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Autore: Le Jenni    05/01/2016    2 recensioni
ATTENZIONE: INTRODUZIONE MODIFICATA.
"...Sei un casino, insomma."
"E allora cosa ci fai ancora qui?"
"Sono qui perché piuttosto che avere una vita normale ma infelice, preferisco farmela incasinare da te."
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Cameron ha 18 anni, una famiglia perfetta, attira gli sguardi di tutte le ragazze ed è tanto affascinante quanto intelligente. Ma è arrogante, presuntuoso, e non vuole relazioni serie.
Dakota, invece, non ha amici e nasconde la propria tristezza dietro un sorriso sfacciato, che usa per difendersi da chi potrebbe farla soffrire ancora.
Ma all'improvviso tutto cambia.
La vita ha in serbo una brutta sorpresa per Cameron e, come un fantasma che torna a ricordargli che la felicità ha un prezzo, il destino gli porterà via la popolarità per la quale aveva compiuto tanti errori e sacrifici.
E' così costretto a rifugiarsi nelle braccia dell'unica persona con la quale si sia mai sentito veramente se stesso.
Ma Dakota sarà veramente pronta a lasciarsi tutto alle spalle, con il rischio di ritrovarsi nuovamente con il cuore spezzato?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Note dell’autrice…


Buongiorno a tutte/i! Come va la vita? Spero bene. 

Allora, come avrete già capito dal titolo questo non sarà un capitolo facile, ma ho deciso di affrontarlo con abbastanza leggerezza, forse anche più di quella che era necessaria. Per questo motivo, come vedrete più avanti, la situazione tragica non si dilungherà molto. Questo perché ho preferito continuare con la storia, piuttosto che soffermarmi più del dovuto su una cosa che avrebbe fatto impazzire sia voi che me. Diciamo pure che questo è un po’ il prezzo del desiderio espresso nell’introduzione, se non si è capito. Comunque, spero vivamente che possa piacervi e, magari, anche di ricevere qualche recensioni.

Inizio col ringraziare chiunque abbia voluto leggere la mia storia e inserirla tra le preferite e le seguite. Mi avete resa davvero molto felice. Come sospettavo non sono molte le persone che hanno deciso di seguirmi, ma non importa. Spero comunque che, con il tempo, magari, la storia riuscirà a catturare maggiormente il vostro interesse. Un bacione, 

Chiara.

 

Capitolo 2- Incidente


Un anno dopo…


L’ultimo anno, finalmente. Ho trascorso 5 anni della mia povera ed inutile esistenza a fingere di ascoltare i discorsi senza senso dei professori ed a  consumare l’orologio con lo sguardo. Sul serio, se quell’oggetto fosse stato un bambino, sarei potuta sembrare una pedofila.

Eppure adesso ce l’ho fatta. Devo semplicemente resistere un altro anno e tutto sarà finito. 

“Ehi, D!” mi volto, sapendo già di chi si tratta. Solo lui mi chiama in quel modo. 

“Cosa c’è, Cam?” 

“Stasera c’è una festa…” inizia a dire.

“Scordatelo” so già cosa vuole chiedermi. 

“Per favore, D. Sei la mia unica speranza!” 

“Non puoi andarci con la tua ragazza?” sì. E’ trascorso un anno e sono cambiate moltissime cose. Una di queste, è che adesso, l’impossibile, bellissimo e sexy Cameron Johnson è fidanzato. Con chi? Ovvio, Caroline. E ormai sembra essersi dimenticato, al contrario mio, la notte di un anno fa, durante la quale è venuto a trovarmi. 

“No, abbiamo litigato e devo chiederle scusa. Sai che ci tengo a quella ragazza, Dakota. Per favore” scuoto il capo.

“Mi dispiace” e mi volto. Per quanto mi duole dirlo, anche Cam ha, ormai, imparato a conoscermi e per tale motivo, sa perfettamente che quando dico ‘no’, intendo no. 

“Grazie, eh” mi urla dietro, mentre io mi allontano a passo svelto verso casa mia. Un po’ mi dispiace per lui, però è già la quarta volta questo mese che mi chiede di prestargli la macchina e tutte le volte succede qualcosa di brutto. 




Sbatto le palpebre e sbadiglio. Sfrego i palmi delle mani sugli occhi chiusi ed allungo la mano per accendere la luce della mia stanza. Mi preparo per la scuola ed una volta finito scendo le scale e mi dirigo in cucina, dove, stranamente, non trovo i miei genitori che, pimpanti ed allegri come se non fossero le 7 del mattino, mi danno il loro personalissimo buongiorno, fatto di baci ed auguri. 

