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Autore: Jules_Weasley    06/01/2016    8 recensioni
Siamo nel Post Seconda Guerra Magica, qualche anno dopo la caduta di Voldemort: Hermione, tornata da un viaggio di qualche mese, bussa al negozio del vecchio Ollivander, con una richiesta molto strana. La sua vita non è come la vorrebbe e la guerra le ha fatto realizzare che ha una sola possibilità di essere felice, e non la vuole sprecare facendo quello che è opportuno o che ci si aspetta da lei. Ora, di nuovo in Inghilterra, decide di virare la rotta ed imparare a creare qualcosa con le proprie mani le farà riscoprire le piccole grandi gioie dell'esistenza. In tutto ciò dovrà anche fare i conti con una vita sentimentale... movimentata. Che fine ha fatto Ron? E quale sarà il ruolo di Fred nella sua vita? E quale sarà quello di Malfoy? Questa storia sarà una Fremione o una Dramione? O semplicemente la storia di una ragazza che cerca il suo posto nel mondo? Queste sono le domande, la risposta è la storia...
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Fred Weasley, Hermione Granger, Olivander | Coppie: Draco/Hermione, Fred Weasley/Hermione Granger, Harry/Ginny
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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Ciao gente! Come sono andate le feste? Io mi sento un tacchino ripieno, non so voi. Vi auguro Buon 2016 e vi lascio alla lettura del capitolo diciannove, nella speranza che non vi mandi di traverso lenticchie e cotechino .-.

Mi scuso con le fan di Ollivander per la sua momentanea assenza (ad inserire anche lui il capitolo mi sarebbe venuto un enorme papiro), ma non temete, tornerà.



CAPITOLO DICIANNOVE – Rosso rubino*



Dopo la cena e il confronto con Harry e Ginny, il venerdì trascorse tranquillamente, senza che nessun giornale pubblicasse articoli insinuanti su lei e Malfoy, cosa di cui Hermione fu assai grata. Così, il sabato giunse esattamente quand'era lecito aspettarselo*. Quella mattina, la Granger fu svegliata da un regale barbagianni che batteva il proprio becco contro la finestra, in attesa di venire accolto all'interno.

La strega si stiracchiò pigramente, scalciò via le coperte controvoglia e si alzò dal letto. Non appena l'ebbe lasciato entrare, il pennuto le beccò un dito, quasi offeso che non gli avesse steso il tappeto rosso per averla svegliata con quell'insistente picchiettio. Hermione lo guardò torva, prima di rendersi conto che non poteva davvero intraprendere una lite con un barbagianni – non era ancora così in basso.

Tese la mano e l'animale vi lasciò cadere il biglietto che recava con sè. Non attese nemmeno che la ragazza lo srotolasse, prima di emettere un verso stridulo e volare via oltre il vetro ancora aperto. Hermione, infreddolita, sospirò e richiuse la finestra. Seppure avesse avuto dubbi sul mittente del biglietto, il caratterino forastico del postino avrebbe rivelato chiaramente l'identità del suo proprietario.

Ad ogni modo, neppure l'elegante grafia con la quale erano state vergate le parole sul foglio lasciava incertezze in merito.




Alzati e risplendi, Granger!

Passa la tua giornata a ritenerti fortunata e ad attendere trepidante la serata: voglio portarti a visitare casa Malfoy.


Draco



Hermione fissò per un po' il foglio sbattendo le palbebre diverse volte. Che insopportabile presuntuoso! Del resto, da Malfoy, non ci si poteva aspettare di meno. Non solo l'aveva svegliata al mattino per un invito che riguardava la serata, ma aveva di certo ordinato al barbagianni di non attendere la risposta, come se fosse scontata. Poteva Hermione Granger rifiutare una richiesta simile? Ovvio che no, secondo la logica Dracocentrica su cui si basava il ragionamento.

Fece appena in tempo a constatare la sostanziale immutabilità della vanità del Serpeverde, quando si rese conto che non aveva la minima idea del perché mai dovesse portarla a casa propria. Hermione aveva già visto Malfoy Manor, benché in una situazione non proprio felice, ed era inoltre piuttosto contraria all'idea di incontrare Narcissa, specie dopo gli articoli usciti negli ultimi giorni.

Pensò però che Draco non fosse così sciocco da scatenare un conflitto a fuoco che avrebbe arrostito perfino i pavoni nel parco della villa, perciò doveva esserci un'altra spiegazione. Finalmente si rilassò.

Quel sabato si sarebbe dedicata agli ultimi ritocchi che aveva deciso di dare alla sua nuova traduzione delle Fiabe di Beda il Bardo, ormai conclusa.

Passò la mattinata a correggere bozze, sfogliare libroni di Rune Antiche più alti di lei e rivedere i passi più ostici delle traduzioni. Come era tipico di lei, aveva fatto un lavoro meticoloso; conosceva a memoria quelle storie, ma le aveva rilette lo stesso milioni di volte prima di decidersi a scegliere i termini più appropriati con cui portare le trame dalle Rune alla moderna lingua inglese.

Doveva ammetterlo: non poteva riguardare il proprio lavoro senza che i ricordi la inondassero completamente. Essendo Nata Babbana, non aveva mai saputo nulla di Beda finché un giorno, anni prima, il Ministro della Magia in persona si era presentato alla Tana a rivelare il contenuto del testamento di Albus Silente*.

Non c'era nulla da fare; quelle storie le avrebbero sempre riportato alla mente la morte di Silente e quello che lo stregone* aveva taciuto a Harry, con le relative implicazioni che quei silenzi avevano comportato. Si era arrovellata il cervello per settimane sul perché di quell'eredità, come pure sul simbolo dei Doni della Morte tracciato a margine della fiaba dei tre fratelli Peverell.

Così, ogni volta che rileggeva quella storia, pensava a se stessa, Harry e Ron, chiusi in quella dannata tenda, alla ricerca degli Horcrux. Le sembrava che fossero passati secoli, o forse poche ore. Non avrebbe scordato quei giorni, mai.

Ripensò con un sorriso al momento in cui Ron era tornato, come se non fosse stato via per settimane, geloso del suo rapporto con Harry.

