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Autore: _Wonderwall_    16/01/2016    2 recensioni
Già la vita da teenagers è incasinata, quando si è maghi poi diventa tutto un po' più difficile. Immaginate relazioni nascoste, aggiungete il Torneo Tremaghi, mischiate con un po' di sana paura e condite con un pizzico di mistero, magari accompagnato da qualche omicidio. Un mix niente male, non vi pare?
***
Ora non c'è spazio per le incertezze, non c'è spazio per essere semplicemente dei ragazzi, non c'è spazio per le stupide, piccole preoccupazioni della vita normale.
Ma ci si può davvero impedire di essere noi stessi? La paura può davvero portarci a mettere da parte qualunque cosa? A Shailene piace pensare di no, che non è così.
Mentre tutto sembra crollare, essere ragazzini con il complesso degli eroi diventa più difficile del normale. Perché un conto è essere ingrado di essere davvero degli eroi, tutt'altra cosa è improvvisarsi paladini della giustizia.
***
(Secondo capitolo della saga Heroes. Non può essere letto separatamente)
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Alice, Paciock, Alice, Paciock, Jr, Famiglia, Potter, Famiglia, Weasley, James, Sirius, Potter, Lysander, Scamandro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo 2
 
 
Quel giorno nel bagno di Mirtilla Malcontenta non c’era il solito brusio delle voci degli studenti che si rintanavano lì per sfuggire qualche lezione. Il silenzio regnava in ogni angolo eppure il bagno era colmo di ragazzi.
Ragazzi che si guardavano tra di loro, non sapendo bene come iniziare quella riunione. Perché, sì, quel giorno, 29 Novembre, una settimana dopo quel fantomatico ballo, tutti i Weasley, nessuno escluso, si erano incontrati nel bagno al terzo piano per la solita riunione.
In un angolo Lucy, ancora un po’ scossa dalla rivelazione del suo passato avvenuta appena due giorni prima, sedeva vicino a Fred che le stava ricordando ciò che era successo durante quei mesi ad Hogwarts, senza alzare però la voce, avendo paura di spezzare quel silenzio.
Sul muro opposto Roxanne, seduta vicina a Hugo e Lily, aveva gli occhi chiusi, mentre i cugini cercavano di comunicare con lo sguardo, come se potessero leggersi nella mente. Seduto con la schiena appoggiata al primo cubicolo c’era Albus Potter che non riusciva a staccare gli occhi dal fratello. James Potter aveva infatti deciso di presentarsi alla riunione e stava in piedi, a braccia incrociate e lo sguardo puntato fuori dalla finestra a fissare il temporale.
E ancora, Louis e Dominique Weasley erano seduti uno accanto all’altro, la testa della ragazza sulla spalla del fratello, il viso senza trucco e libero da quell’espressione di superiorità che raramente lavava via.
Oltre ai Weasley erano stati invitati straordinariamente alla riunione Lysander e Lorcan Scamander, Shailene Ricci, Scorpius Malfoy e Alice Paciock che erano seduti in un angolino un po’ distante dal resto dei presenti come se non volessero violare quello spazio familiare.
Per finire, Rose Weasley era in piedi, tesa, le mani intrecciate tra di loro, la schiena dritta, i capelli rossi legati in una rigida treccia e gli occhi che vagavano su ognuno di loro.
Nessuno aveva la forza di parlare perché nessuno sapeva cosa dire. Quella riunione aveva una ragione e non era il ritrovarsi insieme e passare un po’ di tempo di qualità in famiglia. Quella riunione serviva perché da una settimana a quella parte nessuno riusciva più a vedere il sorriso contagioso di Shailene, ne a sentire le battute divertenti di Lysander, o le risate di Lily ed Hugo.
Quella riunione serviva perché da una settimana nessuno poteva vedere Axel se non steso in un lettino in infermeria.
Quella riunione serviva perché il corpo deturpato e dissanguato di Cho Chang non era stato ritrovato.
Quella riunione serviva perché gli omicidi non si erano fermati e le persone continuavano a scomparire.
Quella riunione serviva perché i ragazzi non volevano rimanere a guardare. Loro volevano combattere.
Quella riunione serviva perché ognuno di loro doveva capire che gli altri erano lì.
Rose prese un profondo respiro e posò lo sguardo sulla figura di James. Il moro guardava Shailene che aveva a sua volta il capo chino e i capelli, fatti crescere di nuovo con la magia, legati in una coda.
