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Autore: Silvianap    27/01/2016    7 recensioni
[Dal Capitolo 1] "Sulla parte destra della sua schiena vedo dei segni che prima mi erano sfuggiti. Conosco bene quei segni e so anche cosa potrebbe averli provocati. Il cuoio di una cintura usata come una frusta sulla pelle umana può lasciare dei segni così netti, così marcati, che anche a distanza di molti anni, riguardandoli, potrai sentire il dolore perpetrarsi su ogni centimetro del corpo. Ora riesco davvero ad immaginare che razza di figlio di puttana fosse suo marito. Lo stesso genere di figlio di puttana che era mio padre"
(IL CAPITOLO 6 PROBABILMENTE NON VEDRA' MAI LA LUCE, PERDONATEMI.)
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carl Grimes, Carol Peletier, Daryl Dixon, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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-----> PICCOLA PREMESSA: Ringrazio tutti i miei lettori per la pazienza che hanno avuto nell'aspettare questo secondo capitolo! Vi assicuro che non è facile scrivere una storia originale! >.<
Ringrazio le mie colleghe e amiche dello staff di "Caryl Italia" per i consigli e l'assistenza! (Mezza pagina di descrizione solo per una porta xD)

E Samantha, dopo aver letto il capitolo, ti prego non odiarmi! :/
Buona lettura!

-Silvia-


SCARS – Capitolo 2


Cinque case.
Abbiamo ispezionato cinque case prima di quella che abbiamo di fronte ora, ma il nostro bottino lascia un po’ a desiderare e la stanchezza si fa sentire ora come non mai. Io, Daryl e Michonne siamo seduti all’interno di un giardino, sulla bassa staccionata bianca che circonda l’ultima casa del nostro giro e siamo decisamente esausti. Nelle case che abbiamo controllato c’erano parecchi vaganti, che abbiamo eliminato senza troppa fatica, ma ritengo che per un giorno solo abbiamo superato la linea di ‘sopportazione di uccisione dei vaganti’, soprattutto dopo la mandria che abbiamo abbattuto appena arrivati. Ci resta però quest’ultima casa, una piccola villa bianca a due piani. Mi faccio forza e mi alzo dalla staccionata.
“Vado a fare il giro della casa, probabilmente c’è anche un ingresso sul retro. Ci vediamo dentro” dico a Daryl e Michonne, e mi avvio senza nemmeno aspettare che loro rispondano. Sono determinata a finire queste ispezioni il prima possibile, tornarmene a casa e andare a dormire. E manca poco al tramonto del sole.
Da dietro di me sento Michonne rivolgersi a Daryl, divertita. “Coraggio pappamolle, non vogliamo stare qui per tutta la notte! Recupera le tue freccette e andiamo a giocare al tiro al bersaglio!” e sento poi lui rispondere “Freccette? Col tuo spiedino forse ci infilziamo un’oliva da cocktail” e così via in un susseguirsi di prese in giro che io non riesco più a sentire perché ormai sono sul retro e la porta posteriore è proprio davanti a me, socchiusa. Devo solo salire tre scalini ed entrare.
E così faccio.

