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Autore: Trick    12/03/2009    4 recensioni
AGGIORNATO IL SESSANTOTTESIMO CAPITOLO
Infiltrato nel clan di Fenrir Greyback, Remus Lupin finirà per scontrarsi con quella realtà dalla quale ha sempre tentato di sfuggire. Nel frattempo, a Londra, Tonks non può far altro che cercare di sopravvivere alla guerra che imperversa per la città. Una storia fra umani e licantropi, fra amicizie improbabili e segreti dimenticati, per decidere se sia più forte il richiamo del sangue o quello del cuore.
Genere: Commedia, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Diario di un Lupo

in un Branco di Lupi

(Versione riveduta, corretta e ampliata causa insoddisfazione dell'autrice)

CAPITOLO CINQUANTUNESIMO

Colloqui

°°°°°°°




«Lo sapevo che ti avrei trovata ici».

Tonks sollevò lo sguardo dai propri anfibi e rivolse un cenno di saluto piuttosto sbrigativo a Fleur. Lei, scostando la lunga chioma dorata dietro le spalle, sedette sull'altalena e la fissò con intensità.

«Hai sentito?» domandò atona Tonks, intrecciando le mani fra loro e tornando a chinare il capo. «I Montgomery, intendo».

«Oui» annuì Fleur. «Que tristesse. Quell'enfant aveva solo scinque anni». S'interruppe per fare un respiro malinconico. «Scerte cose non dovrebbero succedere jamais. Sa jamais».

«E hai sentito... insomma, chi--».

«Oui» ripeté con enfasi Fleur, dondolandosi un poco con la punta dei piedi. Guardò l'altra giovane un'istante e aggiunse: «Io non ponso che Monsieur Lupìn fosse là».

Tonks socchiuse gli occhi con un'espressione tormentata e affondò una mano fra i capelli sbiaditi. Si morse le labbra nel tentativo di ricacciare indietro i singhiozzi.

«Non ne sono sicura...» mormorò con voce stridula, scuotendo violentemente la testa. «Non lo so, Fleur... forse... forse l'hanno--».

«Il est bien, sta bene» la interruppe con decisione Fleur, sfiorandole con gentilezza il braccio destro. «Se ainsì non fosse, tu jià lo avresti saputo, Tonks. Il professeur Silonte sembra sapere sompre tout prima degli altri. Et je suis scerta che lui ti avrebbe detto se fosse successo quelque chose».

Tonks tirò bruscamente su con il naso e scoppiò a piangere.

«Io non ce la faccio più, Fleur, non ce la faccio più!» esclamò. «Quando... quando Phil mi ha detto che erano stati dei... dei licantropi... mi sono sentita morire. E più pensavo ''Buon Dio, ti prego, fa' che lui non ci fosse'', più il dubbio si faceva grande e mi faceva male» si fermò per passarsi una mano sotto agli occhi. «E poi sono andata là... e ho visto--».

«Tu es...? Pourquoi? Ponsavo fossi di stanza ad Ogsmeed».

«Scrimgeour» rispose stringatamente Tonks, asciugandosi un'altra lacrima. Si fissò i polpastrelli delle dita con aria stupita e fece uno sbuffo a metà fra l'isterico e il divertito. «Merlino, quanto diavolo sono messa male...». Sollevò lo sguardo lucido verso Fleur e, notando la sua espressione confusa, disse ancora: «Rufus Scrimgeour».

«Il Ministre della majia?» ripeté quella, sgranando sbalordita i grandi occhi turchesi.

«Il mio capo pensa che io sappia cos'ha in mente Silente» riprese Tonks, con un sorriso amaro. «Quando, invece, non ne ho mai avuto la più pallida idea. Mai. Io eseguo solo gli ordini... è questo che sono stata addestrata a fare: eseguire gli ordini. Ed eseguo gli ordini di Silente perché mi fido di lui, ma lo faccio alla cieca. E loro... loro non lo capiscono, pensano che... che... che ne so di cosa pensano!?» urlò, sferrando un calcio violento al terriccio bruno e sollevando un vaga nuvoletta di polvere. «Mi sembra quasi di stare fra le spire di un Basilisco!».

«O come nella cuscina di Mollì» aggiunse Fleur, facendo le spallucce con aria vaga.

Tonks inarcò un sopracciglio.