Alla fine afferro un cornetto di quelli confezionati del supermercato ed esco di casa. Mentre ragiono su cosa io debba fare in merito al chiudere o meno la porta, i capelli rossi di mia madre mi compaiono davanti al naso. 

“Mamma?” chiedo. Lei si volta e mi sorride, ma noto delle enormi occhiaie sotto i suoi occhi. Mi scruta attentamente

“Potresti non andare a scuola, per oggi” inarco un sopracciglio. 

“Che è successo?” le chiedo.

“Forse è meglio entrare” non faccio in tempo a voltarmi che lei mi spinge con forza in casa. 

“Papà dov’è? Sta bene?” comincio seriamente a preoccuparmi. Mia madre è una di quelle che, puoi avere tutti i malanni del mondo, ti costringerà ad andare a scuola. 

“Sì, sì. Lui è… Con i Johnson” mi spiega. Annuisco

“E perché?” mi fa sedere, senza però rispondere alla mia domanda ed alla fine, dopo essersi accomodata davanti a me, prende un bel respiro e dice

“Ieri sera Cameron ha fatto un incidente” ed il mio cuore smette di battere. Mia madre continua a parlare, ma dentro di me continuano ad echeggiare le parole ‘Cameron’ ed ‘Incidente’. Cameron-incidente, Cameron-incidente…

Non riesco a pensare ad altro. 

“Lui come sta?” chiedo, interrompendo il discorso di mia mamma. 

“Non lo sappiamo. Lo stanno ancora operando” 

“Devo andare” dico, alzandomi di slancio ed afferrando le chiavi sul tavolo. 

“Dakota, aspetta. Sei sconvolta, tesoro. Cerca di stare tranquilla e non appena tuo padre potrà, verrà a prenderti e lo vedrai” annuisco, respirando profondamente. Lei mi sorride e, dopo avermi carezzato una guancia, mi chiede

“Cosa vuoi fare oggi?” mi sembra tutto uno scherzo orribile. Il mio migliore amico è all’ospedale in chissà quali condizioni e lei mi chiede che cosa voglio fare oggi! 

“Voglio andare a scuola” dico, seria. 

“Ma…” inizia.

“No, sul serio. Ho una verifica importante oggi” mento spudoratamente. 

“Oh, d’accordo. Ti accompagno, non riuscirai mai ad arrivare in tempo” scuoto il capo. 

“Vado io in macchina” dico, mentre con le dita riesco già a sentire il tessuto del cinturino delle chiavi “Non preoccuparti” lei annuisce ed alla fine mi lascia andare. Prima che esca dalla porta mi ferma. 

“So che eravate molto amici, anche se nessuno dei due lo ammetteva…” sussurra. Già. Né io né Cam abbiamo mai avuto il coraggio di dire che quello tra di noi era una legame che nemmeno il tempo era mai riuscito a sciogliere. 

“Sto bene, mamma, sul serio. Devo andare” le stampo un bacio sulla guancia ed esco di casa, senza aspettare una sua risposta. Getto malamente lo zaino sul sedile posteriore dell’auto e mi metto alla guida, diretta verso l’ospedale. 

“Che cazzo hai fatto, Cam?” domando a non so chi, mentre l’ansia comincia a farsi sentire. E se dovesse… No, non riesco nemmeno a pensarlo. Che cazzo faccio poi, io, senza di lui? Senza le sue stupide battutine o i nostri continui litigi? Mi viene quasi da piangere solamente a pensare che non ci sarà più Cameron a riempire le mie monotone giornate. 

“Se muori, giuro che ti ammazzo!” sbraito, mentre mi getto nel parcheggio dell’ospedale. Lascio l’auto nel primo posto libero che trovo e mi dirigo correndo verso l’ingresso. Vedo un’infermiera e le chiedo informazioni. Lei mi spiega dove devo andare. 

Nel centro esatto del petto sento esattamente un buco nero. Un qualcosa che mi sta divorando piano piano, che si prende ogni singola parte di me, che mi mangia come se fossi un pezzo di carne succulenta. Vedo mio padre e mi getto tra le sue braccia

“Dov’è? Dov’è lui?” chiedo, disperata. Mi accarezza i capelli

“Shh, tesoro, calmati. Hanno appena finito di operarlo, sembrerebbe essere andato tutto bene. Non è in pericolo di morte.” e finalmente riesco a calmarmi un po’. Non morirà, solo questo mi dà consolazione. 

