Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Arabella1897    12/01/2016    3 recensioni
Il gelo le colpì il cuore, ghiacciandolo e rendendolo arido. All'esterno la temperatura del suo corpo crebbe, rendendola tiepida, umana... Fu così che i suoi poteri scomparvero, lasciandola inerme in un mondo crudele.
Helsa
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna, Elsa, Hans, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti! Come state? Inizialmente avevo pensato di postare questo capitolo venerdì, ma siccome era concluso mi dispiaceva fargli fare la muffa. Ho deciso di regalarvelo in anticipo. Spero vi piaccia!
Volevo ringraziare per le belle recensioni ricevute ^^
Ci vediamo alla fine! Buona lettura :)
 

Monster

Ever I since I could remember,
Everything inside of me,
Just wanted to fit in.
I was never one for pretenders,
Everything I tried to be,
Just wouldn’t settle in.
If I told you what I was,
Would you turn back on me?
Even if I seem dangerous,
Would you be scared?



All’alba la regina partì su una carrozza, un paio di bauli per contenere le sue cose. Portò con sé il desiderio di ritrovare sé stessa e per fare ciò doveva cominciare affrontando colui che aveva tentato di ucciderla. Ogni volta che il suo pensiero si rivolgeva ad Hans, la rabbia cominciava a ribollirle nell’animo, provocandole problemi di controllo. In quegli ultimi mesi e con il passare del tempo qualsiasi desiderio di vendetta era sparito ed Elsa aveva scacciato dai suoi ricordi il volto del principe. Ora voleva ricordare, voleva vederlo in faccia, voleva riempirsi il cuore di rabbia e di desiderio di vendetta, perché solo così sapeva che forse i suoi poteri sarebbero tornati a galla.
Ironia della sorte, sapeva di aver bisogno del suo peggior nemico, aveva bisogno dell’aiuto di Hans.
Sua sorella non aveva preso bene quel suo viaggio. Aveva affermato che non necessitavano di commerciare con le Isole del Sud, anzi che non voleva proprio averci a che fare. Elsa non le aveva detto tutta la verità, non le interessava ristabilire tratte commerciali con quel regno, le interessava poter sfogare la propria ira nei confronti del tredicesimo figlio del re. Terribile da pensare, non è vero? Eppure era la sua ultima speranza, ormai l’apatia nei confronti di tutti l’aveva colpita e se l’amore serviva per dissolvere la magia da lei creata, perché non cercare nell’odio e nella rabbia il pretesto per ritrovarla? Non sapeva a cosa l’avrebbe condotta ciò che aveva in mente, sapeva solamente che doveva provarci e che da comune umana, quale aveva voluto essere per anni, non voleva vivere. Contraddittoria come cosa, ma si sa chiunque desidera ciò che non può avere ed ora che ella non possedeva più i suoi poteri non desiderava altro che riaverli indietro.
Ci volle un’intera giornata di viaggio prima di giungere a destinazione.
Elsa venne accolta con calore e circondata ben presto da quattordici componenti della famiglia reale, ne mancava solo uno all’appello: Hans. Il re con cordialità la rassicurò affermando che il ragazzo si trovava in condizioni di prigionia nelle sue stanze, isolato da tutti, pur mantenendo un minimo di dignità umana che si confaceva ad un principe. Chiese persino ad Elsa se desiderava che venisse trasferito altrove durante tutta la sua permanenza nel regno. Ella declinò con un sorriso, affermando che non ce ne sarebbe stato bisogno, ma che anzi avrebbe desiderato vederlo per ricevere le sue scuse.
Il decimo figlio della coppia reale, il quale doveva chiamarsi Fen, l’accompagnò in giro per il castello, mostrandole l’enorme fortezza, giungendo infine nell’ala più isolata di quella dimora, ove era costretto alla “reclusione” il tredicesimo principe.
- E qui è dove si trova Hans, vostra maestà. -
Non affibbiò alcun appellativo negativo al fratello, ma bastò udire il tono di voce e l’espressione dipinta sulla faccia del decimo per comprendere che provava disgusto e persino odio nei confronti del tredicesimo. Come se ciò non bastasse si permise persino di appoggiare, a mo’ di conforto, una mano su quella nuda di Elsa. Tale gesto la fece irrigidire, sebbene avessero camminato a braccetto tutto quel tempo. Fu inusuale quel tocco, nessuno si era mai permesso, sia perché si trattava della regina sia perché era pericolosa, di toccarle una mano. Fu piacevole quel contatto e al tempo stesso irritante. Piacevole perché nessuno l’aveva mai sfiorata, nemmeno per sbaglio e lui l’aveva fatto apertamente senza timore. Irritante perché che diritto aveva di concedersi tale intimo gesto?
