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Autore: KiaeAlterEgo    06/01/2016    4 recensioni
Il Drago Smaug si è da poco insediato nella Montagna Solitaria, il Re sotto la Montagna è morto e Dale è distrutta. Il Bosco Atro è un luogo cupo e pericoloso da secoli e gli Elfi vivono lì, nascosti e circospetti.
Tauriel, da poco nominata capitano delle guardie, è con il principe Legolas a comando di una pattuglia che sorveglia la Via Elfica, quando si imbatte in una... strana creatura.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Galion, Legolas, Nuovo personaggio, Tauriel, Thranduil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Lo straniero

Capitolo 8. Agli Elfi non piace scrivere

Tauriel congedò i soldati e, dopo aver lasciato le armi in armeria, si recò in una delle vasche comuni. Si liberò delle vesti e, mentre si calava nell’acqua calda, le tornarono in mente le parole di Norue-nolo.

Vorrei rivedere le stelle.

Con te.

Tauriel sciolse la treccia e immerse la testa sott’acqua. Quell’uscita con la pattuglia era stata tranquilla. Niente ragni nei loro confini, niente Orchi. Tauriel riemerse.

Era un bene che non ci fossero stati problemi, così avrebbe potuto pensare a come ripulire nuove zone della foresta, per riprendersi il loro bosco. E invece lei pensava a Norue-nolo e alle sue parole sotto le stelle.

E alla sua voce.

E, a quel giorno, quando lui era stato nudo sotto i suoi occhi e lei non aveva potuto fare a meno di fissarlo.

La tua pelle sembrava fatta di luce delle stelle e… È bellissima.

Tauriel sospirò. Da quanto tempo Norue-nolo era entrato nei suoi pensieri? Bastava un momento libero ed ecco che lo rivedeva, nella sua mente, come era stato quella notte. Senza pensarci, si mise a cantare a bocca chiusa quell’inno Kinn-lai a Elbereth, mentre si insaponava.

Era stato bello condividere quel momento.

Sarebbe stato ancora meglio se ci fossero stati altri momenti come quello.

Tauriel uscì dalla vasca, si asciugò e si diresse nelle sue stanze.

Non stava andando a cambiarsi d'abito solo per incontrare Norue-nolo: non poteva certo andare in giro con la semplice veste che aveva indossato dopo il bagno. E non stava mettendo più cura nel pettinarsi e legarsi i capelli!

Trovò Norue-nolo nella biblioteca, seduto allo scrittoio, la schiena dritta e il volto rivolto alla pergamena su cui stava tracciando dei segni. C'erano dei righelli di legno e delle pietre per tenere aperto il foglio sugli angoli. Le boccette dell'inchiostro che stava usando erano aperte sul mobile alla sua destra, fissate su supporti metallici. Tre mappe erano disposte sul tavolo alla sua sinistra, con volumi e fermacarte a tenerle aperte.

Hannon e altri due sapienti le stavano osservando, uno di loro teneva aperta una carta vecchia e ingiallita. Tauriel si avvicinò a Norue-nolo, che mosse le orecchie e alzò lo sguardo.

Il cuore di Tauriel sussultò, quando incontrò gli occhi di lui, e nel petto si diffuse quello strano calore che aveva sentito durante quella notte insieme.

Norue-nolo curvò le labbra in un sorriso. «Anche tu sei venuta a valutare il mio lavoro?»

Tauriel deglutì e si limitò ad annuire. Era strano non fidarsi della propria voce.

Lo sguardo di Norue-nolo scivolò lungo tutta la sua figura e Tauriel raddrizzò le spalle d’istinto. Lui poggiò la penna sul mobile con le boccette d'inchiostro e si stiracchiò.

«Non vi piace scrivere la vostra conoscenza sulle carte, ho notato» disse, lanciando uno sguardo agli scaffali, sui quali erano riposti rotoli di pergamena e codici.

Era una buona biblioteca, la regina l'aveva voluta e l’aveva riempita ed era la più grossa a Est delle Montagne Nebbiose. Perché ne parlava con quel tono… divertito?

«Perché?»

«È piccola» si limitò a dire lui.

«Come?» Tauriel batté le palpebre. Piccola? Piccola quella biblioteca?

Norue-nolo si alzò e si avvicinò a uno scaffale.

Che importava se la biblioteca era piccola? C’erano i canti e i sapienti per ricordare ciò che era successo nel passato. Tauriel scrutò Norue-nolo: aveva le spalle rilassate e con una mano si stava accarezzando il mento, mentre faceva scorrere lo sguardo lungo gli scaffali. Quel giorno i suoi capelli erano sciolti, a parte quelle treccine sulla tempia.

Norue-nolo sospirò, la sua espressione concentrata. Forse stava cercando le parole da dire? Sembrava parlare Sindarin con tanta facilità, che Tauriel avrebbe potuto dimenticare che non era la sua lingua, se non fosse stato per quelle pause.

E l’accento.

«Nei miei viaggi ho visto diversi modi di tramandare le conoscenze antiche» disse. Passò una mano sul dorso di un codice e a Tauriel tornò in mente la sensazione di quelle dita sul suo il viso. Alzò una mano per toccarsi la guancia ma la abbassò di scatto, prima che lui notasse il gesto.

«Alcuni dipingono le grotte, le pareti degli edifici, i vasi», continuò lui, «alcuni scolpiscono le vicende più famose della loro storia e altri le scrivono. Gli Uomini in particolare, scrivono moltissimo e alcuni di loro annegano in carte e pergamene». Norue-nolo rise tra sé e si voltò verso di lei. «Le carte in questa biblioteca sono tutte vecchie. Non c'è uno scritto che abbia meno di un millennio».