Shailene non voleva più i capelli corti, aveva bisogno di cambiare e di ritornare quella che era prima di quella fatidica notte. Il colore era ritornato naturale. Voleva che tutto tornasse come prima ed aveva cominciato con se stessa.
Rose si schiarì la gola e attirò l’attenzione di tutti su di sé.
<< Buongiorno a tutti >> esordì, non sapendo bene cosa dire << Siamo qui perché dobbiamo parlare di ciò che è successo e trovare un modo per cambiare la situazione >>
Dominique alzò il viso dalla spalla di Louis e fissò la cugina prima di prendere la parola.
<< Cosa c’è da discutere? >>
<< Solo perché a te non importa di nessuno oltre a te stessa non significa che tutti la pensino allo stesso modo >> intervenne Lily, improvvisamente arrabbiata << Se non sei qui per cercare una soluzione, puoi anche andartene. Non abbiamo bisogno di una ragazzina viziata >>
La più grande strinse gli occhi celesti e si portò indietro una ciocca di capelli, poggiandola dietro le orecchie. Non c’era tempo per litigare e lo sapeva bene, ma sua cugina sapeva essere così irritante a volte.
Prese un respiro profondo e decise per una volta di comportarsi da adulta.
<< Non è quello che ho detto >> replicò con calma << Ho semplicemente chiesto cosa c’è da discutere. La situazione mi sembra abbastanza chiara >>
Lily aprì la bocca per rispondere, ma Roxanne si intromise.
<< Dobbiamo parlare con i nostri genitori. È l’unico modo per saperne qualcosa di più, loro sapranno di certo ciò che sta succedendo >>
<< Purtroppo, Rox, non è così. Ho parlato con mia madre e dice che anche loro brancolano nel buio >>
<< Se zia Hermione non sa niente allora siamo tutti nella merda >>
<< Ben detto, Rox >>
<< Probabilmente non vogliono darci alcune informazioni >>
Tutta l’attenzione si focalizzò su James. Il ragazzo sbuffò scocciato e parlò di nuovo.
<< Rosie, anche se tua madre ti ha dato qualche indizio non significa che voglia che tu sappia tutto. Con questo non voglio dire che loro sanno ogni cosa. Ma deve esserci qualcosa. Deve >>
Lily annuì con energia.
<< Jamie ha ragione. Probabilmente zia vuole che sappiamo il minimo indispensabile per tenerci più al sicuro possibile >>
<< Rosie, mamma ha detto solo che siamo in pericolo, vero? >> quando la sorella annuì Hugo continuò << Probabilmente l’unica cosa che voleva farti sapere era che dobbiamo stare attenti. Sai come è mamma, a volte decifrare le sue frasi è una vera rottura di … >>
Lo sguardo di fuoco della più grande fece interrompere Hugo che, dopo aver sussultato e balbettato uno ‘scusa’ a denti stretti, diede uno schiaffetto sul braccio di Roxanne che si era lasciata scappare una risatina.
<< Mamma ha nominato anche il Torneo tre Maghi, dicendo che l’ultima volta era stato utilizzato come mezzo per portare zio Harry da Voldemort >>
Roxanne sbuffò.
<< Questo Voldemort ha veramente rotto i coglioni. Rose non guardarmi così, sai che è vero. >>
La sedicenne diede un’occhiata a suo fratello e richiamò l’attenzione con una mano.
<< Fratello, una sigaretta, grazie >>
Fred sbuffò e scosse la testa.
<< Non pesarci nemmeno >>
James afferrò il suo pacchetto di Marlboro e, dopo averne lanciata una alla cugina, ne accese una. Aspirò profondamente e rilasciò una nuvola di fumo che si diffuse per la stanza.
Roxanne sorrise, accendendo la propria con la bacchetta e portandola alla bocca.
<< Grazie, Jamie. Visto che non è diventato proprio un’ameba?! >> si rivolse agli atri, facendo ridere leggermente il cugino.
<< Se c’entra qualcosa il Torneo Tremaghi, posso vedere dall’interno se c’è qualcosa di strano >>
Si intromise per la prima volta Lysander.
Alice sbuffò.
<< Sì, facendoti uccidere >>
<< Come se ti importasse qualcosa >>
<< Niente, infatti procedi pure >>
Fece un gesto eloquente con la mano, alzando le sopracciglia.