«L'altro jorno mi sono offerta di cuisson, di fare da manjiare» spiegò lei con una smorfia indispettita sul bel viso. «Ed era evidonte che sarebbe stata Nouvelle Cuisine. Chi avrebbe potuto ponsare che avrei fatto – e jamais farò – quelle grosse pietonse englosi?» fece un verso disgustato e riprese: «E invesce... Mollì ha passato toute la scena criticando chaque chose fosse sul tavolo! Anche la position dei bicchieri, mon Dieu! Ha avuto il courage di dire che il mio patè en terrine sapeva di moisissure, di muffa! E la mia consommé non era suffiscientemonte cremosa!» si fermò nell'apparente tentativo di placare l'agitazione. «Ponsavo di essere io la française! Apparontemete sbagliavo! Pourquoi ha finito discendo: ''Fleur, cara, ponsi davvero che Bill potrò manjiare questa cosa per tutta la vie?''. Oui, lo ponso eccome! Bill adora la mia mousse au chocolat! E disce che le mie velouté sono très bonnes! Oh, che irritant femmes!».

Tonks strabuzzò gli occhi scuri, scosse il capo con aria confusa e scoppiò in una fragorosa risata. L'altra giovane, portando un ciuffo biondo dietro un orecchio le lanciò uno sguardo soddisfatto.

«Oui» disse. «Ridi pure delle malchances degli altri, Tonks».

«Delle... delle cosa?» biascicò lei, ridacchiando.

«Delle malchances» ripeté Fleur, alzando il naso con un'espressione di melodrammatica vanità. «Delle trajedie degli altri».

Tonks fece un ultimo sbuffo divertito e la guardò con un sorriso.

«Grazie dello svago» le disse. «Non sei male come cabarettista. Ha mai pensato che potresti-».

«S'il vous plaît, Tonks. Qualunque cosa tu stia discendo, lasciala marscire nel sciervello» la interruppe con un movimento irritato della mano. Sollevò lo sguardo su di lei e la fissò con maggiore serietà. «Cosa ponsi di fare, ora?».

«Voglio andare ad Hogwarts» rispose senza esitazione Tonks, annuendo fra sé. «Devo parlare con Silente».

°°°°°°°



Nel corso degli anni, Tonks aveva dimenticato il numero di volte in cui era stata tassativamente spedita davanti allo sguardo sconcertato di Pomona Sprite. Perfino l'etereo e imperturbabile professor Rüf, in preda ad un attacco isterico dovuto ai repentini e fastidiosi cambiamenti della sua chioma, si era ritrovato nella condizione di spedirla dalla direttrice della Casa di Tassorosso. A memoria di uomo – e fantasma, apparentemente – non era mai accaduto niente di simile. Eppure, quella volta era davvero riuscita a turbare la soporifera quiete delle lezioni di Storia della Magia.

''Cinque punti in meno a Tassorosso'' aveva dichiarato il fantasma, al limite dell'esasperazione. ''Perché il vorticare cromatico dei suoi capelli è nauseante anche per un non-morto, signorina Trunners''.

Ed ora, quasi nove anni più tardi, vagava pensierosa per gli stessi corridoi che erano stati la scenografia della sua adolescenza. Con le mani infilate nelle tasche del cappotto e lo sguardo perso rivolto al pavimento, aveva continuano a camminare fra quelle mura, quasi fosse un'automa, fin quando la voce sorpresa della professoressa McGranitt non l'aveva ridestata dai suoi cupi ragionamenti.

«Tonks?».

Lei si voltò velocemente – troppo, per una persona talmente goffa da inciampare sui suoi stessi piedi – e rischiò di perdere l'equilibrio e rovinare per terra. Strizzò gli occhi un paio di volte e scosse il capo, riemergendo alla realtà in cui si trovava.

«Salve, professoressa» salutò affrettatamente. «Cercavo il Preside».

Le sottili sopracciglia della McGranitt scattarono verso l'alto in un'espressione ancora più meravigliata.

«Il Preside?» ripeté, avvicinandosi con rapida decisione alla giovane, con il lungo mantello che frusciava ad ogni passo. «La prossima riunione dell'Ordine è stata fissata per dopodomani, Tonks. Posso sapere il motivo di tanta urgenza?».

Tonks chinò rapidamente lo sguardo, notando solo in quel momento un filo che spuntava dall'orlo della manica. Se lo attorcigliò intorno all'indice sinistro e iniziò a giocherellarci con aria falsamente vaga.

«È per... voglio dire... insomma, ha capito?».

La McGranitt fece una smorfia indispettita.

«Certo che sì, benedetta ragazza» rimbrottò asciutta. «Vieni nel mio ufficio».

«Ma, professoressa, io-».

«Silente non c'è, o ti avrei già accompagnato all'entrata del suo studio. Non che io presuma tu abbia dimenticato dove si trova, naturalmente, considerato l'esorbitante numero di volte in cui sono stata costretta a mandartici», aggiunse, voltandole le spalle e tornando sui propri passi.

Confusa, Tonks rimase immobile. La McGranitt si voltò dopo pochi istanti e le lanciò un'occhiata impaziente.

«Devo forse Trasfigurare i suoi piedi in due pattini a rotelle, signorina Tonks?».

°°°°°°°



«Due zollette, gra-».