Tauriel sbatté le palpebre. La sua voce si era ammorbidita e l’accento con cui parlava Sindarin contribuì a rafforzarne la nota suadente. Poteva essere distratta così tanto dal suono della sua voce da non essere irritata dalle sue parole? Dopotutto stava dicendo che erano arretrati, senza conoscerne nemmeno il motivo!

«E come fai a saperlo?» disse, incrociando le braccia.

«L'odore, l'inchiostro, la sensazione della carta sulle dita...» Norue-nolo si avvicinò a lei e la guardò negli occhi. Perché, perché quelle parole sembravano alludere a qualcos’altro?

«E poi me l'hanno detto loro» concluse lui, con un ghigno e un cenno verso i sapienti alle sue spalle.

Tauriel avvampò e strinse i pugni. Ma certo, che figuraccia!

Perché lui doveva farla sentire in quel modo? Distratta da lui, finiva per non far ragionare il cervello. Era confusa, provava così tante sensazioni tutte insieme che, per districarle, era un problema fare qualsiasi altra cosa. Ma se lei pensava che il suo comportamento impacciato lo faceva sorridere, non era un problema così grosso.

Si scostò da lui e raggiunse il tavolo con le mappe.

I nomi erano in rune cirth e Tauriel cercò le Acque del Risveglio. La mappa che ne indicava la posizione mostrava una foresta a mezza luna che costeggiava le Montagne Rosse. Ma dove doveva esserci stato il lago, c’era solo bianco.

Anzi no.

C'erano due fiumi, che convergevano a sud e proseguivano al di fuori della mappa. "Valle delle Acque del Risveglio" era scritto dove scorreva il fiume più a sud dei due.

Più in alto, alle sorgenti del fiume, c'era la parola "Kinn-lai" e sui monti era segnato un punto, vicino, con un nome che Tauriel non riuscì a decifrare. Tra i due fiumi si trovavano diverse città, segnate con punti e nomi in cirth.

C’era una zona collinare, tra il Mare di Rhun, le Montagne Rosse e il margine nord della foresta. Sull’estremità sinistra della mappa linee orizzontali, corte e sottili, insieme a canne stilizzate segnavano una zona paludosa.

Accanto a lei, Norue-nolo era silenzioso. Faceva caldo. C’era troppa gente in biblioteca o nel camino avevano messo più legna?

Sì, certo, avevano messo più legna, proprio nel camino alla sua sinistra. E, in quel momento, detto camino si stava poggiando sul tavolo con una mano.

Tauriel spostò lo sguardo sull'altra mappa. Mostrava la parte a Ovest delle Montagne Rosse, dove c’era un'altra foresta indicata con un nome che non riuscì a capire. Sulle montagne erano segnati due punti, dalle lettere accostate avrebbe detto due città di Nani. Sotto c'era una traduzione in Sindarin del nome, forse? Recitava: "Città dei Barbedure" e "Città dei Barbenere".

Con la coda dell’occhio, Tauriel notò Norue-nolo che si portava i capelli dietro le spalle. Hannon e i sapienti lo chiamarono e lui rispose senza andare loro incontro.

Era rimasto dov’era o aveva fatto un passo avanti, più vicino a lei?

Tauriel sbatté le palpebre e tornò a guardare le carte. La terza mappa mostrava ancora le Montagne Rosse, la parte a Nord-Est, su cui scorrevano diversi fiumi verso il mare. Il titolo della mappa era "Terre degli Hwenti e degli Uomini". Diversi punti erano segnati lungo i fiumi e lungo le coste, con nomi di sapore elfico.

Dovevano essere il lavoro di Norue-nolo.

Hannon e gli altri sapienti lasciarono la biblioteca. Era sola con lui, ora. A Tauriel sembrò che la sua presenza fosse più forte, più travolgente. Tutte le sue percezioni erano concentrate su lui soltanto.

«Soddisfatta del mio lavoro?»

Tauriel sussultò e fece un passo indietro nel sentire la voce calda di Norue-nolo che le sfiorava l'orecchio.

Era davvero arrivato così vicino a lei? E lei non se ne era accorta?

Lui non si mosse ma le sorrise. Quel sorriso l’avrebbe messa nei guai. Tauriel poggiò una mano sul tavolo, dietro di sé. Ma come era ridotta? Doveva sostenersi a un tavolo?

Norue-nolo allargò un braccio a indicare le carte. «Questi sono i territori che voi chiamereste Abarin». C’era ironia nella sua voce.

«Dove sono le Acque del Risveglio?» chiese lei, indicando la mappa segnata con “Valle delle Acque del Risveglio”. Forse non doveva appoggiarsi un tavolo. Forse doveva rassegnarsi all’idea di appoggiarsi a lui.

Le sue spalle non erano quelle di un guerriero, ma sembravano abbastanza solide. E molto più accoglienti delle spalle di un guerriero.

Non sembrava poi una così cattiva idea.

«Parli del lago dei tempi antichi, vero?» Norue-nolo sfiorò la carta della mappa con le dita. «Tutti quelli che vedono questa me lo chiedono. La risposta si trova nella parte più buia della nostra storia: a quel tempo, gli Uomini ci erano diventati ostili e gli Orchi assediavano le nostre foreste e le città dei Nani, nostri alleati. Creature terribili, le Serpi dell'Ovest, erano arrivate da poco e bruciavano e distruggevano le nostre foreste con troppa facilità. Fummo costretti a rifugiarci dai Nani, nei cunicoli delle loro fortezze di pietra».

Tauriel trattenne il respiro e lo guardò negli occhi. Lo sguardo di Norue-nolo era assorto, le sopracciglia aggrottate.

Senza quasi rendersene conto, Tauriel fece un passo più vicino a lui.