Rabbrividì al pensiero di ciò che un cervello – che si supponeva appartenere ad un essere umano – era stato in grado di realizzare. Oggetti così oscuri e potenti da essere in grado di portare una persona a comportarsi nel modo in cui Ron aveva fatto – in maniera così opposta alla sua natura.

Se c'era una cosa che l'aveva spaventata negli Horcrux era proprio la capacità di fare leva sulle paure, sulle insicurezze, sulla debolezza umana. Certo, riconosceva in essi una stregoneria potente e decisamente geniale. Il controllo delle menti era stato la grande forza di Lord Voldemort. Forza che però gli si era ritorta contro, battuta da un sentimento che spesso si da per scontato.

Qualcosa che lo stesso Harry Potter per molto tempo aveva ritenuto inadeguato a sconfiggere il Signore Oscuro, il potere a Lui sconosciuto* sul quale Silente aveva sempre fatto affidamento. L' Amore, l'unica magia che Voldemort non aveva mai compreso nè praticato, aveva battuto le sue Arti Oscure.

Hermione si riscosse dalle sue riflessioni per continuare il lavoro. Dati gli ultimi ritocchi, fu colpita dalla luminosa idea di consegnare subito il materiale al signor Lovegood, approfittandone per far visita a Luna. Non voleva certo beccarsi un altro rimprovero o l'accusa di trascurare nuovamente gli amici.

Uscì dalla stanza e si infilò di corsa in bagno, dove si lasciò andare ad una lunga doccia rilassante. Si spazzolò i capelli con decisione, cospargendoli di Lozione Arricciariccio al cocco per rendere i suoi ricci meno crespi e più definiti, anche se con risultati – come sempre – discutibili.

Sotto l'acqua le sembrò che tutte le preoccupazioni le vorticassero in testa per poi dissolversi come fanno i ricordi argentei in un Pensatoio. Una volta fuori, si avvolse in un caldo accappatoio di spugna, decisa a recarsi in camera per vestirsi.

Si bloccò sul pianerottolo, attratta dalla porta socchiusa della stanza di Fred, ancora immersa nel buio. In teoria, la sua più grande aspirazione era evitare di incontrare il coinquilino, perciò tutto avrebbe dovuto fare tranne che avvicinarsi in punta di piedi per sbirciare. Si diede mentalmente dell'incoerente; ciò nonostante proseguì fino ad affacciarsi allo stipite della porta.

Sotto i suoi piedi, le assi del pavimento ligneo scricchiolarono sinistramente, facendole temere che Fred si svegliasse. Il ragazzo si limitò a spostarsi nel sonno, ancora profondamente addormetato.

Hermione sentì il desiderio di stendersi lì accanto e vegliarlo fino al risveglio, ma si ricordò che non poteva permettersi di fare niente di simile, visto come stavano le cose tra di loro, e si diede nuovamente dell'idiota.

Silenziosamente rientrò nella propria stanza a prepararsi. Mise addosso qualcosa e arraffò tutto il materiale riguardante il libro; la parte precisina di lei si sentì un po' in colpa a presentarsi senza essere invitata, ma sapeva che sia Luna che il padre erano mattinieri e informali, perciò non ci avrebbero neppure fatto caso.

L'orologio battè le dieci ed Hermione si Smaterializzò oltre una delle colline nei dintorni del paese di Ottery St. Catchpole*.






Tante volte si era recata lì – vicino al paese abitava la famiglia Weasley -, quindi il paesaggio le era sempre familiare. Bussò timidamente e, con sua enorme sorpresa, ad aprirle non furono nè Luna nè Xenophilius.

"Neville?!" esordì in tono incerto.

"Ciao Hermione!" rispose lui sorridendole e facendosi da parte per lasciarla entrare. "Xeno è sul retro del giardino a fare non so cosa, mentre Luna è di là" la informò. "Sta curando un'allodola che ha le allucinazioni; almeno questo è quello che sostiene lei". Hermione scosse la testa e sorrise rassegnata.

Neville e Luna erano molto amici, ma perfino il ragazzo, come tutti, aveva rinunciato da un pezzo a comprendere certe strane idee di lei.

"Sai già la novità?" le chiese con un sorriso che andava da un orecchio all'altro. "Immagino tu sia qui per chiedere i dettagli, come fate voi donne".

Hermione lo guardò come se gli fossero spuntate due teste; era sul punto di domandare di cosa stesse parlando quando Luna fece la sua comparsa nella stanza.

"Hermione!" trillò allegramente, abbracciandola.

"Ciao Luna!" rispose sorridendo di rimando.

Ebbe l'impressione di essere piombata nel mezzo di un'atmosfera festosa. Luna era radiosa: gli occhi azzurri più limpidi del solito, i capelli biondi – sempre lunghi fino alla vita – che le conferivano un aura quasi eterea, quel giorno più visibile che mai.

"Neville mi accennava a una bella novità; di che si tratta?"

"Io e Rolf ci sposiamo" annunciò senza preamboli. Proprio tipico di Luna. L'aveva annunciato come fosse un avvenimento comune. Quasi non la riguardasse.

"Ma è meraviglioso!" esclamò Hermione. Se c'era una persona che, a parer suo, meritava di essere amata, quella era Luna Lovegood.

"Quando?" chiese.

"Oh, ancora non lo sappiamo" rispose con naturalezza. "Verrai?"

"Ovviamente" dichiarò.

Non si sarebbe persa per niente al mondo quel matrimonio; anche perché aveva curiosità di vedere il modo in cui l'avrebbero celebrato - sapeva che anche lo sposo era un tipo piuttosto eccentrico.

"Sedetevi" disse l'ospite. "Metto su il tè".

"Grazie" risposero all'unisono, prendendo posto l'uno accanto all'altra. Luna stava trafficando con il bollitore sul fuoco e lei e Neville parlottavano, quando la sentì dire: "Ehi, Neville, tu ovviamente sei il mio testimone".

"I-Io?" balbettò il ragazzo. Luna si girò e assunse un'espressione quasi accigliata, o quantomeno di evidente stupore.

