“Buongiorno
apprendisti giuristi, io sono il dottor Dante Palermo e da oggi
sostituirò il
professor Lupo nelle lezioni. Come potete facilmente notare dal mio
spiccato
accento siculo, nomen omen.
Mi
rendo conto che a volte il mio Maestro sia particolarmente criptico
e…
intransigente, ma dovete sempre tener a mente che poter sostenere
l’esame con
lui, è per voi una grande fortuna. Non avete ancora gli
strumenti per capirne l’importanza,
ma il Professore è uno dei massimi esponenti della dottrina
civilistica in
Italia al momento. Se vorrete vi raccomanderò qualche suo
scritto, non è mai
troppo presto per formarsi come giuristi di un certo livello.
Il
diritto privato è una materia estremamente complessa e
variegata, vi potrà
apparire come un labirinto senza uscita. Non vi nego che questa prova,
la prima
che vi troverete ad affrontare da quando vi siete iscritti,
decreterà la vostra
attitudine o meno alle materie giuridiche. Troppo spesso si pensa che
giurisprudenza sia una facoltà usufruibile da tutti,
purtroppo così ed è ferma
convinzione di questa cattedra operare un discernimento tra coloro che
sono in
grado di proseguire e coloro che o per mancanza di impegno o di
volontà non
sono adatti alla carriera forense.
La
nota quanto temuta rigidità della nostra commissione,
tuttavia, è bilanciata da
una grande disponibilità nei vostri riguardi, per cui
durante tutto il semestre
e finanche in sessione, avrete a disposizione molti dottorandi e
dottori di
ricerca nelle aule di ricevimento al primo piano di questo edificio.
Fatte
le opportune premesse, è bene iniziare questo percorso
insieme. Tratterò oggi
del rapporto giuridico….”
Lo
guardavo attentamente, come del resto l’intera
aula prima di me. Il famoso Dante Palermo, me ne aveva parlato Emanuele
giusto
qualche giorno prima. Era schifosamente sicuro di sé, si
vedeva dalla posa: con
la schiena dritta, il petto ben esposto e le braccia elegantemente
poggiate
sulla cattedra. Non abbassava mai lo sguardo, ma lo faceva vagare per i
banchi
anche se non riuscivo a comprendere se lo facesse per questioni di
giustizia o
di equità o piuttosto per farsi notare. Sì,
perché quel suo sorriso bianco e
quegli occhi nocciola sembrano voler attirare violentemente
l’attenzione su
quel ragazzo in carriera che aveva appena cominciato la lezione.
Passarono
diversi minuti e dovetti
ammetterlo: era spaventosamente bravo. Fino a ieri ero convinta che il
diritto
privato fosse una materia oscura e particolarmente ostica, invece lui,
a
dispetto delle raccomandazioni che ci aveva fornito poco prima,
sembrava
rendere cristallino e banale qualsiasi concetto. Non c’era
nulla che non stavo
capendo fin dal principio e nessuno nell’aula, maschio o
femmina, era distratto
durante quella prima lezione. Tutti chini a scrivere appunti o a
sfogliare il
codice.
Ero
inquieta, pervasa da una strana
sensazione. Euforia forse? E per cosa? Per la materia? Per la serata
che avrei
passato con gli amici? O per lui? Era una bel ragazzo,
d’accordo. Ma il mondo è
pieno di bei ragazzi.. Andiamo Eleonora,
guardati intorno! Tutte stravedono per questo tizio affabile e pieno di
sé. Non
cadere nel clichè! Cercai di non ascoltare troppo
i miei pensieri rumorosi
e riuscii finalmente a seguire la mia prima lezione sensata di diritto
privato.
Prima
che me ne accorsi, Marco, vicino a me,
stava raccogliendo le sue cose per lasciare l’aula. Io ero
ancora intenta a fissare
i concetti che il dottor Palermo ci aveva spiegato, per dare un ordine
anche a
quelle parole del professor Lupo che a me erano apparse sconclusionate.