«Le canzoni dei tempi remoti sono cupe», continuò Norue-nolo con un sospiro, «ma si narra che, un giorno, un gruppo di donne intonò il primo canto, per chiedere aiuto a Elbereth. Le stelle presero a brillare più intense e gli eserciti del Nemico ne furono indeboliti.

«Qualche anno dopo, un boato provenne da Ovest e il lago si sollevò e inghiottì gran parte degli eserciti, le Serpi e i servi dell'Oscuro. La terra iniziò a tremare e si aprì, le colline precipitarono e s'innalzarono, il mare arrivò a bagnare le nostre terre e si ritirò. Molti di noi sono stati uccisi, insieme agli eserciti del Nemico, ma tornammo liberi dopo anni di perdite ben più gravi.

«I canti raccontano che quello fu il momento in cui l'Oscuro Cacciatore fu sconfitto dai Forti».

Tauriel rabbrividì per il tono cupo di Norue-nolo e strinse i pugni lungo i fianchi, per impedirsi di alzare una mano e poggiarla sulla sua spalla.

Ma perché trattenersi? Alzò un braccio e gli strinse la spalla.

«Hai vissuto quei momenti?» chiese allora lei, in un sussurro.

Norue-nolo si voltò verso di lei, un mezzo sorriso disegnato sulle labbra. Non le rispose, ma il suo sguardo parlò per lui.

No, non aveva vissuto quei momenti, li aveva conosciuti tramite le canzoni. Un po’ come aveva fatto lei. Tauriel abbassò il braccio e cercò la sua mano.

«Com'è fatta la tua casa?» chiese lei. Non le piaceva quella piega del discorso, perché lo incupiva. Vivevano già in una foresta buia e cupa, e Tauriel voleva che lui sorridesse, che tornasse a prenderla in giro.

«Noi Kinn-lai abitiamo sugli alberi, su piattaforme costruite sui rami più robusti. Se il tronco di un albero è particolarmente grosso, vi abitiamo all'interno. Casa mia è decorata con le stoffe colorate, tessute dalla mia famiglia, appese alle pareti delle stanze. Quello che non è occupato dalle stoffe, è occupato da miei quadri, su tavole di legno come usiamo noi».

Norue-nolo sorrise tra sé, di un sorriso dolcissimo, e Tauriel era sicura che se la sua attenzione fosse rivolta verso di lei si sarebbe sciolta. Ma il suo sguardo era lontano, rivolto a ricordi felici, proprio come lei aveva sperato.

Tauriel fece un passo avanti, ancora più vicina a lui, così vicino che lo sfiorò con una spalla.

«Mia sorella vorrebbe allargare la casa e fare una grossa stanza nella quale esporre i miei quadri, così chi entra nella stanza può immaginare di essere nei luoghi dipinti».

Norue-nolo alzò una mano verso di lei, le sue dita che le sfioravano la guancia, e Tauriel si rese conto di quanto ora fossero vicini. Lui si avvolse una ciocca dei suoi capelli tra le dita e lei trattenne il respiro, mentre con un gesto lento Norue-nolo gliela portava dietro l’orecchio. Lo sguardo che le rivolse era intenso e Tauriel fece scivolare il suo sulle labbra schiuse di lui e poi di nuovo su, verso i suoi occhi grigi. Tauriel si umettò le labbra. Anche a lui il cuore batteva così forte che non sentiva nessun altro rumore? Anche il suo respiro era veloce, quasi avesse appena corso per leghe e leghe?

«Sono così rossi e soffici» sussurrò Norue-nolo. Con la mano ancora sollevata, le accarezzò una guancia e quel tocco, così delicato e leggero, le fece girare la testa.

Tauriel piegò la testa e abbassò le palpebre. Il profumo di Norue-nolo, così esotico eppure così familiare, le diede alla testa. Doveva essere ubriaca, altrimenti non si sarebbe sollevata sulle punte dei piedi, con le labbra schiuse e il cuore che batteva all'impazzata.

«Tauriel, io…»

Il suo respiro sulle labbra umide era una tortura.

«Tu…?»

Tauriel chiuse gli occhi e colmò la distanza tra loro. Le labbra di Norue-nolo erano morbide e calde e il suo profumo, esotico come il Dorwinion e fresco come la foresta all’alba, la inebriò ancora di più. Lo stava baciando. Lei lo stava baciando. L’aveva visto fare solo agli innamorati.

E lei doveva esserlo, visto che lo stava baciano. E anche lui doveva esserlo, o sarebbe indietreggiato.

Norue-nolo le avvolse le braccia intorno al corpo e la strinse a sé, cancellando ogni dubbio sui suoi sentimenti, mentre con la lingua le sfiorò le labbra.

La lingua? Perché la lingua? Non lo aveva mai visto fare! O, forse, non ci aveva mai fatto caso. Però quel suo tocco leggero e umido era davvero invitante e lei lo imitò, doveva essere qualcosa di piacevole anche per lui, no?

Tauriel gemette quando la sua lingua incontrò quella di lui e le accarezzò ancora le labbra e la bocca.

Quella sensazione era umida e dolce e le mandava piccoli brividi lungo la schiena. La testa era leggera, la sua pelle era diventata così sensibile che sotto le dita riusciva a percepire la trama della stoffa, mentre le sembrò che quelle labbra calde fossero ancora più morbide.

Aveva pensato di sorprenderlo!

Ma ora era tra le sue braccia, intrappolata in quel bacio così dolce e così inebriante e seducente, ed era lei quella colta di sorpresa. Quel contatto tra loro era così intimo e così inteso che le girava la testa. E quella sensazione le piaceva, tanto che si appoggiò a lui e gli passò le mani sul petto e su, fino al collo.