"Non ti va?" chiese.

"Scherzi?" replicò Neville. A Hermione spuntò un sorriso. In quel momento stavano parlando senza capirsi. Sembravano provenire da due pianeti differenti.

"Per niente" rispose, rimettendosi a trafficare con tazze e teiera. "A chi dovrei chiederlo, se non al mio più caro amico?" disse con una scrollatina di spalle.

Neville divenne paonazzo e ad Hermione fece una gran tenerezza. Le ricordò la prima volta in cui l'aveva visto, sul treno diretto ad Hogwarts, intento a cercare il proprio rospo, Oscar. Era stato grazie a lui che al primo anno aveva incontrato Harry e Ron, in un certo senso. Neville era quasi in lacrime e gli stava dando una mano per ritrovare Oscar.



"Qualcuno ha visto un rospo? Neville ha perso il suo"

"Gli abbiamo già detto che non l'abbiamo visto" aveva risposto Ron.

"Oh, state facendo magia. Vediamo allora!"*



In effetti Harry e Ron non avevano tutti i torti a considerarla una saccente. "Io ho provato a fare alcuni incantesimi semplici semplici, e mi sono riusciti sempre".

"Sarò onorato" riuscì infine a dire Neville, riportando l'attenzione di Hermione al presente. Luna le fece un gran sorriso.

"Tu e Ginny sarete le damigelle, naturalmente" aggiunse.

Hermione sperò solo che le lasciassero indossare ciò che desiderava, senza costringerla in strani vestiti a balze color arcobaleno. Quel genere di capo stava bene solo addosso a Luna; non conosceva altri che potessero osare tanto.

L'ospite servì tè e biscotti fatti in casa – dei quali Hermione notò la bizzarra forma a cavalluccio marino – sedendosi a sua volta accanto agli ospiti.

"Oh, che sbadata!" esclamò Luna. "Non ti ho chiesto come mai sei qui".

Hermione, presa dalla novità, si era perfino dimenticata della motivazione primaria che l'aveva condotta in casa dell'amica.

"Volevo dare questi a tuo padre" disse sventolando le pergamene, per poi impilarle ordinatamente a fianco a sè sul tavolo.

"Oh, hai concluso la traduzione!" esclamò una voce cordiale alle loro spalle. Hermione sobbalzò, chiedendosi come fosse possibile che nessuno avesse mai fatto notare a Xeno Lovegood che arrivare di soppiatto poteva anche causare un arresto cardiaco alle persone. Si girò e gli fece un gran sorriso, indicando il plico che giaceva proprio di fronte a lui.

"Immagino sarà una traduzione impeccabile" commentò Neville, sorseggiando il proprio tè. "Sei sempre stata un talento in Rune Antiche" dichiarò, ripensando alla scuola. "Sei sempre stata un talento in qualsiasi cosa, a dire la verità".

Hermione sorrise, ringraziandolo per quella generosità di sentimenti che – nella mente di lei – era ciò che più lo accomunava alla sua amica bionda, in quel mentre intenta ad addentare un biscotto.

"Papà" osservò con aria svagata, "la tua mano sanguina di nuovo".

"Signore" tentò Hermione, "forse dovrebbe smetterla di estrarre baccelli di Pugnacio a mani nude". La mano destra dell'uomo era coperta di sangue.

"Forse" borbottò ironicamente Neville dentro la tazza. Hermione trattenne una risata.

"Oh, sciocchezze!" dichiarò Xenophilius con leggerezza. "E' tutto a posto; quel che ci vuole è un po' di Essenza di Purvincolo".

"Sarebbe indicata, in effetti" commentò Hermione.

"Allora" l'uomo si sedette al tavolo evocando un contenitore ripieno di liquido e vi immerse la mano, "immagino che questa edizione soddisferà tutti" osservò, poco chiaramente.

"Sono stati ritrovati degli appunti di Silente" spiegò Luna. "La McGranitt ha acconsentito al fatto che vengano pubblicati insieme alle Fiabe".

"Silente ha commentato le Fiabe di Beda*?" chiese Neville, con lieve stupore.

"Oh sì!" esclamò Xeno. Probabilmente si metterebbe a battere le mani se non fosse impegnato a sanguinare, pensò Hermione. Ma il vecchio Xeno, la mano immersa nella bacinella, continuava a ciarlare.

"Un mucchio di note di Silente, sommate alla nuova traduzione, manderanno l'editore in brodo di giuggiole" dichiarò. "Le invierò oggi stesso". Si alzò dal tavolo, prese il plico e sparì oltre la soglia della cucina, annunciando alla figlia di volersi ritirare per leggere il tutto prima di consegnarlo. Hermione rilasciò un lieve sospiro, augurandosi di aver davvero messo in buone mani il frutto del proprio lavoro.




"Luna e Rolf si sposano?" le domandò il Prescelto, per la terza volta.

"Chiedimelo ancora e non sopravviverai" sbottò Hermione, in piedi di fronte alla scrivania dietro la quale sedeva l'amico. Era passata al Ministero della Magia – sezione Auror – per fargli un saluto e comunicargli la bella notizia.

"Ginny è irrintracciabile quando si allena con le Harpies, ma penso sia d'accordo se ti invito a cena" asserì Harry. "Così puoi raccontarci meglio".

"Tu odiavi i gossip, e adesso vuoi i dettagli. Che diavolo ne hai fatto di Harry Potter?" domandò scoppiando a ridere.

"Scema, non parlavo di Luna, ma del tuo libro in uscita".

"Non è mio, è di Beda il Bardo" precisò.

Il ragazzo sbuffò, contrariato dal perenne puntualizzare dell'amica. Una parte di lei era rimasta la ragazzina pignola che aveva incontrato sull'Espresso per Hogwarts. Ok, una buona parte. Poteva cambiar vita e lavoro, ma sarebbe sempre rimasta una irrimediabile precisina.

"E' interessante questa faccenda di Silente".

Hermione sapeva che quello era il motivo di tanto interesse per il libro – oltre al fatto che anche per la loro storia personale significava molto. Harry era sempre preso da qualsiasi cosa riguardasse Silente – e come dargli torto?