Scosse appena il capo, Elsa, mentre lanciava un’occhiata alla porta del principe Hans, sorvegliata da due guardie.
- Grazie per le delucidazioni, Principe Fen. E’ stato un piacere fare la vostra conoscenza, ma se non vi dispiace sono molto stanca per il viaggio. Desidererei ritirarmi nelle mie stanze. –
- Il piacere è tutto mio, vostra Maestà. Vi accompagno. I vostri bagagli sono già là. – Un sorriso affabile accompagnò le cordiali parole del principe ed Elsa andò in confusione. Aveva percepito l’odio rivolto al tredicesimo fratello, ma aveva anche notato la disponibilità che Fen le aveva rivolto. Non la considerava come una disgrazia? Un mostro? Quel mostro che aveva rovinato la vita al fratello? Comprese che non sempre l’amore fraterno, come il suo e quello di Anna, era sempre valido. Si ritenne fortunata per una volta nella sua vita e ringraziò il cielo per averle dato Anna. Si congedò ben presto dal principe e si ritirò nelle sue stanze.
La sorpresa che ricevette una volta entrata nei suoi appartamenti la colpì violentemente. Una volta aperto uno dei due bauli urlò, costretta a fare un passo indietro. Dentro si era nascosto San, il figlio di sua sorella. Come diavolo aveva fatto? Ma soprattutto aveva patito le pene dell’inferno, sballottato a destra e manca, in quell’angusto baule per tutta la durata del viaggio. Lo prese immediatamente in braccio, giusto per accertarsi che fosse sano e salvo. Lo ispezionò rigirandoselo tra le braccia, per poi tirare un sospirò di sollievo appurato che fosse integro. Solo allora si permise di rimproverarlo, stringendolo sempre a sé.
- San! Che cosa ti è saltato in mente di infilarti nel mio baule? È pericoloso! Chissà cosa penseranno tua madre e tuo padre della tua scomparsa?! – Parlò a raffica, come se il bambino di cinque anni avesse potuto comprendere tutte quelle parole.
- Elsa triste, io ti voglio bene. – Frasi sconclusionate che però dicevano la verità. Arrivò persino un abbraccio e un bacio da parte del bambino, il quale si accoccolò stanco tra le braccia della zia. Elsa si ritrovò a stringerlo a sé, cullandolo dolcemente, rispondendogli che anch’ella gli voleva bene, ma ammonendolo che d’ora in poi avrebbe dovuto dirle tutto quello che avrebbe fatto.
- Va bene. – Acconsentì il piccoletto, sospirando, mentre gli occhi iniziavano a farsi pesanti per il lungo viaggio. Non appena San si fu addormentato e posizionato con cura nel letto, Elsa si sbrigò a scrivere una lettera a sua sorella, rassicurandola che il figlio si trovava con lei. La fece mandare immediatamente, sperando fosse arrivata al più presto. Elsa non sapeva cosa significasse perdere un figlio, ma poteva immaginarlo, lontanamente, ma poteva farlo.
Si addormentò ben presto, affianco del bambino, il quale aveva subito scovato tristezza nel suo sguardo.
Il mattino seguente, la regina si alzò presto, svegliata dall’esuberanza del nipote, il quale desiderava visitare l’enorme castello. Fecero assieme colazione, ovviamente dopo aver comunicato la presenza di quella peste. Tutti notaro l’estrema somiglianza tra i due, ma nessuno osò chiedere se fosse suo figlio, si limitarono tutti a fare i complimenti a San. Persino Fen parve incuriosito, sebbene inizialmente stupito, della presenza di quel bambino.
San venne ben presto affidato ad una balia, la quale si sarebbe presa cura di lui e così Elsa poté intrattenere delle trattative con il Re ed i principi.