Norue-nolo le fece scorrere una mano tra i capelli, mentre l'altra scivolava lungo la schiena. Quando le sue dita le strinsero il sedere, lei spalancò gli occhi e lo spinse via.

Cosa stava facendo?

Lui non oppose alcuna resistenza e si limitò a guardarla, mantenendo la distanza dei due passi indietro che aveva fatto per la spinta.

Norue-nolo passò una mano tra i capelli e la fermò dietro la testa.

«Ehm… Ho fatto troppo?» Guardò in basso e a destra, sembrava confuso, come se non trovasse le parole. Alzò la testa. «Ti ho infastidito?»

Tauriel si toccò le guance e le labbra, poi scosse la testa. Che cosa era successo? Cos’era stato quel bacio? E quell’abbraccio? Nessuno l’aveva mai abbracciata in modo così… Nessuno l’aveva mai toccata in quel modo. Che significava quel gesto? Cosa sarebbe successo, se lei non lo avesse spinto via?

Norue-nolo fece un passo avanti e lei indietreggiò. Lo sguardo di lui si rabbuiò.

«Ti ho spaventata».

«No».

Lei non aveva paura. Mai la paura si era impadronita del suo corpo, mai aveva tremato né era stata immobile, pietrificata. Mai era successo, nemmeno in battaglia. Eppure ora il suo cuore batteva veloce, il suo respiro era spezzato, Tauriel si ritrovava a indietreggiare se lui si avvicinava e poi c’era quella strana sferzata di adrenalina, come per darle la forza di scappare…

Doveva calmarsi. Tauriel abbassò le braccia lungo i fianchi, mentre prendeva un grosso respiro.

Norue-nolo strinse le labbra. «Il mio comportamento è stato avventato, Tauriel».

Lei rabbrividì al sentire come la sua voce indugiava nel suo nome. Dopo quel bacio, sembrava aver acquistato un’altra sfumatura. Come se avesse compreso qualcos’altro di lei. Qualcosa che lei stessa non sapeva.

«Ma ti desidero, Tauriel e…» La sua voce si spense e Norue-nolo scosse la testa, passandosi una mano tra i capelli. La sua espressione era così confusa che Tauriel fece un passo avanti, ma si fermò non appena lui alzò lo sguardo su di lei.

Che significava desiderare una persona?

Qualcosa nel suo sguardo la obbligava a porsi quella domanda.

«Non so come dirtelo, Tauriel».

Lei deglutì. Doveva pronunciare il suo nome in quel modo ogni volta?

«Cosa mi vorresti dire?»

Norue-nolo disse qualcosa, ma non era Sindarin.

Tauriel rimase ferma nel sentire quelle parole. La parola non era la stessa che lui aveva pronunciato ogni volta che aveva finito un pasto, quando era rinchiuso in cella, ma le diede le stesse sensazioni di mistero e di qualcosa di proibito. Che cosa intendeva? Aveva a che fare con quel "ti desidero"?

Norue-nolo sbuffò frustrato e si sedette sul tavolo, scuotendo la testa.

«Che significa "ti desidero"?» Ripetere quelle parole le fece sussultare il cuore. Era come se dirle ad alta voce le avesse rese più vere.

Norue-nolo la desiderava.

«I miei gesti ti hanno infastidito?» chiese lui abbassando le spalle e la punta delle orecchie. Il suo sguardo la teneva ferma sul posto e, anche se voleva avvicinarsi, rimase dov'era.

«Intendi…» Tauriel abbassò la voce, «il bacio?»

Norue-nolo non staccò mai lo sguardo da lei. «No».

Tauriel deglutì e strinse i pugni.

Ti desidero, Tauriel.

«Te lo chiedo ancora, Tauriel». La voce di Norue-nolo era così bassa e roca che le fece male. «Ti ho infastidito con il mio comportamento?»

Ti desidero, Tauriel.

Tauriel scosse la testa eppure lui non si mosse. Rimase seduto, gli occhi stretti. «Sei confusa».

Tauriel deglutì ancora. Che significava desiderare qualcuno? Poterlo baciare, toccare, stringerlo tra le braccia? Perché era quello che lei voleva in quel momento. O no? Se ciò che desiderava lei non era lo stesso che desiderava lui? Il modo in cui lui le aveva fatto scivolare la mano lungo la schiena...

Ti desidero, Tauriel.

«Io, no. Sì, cioè, no, volevo dire: non me l'aspettavo».

Norue-nolo rimase in silenzio, il suo sguardo era indecifrabile. Scese dal tavolo e si avvicinò a lei. Le prese una mano e il modo in cui lui la sfiorò la fece sussultare. La stava toccando come se fosse lo stelo delicato di un fiore. Lo guardò negli occhi, ma il suo sguardo era sempre incomprensibile. Il suo atteggiamento era così diverso rispetto al modo in cui l’aveva toccata prima, quando era stretta tra le sue braccia.

Tauriel, però, non era un fiore delicato.

«Tauriel, sei molto bella».

A quelle parole il suo cuore sussultò. Lui abbassò lo sguardo e le baciò il dorso della mano, le sue labbra le sfiorarono così delicate la pelle che fu come il battito d'ali di una farfalla.

Perché aveva l’impressione che con quel gesto lui stesse facendo un passo indietro?

«Sei bella e determinata. Ma le nostre culture sono diverse e, ti prego, non mi torturare in questo modo». Alzò lo sguardo. «Se non vuoi che ti tocchi, se non vuoi che ti abbracci o che ti baci, dimmelo ora».

Ti desidero, Tauriel.