Alzai
lo sguardo verso di lui, sorrideva a un paio di ragazze più
grandi che gli si
erano avvicinate, mentre altrettante matricole cercavano di ottenere la
sua
attenzione per porgergli delle domande. Forse qualcosa non era
risultato chiaro,
o forse non era alla materia che erano interessate. Decisi che non
fosse un mio
problema.
“Ele,
noi andiamo a prendere un caffè. Tu che fai?”
mi chiese Stefania, una delle
ragazze del gruppo che si era formato nei primi mesi.
“Arrivo
subito, fammi finire qui e vi raggiungo”
“Ma che
stai facendo?” intervenne Peppe, un ragazzo
sufficientemente religioso
quanto isterico e vanitoso.
“Ho
delle idee che mi sono venute in mente che vorrei fissare prima di
perdere quel
barlume di speranza che mi ha illuminato”. Marco
rise e si incamminò verso
l’uscita dell’aula insieme ad altri due colleghi.
Dunque,
se il rapporto giuridico può basarsi tanto su un contratto
quanto su un atto
illecito, dov’è la differenza? Perché
esistono due tipologie di responsabilità?
Cos’è che aveva accennato il professor Lupo?
… La relazione privilegiata! Ma
certo, nel primo caso vi è un rapporto preesistente che non
c’è nell’ipotesi in
cui uno passa e mi sfascia la macchina a sfregio! Chiaro!
Mi
appuntai queste ultime cose e chiusi il
quaderno, mettendolo in borsa. L’aula si era svuotata, tranne
il gruppetto del
dottor Palermo, la cui voce riecheggiava, rimasto sull’uscio
della porta d’ingresso.
Controllai che non ci fossero altre uscite, non avevo veramente voglia
di
passargli accanto, anche se non ne sapevo il motivo ma qualcosa mi
stava
rendendo particolarmente nervosa. Purtroppo quell’edificio,
seppur
affascinante, aveva delle grosse mancanze.
Espirai
profondamente e mi decisi a raggiungere
gli altri. Lui stava dando le spalle all’aula, nel suo
completo blu e i capelli
neri perfettamente curati: avrei dovuto interromperlo perché
tanto nessuna
delle sue interlocutrici avrebbe fatto caso a me.
“Permesso…”,
chiesi con un filo di voce che non era veramente da me.
Si
girò e incontrai i suoi occhi color
nocciola. Lui mi guardò fissa con uno sguardo tra il
divertito e l’indagatore e
con un sorriso si spostò per farmi passare. Mentre un forte
profumo di colonia
mi invase, lui disse con tono molto più basso rispetto a
quello usato fino a
pochi secondi fa:
“Prego,
studentessa raccomandata” e vi aggiunse una
risatina.
Ero
sufficientemente confusa ma non lo
guardai e andai dritta per la mia strada. Dopo qualche passo,
finalmente
ricollegai tutto. Mi girai di scatto, con la bocca leggermente
dischiusa per la
sorpresa di aver ritrovato quel nocciola e quel caldo sorriso a
distanza di
mesi: era il ragazzo del convegno a cui avevo assistito per seguire il
professor Testa.
Lui
era ancora lì, mentre con le braccia
incrociate tratteneva gli appunti della lezione appena svolta. E mi
stava
esaminando. Gli parlavano intorno ma lui stava vedendo solo me, quando
comprese
il mio collegamento, fece un’espressione che non avrei
più dimenticato perché per
la prima volta mi disse qualcosa senza proferire parola.
“Ora
hai capito, ce ne hai messo di tempo”.
Non
aggiunsi altro a quel dialogo muto, mi
girai e me ne andai da quell’edificio che sarebbe diventato
per me inferno e
paradiso.
***
*** ***
I
mesi passarono veloci tra ammonimenti in
aula, e discussioni vivaci ai tavoli del bar della facoltà.