La porta cigola. Classico. Chissà per quanto tempo è rimasta così socchiusa…
Mi guardo intorno, mi accorgo di essere capitata in una piccola cucina e mi fermo a fissare una piccola lavagnetta appesa al muro sulla mia destra dove ci sono scritte varie date e cose da ricordare, probabilmente. C’era la stessa identica lavagnetta anche nella mia vecchia casa, prima di tutto questo. Improvvisamente mi appare davanti agli occhi la scena di me e Sophia, nella nostra piccola cucina molto simile a questa, che prepariamo dei bagagli pesantissimi e stracolmi di cose e poi corriamo fuori casa dove Ed ci aspetta con l’auto accesa. E sono certa di una cosa: se io e Sophia non avessimo avuto i bagagli con noi, Ed non sarebbe mai rimasto ad attenderci fuori e ci avrebbe abbandonate al nostro destino, salvando solo il suo culo. Scappammo appena capimmo che l’epidemia aveva cominciato a diffondersi in tutto il paese e, ripensandoci adesso, assolutamente non ricordo se lasciai la porta aperta nella fretta di correre via.
Mi risveglio da questo salto nel passato con fatica e comincio a controllare tutti gli scaffali e gli sportelli che si trovano intorno a me, senza badare troppo al rumore che sto facendo. E forse tutto questo rumore è un bene perché, avendo chiuso la porta sul retro, eventuali vaganti arriverebbero soltanto dalla porta alla mia destra, dritti dritti in bocca al mio coltello.
Dalla ricerca ottengo soltanto un barattolo di fagioli, e mi sembra un miracolo. Era stipato così in fondo in uno degli sportelli in alto che l’ho toccato per caso con la punta del coltello che tenevo in mano. Sentendo un rumore metallico mi sono insospettita, mi sono arrampicata sul piano di lavoro per controllare ed ora eccomi qui a contemplare un semplice ma utilissimo barattolo di fagioli, che poco dopo infilo nel mio zaino. Apro il frigo per vedere se la fortuna gira ancora dalla mia ma purtroppo è vuoto, ovviamente.
Esco dalla cucina e capito in un soggiorno abbastanza grande, dove sembra che l’apocalisse non sia mai arrivata. A parte lo spesso strato di polvere e qualche ragnatela che ricoprono un po’ tutto, c’è un ordine surreale. Nelle case che abbiamo perlustrato finora c’era il caos tipico di tutte le altre case in quest’apocalisse: sedie a terra, sportelli aperti, oggetti vari sparsi dappertutto... E invece il divano e le due piccole poltroncine ai lati sono lì, immobili al centro della stanza vicino ad un piccolo tavolino, un tappeto segna l’ingresso dall’altra entrata e una credenza non tanto alta, credo sia in legno di noce, regna sovrana sulla parte opposta alla porta. È tutto fermo al suo posto, ogni soprammobile, ogni quadro… fa quasi paura tutto quest’ordine.
Improvvisamente avverto uno scricchiolio dalle assi del soffitto sopra di me.
Poi un altro.
Poi un altro ancora.
Questi sono passi.
Vagante, me lo sento. Ce n’è di sicuro uno al piano di sopra, o forse più di uno. Devono essersi accorti di me a causa del rumore che ho fatto rovistando gli sportelli della cucina. Impugno meglio il coltello nella mano ed esco dalla porta del soggiorno. Sulla mia destra c’è l’ingresso, sulla mia sinistra due rampe di scale che portano al piano di sopra. Decido di salire molto cautamente mentre il rumore degli scricchiolii del soffitto continua ma si allontana, invece che avvicinarsi alle scale. Strano. Forse i vaganti sono stati attirati da qualcos’altro, qualche altro rumore, anche se io non ho sentito nulla. Arrivo sul pianerottolo tra una rampa e l’altra e tengo fisso lo sguardo di fronte a me, pronta a reagire a qualsiasi movimento. Salgo l’ultimo scalino.
Ci sono solo tre porte sulla mia destra e la prima e la terza sono aperte. Senza nemmeno entrarci vedo chiaramente l’interno della prima stanza, dove è situato un piccolo bagno, e punto subito lo sguardo su dei piccoli mobiletti in un angolo. Devo subito tornare a rovistare lì appena avrò fatto fuori i vaganti.
Con la coda dell’occhio percepisco un movimento e volto la testa di scatto verso il fondo del corridoio. Dalla terza porta si vede chiaramente il riflesso della luce del sole che sta tramontando e  ad intervalli è interrotta dall’ombra di qualcuno, o meglio ‘qualcosa’, che si muove all’interno della stanza.
Bene, i vaganti sono lì. Percorro a passi felpati la distanza che mi separa dall’ultima porta e sbircio all’interno per un attimo, comincio ad alzare il braccio, pronta per colpire in testa il primo vagante, sperando che un eventuale secondo non mi salti subito addosso, affamato. Entro spedita nella stanza puntando alla testa davanti a me, sento un urlo e poi succede tutto così in fretta che subito dopo mi ci vogliono alcuni secondi per capire cos’è successo.