«Io−». Cosa voleva lei? Di certo non voleva quell'atteggiamento remissivo che lui aveva ora. Ma desiderava che lui la toccasse come prima? Che la stringesse tra le sue braccia così? Qual era il significato di un contatto così intimo? Quali sarebbero state le conseguenze?

La presa di Norue-nolo era leggera e lei liberò la mano e alzò il mento. «Non voglio mentirti. Al momento sono confusa, Norue-nolo, e non saprei cosa rispondere».

Tauriel uscì dalla biblioteca, senza nemmeno voltarsi verso di lui.

Era una vigliacca, stava scappando, ma non sapeva che fare altrimenti. Era già troppo aver visto di sfuggita il suo sguardo confuso e ferito, prima di voltarsi.

Ti desidero, Tauriel.

Non aveva fatto che pochi passi nel corridoio che, assorta com'era, si fermò faccia a faccia con Legolas poco prima di finirgli addosso.

Dallo sguardo che lui le rivolse, Tauriel non doveva avere un'aria tranquilla.

«Tutto a posto?» chiese infatti, il tono preoccupato.

Non era quello il momento per il suo atteggiamento iper-protettivo da fratello maggiore. E cosa avrebbe pensato Legolas se lei ne avesse parlato con lui ora, a caldo, quando lei stessa non era in grado di capire cosa era successo e cosa voleva? Meglio parlargli più tardi. Tauriel respirò a fondo per calmarsi.

«Niente di cui ti debba preoccupare» gli rispose allora, il tono più controllato di quanto lei si sentisse in realtà. Ma era vero, non era niente di cui lui doveva preoccuparsi, non ora. Ma soprattutto quella era una questione tra lei e Norue-nolo.

Ti desidero, Tauriel.

Legolas aggrottò le sopracciglia e le strinse una spalla. «Se c'è qualche problema, puoi contare su di me».

Tauriel tirò le labbra in un sorriso. «Tranquillo, verrò a tormentarti più tardi». Sospirò. «Grazie» aggiunse.

Si allontanò, con la mente piena di dubbi.

Ti desidero, Tauriel.

Ma lei cosa voleva?

 

* * *

 

Norue-nolo si sedette alla scrivania e prese la testa tra le mani. Aveva interpretato male i desideri di Tauriel? Che l'avesse infastidita ma lei non volesse dirglielo per un qualche motivo a lui oscuro?

Hannon glielo aveva spiegato, dannazione! Perché non ne aveva tenuto conto e non si era trattenuto?

Era stato avventato!

Eppure stava andando tutto così bene. Si era avvicinato a lei e lei non si era allontanata, anzi. Avevano parlato, ma era stato chiaro che la mente di Tauriel non era sul loro discorso. Lo sguardo intenso di lei, quando lo guardava, gli aveva fatto trattenere il respiro.

Poi lei si era avvicinata di più e lo aveva baciato.

Norue-nolo si passò una mano tra i capelli e li strinse tra le dita. A ripensarci, ora, quello di Tauriel era stato un bacio innocente. Ma, quando lei aveva risposto al suo invito ad approfondire il bacio, Norue-nolo aveva gettato via sia la sua prudenza sia le parole di Hannon, e si era lasciato trasportare dai suoi desideri.

Così lei era scappata da lui, spaventata.

E Norue-nolo non era più in grado di tornare al suo lavoro. Di pensare alle coste del Sud. Le labbra dolci di Tauriel contro le sue, il corpo di lei premuto al suo, il modo in cui lei lo aveva afferrato, il gemito che aveva catturato con la bocca, tutti quei ricordi e quelle sensazioni erano ancora fresche nella sua memoria e gli facevano ribollire il sangue.

La desiderava, era impossibile negarlo. Lo aveva saputo già prima e ora aveva avuto la conferma definitiva.

Nel sentire la carta di una pergamena srotolata, Norue-nolo drizzò le orecchie e si voltò. Principe Legolas stava osservando una vecchia mappa, confrontandola con quella che Norue-nolo aveva disegnato. Tutti sembravano convinti che nella Valle ci fosse ancora il mare dei tempi antichi.

Hannon gli aveva raccontato della Guerra d'Ira e di cosa era successo alle terre più a Ovest, chiamate Beleriand. Se i Forti avevano affondato quelle porzioni di terra, perché rimanevano stupiti che le Acque del Risveglio fossero sparite?

Principe Legolas alzò gli occhi verso di lui. «Scusami, non volevo disturbarti».

Norue-nolo scosse la testa. Si alzò e si inchinò, la mano destra sul cuore. «Scusami tu, onorevole principe, non ti ho sentito entrare».

Legolas gli sorrise e arrotolò la vecchia mappa. «Non essere così formale».

Norue-nolo abbassò lo sguardo. «Io… Principi e re richiedono il rispetto dovuto, onorevole principe» disse e ricambiò il sorriso.

Legolas aggirò il tavolo, scuotendo la testa. «Forse nei regni degli Uomini, in cui i principi diventano re alla morte del loro padre, Norue-nolo».

Norue-nolo si poggiò al tavolo da lavoro. «Certamente, onorevole principe».

«Lascia stare quell'onorevole principe, Norue. Chiamami Legolas e basta».

Norue-nolo si mise una mano sul cuore. «Allora chiamami Norue-hon, Legolas».

Legolas si sedette sulla panca davanti al tavolo con le mappe e gli fece segno di sedersi con lui. «Norue-hon

Norue-nolo prese posto accanto a Legolas. «Hon è informale, è un segno di amicizia. Nolo indica il genere, mentre onno è di cortesia». Sorrise. «Per quello ti chiamo onorevole principe. Nella mia lingua ti avrei chiamato Legolas-onno».

Legolas annuì, le sopracciglia aggrottate. «Norue-hon. Va bene. Avete un re? Com'è organizzata la vostra tribù?»