Solo dopo pranzo ebbe qualche ora libera da dedicare a sé stessa, come le aveva suggerito il principe Fen. No, non avrebbe seguito il suo consiglio, ma si sarebbe recata da Hans. Rivoleva i suoi poteri e li rivoleva subito, era meglio tagliare la testa al toro immediatamente.
Ricordava perfettamente la strada da percorrere per giungere all’ala riservata al principe rinnegato, non ci mise poi molto a giungere a destinazione.
Spiegò alle guardie il motivo della sua visita e queste la fecero entrare senza indugio. Poco prima che si chiudessero le porte alle sue spalle, ancora con lo sguardo a terra, il suo nome venne pronunciato da una vocina infantile. Si trattava di San, il quale corse dentro nella stanza, aggrappandosi alla sua gonna e rimirandola con un sorriso dolce. Le guardie fecero il loro ingresso, ma prima che potessero afferrare il piccolo furfante, Elsa affermò che era tutto a posto, che poteva restare. Così, rassicurati dal sorriso dolce della donna, chiusero nuovamente le porte. Solo allora la Regina si permise di alzare lo sguardo e notare con estremo disappunto che Hans non era solo, ma che con lui vi erano anche due cortigiane, pronte a dare inizio ad un dopo pranzo di passioni in un folle ménage à trois. Era così che spendeva i suoi giorni di prigionia? Hans, in mezzo alle due a petto nudo, era fermo immobile, lo sguardo stupito dalla duplice visione. Si ridestò subito però, mentre un sorrisetto compiaciuto appariva sul suo viso.
Elsa, all’opposto, si mosse solo quando San le tirò il vestito. Solo allora si rese conto di avere un minore in una camera bollente e prontamente lo nascose dietro di sé, sebbene il nipote non ne volesse sapere.
- Chi è? Cosa sta facendo? Perché ci sono due donne? Lo conosci? – Troppe domande le vennero fatte in quel momento carico di imbarazzo e di rabbia. Elsa tentava di tenere il bambino dietro di sé, mentre osservava schifata Hans, il quale con un gesto secco cacciò le due amanti, facendole uscire dalla stanza.
- Non rispondete alle domande che vi sono state poste? – Si era dimenticata del suo suono ingannevole che aveva la voce di quell’uomo, così calda, così rassicurante, ma tagliente allo stesso tempo.
Hans si chinò, osservando il bambino, nascosto in parte dietro l’azzurra e ampia gonna della zia, tenuto per un braccio dalla mano priva di guanto della stessa.
Che cosa avrebbe dovuto rispondergli? Che quello era colui che aveva tentato di uccidere lei e sua madre? Che era in procinto di consumare con due prostitute? Scosse appena il capo, gelando con lo sguardo l’uomo davanti a sé, mentre San chiedeva ancora risposta.
- Se non volete rispondere, lo farò io. – Si avvicinò ulteriormente al bambino, mentre Elsa ancora non lucida, arretrava portando con sé San.
- Sono l’eroe che ha tentato di salvare Arendelle da un mostro e tu sei…? – Porse una mano al bambino, mentre l’ira continuava a crescere in Elsa. Avrebbe voluto rispondergli come osava definirla mostro, ma se così avesse fatto si sarebbe esposta con il nipote e l’ultima cosa che voleva era deturpare l’anima innocente di un bambino. San sfuggì dal suo controllo e andò davanti ad ella, afferrando la mano protratta di quell’assassino.
- Wow! Quale mostro? Quando? Io sono San! – Dalle labbra del bambino uscirò parole cariche di entusiasmo, curiose di conoscere quella storia che mai gli era stata raccontata.
- Ma gli eroi non tentano di salvare, loro sono forti e salvano e basta. – Rinfacciò ulteriormente San, acuto e attento a qualsiasi parola. Per un attimo Elsa fu orgogliosa e contenta di come avesse incastrato Hans.
- Nella realtà non sempre il bene vince sul male, ometto. – La regina notò come lo sguardo da pazzo di Hans era rivolto tutto al bambino e ciò non le piacque. Afferrò il bambino e lo avvicinò a sé, proteggendolo, per quanto potesse, dalle grinfie di quell’uomo. Chiamò le guardie e ordinò loro di portare via San, intimando che avrebbe fatto punire la balia se questa si fosse lasciata scappare nuovamente quella piccola peste. Il bambino non voleva però andarsene, la curiosità di sapere quale fosse il mostro e di interloquire ancora con Hans pareva logorarlo.
