Serie TV > Teen Wolf
Segui la storia  |       
Autore: Vale11    02/01/2016    4 recensioni
In cui Peter Hale è decisamente protettivo, Stiles non ci ha capito niente, Scott è assente e Derek non si sente molto bene. Anzi, per niente.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Derek Hale
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Iniziò in sordina, come quasi tutte le cose che non dovrebbero succedere: se si manifestassero subito in tutta la loro cattiveria fermarle sarebbe molto più semplice e, evidentemente, quella roba non aveva alcuna intenzione di farsi fermare. Tantomeno da un ragazzino mingherlino come lui. O, per lo meno, è quello che Stiles si ritrovò a pensare da li a nemmeno mezz’ora. 
Peter ancora non si vedeva, Derek stava ancora dormendo, il respiro affannoso che gli batteva sul collo ad ogni esalazione più o meno faticosa e i capelli attaccati alla testa. Era strano vederlo così, ormai Stiles era abituato a vederlo apparire e scomparire conciato come un modello di H&M, solo potenzialmente più pericoloso. Tutto a un tratto si rendeva conto di averlo sempre sottovalutato, in un certo senso. Preso sotto gamba. Dato per scontato. Eccetera. C’era molto più in Derek Hale di quanto non desse a vedere e, se quella frase era un’ovvietà scontata che si poteva tranquillamente applicare a quasi tutto il genere umano, nel caso di Derek cadeva davvero a pennello. Non sapeva se la cosa fosse imputabile solo a Derek e al suo talento per non comunicare un accidente (tipo, poteva anche far sapere a qualcuno che non si sentiva bene, No? No. Certo.) o se anche loro avessero la loro parte di responsabilità. Non avevano mai nemmeno provato a entrare un po’ più in confidenza, in effetti. Certo, quando Boyd era morto la mano di Stiles era volata sulla spalla di Derek senza che il suo padrone se ne accorgesse ed era rimasta li, ma siamo seri: un lupo del suo branco era stato ucciso dalle sue stesse mani, letteralmente, e tutto l’aiuto che aveva avuto era stata una mano su una spalla. Sul serio?
Meglio che un cazzotto nei denti, sicuramente, ma solo adesso Stiles si rendeva conto di quanto non fosse stato sufficiente. Niente di quello che avevano fatto era stato sufficiente. E Derek non aveva mai detto una parola in proposito. 
Non era facile entrare in relazione con un così. Ma avrebbe almeno potuto provarci. Testate al volante permettendo. 
Non sapeva se quello che si sentiva addosso fosse un attacco di iperprotettività o cosa, iperprotettività verso un lupo alto un metro e novanta e fatto quasi esclusivamente di muscoli e nervi a fior di pelle, fra l’altro, ma poteva farci il giusto. Mosse le dita della mano destra per cercare di scacciare il formicolio fastidioso che ci si era insediato da quando Derek gli si era addormentato addosso, e vide il lupo stringere gli occhi.
Ecco, l’aveva svegliato. L’ultima cosa che avrebbe voluto fare. Gli pareva avesse bisogno di dormire, non di essere svegliato, e ora…no. Falso allarme. Derek rimase immobile dov’era. Stiles strusciò la faccia sul cuscino, e si rese conto che Derek aveva stretto la mano destra a pugno sul lenzuolo.
Ok, non si sarebbe più mosso. Non voleva essere morso, no grazie. Sarebbe stato fermo e buono, e…Derek buttò fuori quello che sembrava essere un respiro strozzato. Stiles si bloccò, fermo come una statua.
Non aveva mosso un muscolo, cosa stava succedendo? 
“Derek”
Niente.
Avvicinò la mano libera al viso del lupo e la lasciò ferma a mezz’aria quando lo sentì biascicare qualcosa fra i canini miracolosamente ancora umani, avvicinò il viso al suo.
“Derek? Non ho capito”
Derek scosse la testa, strinse gli occhi e buttò fuori una stringa di suoni che a Stiles sembravano francese. Il suo francese era terribile. Avrebbe dovuto fare lo sforzo di studiarlo un minimo, ma ormai il danno era fatto.
Cestmafautejesuisdesolecestmafautemamanjesuisdesole.
C’est ma faute, maman. Je suis dèsolè.
No. No. Nononononono. Non era preparato per affrontare gli incubi di un lupo mannaro. Non sapeva nemmeno da che parte cominciare.
Stiles restò a fissarlo per qualche secondo, poi gli appoggiò una mano su una spalla e sperò che quel minimo contatto bastasse a calmarlo. Derek si zittì. Forse aveva funzionato.
Lo pensò finché non vide Derek chiudersi su se stesso, iniziare a tremare come se avesse un terremoto personale nella cassa toracica, respirare come un maratoneta a fine gara e piantarsi le unghie nelle mani. Unghie che erano diventate delle discrete lame, a quel punto, e che stavano procurando un certo danno.