"Già, sarei proprio curiosa di sapere cosa possa averci scritto".

"Allora, per stasera ci sei?"

Hermione stava per dare l'assenso, quando ricordò il barbagianni di Draco e il modo insolente in cui l'aveva buttata giù dal letto. Malfoy si sarebbe quasi meritato una clamorosa buca, ma non aveva intenzione di fargli un affronto simile per poi aspettarsi qualche tremenda vendetta.

Aveva detto 'stasera', il che significava che Hermione doveva solo aspettare che si facesse vivo lui, dato che non le aveva fornito un orario o un appuntamento.

"Non posso" pigolò.

"Dimmi che non stai declinando per passare il sabato sera con Malfoy..."

Il silenzio di Hermione risultò più che eloquente per Harry, che decise di soprassedere e limitarsi ad uno sbuffo spazientito.

"Domani?" chiese Hermione, sperando in un perdono immediato. Improvvisamente però ricordò che quella domenica l'avrebbe passata per intero con i suoi genitori – mentre Harry e Ginny sarebbero stati incastrati in uno dei numerosi pranzi alla Tana – e fu costretta a ritrattare.

"Papà mi uccide se non vado" si giustificò. "Lunedì sera va bene?"

Harry grugnì e mugugnò una risposta affermativa. Gli fece un gran sorriso e si avviò alla porta, dove si scontrò con Ron che entrava in quel momento – e riuscì perfino ad abbozzare un sorriso a lui. Dopo la visita da Luna si sentiva contenta, come se i problemi non esistessero proprio. Ron la guardò imbarazzato e ricambiò il sorriso con una specie di smorfia, ma Hermione non ci badò. Salutò entrambi e si richiuse la porta alle spalle, diretta ai camini del Ministero, per Smaterializzarsi.

Conosceva il Ministero come le proprie tasche, dopo averci lavorato per anni; dapprima pensò di andare a trovare gli ex colleghi dell'Ufficio Misteri, ma si ricordò che gli Indicibili non avevano una gran simpatia per chi piombava all'improvviso. Ogni volta bisognava preoccuparsi di nascondere il lavoro, visto che solo loro erano autorizzati a conoscere ciò che si celava lì dentro. E lei ormai non faceva più parte del team, perciò accantonò l'idea di disturbarli.

Mentre attraversava il corridoio urtò un uomo alto e nerboruto, dalla pelle scura come l'ebano.

"Ma guarda chi si vede: Hermione Granger!"

"Scusi, Ministro" disse sollevando lo sguardo e sorridendo.

"Non sono più il tuo capo, Granger" le fece notare, con vago rimprovero.

"Le vecchie abitudini sono dure a morire". Shackelbolt rise. Lo conosceva da quando era una ragazzina e lui faceva parte dell'Ordine della Fenice. Quando era stato eletto Primo Ministro tutti quelli dell' Ordine avevano esultato. Hermione lo chiamava 'Ministro' o 'Capo' quasi per gioco. Ma ormai era tutto diverso.

Trovarsi in quel posto, dove un tempo si recava tutte le mattine, aveva sortito uno strano effetto su di lei, anche se ancora non sapeva dire quale fosse.

"Ci manchi al Ministero, non si trovano spesso elementi validi come te".

"Grazie, Kingsley".

"So che adesso lavori da Ollivander" la guardò con una punta di risentimento, come se si sentisse tradito.

"Le buone notizie corrono veloci" osservò Hermione.

"Le buone notizie corrono attraverso Ronald Weasley" le rispose sovrappensiero. Sembrò pentirsi subito di averlo nominato, probabilmente ricordando i suoi trascorsi con Hermione, e fu sorpreso di vederla ridere.

"Ron non è mai stato un asso nel tenere le cose per sè" commentò tranquillamente.

Un giovane mago si avvicinò correndo e li interruppe; mormorò qualcosa all'orecchio di Kingsley, che sospirò con l'aria di chi regge le sorti del mondo su di sè. Hermione provava davvero poca invidia per le incombenze dell'uomo.

"E' urgente?"

"Purtroppo sì" sbuffò. "Grane dal Primo Ministro babbano" la informò. "Bene, Hermione. Sappi che, se volessi tornare, la tua scrivania giù all'Ufficio Misteri è ancora sgombra".

Hermione lo vide allontanarsi gesticolando e parlottando con l'altro mago e provò pena per la se stessa del passato, sempre intenta in quella vita frenetica da ufficio, presa da quel continuo via vai che tuttora poteva scorgere nei corridoi del Ministero. Tutto quello che sentì, fu sollievo.

Aveva fatto una scelta azzardata lasciando quel posto, ma rimettendovi piede non poteva fare a meno che rendersi conto di quanto fosse giusta.

Nell'ultimo anno la sua vita era radicalmente cambiata; all'interno dell'edificio rivedeva le false sicurezze a cui si era aggrappata per lungo tempo, pur di non lasciarsi andare nel vuoto, con il rischio di cadere.

Pensava tutto questo, Hermione, mentre aspettava lo strano ascensore ministeriale, pregando che non fosse troppo affollato.

Ne uscirono quattro maghi, tre streghe e un mucchio di Promemoria Interufficio che si sparpagliarono in giro. Hermione entrò e le porte si richiusero sferragliando. Dovette sorbirsi tutti i benedetti piani e la voce metallica le rimbombava nelle orecchie, annunciando il nome di ogni settore – come se Hermione non li conoscesse a menadito.

Si complimentò con se stessa per essere riuscita a non ridere all'ingresso di un mago con in braccio un vaso da notte che rideva a crepapelle.

"Ufficio per l'Utilizzo Improprio dei Manufatti Babbani?"

"Sì" mugugnò l'uomo, il volto tirato. Le lanciò un'occhiata invidiosa, probabilmente per il solo fatto che lei non stava portando nessun vaso da notte fra le braccia.

Quando finalmente Hermione scese da quell'aggeggio infernale, tirò un sospiro di sollievo, aggiungendo il lento e scomodo ascensore ai mille motivi per cui lavorare al Ministero non le sarebbe mancato.