<< Ciò che puoi fare, Lys, è controllare se qualcun altro dei campioni o i rispettivi presidi sono dentro questa storia. Dubito che Voldemort in sé centri qualcosa, ma non bisogna escludere la possibilità che c’entri qualche ex-mangiamorte >>
<< Non era un mangiamorte >> sussurrò Shailene << Colui che ci ha attaccato non era un mangiamorte. Io lo so che non era un mangiamorte. Era solo…>> la ragazza rabbrividì e scosse la testa << era solo Ted >> concluse, ben sapendo che il ragazzo non fosse il colpevole, ma non trovando altre parole con cui definire l’aggressore.
<< Ma forse dovremmo tenerli d’occhio lo stesso >>
Rose annuì.
<< Quindi, per adesso, Lysander si occupa dei partecipanti al Torneo, io continuerò le ricerche. Lily, Hugo, Roxanne e Shailene, voi cercate di nascondervi in più posti possibili per ascoltare le discussioni tra i professori e soprattutto ciò che dice la preside. Tutti gli altri, state attenti a tutto ciò che avviene intorno a voi e ricordatevi che tutti possono essere colpevoli >>
 
 
 
Naya Zabini non aveva mai visto la scuola così triste. Hogwarts sembrava morta da quella notte del Ballo del Ceppo. I corridoi sembravano vuoti e le classi mancavano di partecipazione, ognuno era troppo impegnato a pensare ai fatti propri per permettersi di avere anche una vita sociale.
I giardini e le rive del Lago Nero erano ormai diventati deserti e l´unico colore presente fuori era il manto bianco della neve che ricopriva ogni cosa. Una leggera patina di ghiaccio aveva ricoperto il Lago, ma, a differenza degli altri anni, non c’era nessun coraggioso che sfidava le acque gelide pattinando.
La Foresta Proibita poi non vedeva un’anima viva da ormai quella sera.
Gli scherzi dei cugini Weasley oramai non facevano più parte della scuola ed ogni persona legata, in un modo o nell’altro, ad Axel Lovegood sembrava essere andata in coma con lui.
Axel e tutta Hogwarts erano andati in letargo, aspettando il momento migliore per svegliarsi, se mai quel momento sarebbe arrivato.
O, per meglio dire, quasi tutta Hogwarts era andata in letargo. Perché sì, c’era ancora qualcuno che non aveva smesso di ridere, scherzare e soprattutto fare l’idiota.
<< Io l’ho sempre saputo >>
Alec sbuffò una nuvola di fumo, poggiando la testa sullo stipite accanto a lui e lanciando un’occhiata veloce a Naya seduta accanto a lui. Il Serpeverde non si poteva certo dire sprovvisto per quella giornata fredda, il mantello della divisa scolastica era poggiato con eleganza sopra un giubbino babbano verde, accostamento che, almeno secondo la ragazza, rientrava tra i più brutti mai visti, ma che, secondo il diretto interessato, era da definire originale e perfettamente in tema con la moda del tempo.
Naya, dal canto suo, aveva approfittato della giornata libera per indossare il più pesante maglione del suo guardaroba e la giacca invernale, ovviamente con la partecipazione di guanti, sciarpa e cappello che ora, coprendole la fronte, la faceva apparire più arrabbiata di quanto già non fosse.
<< Smettila >> si lamentò, lanciandogli la ragazza.
<< Non posso crederci che tu abbia passato la sera del ballo a dormire e non ti sia accorta di niente >>
Naya sbuffò di nuovo e chiuse gli occhi, cercando di ignorare la risatina di Alec.
<< Io non posso credere che tu riesca a ridere su quello che è successo >> gli fece notare lei, alzando finalmente lo sguardo << Tutta Hogwarts è spaventata e preoccupata. Non di certo divertita >>
Il tono di rimprovero nella voce della sua migliore amica spense la risata e il vento divenne l’unico rumore tra i due almeno finché Alec non si decise a parlare di nuovo.
Questa volta con tono serio, le sopracciglia aggrottate e le labbra tese in una linea. Perché Alec sapeva essere serio.
<< Non ho voglia di piangermi addosso e controllare ogni angolo prima di camminare. Mi dispiace per quel ragazzo, Axel, ma non voglio smettere di essere me stesso per questo. Hogwarts non sta reagendo >>
<< Tu non stai reagendo, Alec, stai semplicemente facendo finta di niente >> obiettò.