-Il Principe Hans ti racconterà la storia un’altra volta. - Disse Elsa per convincerlo a seguire le guardie.
- Me lo prometti? – Come poteva un bambino così piccolo essere così entusiasta di conoscere un uomo tanto crudele? Ovvio, non conosceva la reale natura di quel principe, ma se si era nascosto in un baule per non abbandonare Elsa, chissà cosa avrebbe potuto compiere pur di udire quella storia!
La regina era preoccupata, ma acconsentì mormorando un lieve promesso. San se ne andò e finalmente poté rimanere sola con il tredicesimo principe delle Isole del Sud. Rivolse lo sguardo all’uomo, ancora a torso nudo, egocentrico e narcisista come sempre.
- Sebbene avessero annunciato il vostro arrivo, Elsa, non pensavo che sareste venuta da me. La cosa mi fa pensare che il mio fascino eserciti su di voi ancora un qualche potere. – Ridacchiò sommessamente, avvicinandosi alla regina con passi lenti e misurati, incuriosito dalla sua presenza.
La regina avrebbe voluto rispondergli che il fascino su di lei non l’aveva mai avuto e che l’unica che si era lasciata abbindolare da lui era stata Anna, non lei.
- Il presunto eroe qui presente è tenuto a rivolgersi a me come Sua Maestà. Non ricordo di avere mai avuto con voi, principe Hans, un rapporto così intimo da permettervi di chiamarmi per nome. – Si mosse con estrema eleganza e senza andare a chiedere alcun permesso si accomodò su un divanetto, posizionato vicino ad un’ampia finestra. La stanza era piuttosto accogliente, non eccessivamente grande, ma abbastanza ricca da mostrare il sangue blu di Hans. Viveva in una prigione d’orata. Nella disgrazia di aver fallito nella sua missione, aveva trovato fortuna che la sua famiglia lo trattasse ancora con dignità. Fosse stato per Elsa lo avrebbe costretto ai lavori forzati tutti i giorni.
La regina accavallò le gambe con nonchalance e attese che il principe si accomodasse da qualche parte, speranzosa che avesse almeno il pudore di rivestirsi. A quanto pare era talmente narcisista da voler rimanere a petto nudo per tutta la loro chiacchierata. Credeva di poter avere una qualche influenza su di lei? Credeva di avere a che fare con una stolta? Elsa ricordava bene che cosa era successo sei anni e fa e non sarebbero di certo stati due addominali messi in mostra a farle vedere quell’uomo con occhi diversi.
- Oh lo avreste avuto se non vi foste barricata insieme alla vostra solitudine nella vostra stanza, lasciando quell’inetta di vostra sorella a girare ingenuamente per il castello. – Cercarono di ferirla tali parole, ma non vi riuscirono, anzi non la scalfirono minimamente. Non avrebbe mai dato dell’inetta a sua sorella, ma dell’ingenua sì.
- Avete trovato comunque il modo per avvicinarmi e avete fallito miseramente, Principe Hans io fossi in voi mi atteggerei meno da diva. Io sono libera e voi siete in questa splendida prigione d’orata, il che mi fa pensare che qualcosa nel vostro piano sia andato storto. – Con fare teatrale si portò sconcertata la mano alla bocca, scrollando subito dopo le spalle. Gli occhi azzurri di Elsa, apparentemente sicuri nascondevano in realtà una fragilità che ancora la contraddistingueva dal resto del mondo. Era fragile, sebbene volesse dimostrarsi a tutti costi come forte e sicura di sé.
- Non avrò una corona in testa, non sarò principe o re di Arendelle, ma, vostra Maestà, se proclamate così insistentemente la mia disfatta, che cosa ci fate in questa stanza? – Touché. Si sentì improvvisamente in trappola e, sebbene avesse tentato in tutti i modi di non far trasparire alcunché, notò come gli occhi di Hans saettarono su lei, desiderosi di comprendere tutto su quel crollo improvviso. Si era alzato e aveva preso a girarle attorno, come un predatore fa nei confronti della sua preda. La regina non si mosse, ma rimase ferma immobile, cercando di dimostrarsi quanto più distaccata possibile.
- Pretendo le vostre scuse. – Sbagliato e lui lo sapeva, glielo si poteva leggere in faccia, dall’espressione compiaciuta che vi si era disegnata sopra.