Mi volto e vedo i signori Johnson. Li abbraccio 

“Non possiamo fare altro che aspettare e pregare che vada tutto bene” le parole di sua madre sono interrotte dai singhiozzi e capisco che ci vorrà molto, prima che me lo lascino vedere. Mi lascio andare su una sedia e sospiro rumorosamente. 

All’improvviso mi tornano in mente tutti i momenti trascorsi insieme. Noi due che giocavamo, lui che rideva ed io che gli stampavo un bacio sulla guancia. Avevamo circa due anni, ma conservo quella foto come se da essa dipendesse la mia stessa vita. E poi il vuoto, la lontananza. Eppure, nonostante non parlassimo più molto, provavo verso di lui lo stesso amore che provo per i miei genitori. E’ una cosa viscerale, che non se ne andrà mai via. Un legame profondo, chiuso con un enorme lucchetto nel mio cuore. Qualcosa che non posso evitare. 

Poi la passeggiate fino a casa, lui che mi chiedeva in continuazione favori ed io che alla fine rinunciavo e gli davo ciò che voleva. Lui è il mio Cam ed io sono la sua D e questo nessuno potrà mai cambiarlo. 




Una settimana ed ancora non mi permettono di vederlo. Da quello che ho capito ha avuto davvero un brutto incidente, ma nessuno si decide a spiegarmi che cosa succederà, d’ora in poi. Mia madre compare dal corridoio, con in mano due caffè

“Non vuoi andare a casa? Hai praticamente dormito qui” mi sussurra, carezzandomi i capelli. Scuoto il capo 

“Voglio vederlo” dico sincera. Lei annuisce e mi si siede accanto

“Dakota, lui ha avuto davvero un brutto colpo. Quando si è svegliato…” spalanco gli occhi 

“Si è svegliato? Perché non me lo avete detto?” lei china il volto

“Dakota” mi chiama all’attenzione. 

“Dimmi…” sussurro. 

“Non riesce più a muovere le gambe” mi blocco alle sue parole. Non. Muove. Le. Gambe. 

“Per sempre?” il mio è un sussurro in mezzo alle mille voci che echeggiano nel corridoio. 

“Sì. Cioè, forse no, ma la probabilità è davvero minima. Non sono un medico, ma da quello che ho capito sembra che una scheggia di vetro si sia conficcata nella sua spina dorsale ed è impossibile da operare per ora”

“Per ora? Quando potranno farlo?” 

“Non lo so, Dakota. Non voglio darti false speranze”

“Dammele, mamma. Ti prego” la mia è una supplica. Sospira profondamente. 

“Se la scheggia si spostasse dalla posizione in cui è ora, allora potrebbero operarlo e tornerebbe a camminare, forse. Il problema è che l’operazione è altamente pericolosa e come ho detto, in questa situazione, non è possibile farla.” sì, mia madre non ne capisce una mazza di medicina. Ma ciò che conta è che, in un giorno molto prossimo, Cam potrebbe tornare a stare in posizione eretta.

“E quanto ci vuole, perché la scheggia si sposti?” 

“Per quello che sappiamo, potrebbe non farlo mai. I dottori dicono che lui potrebbe comunque provare, fare degli esercizi che lo aiuterebbero, ma…”

“Ma?” lei scuote il capo.

“E’ sconvolto, Dakota. Si è svegliato in una stanza d’ospedale, solo, accorgendosi di non riuscire a muovere le gambe. Ha subito un forte trauma” annuisco

“Posso vederlo?” lei annuisce e mi accompagna davanti alla porta della sua stanza. Finalmente lo vedo. E’ sempre lui, bello da morire, solo con il sorriso spento e gli occhi morti. Fissa davanti a sé, senza battere ciglia, mentre i suoi genitori gli parlano di non so cosa. Quando sente la porta muoversi, si volta e mi vede. Per un attimo noto qualcosa attraversare il suo sguardo. 

“D” sussurra. Rimango ferma sulla soglia, fino a quando i suoi non mi vedono e mi invitano ad entrare.

“Noi andiamo a berci un caffè, stai tu qui con lui, Dakota?” io annuisco e loro se ne vanno. Siamo soli. Mi avvicino al letto. 

“Ciao” sussurro. 

“Ciao” mi risponde. 

“Ti chiederei ‘come stai’, ma non mi sembra la domanda più opportuna in questo momento” il sorriso che mi rivolge è la cosa più bella che vedo da una settimana. 

“Mi mancava il tuo umorismo” mi dice e, per qualche strano ed incomprensibile motivo, sento le mie guance arrossarsi. 

“Allora…” dice “Come va a scuola?” gli rispondo con un’alzata di spalle

“Al solito. Tutto normale” lui fa un sorriso di sbieco ed io mi avvicino ancora un po’. Ormai potrei stringergli la mano, talmente sono attaccata al letto. 