Norue-nolo poggiò la schiena contro il tavolo dietro di lui e sospirò.

«Non abbiamo un re, ma due guide: una spirituale e una temporale» disse.

Legolas mise le mani sulle ginocchia.

«Noi avevamo anche una regina» disse, cupo.

Una regina. Il tono di Legolas parlava da solo. E gli diceva anche che aveva fatto il ragionamento sbagliato.

«Mi scuso, Legolas, non conosco la parola adatta e guida è quella che si avvicina di più. Però non sono come un re e una regina, non come li intendi tu, credo».

L’espressione di Legolas si fece perplessa: «Credi?»

«Per voi, il re e la regina sono una coppia sposata e regnano per sempre». Norue-nolo sospirò. «Se capita una disgrazia, fate come gli uomini, di solito, e il figlio del re succede al trono. Così mi ha spiegato Hannon».

«Non sempre», disse Legolas, «Re Oropher è stato scelto dai Silvani di Boscoverde come loro re. Anche voi scegliete le vostre guide?»

«Esatto. Ma non regnano per sempre».

«No?» Legolas aveva sollevato le sopracciglia. «Come mai? E ogni volta riunite tutta la vostra tribù per sceglierle?»

«Ogni volta, sì, ma non tutta la tribù. I saggi e le sciamane nominano le nostre guide ogni duecento anni, perché il compito di guida spirituale è pericoloso. Le difficoltà che deve affrontare rischiano di consumarle lo spirito e portarla alla morte definitiva».

«Di cosa si occupa questa guida spirituale?»

«Il suo compito è quello di guidare le sciamane della tribù nei riti di cura degli avi e in quelli di protezione del villaggio dai negromanti e dagli spiriti maligni».

Legolas strinse gli occhi. «E in cosa consistono questi riti?»

«Non so dirti molto. So solo che serve il canto e nei canti le sciamane invocano i nomi dei Forti e degli spiriti». Norue-nolo alzò le mani. «Mi spiace, ma sono cose da donne e i segreti li condividono solo tra loro».

Il volto di Legolas si era fatto scuro e il suo sguardo sospettoso.

«L'ombra sulla foresta intrappola gli spiriti e compie negromanzie» disse.

Norue-nolo abbassò le spalle e strinse il bordo della panca. Non gli piaceva il tono di Legolas, sembrava che lo biasimasse. Perché? Di cosa? Pensava che l’ombra sulla foresta fosse causata da una delle loro sciamane?

«Non è lo stesso, le sciamane libererebbero quegli spiriti», disse Norue-nolo, il tono della voce più neutro che poteva.

Questi Elfi dell’Ovest non conoscevano i pericoli che costituivano gli spiriti degli antenati. E non erano nemmeno in grado di liberarsi dal Male della foresta, visto che li assediava.

Norue-nolo aggiunse: «Vivete in un posto davvero cupo. Hannon mi ha fatto intendere che non è sempre stato così».

Legolas annuì, si alzò e si avvicinò al tavolo da lavoro.

«Rappresenta il Sud?»

Questa volta fu Norue-nolo ad annuire e basta. Raggiunse Legolas allo scrittoio e si sedette davanti alla mappa incompleta.

«Ci sono boschi lungo le coste, a Sud?» chiese Legolas.

«Lungo le coste?» Norue-nolo fece scorrere il dito lungo la linea disegnata. «Qui ci sono le città degli Uomini e, dove è sopravvissuta, la vegetazione è composta da piante basse, da cespugli o da alti cedri e pini la cui chioma è come il cappello di un fungo».

Indicò un’altra zona bianca accanto alle coste. «In questa zona ci sono delle creste e qui i boschi di cedri sono più fitti. Più a nord ci sono gli Orchi e solo i Servi del Nemico sono in possesso delle mappe di quei territori.

«E ancora più a Nord, dove c’era la costa sud-occidentale delle Acque delle del Risveglio, millenni fa vi dimorava un essere così corrotto e potente che il territorio è ancora devastato e spoglio. La sua torre è ancora in piedi e si dice che solo le creature più malvagie possono ancora vivere in quelle terre».

Legolas sembrò impallidire, anche se non era facile da dire, con quella la sua carnagione così chiara. Ma rimase in silenzio, assorto nei suoi pensieri, e allora Norue-nolo sentì di poter riprendere il suo lavoro, lasciando Legolas ai suoi pensieri.

Era strano quel giorno, il principe. Sembrava che qualcosa lo turbasse. Qualcosa che non aveva a che fare con l'idea che si era fatto sulle sciamane.

Norue-nolo prese la penna e la intinse nell'inchiostro, disegnando il contorno di una costa. Lì, era stato in una città di Uomini dalla pelle scura più della sua. Molti erano stati affaccendati al porto della città, nel golfo. L'odore di pesce, di sudore e di marcio erano così forti che non aveva rimpianto il tessuto che gli copriva il naso, nonostante non gli permettesse di sentire la carezza dell’aria marina sulla pelle. Era appena giunto da una traversata del deserto e indossava ancora l'abito da viaggio, turbante e velo sul viso, solo gli occhi erano scoperti.  

Gli bastò chiudere gli occhi per rivedere il panorama di quel giorno. Il mare scintillava oltre le navi, costruite con il legno degli alberi che crescevano lungo la costa. Le vele bianche e nere si stagliavano lontano, gonfiate dal vento, vessilli garrivano e uomini vociavano.

Norue-nolo segnò la città con un semplice punto e scrisse il nome, aggiungendo una grossolana traduzione in Sindarin sotto. Pulì la penna e la ripose.