- Una donna appagata come voi, che cosa se ne fa delle mie scuse? Che senso ha pretenderle dopo sei anni? Eravate troppo spaventata prima per poterle ottenere? Vi facevo troppa paura, forse? – Continuò a ronzarle attorno, permettendosi persino di sfiorarle le semi nude spalle. Il suo tocco era caldo, delicato, ma invadente allo stesso tempo. Elsa non era ancora riuscita a reagire, lo guardava inerte.
- No, è solo un pretesto quello delle scuse, voi è altro che desiderate, ve lo si può leggere negli occhi. – Era così un libro aperto? Al punto tale che persino quel narcisista di Hans era in grado di comprendere che nel suo petto vi era in corso una tempesta silenziosa? E perché mai gli altri non erano stati capaci di capirlo? Erano forse troppo cechi? Troppo concentrati su loro stessi per potersi accorgere della silenziosa richiesta d’aiuto della loro regina? Ed Anna?
No, la realtà era un’altra, lei era troppo simile a lui e se agli altri era in grado di celare paure e angosce, con lui non era possibile. Erano entrambi mostri e tra bestie ci si capiva alla perfezione.
- Sentiamo, che problemi ha il mostro di Arendelle? Ha congelato mezzo paese di nuovo? O semplicemente anche i vostri cittadini si sono accorti di quanto siate un abominio? – Colpita e affondata. Quello aveva fatto male e parecchio. Aveva come sentito un crack nel suo petto e qualcosa infrangersi ulteriormente. Era il suo cuore? Si morse con violenza le labbra e bloccò la mano vagabonda del principe, gelandolo con lo sguardo.
- Ops! Ho forse toccato un tasto dolente, sua Maestà? – Quel solito sorriso sornione fece capolino sul viso del tredicesimo e Elsa si sentì ribollire di rabbia. Eppure quell’ira non le permetteva di sbloccare i suoi poteri. Tentò di far confluire il ghiaccio del suo cuore alle mani, per dare una lezione a quel cafone, ma non accadde nulla.
- Io non sono un abominio! – Si ritrovò a biascicare, stringendo convulsamente il braccio al principe, improvvisamente anch’ella in piedi e di fronte a lui. Staccò la mano solo quando gli occhi di lui si posarono su quel contatto, pensieroso, cercando di comprendere che cosa volesse fare la donna.
Elsa si allontanò di qualche passo, spaventata dalla mancata risposta della sua magia. Diede le spalle all’uomo, mossa altamente sbagliata, e fece per uscire. Non fece nemmeno un paio di passi che venne afferrata per il polso sinistro e costretta ad indietreggiare, sbattendo poi contro il petto scolpito del principe.
- Lasciami immediatamente o mi metterò ad urlare! -
Così stava mettendo a repentaglio il suo segreto e ben presto lui ne sarebbe stato a conoscenza.
- Che bisogno avete delle guardie? Potreste infilzarmi con un solo schiocco di dita! – Le abbaiò addosso brutalmente, il suo viso a pochi centimetri da quello di lei, troppo vicini, quasi fossero stati due passionali amanti.
Lo sguardo di lei cadde sulla mano che lui le teneva alta, bloccata per il polso. Basterebbe uno schiocco di dita quella frase le frullava in testa, ma non riusciva a reagire, a liberarsi dalla sua morsa. Ciò venne notato dall’attento principe, il quale fece scorrere l’attenzione dalla mano agli occhi di lei e poi ancora un paio di volte.
- Voi… voi non siete più la Regina delle nevi! – Esclamò, attirandola ancora più a sé, incurante di quanto lei tentasse vanamente di allontanarsi.
- Voi siete innocua! – Furono quelle parole, che la colpirono come lame a farla reagire. Un sonoro ceffone partì dalla mano destra della principessa ed andò a depositarsi sulla guancia sinistra del principe. Quel colpo colse di sorpresa Hans, il quale mai e poi mai si sarebbe aspettato suddetta reazione. La lasciò andare, portando una mano sull’arrossata guancia sinistra, massaggiandola divertito.
- Quasi innocua – Biascicò mentre lei fuggiva dalla stanza, lasciandolo solo.