Ricordo
che stava sbocciando una bellissima
primavera quell’anno, il cielo era spesso terzo e
l’aula nel vecchio edificio
dove si tenevano le lezioni aveva delle grosse finestre e una porta che
davano
sul retro, ove si trovava un piccolo cortile interno. Se ci si sedeva
ai
banchi, in completo silenzio, era possibile ascoltare il canto degli
uccellini
e il suono della vita che tornava a risvegliarsi e forse anche qualcosa
in me
sembrava essere cambiato.
Ero
sempre stata piuttosto empatica con la
natura, ma in quel periodo riuscivo ad apprezzare particolarmente
quell’ambiente
bucolico che spesso ci permetteva di conversare all’ombra di
grandi pini o
magnolie. Un piccolo angolo di tranquillità che non aveva
nulla a che spartire
con il resto della convulsa e confusionaria facoltà di
giurisprudenza: in quei
mesi vedevamo le giornate allungarsi sopra le nostre teste, mentre si
cercava
di sviscerare l’enorme tomo che avrebbe fatto da protagonista
alla nostra
prossima estate.
La
classe era euforica, sebbene ognuno avesse
un motivo diverso. Ammetto che tutte quelle chiacchiere sul dottor
Palermo
iniziavano a infastidirmi, sembrava un dio greco sceso sulla terra. A
ben
vedere era sì un cucciolo d’uomo interessante e
sicuramente degno di
attenzioni, ma non si trattava certo di una bellezza leggendaria e
tutto il
chiacchiericcio attorno a lui era drammaticamente proporzionale allo
scarso
impegno delle studentesse che si presentavano al suo ricevimento.
La
prima volta che mi trovai a passare per il
primo piano dove il dottor Palermo riceveva, mi sorpresa la fila delle
ragazze
in attesa. Sì, erano solo ragazze che più che ad
un ricevimento universitario
sembrava si preparassero per il provino a Miss Italia.
Ero
frustrata e per una qualche ragione che
al tempo non realizzai, il protagonista di cotanto interesse
iniziò a non
starmi simpatico, anzi sarebbe più corretto dire che la mia
iniziale curiosità
nei suoi confronti si trasformò ben presto in una spiccata
insofferenza nei
suoi riguardi. Più lo guardavo e più mi
innervosivo: lui se ne stava lì, serafico,
a tenere la sua lezione e a guardarci in quel modo determinato e
penetrante,
parlando del diritto privato come se ci stesse raccontando della sua
amante. L’amore
che quel ragazzo provava per la materia era tangibile, i suoi occhi si
illuminavano quando riscontrava in noi la conferma di aver compreso i
suoi
ragionamenti e poi aveva questa capacità sconvolgente di
trasformare il metallo
grezzo in oro: ci rendeva cristallino anche l’argomento
più complesso.
Lo
guardavo e pensavo che fosse bellissimo.
Non bellissimo come un modello in una rivista o in un cartellone
pubblicitario,
lui aveva quella bellezza tipica di chi ha la fortuna di fare
ciò che ama. Se
ne dicono tante sull’università e sul suo
meccanismo, ma non avrei mai pensato
ad un altro posto per il dottor Palermo. La sua sicurezza, la sua
determinazione,
la sua preparazione e la sua immensa disponibilità ci
trasmettevano la voglia
di fare, di andare avanti: in una parola, di migliorare.
E
io lo detestavo, più lui sorrideva e
rispondeva alle nostre domande, più qualcosa in me mi
rendeva dispotica e mal
posta. A mio discapito, tengo a precisare fin da ora, che la compagnia
che mi
scelsi non brillava per intelligenza e originalità, come
avrei dovuto capire
fin da subito.
“Ieri
me ne stavo al cinema, avete presente quello sul raccordo, no? Beh
parlavo del
corso con Lucrezia, e stavo appunto dicendo quanto fosse figo il dottor
Palermo
e ..beh, non ci crederete, me lo sono ritrovato dietro! Mi ha sorriso e
ringraziato e mi ha detto che ci saremmo visti a lezione! Che
figuraccia!!”,
detto ciò la scopetta parlante scoppiò a ridere,
coinvolgendo gli altri
interlocutori.