Legolas lo stava osservando ora, il suo sguardo indecifrabile. Norue-nolo decise di ignorarlo e andò a prendere la sabbia per asciugare l'inchiostro. La versò sulla carta e attese. Quello sguardo fisso sulla nuca era fastidioso, e sentì i peli rizzarsi sulla nuca.

«C’è qualcosa che non ti convince di questa mappa?» gli chiese.

«No, Norue-hon». Legolas abbassò lo sguardo e strinse le labbra. Sembrava indeciso. Ma per cosa?

Quando ritenne l'inchiostro asciutto, Norue-nolo soffiò via la sabbia dal foglio.

C'era del carboncino nello scrittoio e lui aveva una gran voglia di disegnare ma non mappe. Quando fosse tornato a casa lo avrebbe fatto. Avrebbe mostrato a tutti l'Ultimo Re degli Elfi dell'Ovest, il suo strano palazzo nella montagna, e avrebbe mostrato i ragni e i ruderi degli Uomini dell'Ovest e le paludi infestate dagli spiriti maligni.

Avrebbe fatto il ritratto del loro capitano delle guardie, così com'era: fiera, con i capelli sciolti e le spalle dritte. Norue-nolo strinse i pugni al ricordo più recente di lei, e delle sue labbra così morbide, desiderose ma ingenue. Sospirò.

Legolas alzò lo sguardo e lo fissò con occhi stretti, come se avesse indovinato a cosa lui stesse pensando, e non approvasse quei pensieri.

Norue-nolo andò a consultare le vecchie mappe dell'Ovest che gli aveva indicato Hannon. «C’è qualcosa che ti infastidice, vero?»

«Hai intenzione di partire, una volta completate le mappe?» disse invece Legolas, con un tono strano. Sembrava che stesse accusando Norue-nolo di qualcosa.

E quindi il problema era che lui sarebbe partito subito? Ma allora perché era infastidito dalla cosa?

Che fosse offeso che, concentrato come era nel disegnare mappe, non gli dedicasse il tempo per insegnargli l’inno alla Regina delle Stelle?

Ma lui era il principe, poteva interromperlo e il re non avrebbe detto nulla.

«Certo. Naturalmente, ti insegnerò il canto prima di partire» rispose allora.

«Perché?»

Perché? Norue-nolo prese una mappa che mostrava i territori a Nord-Ovest delle Montagne Nebbiose. Il perché era riferito al partire presto o all’inno?

«Non vuoi più imparare l’inno a Elbereth?» gli chiese e si voltò.

Legolas scosse la testa. Aveva le braccia distese lungo i fianchi e i pugni serrati. «Perché parti così presto?»

D’accordo, il problema non sembrava l’inno alla Regina delle Stelle. Norue-nolo tornò a fissare la mappa. Qual era il problema del partire presto, allora? Perché c’era qualcosa che lo infastidiva, o la sua postura non sarebbe stata così rigida.

«Il re mi ha ordinato di partire al più presto», rispose Norue-nolo, con un sospiro. «E, in ogni caso, devo tornare a casa, dalla mia famiglia. Non so che notizie sono giunte a loro. Se sanno del mio attacco o no, se sanno che sono sopravvissuto e ho raggiunto la mia destinazione, se le lettere che avete portato agli Uomini di Esgaroth sono arrivate a casa. La mia famiglia e i miei amici saranno in apprensione. Sono sempre in apprensione».

Norue-nolo fissò la mappa tra le mani. C’era un sentiero che tagliava a metà il Bosco Tetro, passava oltre le montagne e raggiungeva alcune città dai nomi strani: “Gran Burrone”, “Brea”, “Hobbiville”. Doveva memorizzare tutte quelle terre il prima possibile: sarebbe partito per l’Est, come gli aveva ordinato il re, ma un giorno avrebbe visitato anche quei territori.

Ci sarebbe stata Tauriel con lui?

Norue-nolo inspirò e chiuse gli occhi.

Anche se lei non ci fosse stata, lui sarebbe tornato al Bosco Tetro.

«Hai una moglie?»

Norue-nolo alzò la testa e sollevò le sopracciglia. Questi Elfi e la loro fissa di avere una moglie. Perché una domanda del genere, poi, se prima il problema era stato la sua partenza troppo vicina?

«Viaggio molto» rispose Norue-nolo e rivolse di nuovo l’attenzione alla mappa.

Ma non vedeva le terre a Ovest delle Montagne Nebbiose. C’era lo sguardo di Legolas sulla nuca e quella sensazione di disagio che stava soffocando la stanza. Norue-nolo alzò la testa. Lo sguardo di Legolas era impassibile. Che gli era successo?

«No, non ho mogli né figli che mi aspettano, ma ho una madre e una sorella. Questa è per ora la mia famiglia», aggiunse allora.

«La tua risposta è strana». Il tono di Legolas era diventato pericoloso.

Le sopracciglia aggrottate, Norue-nolo ripose la pergamena sullo scaffale e incrociò le braccia.

«Ho detto qualcosa di offensivo?» Perché non gli diceva cosa c’era che non andava? Non poteva essere diretto, invece di girare intorno al problema come un dannato scorpione con la coda alzata?

«Quali sono le tue intenzioni con Tauriel?» chiese Legolas.

Tauriel era il problema? Norue-nolo si passò una mano tra i capelli. Non gli piaceva che sarebbe partito presto, gli aveva chiesto della famiglia, di Tauriel… Li aveva sentiti parlare prima? Li aveva visti e si era infuriato per quello che Norue-nolo aveva fatto?

Cosa aveva capito Legolas?

Non tutti noi approviamo questi comportamenti, Norue-hon, gli aveva spiegato Hannon. Noi Silvani non abbiamo problemi, ma i figli degli Elfi dell’Ovest, i Sindar, loro hanno idee diverse.