Va bene, sarebbe guarito subito dopo, ma non era comunque una cosa che Stiles poteva lasciar succedere senza muovere un dito, insomma.
“Derek, svegliati - balbettò stringendo la spalla del lupo - Derek, va tutto bene. E’ un sogno. Svegliati” 
Derek strinse il polso di Stiles in una presa ferrea senza smettere di biascicare in francese, piantandogli le unghie nella carne. Stiles, da parte sua, perse dieci anni di vita in un colpo solo.
Oddio, e adesso?
“Derek, forza, svegliati - provò di nuovo, scuotendolo con una forza che non sapeva di avere. Il lenzuolo ormai era sporco del sangue di tutte due - non è niente, è solo un sogno. Sve…”
Derek urlò. Nel vero senso della parola. Non un ululato, non un ringhio, niente del gente. Un vero e proprio urlo terrorizzato con tutti i santi crismi. Poi gli mollò il polso e schizzò all’indietro, finendo con la testa contro il comodino. Quando Stiles si riprese dallo shock c’erano due occhi verdi enormi che lo fissavano dall’altro lato del letto.
“Ehi, ehi - parlava sottovoce, come faceva suo padre quando un demone giapponese aveva deciso di prendere residenza nel suo cervello - Derek, era un sogno. Stai bene, è tutto ok”
Derek non aprì bocca, spostando gli occhi spiritati dal polso insanguinato di Stiles alle sue dita, ormai senza artigli, coi polpastrelli sporchi di rosso. Vide i tagli sui palmi rimarginarsi e, inverosimilmente, iniziò a respirare ancora più velocemente di prima.
“Ehi, Derek, no - Stiles si lanciò dall’altra parte del letto per raggiungerlo, ma Derek si ritirò ancora di più. Era così strano vedere una persona di cui bastava la presenza a incutere rispetto e un certo terrore riuscire a farsi così piccola. Stiles capì l’antifona e si fermò dov’era - non fare così. Respira. Era un sogno. Va tutto bene. Ok?”
No, per niente. Derek lo ignorò completamente, preferendo lanciarsi di testa nel magnifico mondo dell’iperventilazione. A quel punto Stiles decise che la distanza di sicurezza poteva andare anche a farsi fottere: raggiunse l’altro lato del letto in pochi istanti e gli prese le mani, appoggiandosene una al petto.
“Derek, mi senti?”
Niente. Non solo non lo sentiva, non lo vedeva nemmeno. Aveva piantato gli occhi in un punto indefinito fra il collo di Stiles e il disegno ridicolo che aveva sulla maglietta e non li alzava da li. Respirava come uno che non raccattava abbastanza ossigeno, e in effetti era così. 
“Derek - Stiles provò di nuovo, avvicinandogli una mano al viso. Gli occhi del lupo schizzarono verso il suo polso ferito e si spalancarono ancora di più. Ottima mossa, Stiles - Derek, non è niente. Devi respirare. Mi senti?”
Gli occhi verdi si allontanarono dal suo polso e si piantarono nei suoi. Erano davvero grandi, ora che Stiles ci faceva caso. O forse sembravano tali perché il loro padrone li teneva spalancati.
“Mi senti, Derek?”
L’unica risposta che ottenne fu un singhiozzo e un cenno di assenso convulso.
“Bene, ok - riprese premendosi la mano del lupo sul petto - respira con me, va bene?”
Strinse la presa sul polso di Derek quando cercò di allontanarsi, riportandosi addosso la sua mano.
“Derek, ascoltami. Devi respirare con me. Tieni dentro l’aria per cinque secondi, buttala fuori per quattro. Conta con me. Va bene?”
Di nuovo quel cenno della testa non meglio identificabile. Stiles lo prese per un si e iniziò a immagazzinare aria. Vide Derek provarci.
“Va benissimo, bravissimo - gli disse - quattro, e cinque. Bravissimo. Ora buttala fuori, quattro secondi. Conto io.”
Lo guardò esalare la poca aria che aveva buttato dentro snocciolando i quattro secondi, poi lo obbligò a rifare tutto da capo per una decina di volte.
“Non è niente, è solo un attacco di panico -  ripeteva come un mantra - stai bene. Butta fuori l’aria. Bravissimo.”
Quando gli parve di vedere che Derek aveva ripreso a respirare come un normale essere umano, o quel che era, Stiles allentò la presa sul polso e intrecciò le dita con le sue. 
“Derek? Va meglio?”
Derek affondò il viso nel cuscino, poi lasciò spuntare un occhio e gli indicò il polso con un cenno della testa.
“Sono stato io?”
“Uh? Cosa?”
Derek ripetè il gesto senza aprire bocca, Stiles si portò il polso all’altezza degli occhi e sorrise.