"Granger?" la chiamò una voce maschile mentre attraversava l'atrio a passo svelto. Si voltò e scorse una chioma bionda che riconobbe come quella di Draco Malfoy.

"Come mai qui?" chiese, sorpreso.

"Potrei farti la stessa domanda" rispose Hermione.

"Suppongo di sì" concesse Draco, "sebbene non credo che otterresti la stessa risposta" affermò, criptico. Lei inarcò un sopracciglio, senza capire.

"Io sono stata a trovare..." iniziò.

"San Potter" concluse lui. "Come ho potuto non pensare a lui!" esclamò sarcastico.

Hermione sorvolò sul suo atteggiamento arrogante, perché gli occhi grigi di Draco le dicevano che qualcosa l'aveva turbato.

"Sì, ero da Harry" confermò. "Invece tu?"

"Decisamente no, non ero da Harry" parlò con tono sprezzante.

Hermione vide balenare una scintilla di odio nello sguardo del ragazzo e, per un attimo, le sembrò di essere tornata ad Hogwarts. Draco dovette accorgersene, perché parve leggermente a disagio e cambiò tono.

"E' stata una brutta giornata".

"Lo vedo" commentò lei, incrociando le braccia al petto e avviandosi ai camini; ma Draco le si affiancò, continuando a parlare.

"Sono passato a chiedere un foglio di permesso per una visita ad Azkaban".

Hermione si bloccò sul posto e voltò il capo verso di lui. Tentò in tutti i modi di nascondere la pena che provava in quel frangente per Malfoy, perché sapeva che non avrebbe tollerato di scorgere un sentimento del genere nei suoi occhi.

"Vai a trovare tuo padre?" domandò, il tono neutro.

"No" rispose secco, di nuovo lo sguardo cupo di poco prima.

Ecco a chi era riservato l'odio che Hermione vi aveva intravisto. Attese, ma sembrò che Draco non volesse aggiungere alcuna spiegazione supplementare a quel monosillabo.

"Io sto andando a casa" disse per cambiare argomento.

"Anche io, ho già sbrigato tutte le formalità e ho ottenuto il lasciapassare" disse sventolando un foglio con aria di ironico trionfo. Poi le porse il braccio ed Hermione lo afferrò senza tentennamenti.

"Vorrà dire che anticiperemo di un paio d'ore il nostro appuntamento. Ti dispiace?" disse; e sembrava tornato il brillante e spregiudicato ragazzo di sempre. Hermione scosse la testa.

"A proposito, che vorrebbe dire visitare casa Malfoy?" domandò. Per tutta risposta, Draco ghignò e – letteralmente – la spinse in uno dei camini, Smaterializzando entrambi.




Si trovarono fuori le scalette di una colorata casetta cittadina, in puro stile londinese. Hermione, ancora stretta al braccio di Malfoy, si guardò intorno sorpresa. Non credeva che tra tanti posti, Malfoy avrebbe scelto proprio quello.

Nel frattempo Draco, stufo di cercare le chiavi, coprì la scena con il mantello ed estrasse furtivamente la bacchetta, sotto lo sguardo severo di Hermione.

"Alohomora" mormorò. La porta – con un piccolo clic – li lasciò passare.

"Non dovresti usare la magia in luoghi ad alta concentrazione Babbana" lo redarguì. "E' rischioso".

Draco la ignorò, le fece cenno di togliersi il cappotto e di mettersi comoda in salotto, mentre lui accendeva il camino con un colpo di bacchetta. A sua volta si sedette su una poltrona vicina e si servì un bicchiere di Whiskey Incendiario.

"Per te?" chiese cortesemente.

"Acquaviola".

"Ligia come sempre" commentò, con uno sbuffo.

"No" rispose lei, punta sul vivo. "Semplicemente non bevo roba forte se sono a stomaco vuoto: è la prima regola se non voglio trovarmi a vomitare dopo cinque minuti dal primo sorso".

L'immagine evocativa fornita, unita all'espressione della Granger, aveva fatto risultare le sue argomentazioni convincenti. Così, a uno schifato Draco non restò che servirle un'Acquaviola.

"Per chi è il lasciapassare?" chiese quando ebbe vuotato il bicchiere. Lui roteò gli occhi, quasi spazientito da quella domanda scontata.

"Mia madre, ovviamente".

"E tu non ci vai".

"Esattamente" replicò.

"Posso sapere perché?"

"Me lo stai davvero chiedendo, Granger? Proprio tu?" e le scoccò un'occhiata eloquente, che riportò ambedue ad un preciso momento passato. Tacitamente, Draco aveva rievocato il medesimo ricordo in entrambi.

"Non è cambiato niente?"

"Io sono cambiato, il mondo è cambiato, ma non lui" sentenziò. "Lucius Malfoy è e sempre sarà il seguace di un folle, per giunta Mezzosangue, desideroso di purificare il nostro mondo dagli impuri..."*

"...come me" completò Hermione. Ormai la cantilena la sapeva a memoria. Dannazione a Voldemort, a Salazar Serpeverde, e a tutti i fissati del Sangue Puro!

"Non ricordi ciò che ti dissi al settimo anno?" chiese lui.

"Mi stai dicendo che è da allora che non gli parli più?"






"Granger" una voce ben nota la bloccò in un corridoio al secondo piano, che Hermione stava percorrendo insieme a Ginny.

"Malfoy!"

"Furetto, lieta di vederti!" ringhiò Ginny.

"Tuo fratello è sempre il nostro re!" fece lui, innocentemente. "Anche se lui e il tuo fidanzatino vi hanno praticamente abbandonate tra i cattivi..."

Ginny ringhiò, ma Hermione l'ammonì con lo sguardo. La rossa non poteva esserne a conoscenza, ma i rapporti tra lei e Draco erano sensibilmente migliorati, per così dire.

Se con gli altri del suo gruppo si comportava quasi normalmente, le prese in giro nei suoi confronti erano – con enorme stupore di Neville, Seamus, Ginny e Luna – completamente cessate.