Naya si alzò e tirò su i jeans, diede una pacca sulla spalla di Alec e andò via.
 
 
I Tre Manici di Scopa era un bar carino, mai vuoto. C’era sempre qualcuno tra quelle quattro mura che rendeva quel posto pieno di felicità e speranza, come se fosse sempre aperto per chiunque avesse voglia di estraniarsi dal resto.
Era il posto giusto per chiacchierare con gli amici o semplicemente leggere un libro o ancora avere una burrobirra con il proprio partner.
Evan Rosier aveva sempre amato i Tre Manici di Scopa, sin da quando da bambino i genitori lo portavano ad Hogsmade, per passare il tempo con Naya e Alec a Zonco, con l’amico che provava ogni prodotto e la bambina che si lamentava. Evan aveva amato i Tre Manici di Scopa sin da quando, a dieci anni, i tre erano scappati e si erano rifugiati lì e avevano rubato a Madama Rosmerta tre burrobirre lasciando poi un po’ di sodi.
Evan aveva amato i Tre Manici di Scopa da quando ad undici anni era scappato dopo una lite con il padre, si era ritrovato lì e Madama Rosmerta lo aveva accolto a braccia aperte.
Evan aveva amato i Tre Manici di Scopa da quando a quindici anni gli aveva offerto una possibilità di lavoro e un posto fisso dove stare.
Evan aveva amato i Tre Manici di Scopa da quando era diventata la sua casa. Da quando aveva associato quell’odore di legno e alcol leggero alla sensazione di sicurezza. Da quando il camino era diventato parte importante della sua vita. E da quando girare tra i tavoli e scambiare due parole con i maghi che passavano di lì era diventato la sua quotidianità.
Ad Evan Rosier piaceva la normalità. Era cresciuto in una famiglia che aveva provato ad arruolarlo nel lato oscuro, aspettando o l’ennesima resurrezione di Voldemort o un altro pazzo che provasse a prendere il potere. Era stato cresciuto cercando di far entrare a forza nella sua testa un insieme infinito di pregiudizi su mezzosangue e babbani. Era stato cresciuto da genitori che volevano plasmare la sua mente, ma, nonostante tutto, Evan aveva resistito.
Lui era diverso dalla sua famiglia. Era nato ed aveva portato sin da piccolo un nome pesante sulle spalle, ma di suo nonno il piccolo aveva solo quello, il nome. Già nei primi anni di vita si era reso poco disponibile ad apprendere le lezione fasciste impartite dai suoi genitori e con Naya e Alec era riuscito a crearsi una propria identità. Quando poi ad undici  anni aveva scoperto la sua condizione, già preannunciata dalla mancanza di magia negli anni precedenti, non aveva certo fatto i salti di gioia, no, ma non l’aveva poi presa tanto male.
Per l’undicenne era un modo come un altro per mettere una fine decisiva alle somiglianze che aveva con la sua famiglia. Non immaginava di certo che avrebbe anche causato un taglio netto a tutti i rapporti che aveva avuto fino a quel momento, compreso quello più importante.
Ma Evan se ne era fatto una ragione. Era riuscito ad abituarsi alla nuova normalità, dove per cucinare doveva rimboccarsi le maniche e armarsi di olio di gomito e non limitarsi a sventolare una bacchetta. Era riuscito ad accettare la mancanza di magia, nonostante fosse continuamente circondato da maghi e streghe.
A lui non bastava imparare una formula magica per la moltiplicazione dei pani e dei pesci o semplicemente immaginare un luogo per poi smaterializzarsi. Ma andava bene così.
Ad Evan, a dispetto di tutti i pregiudizi che si potevano avere su di lui per il suo cognome, essere un magono piaceva.
E la sua normalità stava per essere messa a rischio dagli eventi che erano accaduti da qualche mese a quella parte. Anzi, era già stata spezzata. 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice
Ecco a voi il secondo capitolo, forse un po’ in ritardi rispetto al programma :) Come avrete capito questa storia sarà più che altro incentrata sulla parte del mistero. Mi rendo conto che questo possa essere considerato un po’ un capitolo di passaggio, ma come il primo serve per rintrodurre un po’ la storia, già dal prossimo si vedranno i primi sviluppi!
Spero comunque che il capitolo vi sia piaciuto e che me lo facciate sapere con una recensione perché fa sempre piacere :)
Buon fine settimana, ci sentiamo presto!
  
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