Sono
sempre stata una razionalista, dunque,
analizziamo i dati. Una sottospecie di modella, di quelle che si fanno
fare i
book da amici fotografi semi professionisti e che ahimè si
credono anche belle,
avrebbe incontrato il dottor Palermo ad un cinema notoriamente
frequentato da
ragazzi universitari e si sarebbe ricordato di lei? Ah beh, il
vestiario non
lasciava sicuramente spazio all’immaginazione, il che
potrebbe risultare
interessante se non fosse stato che si presentava grosso modo come una
divisa
condivisa dalla stragrande maggioranza delle ragazze in aula, alla
ricerca
spasmodica di attenzioni. Il trucco, tutt’altro che velato,
raccontava una
storia bel diversa dal comportamento diligente e rispettoso mostrato a
lezione.
Mi
convinsi che fosse una storia inventata di
sana pianta e non gli diedi troppo peso, anche perché a
proposito di peso, ero
convinta che con una folata di vento più forte mi sarei
sbarazzata di quest’oca
parlante di 40 chili appena.
Se
non fosse che dopo pochi minuti, si
affacciò il tanto chiacchierato dottor Palermo, il quale
incamminandosi verso l’ingresso
dell’aula si rivolse direttamente al gruppo:
“Buongiorno,
spero che vi siate divertite nel week end perché avremo una
settimana molto
impegnativa. L’esame si sta avvicinando!”,
neanche a dirlo fu subito preso
d’assalto e io rimasi in disparte a guardare la scena:
suppongo che non mi
sarei dovuta stupire quando l’oca starnazzante
poggiò involontariamente la sua
mano sul braccio del dottor Palermo, il quale però con un
cordiale sorriso si
rivolse verso di lei, dandomi le spalle.
Perché?
Perché tutte su di lui? Cos’ha di così
speciale?? Sì va bene, è carino e poi?
È
bravo. Ok e poi? Non capiscono che più fanno
così, più alimentano il suo ego?!
Guardalo come fa il gallo!
Mentre
dentro in me ero preda di un attacco
di cattiveria gratuita, il dottor Palermo mi guardò, mentre
un branco di
ragazze eccitate scodinzolavano intorno a lui.
Quello
sguardo fu la goccia che fece
traboccare il vaso, lo presi come una sfida e quel giorno decisi non
solo di
saltare la lezione, ma decisi che sarei diventata una giurista migliore
di lui,
così da non sentirmi più così piccola
e distante.
Seppi
solo molto tempo dopo la risposta che
il dottor Palermo diede alla mia collega quel giorno.
“È
importante sapersi distendere nel tempo dedicato al riposo, ma
è altrettanto
fondamentale capire quando tornare al proprio posto.”
***
*** ****
Angolo
dell’autrice:
Mi spiace moltissimo per il ritardo, so che
avevo promesso ad alcune di voi di aggiornare presto, ma per chi
è del settore,
dovrebbe essere noto che a dicembre per noi giuristi si è
tenuta una prova
importante. Per cui, incrociando le dita, iniziamo questo nuovo anno,
andando
avanti nel racconto.
Ammetto
che ci tengo particolarmente perché ho in
mente da molto tempo di raccontare questa storia, e sono contenta che
ci sia
qualcuno disposto a leggerla. Grazie mille, a tutte voi.
Accetterò
qualsiasi commento, ma vi prego di
lasciarne perché solo così si può
crescere. Non vi dico che vi accontenterò, ma
spero di poter creare una valido dialogo con voi lettori.
Un
ringraziamento speciale a siuri1,
fedele e corretta lettrice, nonché ottima scrittrice e ad
angyblu per le splendide parole di incoraggiamento. Trovo che non ci
sia niente
di più bello che sentirsi dire “come lettrice mi
hai conquistato fin da subito”.
In
realtà avevo ancora qualcosa da aggiungere, ma
non era finito e ho deciso di rimandare e pubblicare questa parte
intanto!
Spero vi sia piaciuta.
Alla
prossima e buon anno!
Soc.