“Non è niente, lupo. Non è colpa tua”
“Mi dispiace”
“Lo so - si sentì rispondere - ma non è comunque colpa tua.”
E poi successe una cosa che gli succedeva spesso, ma mai con Derek. Scott lo chiamava sbrocco acustico. Stiles preferiva dire che ogni tanto perdeva il filtro.
“In generale, Derek, non è colpa tua.”
Si strozzò subito dopo aver aperto bocca: Derek lo fissava a occhi spalancati, voltato verso di lui su quel letto enorme. 
Prese fiato.
“Non è colpa tua. Parli, mentre dormi - poi gli venne in mente una cosa - perché parli in francese, mentre dormi?”
Derek sbiancò.
“In francese? - gli chiese, deglutendo - ho parlato in francese?”
“Si..si, Derek. L’hai fatto. Ascolta, non sei obbligato a rispondermi. Devo farmi i fatti miei, lo so, hai ragione, anzi, adesso me ne…”
“A mia madre piaceva - lo sentì gracchiare - il francese, intendo.”
Stiles non riuscì a dire altro che Oh.
“Non sapevo che tu lo parlassi”
Il lupo si strinse nelle spalle, fissandosi le mani, poi allungò un braccio verso il polso di Stiles e prese ad esaminare i tagli. Erano superficiali, alcuni avevano già smesso di sanguinare. Ma erano li per colpa sua, e niente gli avrebbe fatto cambiare idea. Rimase stupito di vedere le dita di Stiles chiudersi sulle sue.
“Ti ho già detto che non è niente, Derek. Non è colpa tua.”
“Non parlare di cose che non conosci”
Era sicuro di aver spaventato quel ragazzino. Era bravissimo a farlo, anche quando non voleva. Invece Stiles strinse le dita intorno alla sua mano e cercò il punto di pressione, contando i battiti.
“Hai ancora la febbre alta - gli disse, dopo che un minuto fu passato - hai ragione. Non ti conosco. Se ti va, però, puoi raccontarmi quello che vuoi”
Derek soffocò un ghigno in una mezza risata. Era la prima volta che uno del suo branco, perché Stiles faceva parte del branco, gli chiedeva una cosa del genere. Gli veniva da ridere, aveva voglia di urlare, mettersi a piangere, iniziare a ridere e andare a buttarsi dalla finestra. Tutto nello stesso momento.
“Grazie, ma non sono il tipo”
“Tu non sei il tipo da nulla, Derek”
Alzò gli occhi aspettandosi di trovarsi davanti la faccia delusa di Stiles, invece lo vide sorridere. Lo stava prendendo in giro. Non sapeva perché, ma decise che non era poi male. Sospirò, schiarendosi la voce e procurandosi un nuovo attacco di tosse. Stiles aspettò che passasse e gli porse un bicchiere d’acqua dal comodino. Lo tirò giù in tre sorsate, poi si lasciò praticamente ingoiare dal letto e piantò la testa nel cuscino. Aveva mal di testa, non dormiva decentemente da una vita e i sogni non aiutavano.
“Che vuoi che ti racconti, Stiles?”
Stiles si puntellò su un gomito e appoggi la testa sul palmo della mano.
“Sul serio? Dici sul serio? - quando Derek gli lanciò un’occhiataccia dal cuscino, Stiles mise a cuccia il suo golden retriever interno - ok, scusami. Scusami. Puoi dirmi cos’hai sognato, se ti va”
Vide Derek sbuffare e spalmarsi una mano sulla faccia. Poi, quando ormai pensava che non gli avrebbe più risposto, le parole gli arrivarono soffocate fra le dita.
“Il fuoco. Kate. Jennifer, Lydia che per poco non viene strangolata. Erica. Victoria Hale - si fermò, allontanando la mano dal viso e fissandosi i polpastrelli ancora macchiati - Boyd.”
Wow. Erano un sacco di brutte cose per un sogno solo. Stiles si alzò dal letto, arrivò alla cucina e bagnò un paio di fazzoletti, poi si sedette e prese le mani di Derek.
“Non è colpa tua, Derek - gli disse, iniziando a pulire il sangue dalle mani - non puoi controllare tutto, non puoi sapere tutto, non puoi salvare tutti.”
Derek lo lasciò fare, fissandogli le mani mentre pulivano le sue. Non serviva a farlo sentire meglio. Più pulito, sicuramente si.
“Mi ascolti?”
Reagì come reagiva sempre, con un ringhio basso in fondo alla gola.