Si erano baciati qualche giorno prima, e la cosa aveva scosso parecchio entrambi. Hermione era scappata di corsa dall'aula in cui si era svolto il 'misfatto' e poi si erano sempre evitati, quasi di tacito accordo.

"Penso sia con me che vuole parlare" la infomò. Ginny borbottò qualche insulto, lo guardò un paio di volte in cagnesco, e poi si allontanò cianciando contro il fatto che certa gente fosse ancora a piede libero. Nessuno dei due fiatò per un pezzo. Hermione si aspettava che fosse Malfoy ad introdurre il discorso, ma lui sembrava aver perso l'uso della parola. Così Hermione decise di prendere in mano la situazione.

"Sei qui per parlare di quello che è successo l'altro giorno?" chiese, dritta al sodo.

In effetti, Draco, ancora stupito da quel bacio, era lì proprio per confrontarsi con lei. Non sapeva come prendere l'accaduto, ma sapeva di non volerlo ignorare.

"Granger, io..."

Ma la frase fu interrotta dall' improvviso frullio d'ali. Un barbagianni grigio, che Hermione riconobbe come quello di Malfoy, andò ad appollaiarsi sulla spalla del ragazzo.

Questi srotolò la pergamena legata al collo dell'animale e la scorse velocemente. Hermione tentennò un poco, ma poi si decise ad avvicinarsi. Il colorito pallido e il tremito delle mani le fecero pensare subito che il Serpeverde avesse ricevuto una lettera non delle più piacevoli. Pensò di lasciarlo solo, ma poi cambiò idea.

Del resto, era stato lui ad cercarla; poi si era avvalso delle sue cure quando si era ferito all'avambraccio sinistro, nel folle tentativo di strappare via la sua colpa. A lei aveva chiesto insegnami; e lei gli avrebbe insegnato altri modi di vivere che non comprendessero ira cieca, odio, violenza e presunta superiorità. Aveva tutta l'intenzione di tentare, perlomeno.

Arrivò a sfiorargli il braccio e lui, al contrario di ciò che Hermione paventava, non si ritrasse. Anzi, le si fece più vicino e, in un gesto stremato, le porse la lettera. All'inizio Hermione non comprese; tutta quella fiducia in un sol colpo, era troppo anche per lei. Poi vide la busta con l'intestazione del Ministero della Magia: voleva che la leggesse per lui.

Non aveva il coraggio di farlo, probabilmente. Temeva di trovarvi cattive notizie sul padre, Lucius Malfoy.

"Draco, sta' calmo". Si ritrovò a sostenere la lettera con la mano sinistra per leggerla, mentre con la destra dava lievi carezze sulla spalla di Malfoy.

"Non sono cattive notizie" gli comunicò; e il cuore di Draco prese a battere più forte. "Non verrà Baciato dai Dissennatori, tanto per cominciare. Pare che nel giro di un annetto o due quelle creature saranno allontanate dal Ministero".

"E poi?" chiese lui, intuendo che non era tutto.

"C'è una postilla di tua madre, ma forse è meglio se..."

"Leggi tu, io non ce la faccio. Finora ho bruciato tutte le sue lettere, perché parlavano di mio padre. Ma questa dovevo leggerla, perché – capisci - porta il sigillo del Ministero".

Hermione pensò che in quel momento Malfoy era persino più vulnerabile di quanto l'avesse visto Harry mentre piangeva nel bagno dei Prefetti, l'anno prima.

C'era una enorme fragilità emotiva nel modo in cui le stingeva il polso, quasi per aggrapparsi a lei. L'unica in grado di redimerlo.

"Dice che ha ottenuto due lasciapassare per Azkaban e che andrete a trovarlo..."

"Andrà" la interruppe. Lo vide irrigidire le spalle e serrare la mascella.

Non la stava guardando. Non stava neppure parlando con lei – più che altro rifletteva ad alta voce.

"Come?" chiese, certa di aver capito male.

"Io non andrò in visita da mio padre" sentenziò. "Mi ha causato solo danni; si merita di stare lì dov'è e non voglio andare a trovarlo. Passerà la vita ad Azkaban? Dieci e lode! Se l'è cercata, me la sono cercata anch'io! Mi sono fatto convincere, come il codardo che sono..."








Hermione riemerse all'unisono dallo stesso ricordo in cui era sprofondato Malfoy.

"Ti ricordi?" le chiese.

"Tu non..."

Lui stroncò la sua frase sul nascere.

"Io cosa? Non sono sempre stato un vigliacco?" pose la domanda in maniera retorica, poiché la risposta era scontata. "Nemmeno tu, con tutta la tua bontà Grifondoro, lo puoi negare".

La strega tacque, non sapendo cosa rispondere per evitare di ferirlo e allo stesso tempo di mentirgli.

"Non sempre" gli disse, incoraggiante.

"Ah no?" fece una risata gutturale, cupa. "Fammi un esempio che provi il contrario".

Hermione sospirò pesantemente, decisa a sollevarlo da quel momento di tristezza e sperando che decidesse di confidarle le proprie preoccupazioni, come aveva fatto in passato, quando ancora non erano altro che due vecchi nemici ormai privi di motivi per odiarsi. Scavò nella propria memoria.

"Beh, quando siamo arrivati a Malfoy Manor tu avresti potuto farci uccidere sul momento. La mia fattura pungente su Harry non ti ha ingannato neppure per un attimo. Sapevi chi era lui, eppure non l'hai rivelato. Inoltre, quando ti hanno chiesto chi eravamo io e Ron, hai risposto 'non lo so, può darsi' e noi eravamo perfettamente riconoscibili. Tua zia si sarebbe potuta arrabbiare parecchio..."

"Lei non mi avrebbe mai toccato".

"Suppongo di no, visti i vostri legami familiari". Draco la fissò e scosse la testa.

"Supponi male, Granger" rispose, l'espressione indurita. "Non l'avrebbe fatto solo per via di mia madre, glielo avrebbe impedito".

In effetti, si disse Hermione, non era certo la donna che si faceva prendere dall'affetto per il nipotino, la cara Bellatrix.