Hannon gli aveva anche detto che re Thranduil era un discendente di quegli Elfi. Che avesse offeso Legolas con quel comportamento nei confronti di Tauriel?

Ma Tauriel era Silvana! Così gli aveva detto lei stessa.

Norue-nolo si passò di nuovo una mano tra i capelli. «Non capisco, Legolas, non capisco».

Legolas sospirò e incrociò le braccia. «Vedi, Norue-hon, Tauriel è come una sorella per me e sono preoccupato». Distolse lo sguardo. «È assente, è turbata, non è la solita da un po' di tempo. Da quando sei arrivato tu, di preciso». Tornò a guardarlo e Norue-nolo scorse confusione e preoccupazione negli occhi di Legolas. «Non voglio che stia male per colpa tua», aggiunse.

Norue-nolo abbassò le spalle e le orecchie e rilasciò un sospiro. Si lasciò cadere sulla panca, i gomiti sulle cosce.

Eccolo il problema.

Come una sorella...

«Onor– Legolas», disse, sollevando gli occhi verso di lui, «Tauriel ha voluto baciarmi».

Legolas strinse gli occhi, ma non disse nulla. Norue-nolo chiuse gli occhi e prese un respiro ampio. Legolas era preoccupato per Tauriel. Come un fratello maggiore. Non bastava di certo quella piccola spiegazione.

«In un certo senso ti capisco, Legolas. Anche io ho una sorella più piccola». Gli fece segno di sedersi. Legolas si sedette con lui sulla panca.

Norue-nolo poggiò la schiena contro il tavolo alle sue spalle. «Mi chiedi le mie intenzioni nei suoi confronti. Non ne ho mai fatto mistero, sono interessato a lei. Voglio conoscerla. E quando mi ha baciato, non potevo credere a quello che stava succedendo».

Norue-nolo sospirò. «Capisci, lei mi ha baciato. Ero molto contento e ho risposto al bacio, forse in modo troppo entusiasta».

Legolas strinse i pugni sulle ginocchia. «E quindi?»

Norue-nolo si passò una mano tra i capelli. Gli doveva dire tutto?

«Questo l'ha infastidita. Ma mi sono fermato subito e le ho chiesto quali erano le sue intenzioni».

Le narici di Legolas fremettero. «E lei cosa ha risposto?»

Norue-nolo gli poggiò una mano sulla spalla.

«Se sei così preoccupato, Legolas, dovresti parlarne con lei» gli rispose. «Non credo sarebbe felice di sapere che hai chiesto a me». E sperò che fosse la risposta giusta da dargli.

Perché lui non ne aveva nessuna migliore di quella.

Perché aveva deciso di ignorare quello che gli aveva detto Hannon, nel momento in cui Tauriel l'aveva baciato? Avrebbe fatto meglio ad andare a sbattere la testa contro un muro. Avrebbe avuto meno problemi da risolvere!

Legolas guardò prima la mano, poi alzò lo sguardo su di lui. Lo sguardo che gli rivolse era più confuso di prima.

«È un momentaccio questo, per un fratello maggiore. Fidati, ti parlo per esperienza. Parlarne con lei è la cosa migliore».

Legolas gli strinse la mano e sospirò. «Ti ringrazio per le tue parole, Norue-hon». Sospirò ancora e scosse la testa. «Sono molto preoccupato per lei». Legolas si alzò in piedi, l'ostilità aveva abbandonato il suo sguardo.

«Mi devi una canzone» gli disse con un sorriso e si congedò.

Norue-nolo alzò le sopracciglia. Si passò una mano sul viso e tirò indietro i capelli, prima di tornare a sedersi sullo scrittoio.

Quella era stata una mattinata... interessante.

 


 

Angolo dell’autrice

Boooom baby! Sono un re di larghe vedute, ma ho una fame che non ci vedo (cit.)

Signore e signori (?), sono in ritardo \o/ *Capitan Ovvio vola via*

Mi scuso con questo ritardo e vi anticipo che anche i prossimi capitoli non saranno postati con cadenza settimanale causa rl (o real life, come si dice)! Niente di preoccupante, ho solo meno tempo per fare tutto e devo ancora imparare a organizzarmi :p

E comunque, ritengo che l’attesa sia stata utile e premiata con questo capitolo che è lunghissimo ù_ù (coffcoff, scendo dal piedistallo della modestia)

E… no, non voglio fare commenti. Sappiate che sono preoccupata :D

Ho però un paio di note da fare:

  • Sulle scritture dei Nani dell’Est. Primo: odio il creazionismo. Detto questo, immagino che i Nani abbiano avuto una certa evoluzione di scrittura tipo noi umani (non so se Aule gli abbia messo in testa qualcosa, ma visto che gli Elfi in Aman hanno inventato la scrittura, vuol dire che per i Valar è inutile). Quindi i Nani hanno detto “oh, ma come faccio a dire se questo barile di birra è mio o è tuo?” oppure “come faccio a trovare un qualcosa che mi dica, a colpo d’occhio, quante patate possiedo” e da lì son passati da ideogrammi a simboli per esprimere i suoni.

  • Su Norue-nolo e le sue informazioni su Mordor. Le sue notizie sono vecchiotte, di almeno un migliaio di anni e per di più sono un passaparola (va’ a sapere cosa raccontano i mercanti e gli uomini che vivono lì attorno).

Un ringraziamento a tutti quelli che hanno avuto la pazienza di attendere, a tutti quelli che leggono e recensiscono.

Alla prossima!

kiaealterego

P.s. Anche in questo nuovo anno e soprattutto in questo capitolo, l’emozione mi pervade ♥♥♥

  
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