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Autore: Oppa_Redz    16/01/2016    2 recensioni
Non so se abbiate mai provato la spiacevole sensazione di non contare niente per le persone che dovrebbero amarti. Che le vostre passioni, le vostre opinioni e il vostro stesso carattere siano messi continuamente in discussione e schiacciati dai vostri stessi familiari.
Io sì. Sono Alex, 14 anni e questa è la mia storia.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Alexis ne aveva fatte di cazzate in vita sua, dal fare scattare gli allarmi della scuola per saltare vari compiti in classe allo scatenare una rissa o allo scappare di casa a notte fonda per allenarsi.
Ma questa era davvero troppo. Insomma, un conto era picchiare la gente per un buon motivo – buono per lei ovviamente -, un conto era terrorizzare un povero gioielliere per farsi dare una collana gratis. Che poi manco Noah fosse stato un povero senzatetto a cui servivano soldi per mangiare. No, lui voleva soltanto farsi notare da Page Peterson – che secondo il suo modesto parere non era chissà quale bellezza – e ovviamente, siccome non aveva mai fatto niente di simile aveva chiesto il suo aiuto. Che poi lei non ci vedeva niente di eroico nel rapinare qualcuno, specialmente aiutato da una ragazza.
Per questo era mezz’ora che il ragazzo cercava inutilmente di convincerla a fare un’opera di carità per un suo povero amico in difficoltà e che se proprio non voleva farlo per quello, che almeno lo facesse per non rovinare l’onore da criminale che si era costruita negli anni, onore che, ammesso si potesse chiamare così, non aveva mai avuto.
Ed era mezz’ora che la rossa era stravaccata sul divano a giocare col primo giochino idiota che aveva trovato sul telefono cercando di ignorare il ragazzo che, gesticolando, continuava a misurare a grandi passi il salotto. Quando per l’ennesima volta quel cosino idiota cadde nel vuoto si decise a guardarlo. Non si poteva affatto dire che Noah fosse brutto. Al massimo i capelli arcobaleno potevano farlo sembrare pazzo, ma gli occhi nocciola e il fisico asciutto ma muscoloso grazie al calcio lo rendevano davvero un bel ragazzo. Peccato che lui nello specchio vedesse uno sgorbio e che né lei né Joshua, il suo gemello, riuscissero a fargli capire che se pensava che Joshua fosse bello, allora per forza doveva pensare lo stesso di sé visto che a parte i capelli erano identici.

Alla fine, all’ennesimo “eddai, che vuoi che sia”, si tirò su e lo fissò, improvvisamente seria facendolo bloccare sul posto.
«Che vuoi che sia?» sbottò alzandosi e piazzandoglisi a una certa distanza per non doverlo guardare dal basso verso l’alto. «Sentilo, e se ci beccano? E se quella si pavoneggia e va a spifferare tutto? Così magari ci facciamo una bella vacanza in prigione? Noah, rubare non è una cosa da niente. E poi perché? Per fare colpo su…su quella? Ma torna in te, cazzo!» e non aveva resistito al tirargli un ceffone.
Conosceva Noah da quando erano bambini e lui era quello onesto e gentile dei due. Per questo Alexis non tollerava quando cercava di imitare gli altri, soprattutto in male. E sapeva anche che l’unico modo per fargli cadere i castelli in aria era sbattergli in faccia la realtà. Anche se le dispiaceva ogni volta vedere quegli occhi castani intristirsi.
Il ragazzo la fissava scioccato con un’espressione da cane bastonato in volto e gli occhi lucidi, non ci era mica andata piano con la forza anche se aveva cercato di trattenersi. Per lo meno il ragazzo sembrava aver capito il messaggio perché mormorò uno “scusa sono un idiota” fissandosi le scarpe e guadagnandosi un - raro - abbraccio dall’amica.
«Sì, sei un fottuto gallo idiota che non capisce che non gli serve una collana rubata per far colpo sull’ennesima gallina che ha puntato» rispose lei, facendogli abbozzare un sorriso.
«Sempre gentilissima tu, eh?» domandò, gli occhi che riprendevano la solita vivacità.
«Sempre» ghignò lei. «E adesso tu ti togli quegli assurdi cosi con i teletubbies che ti ostini a chiamare pantofole e andiamo in gelateria, che ho voglia di gelato».

˥˦˧˨˩ ˥˦˧˨˩ ˥˦˧˨˩ ˥˦˧˨˩ ˥˦˧˨˩

Aveva corso per mezza città andando addosso ad almeno ventisette persone per arrivare al magazzino in tempo per non dover perdere mezz’ora a tranquillizzare Ian, che già dopo un minuto di ritardo la dava dispersa e sepolta nel deserto da sette mai sentite, per poi spalancare la porta nera, scendere di corsa le scale rischiando di rompersi l’osso del collo un paio di volte, aprire la porta a vetri e…non trovare nessuno? C'era sempre qualcuno nei paraggi se non chiudevano.
Cauta appoggiò lo zaino nero pieno di scritte in un angolo e proseguì lungo il corridoio in punta di piedi.
Era a mala pena arrivata all’altezza della prima sala prove che un urlo – o meglio, una sottospecie di riproduzione acuta del verso della cornacchia – risuonò nell’aria, seguito da un borbottio indefinito.
Abbozzò un sorriso, tranquillizzata: avrebbe riconosciuto tra mille gli urli da donna mestruata di Ian. Ora doveva solo capire che caspio di idea era venuta in mente ai pazzi con cui era cresciuta.



ANGOLINO DELLA TARMA DISAGIATA
Hem...*coff* duunque...grazie a chi è arrivato in fondo a...a questo e non si è spaventato prima. Dico solo che non ho idea di quello che ho scritto e che siccome il mal di testa mi sta uccidendo non ho nemmeno ricontrollato, quindi chiedo scusa per eventuali errori terificanti.
Grazie a chi legge, chi segue e/o recensisce questa cosina e non mi ha piantata in asso per l'assenza di aggiornamenti...giuro, non è colpa mia, sono l'ispirazione e il mio computer che si divertono a mollarmi per strada...(?)
Se vi va potete anche lasciarmi una recensione, anche per lanciarmi carciofini, pioppi o rane...o sennò potete anche non farlo.
Ciaooooo

La Redz
 
   
 
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