“Non dire stupidaggini”
“Ehi, non sono stupidaggini. Non è colpa tua - Stiles gli strinse un polso - non è colpa tua. La tua famiglia è stata uccisa da Kate Argent, non da te. Paige non è morta per colpa tua. Jennifer era quello che era anche prima di incontrare te. La vita di Erica aveva fatto un salto di qualità da quando era diventata una del tuo branco. Boyd, lo stesso. Non li hai uccisi tu - finì di pulire il sangue e gli mostrò le mani, pulite - Boyd non è colpa tua. Lui non credeva fosse colpa tua. Mi senti?”
Vide Derek corrugare la fronte, continuando a fissarsi le dita.
“Nessuno da la colpa a te, Derek. So che non siamo stati la migliore compagnia del mondo, ma credimi quando ti dico che non è colpa tua.”
“Ti prego, Stiles - ringhiò, chiudendo le dita - se non avessi lasciato che Kate mi rincoglionisse la mia famiglia sarebbe ancora viva. Se non mi fossi avvicinato a Paige, sarebbe ancora viva. Se non avessi morso Erica e Boyd, se li avessi seguiti meglio, se fossi riuscito a insegnare tutto quello che dovevo, se li avessi protetti a dovere, sarebbero ancora vivi. Erano ragazzini come te, Stiles, e sono morti per colpa mia. Cora è stata tenuta in un caveau per tre mesi perché Deucalion cercava me. Lydia ha rischiato di morire, e io non avevo capito che Jennifer era pericolosa finché non ha rischiato di rimetterci la vita. Non sono stato in grado di liberarti dal nogitsune. Non ero li quando Allison è morta. Ho combinato solo un guaio quando ho salvato Scott da sua madre. Quindi, adesso - gli disse, fissandolo con il blu elettrico in fondo agli occhi - dimmi di nuovo che non è colpa mia”
Si aspettava di averlo spaventato davvero, adesso, ma vide Stiles sbuffare senza troppa ansia.
“E se mia nonna avesse avuto le ruote, sarebbe stata un carretto.”
Derek lo guardò come se fosse impazzito.
“Te l’ho già detto: non puoi controllare tutto. Non puoi sapere tutto quello che succederà prima che succeda, altrimenti saresti Nostradamus. O Odino. O qualcosa del genere. - Stiles si accomodò meglio sul materasso - So che prenderti la colpa per ogni cosa ti viene facile, viene facile anche a me. Scott ci ha messo mesi per farmi capire che Allison non è morta per colpa mia, e ancora ogni tanto ho dei dubbi. Voglio dire, se non fossi stato così debole il nogitsune non mi sarebbe entrato in testa, giusto?”
Derek scosse la testa.
“No, non è così - tossì, poi riprese fiato - non ci potevi fare niente, quell’essere era al di fuori delle nostre possibilità.”
Stiles alzò un sopracciglio.
“Esattamente. Derek, è questo che sto cercando di dirti - piegò la testa di lato cercando di fare contatto visivo - perché giustifichi gli altri e sei così duro con te stesso? E con te stesso e basta, poi”
Derek non sapeva come aveva fatto a cacciarsi in una situazione del genere. Raccontare quella roba a Peter era un conto, ma dirla a Stiles era fuori di testa. Doveva essere la febbre. Era sicuramente la febbre. Fissò il lenzuolo con un’intensità tale che avrebbe potuto dargli fuoco, poi aprì bocca e la richiuse per un paio di volte.
“Perché…”
Si strozzò. Non riusciva a spiccicare più una sillaba.
“Perché non credi di meritarti il perdono di nessuno, non credi di meritarti niente di quello che hai, e cerchi continuamente di dimostrarti all’altezza delle aspettative degli altri, cosa che ti spinge a sfinirti in questo modo e a non dire mai una parola - Derek lo guardò come se avesse appena detto quello che pensava pure lui, cosa fra l’altro esatta - lo so, come ci si sente. Lo so da una vita, tutti i sacrosanti giorni. E credimi, non è colpa tua. Ti meriti quello che hai e, anche se a volte combini qualche disastro, sei una persona più che decente.”
L’espressione di Derek era così spaesata che Stiles decise di dargli tregua, alzando le coperte e allungando di nuovo un braccio verso di lui.
“E Ora dimmi una cosa - gli chiese - hai ancora freddo?”


Quando Peter tornò, con un paio di buste di plastica in una mano e le chiavi nell’altra, rimase piantato sulla porta a fissare le teste di Derek e Stiles che sbucavano dal piumone; si avvicinò senza far rumore e alzò un sopracciglio quando vide che Derek aveva la testa poggiata sul petto di Stiles, e che le braccia di Stiles erano intorno alla schiena di suo nipote. Stiles sibilò, con un mezzo sorriso, che Derek aveva freddo. Morta li.
Peter si avvicinò ai fornelli con un mezzo sorriso che non faceva mai vedere a nessuno, mise la spesa a posto e se le tazze di tè che fece erano tre e non due non ci fece nemmeno caso.
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Teen Wolf / Vai alla pagina dell'autore: Vale11