«So perfettamente come bevi il tè, Tonks» la interruppe perentoria la McGranitt, agitando con grazia la bacchetta e sollevando la zuccheriera di ceramica dalla propria scrivania alla tazza fumante davanti alla giovane. «Se mi avessero dato uno Zellino per ogni volta che te l'ho offerto, dopo le tue innumerevoli punizioni, ora sarei probabilmente più ricca di quella scavezzacollo di Gwenog Jones».

Tonks soffocò a stento una risatina.

«Orsù, dunque, parla» esordì con un movimento brusco del polso la McGranitt. «E, per amore dei miei vecchi nervi, cerca di evitare quell'incomprensibile gorgogliamento di poco fa, per favore».

Un poco intimorita dall'aurea severa della donna – nonostante avesse conseguito i suoi M.A.G.O. da oltre cinque anni e avesse collaborato con lei per l'Ordine della Fenice, Minerva McGranitt sarebbe sempre rimasta la sua insegnante di Trasfigurazione – Tonks tentò di accumulare secondi preziosi portando la tazza alle labbra. Il tè, tuttavia, si rivelò estremamente bollente e la giovane finì per tossicchiare e versarne un paio di gocce sulla superficie lucida del legno.

Trattenendo a stesso i propri commenti, la McGranitt alzò gli al cielo e si limitò a sospirare.

«S-scusi, professoressa. È solo che-».

«Merlino, Tonks, vogliamo evitare questi strazianti convenevoli e passare al sodo? Non sei più una mia studentessa, grazie al cielo».

Tonks fece una buffa smorfia e inarcò un sopracciglio.

«Io stavo per passare al sodo, professoressa, ma lei continua a-».

«Non importa, Tonks. Prosegui» la interruppe nuovamente la donna, leggermente spazientita. «Per quale assurdo motivo stavi bighellonando davanti al mio ufficio?».

«Cercavo Silente».

«Questo lo avevo capito».

Tonks fece un profondo respiro.

«Ero venuta per l'aggressione ai Montgomery» esalò veloce, stringendo con forza le dita attorno alla tazza.

Sul viso della McGranitt non apparve la minima traccia di meraviglia. Sapeva perfettamente che il solo motivo per cui Tonks avrebbe potuto abbandonare il suo posto di guardia, ad Hogsmeade, era Remus. L'anziana strega fissò con forte intensità l'ombra preoccupata comparsa sul volto pallido di Tonks e annuì piano.

«Naturalmente» ne convenne.

Stringendo fra loro le labbra, Tonks sollevò lo sguardo nervoso su di lei, in una muta – ma sufficientemente esplicita – richiesta di informazioni.

«Severus è tornato questa mattina, e...» iniziò con tono fermo la McGranitt, spingendo gli occhiali squadrati in una posizione meno fastidiosa. Alzò gli occhi al cielo con un'espressione spazientita. «E quel poco che sono riuscita a cavare dalla sua bocca è stato che Remus sta bene e ha intenzione di proseguire la missione».

Tonks parve accasciarsi sulla sedia dalla serenità. Dopo qualche istante di apparente calma, tuttavia, rivolse un'occhiata stupefatta alla McGranitt.

«Come ha fatto Piton a parlare con Remus?» domandò veloce, mentre un secondo mostro del dubbio si faceva inesorabilmente strada nel suo cervello. «Se Piton era con i Mangiamorte... e dice di avere notizie di Remus... significa che...».

«Evidentemente, Remus era con loro».

Al suono tagliente di quelle parole, Tonks si strinse inconsciamente nelle spalle. Si mordicchiò nuovamente il labbro inferiore e socchiuse gli occhi, tentando di scacciare l'immagine di Remus costretto ad obbedire agli ordini dei Mangiamorte e di Fenrir Greyback.

Che cos'altro hai dovuto fare, Remus, che io non so?

«Capisco ciò stai passando, Tonks» sussurrò la McGranitt, sporgendosi verso di lei e posandole una mano sull'avambraccio. «Se dipendesse da me, avrei obbligato Remus a tornare a Londra prima ancora che fosse iniziata la stagione fredda. A dire la verità, non l'avrei mai nemmeno mandato a Jura».

«Lei crede che ciò che sta facendo sia realmente importante, professoressa?».

«Silente lo crede» affermò con decisione la strega. «E se lo crede lui, deve essere vero».

«Silente crede anche che Remus possa farcela?» chiese ancora Tonks, torcendosi febbrile le mani.

La McGranitt annuì.

«E lei, professoressa?» continuò la giovane, scrutandola implorante. «Lei lo crede?».

Facendo un profondo respiro, la McGranitt fece un cenno incerto con il capo.