"E comunque hai proprio sbagliato esempio" continuò Draco, versandosi altro Whiskey. "Come ti dissi anni fa, quel giorno mi sono vergognato di me stesso. Sono rimasto a guardare mentre ti torturavano, solo per..."

"Per paura, lo so" concluse Hermione, pur sapendo che lui avrebbe usato la parola viltà. Fu proprio per risparmiargli la pena che decise di edulcorare la frase.

Draco sembrò sul punto di voler ribattere, ma poi la sua espressione contratta si sciolse in un lieve sorriso.

"Sono vile come lui" riprese. "Non capisco perché non mi consideri degno della sua stima, visto che siamo uguali".

"Non è vero".

"Oh, sì invece! Se penso a quanto, da bambino, tenessi alla sua approvazione!" sospirò, una certa nostalgia nello sguardo – quasi di rimpianto per la spensieratezza dell'infanzia. "Non mi hanno fatto mancare niente. Ho sempre avuto tutto. Per quanto possibile, credo che mio padre mi amasse. Però non posso perdonargli gli ideali con cui mi ha cresciuto".

"Ma sei riuscito a levarteli di dosso, e l'hai fatto da solo".

"E questo?" sibilò in un tono basso che le mise i brividi, sollevandosi la manica del maglione. Hermione avrebbe preferito sentirlo gridare.

Posò lo sguardo sul Marchio Nero che ancora, dopo anni, era lì inciso. Più sfocato di come l'aveva visto al loro ultimo anno di scuola, ma pur sempre presente. Appariva grigio, morto, proprio come Voldemort.

"Questo non potrò mai cancellarlo" berciò alzandosi in piedi. "E non posso perdonarglielo. Sono stato un vigliacco, certo, ma avevo sedici anni. So che alla stessa età tu stavi aiutando San Potter a sconfiggere il Male, anziché alimentarlo come me..." la frase restò in sospeso e Draco si lasciò cadere sul divano.

Hermione realizzò quanto per davvero chiedere quel lasciapassare avesse risvegliato i fantasmi dell'uomo che aveva di fronte.

"Draco" disse dolcemente, "tu hai sbagliato e l'hai capito".

"Però non ho pagato" sibilò, come se stesse sputando del veleno ingerito per errore. "Dovrei essere il compagno di cella di Lucius Malfoy".

"L'hai detto tu stesso: eri un ragazzo, lui era un uomo. Poteva scegliere, anche se sarebbe stato rischioso".

"Anche io avrei potuto".

"Sì, certo. Però tu credevi di agire per il bene della tua famiglia; e quando si è trattato di fare del male, di uccidere Silente, tu hai abbassato la bacchetta. Harry stesso ti ha visto farlo".

Draco si passò stancamente una mano sugli occhi, colpito dal pensiero che la patetica scena sulla Torre di Astronomia si fosse svolta sotto quelli di San Potter.

Si alzò dal divano e si appoggiò contro il caminetto. Hermione rilasciò un sospiro nel vederlo più tranquillo.

"Sai? Sembra incredibile, ma lo ama. Non va a trovarlo per mantenere le apparenze; vuole proprio vederlo" dichiarò, tornando a parlare di Narcissa.

Il pensiero di Lucius che si faceva amare da qualcuno diede ad Hermione il voltastomaco, ma, del resto, immaginava che da quell'uomo gli altri Purosangue non venissero trattati come venivano trattati i Sanguemarcio – ovvero come formiche da schiacciare prima che prolifichino e invadano la casa.

I Nati Babbani, dal punto di vista di uno come Malfoy, volevano impadronirsi del Mondo Magico e insozzarlo con il loro sangue. Secondo Hermione, invece, il ricambio di sangue era una cosa importante – vista la concentrazione di squilibri mentali nella famiglia Black, dove tutti si sposavano tra parenti.

Questione di punti di vista, suppongo.

"Da quanto non lo vedi?" gli chiese poi.

"Da dopo i processi ai Mangiamorte" disse, atono. "So che è orribile, ma mio padre rappresenta la parte peggiore di me" dichiarò rilasciando un sospiro, come se ogni parola avesse un peso specifico. "Per questo non vado; ho paura che riesca a tirarla fuori di nuovo".

"Immaginavo l'avresti detto" fece lei. "Non mi importa tanto del rapporto con tuo padre. Solo... fa' pace con te stesso, per tutto".

Malfoy tacque, perfettamente consapevole del significato delle parole di Hermione; e poi abbozzò un sorriso.

"Allora" fece lei cambiando argomento, "dove siamo?"

"È qui che passo la maggior parte del tempo, non al Manor".

"Vivi nella Londra Babbana?" Hermione spalancò gli occhi per la sorpresa.

"E' un posto in cui a mia madre non verrebbe voglia di infastidirmi". Hermione rise di gusto al pensiero di Malfoy che viveva nel pieno centro di una Londra Babbana fino al midollo. Si prese un secondo per osservare gli spazi attorno a sè.

Il salone era ampio e arredato con gusto. Nè pieno di anticaglie, nè troppo moderno. La cucina era piccola ma accogliente, le mattonelle in cotto e il tavolo in legno le davano un aspetto raccolto.

Al piano di sopra c'era sicuramente la zona notte; ma Hermione notò che c'erano anche delle scale che conducevano a un piano inferiore.

"Verso dove si scende?" domandò aggrottando la fronte, incuriosita.

"Oh, ti piacerà" disse guidandola per le scale, in fondo alle quali stava una porta che si apriva su uno stanzone buio. Draco le fece strada e accese le luci.

"Benvenuta nel mio mondo" disse con un sorrisetto.

Hermione si guardò intorno, stupita nel constatare che quella stanza era niente meno che un laboratorio da pozionista. Evidentemente Draco si dilettava ancora nel mischiare intrugli, perché Hermione era conscia che non aveva bisogno di lavorare.

"E' fantastico!" disse, scorrendo con gli occhi attraverso calderoni, ampolle e ampolline poggiate su scaffalature di legno ai quattro angoli della stanza.

Al centro c'era un grande piano da lavoro, sul quale troneggiava un calderone in peltro misura standard, come quelli che usavano a scuola.