Hans di certo non si preoccupò di inseguirla, qualcosa gli suggeriva che sarebbe tornata da lui e che non sarebbe passato poi molto, in più aveva promesso al figlio che sarebbe stato lui a raccontagli la vera storia di Arendelle. Il principe si stese sul suo letto a baldacchino, sospirando ed incrociando le braccia al di sotto del capo.
Quell’improvvisa quanto inaspettata visita aveva reso meno noiosa la sua prigionia. Aveva scoperto cose interessanti sulla donna che aveva tentato di uccidere anni fa. Aveva, a quanto pareva, avuto un figlio e di conseguenza doveva essersi sposata, anche se la cosa gli puzzava, in quanto mai erano giunte voci al castello sul presunto matrimonio della Regina Elsa e di Mister Sconosciuto. Che avesse semplicemente avuto una relazione senza giungere al matrimonio? Non erano nemmeno arrivati pettegolezzi di scandalo a palazzo, quindi gli pareva ancora più improbabile della prima ipotesi. Aveva scartato a priori l’idea che non fosse suo quel marmocchio, dopotutto avevano la stessa carnagione, gli stessi profondi ed intensi occhi azzurri, lo stesso colore di capelli. La somiglianza era palese, sebbene il piccoletto, da quel poco che aveva potuto constatare, aveva le lentiggini. Scosse il capo, incapace momentaneamente di trovare una soluzione a tale dilemma. Non giunse ad una soluzione, ma optò per allontanare quelle mere curiosità e di rivolgere la propria attenzione al fatto che la Regina di Arendelle fosse totalmente innocua. Nonostante ciò era stato in grado di ricevere un potente schiaffo, ma era stato proprio quel colpo inflittogli che lo aveva reso consapevole della debolezza della donna. L’unico quesito che aleggiava intorno a quel mistero era perché, se realmente aveva perso i suoi poteri, si era recata da lui. Che cosa l’aveva spinta ad incontrare l’uomo che detestava di più sulla faccia della terra? Doveva esserci un motivo, altrimenti tutta la faccenda non avrebbe avuto senso e lui l’avrebbe scoperto. Dopotutto che altro di meglio aveva da fare?
Non richiamò più indietro le cortigiane, ma si limitò a fantasticare su Elsa e su come l’avrebbe distrutta lentamente se ella si fosse ancora recata da lui. Non aveva dimenticato in quei sei anni, non si era pentito di ciò che aveva fatto e voleva vendetta perché la vita a cui era stato condannato dopo il tentato e duplice omicidio gli risultava stretta.
Elsa nel frattempo era fuggita nelle sue camere e, nonostante avesse concluso che apprezzasse le attenzioni che il Principe Fen le rivolgeva, declinò il suo invito ad una passeggiata. Doveva ragionare, doveva rimanere da sola per calmarsi e ragionare sul da farsi. Si era fatta scoprire come un pollo, come se Hans avesse il potere di leggerle nella mente ed il suo piano si complicava e di parecchio. Anche perché gli insulti ricevuti, come mostro e abominio, non erano poi serviti granché e la magia, ammesso che vi fosse ancora, rimaneva celata nel suo cuore.
Da quando aveva iniziato a nascondere totalmente la propria magia, aveva iniziato a sentirsi più debole, come se una lenta malattia la stesse logorando dall’interno. A tale quesito si era risposta che era solo un fatto mentale e nulla più. Col passare dei mesi però aveva iniziato, in cuor suo, a comprendere che forse non era solo un fattore psicologico, ma che quel raggelarsi del suo cuore, quel suo costante avere freddo era qualcosa di più serio e grave. Che i suoi stessi poteri, imprigionati dentro di lei, le si stessero ritorcendo contro? Non voleva ammetterlo, ma probabilmente era proprio così.
La cosa terribile era che nessuno pareva essere in grado di aiutarla, o meglio, ai suoi occhi nessuno sembrava competente per aiutarla, dopotutto lei non aveva chiesto aiuto a nessuno e non aveva intenzione di farlo. Aveva sperato che Hans le facesse perdere il controllo, insultandola, ma non era successo niente di niente. Quando lui l’aveva afferrata e l’aveva attirata a sé con un sorriso crudele stampato sul viso, aveva tentato in tutti i modi di sprigionare la sua magia, di fare come le aveva suggerito lui stesso, di infilzarlo con il suo ghiaccio, ma invano, le sue mani non si erano nemmeno raffreddate, erano rimaste appena appena tiepide. E allora sì che si era sentita un’inetta, si era sentita ancora più debole di quanto non fosse già.