«Sarò sincera, Tonks: non lo so. Conosco Remus da quando era poco più di un bambino. L'ho visto crescere fra queste mura e l'ho visto diventare un uomo fuori di esse. Per lui, continuo a provare un affetto ben più grande di quello che riservo alla maggior parte degli studenti che sono passati per la mia aula» fece un sorriso tirato. «Nonostante le tante bravate in cui si è lasciato coinvolgere dai suoi amici, Remus è stato uno dei migliori studenti che abbia mai avuto. Era un bravo ragazzo quando indossava la divisa di Grifondoro, ed è diventato un brav'uomo. Sa controllarsi e dosare con educazione le sue emozioni. È una virtù molto rara. Eppure... nonostante appaia come una persona gentile e calma, Remus è molto di più. Sono certa che tu lo sappia» aggiunse. «Il fardello che grava sulle sue spalle è più pesante di quanto si possa immaginare. Remus ha sempre desiderato di potersi... ecco... di poter essere normale, per usare una delle sue tante definizioni. Per tutta la vita, tuttavia, non ha fatto altro che remare dalla parte contraria. Vorrebbe essere come gli altri, ma non si è mai sentito in grado di avvicinarglisi».

«È solo uno stupido...» mormorò con un velo di risentimento Tonks. «Non capisce che ci sono persone a cui non importa niente – niente – della sua maledetta licantropia. A me non importa. E lui non riesce ad accettarlo».

Il sorriso della McGranitt si fece più ampio e genuino.

«La vita è stata magra di gioie, per Remus» disse. «Tu sei una di quelle e lui, qualunque cosa dica, lo sa. Se mai ti ha detto che non prova nulla per te, sappi che Remus è sempre stato un ottimo bugiardo, oltre che uno dei miei studenti migliori».

Senza sapere cosa rispondere, Tonks fece un lungo sospiro afflitto.

«Scommetto tutte le Coppe di Quidditch che tornerà da te, mia cara» concluse con gentilezza la McGranitt. «Ormai, non può più scapparti».


Il cuore, le labbra, la pelle, lo sguardo.

Immagini questo del tuo amore infingardo.

Lo sogni, lo senti, lo brami,

povera schiava di tempi infami.

''Io non ti amo'', immensa menzogna.

''Sono un mannaro'', ammette vergogna.

E resti in attesa, sparuta e fremente,

che torni da te, desiderio struggente.


°°°°°°°




«Ma-che-stai-facendo?» scandì Rouge con aria irritata.

Fece uno sbuffò innervosito e si avvicinò con rapidità al punto in cui l'argine dello Shannon si appiattiva, dove Remus sedeva da tempo incalcolabile.

«Ti pare il caso di svanire per oltre tre ore senza dire niente?».

Remus le rivolse un sorriso gentile. I suoi occhi, tuttavia, erano velati da una cupa tristezza.

«Eri preoccupata per me?».

Rouge fece una smorfia annoiata.

«Certo che no, Lupin. Lo era Aulos. E non hai idea di quanto quell'imbecille possa diventare esasperante».

Lei lo fissò intensamente a lungo, prima di alzare gli occhi al cielo e sedersi accanto a lui.

«Che bella giornata: Luma è morto» commentò Rouge indifferente, quasi stesse esponendo la sua opinione sul preoccupante grigiore del cielo. «Un idiota in meno con cui avere a che fare».

Non ricevendo alcuna risposta, Rouge gli sferrò un violento pugno alla spalla. Colto alla sprovvista, Remus gridò e si sfregò l'arto indolenzito.

«Mi hai fatto male!» esclamò dopo qualche secondo.

«Male? Quello? Maledizione, la tua soglia del dolore è scandalosamente sottozero» ribatté lei, divertita. «Che è successo?» aggiunse dopo un poco, scrutandolo con serietà.

Remus non parlò.

«''Abbiamo obbedito agli ordini, abbiamo attaccato quella famiglia di schifosi umani, il bambino ha fatto una brutta fine e ora io mi sento un verme''» gli fece il verso Rouge. «Lupin, piantala. Il tuo vittimismo mi dà sui nervi».

«Non sto facendo...» iniziò lui. «Non puoi capire».

Lei parve trovare quell'affermazione particolarmente offensiva.

«Ci risiamo? Siamo di nuovo tornati al punto in cui io sono l'assassina bastarda senza sentimenti e tu sei il bravo e coscienzioso licantropo buono?» ribatté asciutta. «Sei tu a non avere afferrato il concetto. Io sono un licantropo. Loro sono degli umani. E siamo tutti in guerra l'uno con l'altro dal primo plenilunio della notte dei tempi. Sei tu, Lupin, quello che deve ancora capire da che parte stare».

Remus le rivolse uno sguardo provato e scosse il capo con amarezza.

Rouge fece una smorfia altezzosa.

«E ora togliti quell'aria da disperato» concluse seccata. Si guardò attorno come se temesse di essere spiata e aggiunse: «Devo parlarti di Lynn».

°°°°°°°

   
 
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