugli occhi azzurri del giovane con attenzione.
Come nel momento in cui l'aveva visto nell'Arena dopo aver ucciso Jackson Malker, il suo volto gli parve stranamente familiare. Possibile che fosse...?
- Devo andare, ora - disse staccandosi dal Consigliere e sciogliendo la stretta di mano.

- Ma certo, capisco. Sì, in effetti è meglio che anch'io raggiunga il palazzo.

- Ci... ci si vede, Jel - disse Dubhne a mezza voce, poco prima di voltarsi e allontanarsi dal mago il più in fretta possibile. Si sentiva curiosamente a disagio.

Jel rimase fermo sotto il portico per qualche secondo. Poi si voltò nella direzione opposta e ricominciò a camminare.








NOTE:

Beh... dopo mesi e mesi di assenza, buondì. Ecco il regalo di Capodanno, per iniziare l'anno nuovo con un nuovo, troppo corto e noiosissimo capitolo. Mi dispiace tanto per il ritardo nella pubblicazione, speravo non dovessero mai più trascorrere intervalli così lunghi tra un capitolo e l'altro, ma questo è stato un periodo davvero difficile e pieno di stress e la mia povera verve letteraria è stata messa a dura prova. In ogni caso vorrei ringraziare la fedele Arya373 e la new entry Easter_huit che hanno recensito lo scorso capitolo. Grazie mille, un particolare augurio di buon anno nuovo per voi ^-^
Nonostante il ritardo e nonostante il capitolo sia tutt'altro che un capolavoro, vi invito a lasciare una recensione, anche piccola.
Alla prossima!
  
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