“Che bugiarda che sei” dice, ridacchiando. 

“Cosa? Perché?” non capisco cosa intenda dire. 

“So che hai saltato la scuola per stare qui. Le infermiere mi hanno detto che avevano paura che facessi la muffa, su quella sedia” ecco, se ci fosse un buon momento per sparire dalla faccia della Terra senza lasciare traccia e senza che nessuno se ne accorga, sarebbe adesso. 

“N-Non …” 

“Non ti giustificare. Avrei fatto lo stesso, se fossi stata tu al mio posto e non me ne vergogno”

“Da quando siamo così profondi?” dico, sorridendo. 

“Mmm, diciamo che quando sei a tanto così dal perdere la vita, poi ti rendi conto di quali sono le cose veramente importanti”

“E quali sono?” chiedo di slancio, senza riuscire a frenare la mia lingua biforcuta.

“Non lo so” e ride “ Mi mancava pochissimo per scoprirlo, ma niente” scuoto il capo, non riuscendo a non sorridere. Rimane qualche secondo ad osservarmi, poi spinge sulle mani e si sposta di un po’ 

“Sdraiati” dice. Spalanco leggermente la bocca

“Sdraiarmi? Lì?” ride di nuovo

“No, su Marte. Vedi, per caso, qualche altro affascinante e baldo giovane che ti dice di accomodarti sul suo morbido e caldo letto?” 

“E se entra qualcuno?” domando, all’improvviso terrorizzata dalla sua richiesta. 

“D, da quando ti preoccupi di quello che pensano gli altri?” mi mordicchio leggermente il labbro, ma alla fine lo faccio. Mi sdraio accanto a lui, su questo letto incredibilmente piccolo per due persone.

“Non stai meglio, così?” mi chiede, a due centimetri dal mio volto

“Forse un po’” sussurro. 

“Caroline è stata qui?” mi chiede. E adesso come glielo dico che non si è nemmeno fatta vedere? Deve notare il mio tentennamento, perché aggiunge

“Sai cosa mi piace di te, D?” sorrido

“C’è qualcosa che ti piace di me?”

“Molte cose, ma non è questo il punto. Mi piace il fatto che nei tuoi occhi non ci sia compassione” il suo è un sussurro flebile “Capisci quello che intendo? E’ orribile svegliarsi e rendersi conto che le tue gambe non sono collegate al tuo cervello, ma è ancora più terribile vedere gli sguardi di pena che ogni persona ti lancia. Persino i miei genitori lo hanno fatto, senza volerlo. Tu no, Dakota. E’ questo che ti rende così speciale. Mi hai trattato esattamente come se fossi sempre lo stesso” 

“Ma tu sei sempre lo stesso” e non mi pento di averglielo detto “O almeno, per me è così. Come hai detto, potrai non avere più l’uso delle gambe, ma infondo sei sempre tu. I tuoi occhi sono sempre i tuoi, così come il tuo sorriso. Non sei cambiato” sono sincera e mi sorprende la facilità con la quale ho pronunciato questa frase. 

“Non è venuta, vero?” cambia all’improvviso argomento, come se volesse sfuggire alle mie parole. Scuoto il capo

“Mi dispiace. Cioè, so che è banale e tutto il resto, ma davvero, mi dispiace” 

“Non importa. Evidentemente non le interessa molto di me” rimango in silenzio per qualche secondo, non sapendo più cosa dire.

“Forse è meglio che io adesso vada”

“No, ti prego, resta” sto per rispondere quando un’infermiera irrompe nella stanza. Rimane ferma qualche secondo a guardarmi, mentre io, svelta, scendo dal letto 

“Farò finta di non aver visto” dice, mentre le mie guance cominciano ad arrossarsi. Cameron mi schiaccia l’occhiolino, mentre la donna controlla dei fogli con scritto non so cosa, poggiati sul tavolino accanto al letto. Poco dopo esce, senza dire una parola e lasciando nell’area il suo profumo.

“Lei è una di quelle più antipatiche, qui” mi spiega Cameron.

“Capito” sussurro “Adesso devo proprio andare”

“Sei rimasta seduta là fuori una settimana, aspettando di vedermi, e vai via così presto?” mi chiede. Apro leggermente la bocca, per poi richiuderla

“Sì, credo di sì.” dico, alla fine.

“Okay, allora” e china il capo, come se gli dispiacesse. Mi volto ed esco dalla stanza, dove trovo i genitori di Cam. 
   
 
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