Doveva reagire perché egoisticamente non voleva morire, non voleva che il suo stesso ghiaccio la gelasse e la uccidesse. Lei voleva vivere e trovare finalmente quella felicità che tanto si era ostinata a cercare e mai trovata.
Quella sera non scese a cenare con i regnanti, disse loro che non si sentiva molto bene e che avrebbe mangiato qualcosa in camera sua con San. Il bambino era stato condotto nelle sue stanze, ben felice di poter passare del tempo con sua zia.
Mangiarono in silenzio, come se il bimbo avesse capito che Elsa non era molto in vena di chiacchiere. Solo quando ebbe finito il suo piatto si alzò e si avvicino alla Regina, prendendole una mano tra le sue e constatando quanto fosse fredda tentò di scaldarla tra le sue. A quel gesto la ragazza sorrise, accarezzando con la mano libera la testa del bambino. Si rese conto di quanto volesse bene a quel bambino che sembrava così tanto capirla. Peccato che lui non fosse a conoscenza dei suoi poteri, Elsa aveva ritenuto più semplice tenerli nascosti anche a lui, non voleva essere vista da sua nipote come un mostro. San volle a tutti i costi sedersi sulle sue gambe ed insieme a lei volle terminare i compiti che la Balia delle Isole del Sud le aveva affidato. Doveva scrivere delle semplici parole, ma che per un bambino di cinque anni non era così facile, dopotutto aveva appena imparato a l’alfabeto.
Con il bambino sulle gambe e le braccia di lei avvolte attorno al suo corpicino per proteggerlo dal mondo esterno, Hans si ritrovò a spiare la scena, essendosi rifugiato sull’enorme balconata della camera della regina. L’uomo era stato in grado di eludere i controlli e di spiare con successo quello strano duo.
Un principe dal cuore di pietra come il suo non avrebbe dovuto lasciarsi intenerire da tale scena, ma non riuscì a trattenersi ed un lieve sorriso apparve sul suo viso, addolcendo i cattivi tratti. Si ritrovò a pensare al perché la sua famiglia non fosse stata così, semplice, ma piena d’amore. Il bambino e la presunta mamma trasmettevano una dolcezza che avrebbe dovuto fargli ribrezzo, ma che in realtà lo condusse a ripensare con tristezza al suo passato. Se era diventato ciò che era diventato era solo per colpa della sua famiglia. Suo padre non lo aveva mai considerato, lo aveva sempre ritenuto un peso, essendo lui un figlio illegittimo, avuto da una relazione extra coniugale. La reale madre non aveva quasi fatto in tempo a darlo al mondo che immediatamente era stata tolta di mezzo. A detta di suo padre era morta di parto, ma sapeva bene che non si trattava della verità, quando era solo un adolescente aveva udito una discussione tra la regina ed il re, nella quale era spuntato fuori che la donna, la vera madre, era stata tolta di mezzo perché considerata ingombrante, la stessa sorte era accaduta al medico che aveva permesso il parto. Si era chiesto perché mai lui fosse sopravvissuto ed era giunto alla conclusione che ormai il popolo sapeva del bastardo e ucciderlo avrebbe macchiato la fedina apparentemente pulita del re.
Ed eccolo lì ancora vivo e col cuore frantumato, rimesso insieme all’odio per la sua famiglia e per chiunque provasse una benché minima felicità.
Di fatti quel sentimento strano che gli stava scaldando il cuore mentre visionava la tenera scena, venne sostituito da una malsana gelosia. Fu costretto spostarsi da ove si trovava, vedere Elsa e il bambino stretti in un abbraccio colmo di amore aveva ricominciato a disgustarlo e si sarebbe trovato a vomitare se i suoi occhi verdi si fossero ancora posati su quella scena.

NOTE AUTRICE: Come vi è parso? 
Ho finalmente introdotto Hans che, ovviamente, non ci ha fatto una figura troppo elegante, ma dettagli. Spero vi piaccia anche la figura di San, personaggio di fantasia da me inserito e creato. 
Spero che vi sia piaciuto il capitolo. Ovviamente sono sempre disponibile a ricevere anche critiche, senza di esse non si cresce purtroppo :) 

Baci 

Arabella
 
  
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