Chissà perché, da lui si sarebbe aspettata un calderone in oro massiccio, e invece no. Un semplice, banale e dozzinale calderone in peltro.

"Lo so, Granger" disse guardandosi in giro, soddisfatto. "Del resto, il tempo devo pure ammazzarlo in qualche modo".

Hermione rise e si mise a curiosare tra le varie pozioni. In un primo momento, la sua attenzione fu attratta da quella che riconobbe come Pozione Invecchiante – nella sua mente balenò l'esilarante scena del quarto anno, quando Fred e George avevano tentato di passare la Linea dell'Età tracciata da Silente intorno al Calice di Fuoco*. Il sorriso si spense quando si rese conto che, ancora una volta, Fred era entrato di soppiatto nei suoi pensieri.

Scosse la testa per scacciarlo via, e gli occhi si posarono su una boccetta piena di una pozione color rubino. Ad un attento esame, Hermione non poteva non riconoscerla.

"Questa è..."

"Amortentia, sì" rispose lui. "La pozione più pericolosa in questa stanza*" disse avvicinandosi e stappando l'ampolla. Trasse un respiro e l'annusò, inspirando gli odori fino in fondo.

"Cosa senti?" non si trattenne dal domandargli.

Draco la guardò con una scintilla di malizia negli occhi. Hermione pensò che non gli avrebbe risposto per lasciarla con la curiosità; ma era in errore.

"Carta da lettere... un sentore di cacao, credo, e Lozione Arricciariccio al cocco" concluse, sorprendendola. "E tu?"

Hermione si ritrasse, indecisa se annusare quella pericolosa pozione oppure no. Non era sicura di voler conoscere gli odori che la attraevano. Per qualche ragione era certa che la cosa le avrebbe causato una maggiore confusione mentale.

Malfoy si avvicinò ancora un po' con l'ampolla in mano e lo sguardo malizioso, ed Hermione, benché reticente, chiuse gli occhi, lasciando infine che i vari profumi le invadessero le narici. Quando li ebbe riaperti, Draco tornò all'attacco.

"Allora, cosa senti nella tua Amortentia?" chiese, nascondendo la curiosità dietro un tono provocatorio.

"Non te lo dico".

"Andiamo! Cosa attrae Hermione Granger?"








NOTE AL CAPITOLO


1)Rosso Rubino è il titolo di una puntata della seconda serie The Mentalist, quindi è un omaggio allo splendido uomo del mio Avatar (ovvero Patrick Jane). E nel capitolo si riferisce, ovviamente, al colore rosso dell'Amortentia.

2)Questa frase si trova nel libro Northanger Abbey della incommensurabile Jane Austen; non so il capitolo, perché la Austen di solito la cito a memoria (anche nelle frasi più banali come questa) e di certo non andrò a cercare dove si trova. L'unica cosa è che al posto di sabato, il giorno era mercoledì, mi pare.

3)La scena del libro in cui Scrimgeur apre il testamento e a Ron va il Deluminatore, a Harry il Boccino della sua prima partita a Quiddich e a Hermione la copia di Silente delle Fiabe di Beda.

4)Parole prese alla lettera dalla profezia che Sibilla Cooman formulò a proposito di Voldemort e Harry.

5)Tutti sapete che i Weasley abitano alla Tana, ma magari alcuni non ricordano il paese vicino al quale si trova la casa, ossia Ottery St. Catchpole.

6)E' il primo discorso tra Hermione, Ron e Harry nel libro 'Harry Potter e la Pietra Filosofale'.

7)Le note di Silente alle Fiabe di Beda il Bardo si trovano a seguito di ognuna delle storie nel libro, e secondo me sono fantastiche.

8)Da un'intervista rilasciata dalla Rowling, si sa che i Malfoy non hanno subito particolari conseguenze dalla Seconda Guerra Magica, o perlomeno non sono finiti in prigione. Anche grazie alla testimonianza di Harry sul fatto che Narcissa ha mentito per coprirlo. Ecco, io ho preferito mettere in galera Lucius; semplicemente perché questa è la mia storia e mi serviva così.

9)In Harry Potter e il Calice di Fuoco, Silente traccia la linea dell'età intorno al calice, per impedire che maghi al di sotto dei diciassette anni si iscrivano al Torneo Tremaghi. Ovviamente i gemelli ci provano e, altrettanto ovviamente, falliscono.

10)Sono parole che Lumacorno dice nel film Il principe Mezzosangue a proposito di questa pozione, che può indurre, se non l'amore, una potente infatuazione.






SPAZIO AUTRICE



So che probabilmente mi riterrete crudele per il modo in cui ho concluso il capitolo. Vi dico ora che neppure al prossimo saprete se Hermione ha risposto a Draco, nè cosa sente nell'Amortentia. Potrebbe aver capito qualcosa, come no. Potrebbe aver sentito odori che le ricordano Fred, o che le ricordano Draco. O magari entrambi. Chi lo sa, a parte me e Hermione. Ormai sapete che amo i flash-back, prima o poi colmerò questa lacuna, tranquilli.

Intanto sapete cosa sente lui, avete visto la casa (che mi servirà poi). In molte situazioni io getto le basi per sviluppi futuri che – spero – vi sorprenderanno. L'ho totalmente stravolto questo capitolo (in uno dei momenti folli in cui straccerei tutto quello che scrivo) e vorrei sapere se n'è valsa la pena o meno. Infine... Grazie alle 100 persone che hanno aggiunto questa storia tra le liste, ma soprattutto a coloro che spendono un po' del loro tempo e recensiscono <3

Il vostro parere, qualunque esso sia, può aiutarmi a capire se sto andando nella giusta direzione. E' vero che ciò che scrivo deve incontrare il mio gusto, ma anche il vostro. Quindi è un grazie a chi recensisce e un invito a chi è pigro come io lo ero qualche anno fa ;)

Un bacione gente!





p.s. La_Marta io te lo dico: abituati agli annunci di matrimoni e fattene una ragione, perché ce ne saranno un po'. Non venirmi a scocciare, if you know what I mean <3






















  
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