Daryl tiene saldamente ferma in aria la mia mano armata di coltello a pochi centimetri dalla testa di Michonne. Una Michonne sconvolta, esattamente come me. Lascio cadere il coltello a terra nell’istante in cui capisco quello che stava per succedere e subito dopo Daryl mi lascia andare il polso. Anche lui è incredulo.
“Oh mio Dio, Michonne…” riesco solamente a dire. Mi ero completamente dimenticata di loro due… com’è possibile? Quanto tempo è passato da quando ho fatto il giro della casa per entrare sul retro? Oh mio Dio… non credo a quello che stavo per fare. Sono sconvolta. Sono senza fiato pur non avendo fatto nessuno sforzo particolare e sento chiaramente la paura scorrermi nelle vene. Che cosa diavolo mi sta succedendo? Possibile che il sonno e la stanchezza mi stiano distruggendo e offuscando così? Non riesco a muovermi, le mie gambe si rifiutano di muoversi e una grande confusione si è impossessata della mia testa. Mi porto le mani sul volto per coprire la vergogna e la paura che sto provando in questo momento, ma con scarsi risultati.
Stavo per uccidere Michonne… Se non ci fosse stato Daryl a fermarmi, ora in che diavolo di situazione saremmo? Di sicuro ha sentito i miei passi mentre salivo le scale ed ascoltava i miei movimenti aspettandosi il mio ingresso qui, dove stavano perlustrando. Non posso fare altro che ringraziare i suoi riflessi allenati e i suoi sensi acuti.
“Ok… è tutto a posto” mormora Michonne, apparentemente più calma rispetto a poco fa. “Carol, stai bene?” mi chiede mentre mi appoggia una mano sulla spalla.
Esco allo scoperto e lascio che lei e Daryl mi guardino in faccia. Lei è visibilmente preoccupata per me, lui… è impenetrabile, immobile, la sua espressione è quasi severa. Lo guardo negli occhi e un brivido mi percorre il corpo. Probabilmente ce l’ha a morte con me in questo momento, e non lo biasimo. Trovo la forza di tornare a guardare Michonne.
“Mi dispiace tanto… io… io non so che cosa mi sia preso…” tento di giustificarmi. “Ho sentito dei passi dal piano di sotto, pensavo che fossero dei vaganti… oh mio Dio, scusami tanto…”.
Si, sono decisamente sconvolta e non faccio che ripetermi. Michonne mi guida verso il bordo di un piccolo letto su un lato della stanza e mi fa sedere, sedendosi poi accanto a me. In tutto questo casino non mi ero nemmeno accorta di essere capitata in una camera da letto. Per qualche motivo sconosciuto Daryl finalmente reagisce e si avvicina velocemente ad uno dei borsoni che abbiamo portato da casa, lo apre, prende una borraccia e me la porge.
“Bevi… calmati” mi dice. La prendo e bevo un sorso d’acqua che in effetti mi calma un po’.
“Anche noi abbiamo sentito dei passi poco prima di salire quassù” mi spiega Michonne, la sua mano ancora sulla mia spalla, “e siamo venuti direttamente a controllare in quest’ultima stanza, visto che nel bagno all’inizio non c’era nessuno, ma non essendoci niente nemmeno qui, di sicuro se c’è qualcosa è nella stanza accanto”. Mentre dice queste ultime parole si alza e sfodera la spada, poi si rivolge a Daryl.
“Vado a controllare, così ci leviamo il pensiero”. Detto questo esce dalla camera e si richiude la porta alle spalle. Rimaniamo solo noi due adesso qui dentro. Daryl si avvicina al letto e siede dove prima era seduta Michonne, alla mia sinistra.
“Che ti succede? Cos’hai?” mi chiede, e la preoccupazione nella sua voce è evidente. Non so cosa rispondere, in realtà. È colpa della stanchezza? Del sonno? Di entrambi? Di nessuna delle due cose? Scelgo la stanchezza, perché è così che mi sento: stanca, troppo. “La stanchezza gioca brutti scherzi a quanto pare” gli rispondo afflitta. Lui mi guarda per qualche secondo, chissà a cosa sta pensando. Poi porta una mano sulla mia guancia e col pollice mi accarezza uno zigomo.
“Basta piangere, non è successo niente di grave per fortuna” mi dice.
Piangere? Sto piangendo e non me ne sono resa conto? Mi tocco le guancia libera e le dita si bagnano. Ecco cosa l’ha fatto scattare prima quando mi ha preso la borraccia dal borsone, mi ha vista piangere… Torno a guardarlo e nel frattempo inclino la testa e premo il viso sulla sua mano che è ancora ferma dov’era, chiudo gli occhi e respiro profondamente.
Vorrei poter rimanere qui per il resto della sera e della notte, a dormire su questo letto con Daryl che mi accarezza il viso e mi tranquillizza, ma purtroppo questa è una cosa impossibile e a ricordarmelo sono i tonfi che arrivano dalla stanza affianco. Michonne deve aver abbattuto i vaganti che a quanto pare erano davvero presenti in questa casa. E questo significa anche che il nostro lavoro è terminato, significa che dobbiamo tornare al punto di partenza ed incontrarci di nuovo con Rick, Carl e Aaron e significa che potrò dormire di nuovo sulla spalla di Daryl tra non molto. E non vedo l’ora.
 
                                                                                         *****
 
Ho appena fermato Carol dall’uccidere Michonne.
È una cosa folle, ma la fortuna ha voluto che io avessi sentito Carol salire le scale e avvicinarsi a noi e che fossi rivolto verso la porta, aspettando che entrasse nella stanza. Non so nemmeno io come ho fatto a fermarla in tempo.
Penso e ripenso allo sguardo che aveva prima che io la bloccassi. Era come se fosse totalmente assente, come se la sua mente stesse viaggiando altrove, lontano.
Ci sono certi momenti in cui vorrei così tanto entrare nel suo cervello e scoprire a cosa pensa...
E quelle lacrime… ha cominciato a piangere senza essersene resa conto? Probabilmente stava piangendo per lo shock avuto appena si è resa conto di quello che stava per fare a Michonne. Oppure piangeva per quello a cui stava pensando poco prima di scambiarla per un vagante? Vorrei tanto scoprire anche questo, ma sarà difficile. Carol non si lascia sfuggire quasi mai un pensiero personale, nemmeno quando è da sola con me.
Quando le ho poggiato la mano sul viso ho sentito un fremito leggero, ma costante.
Stava tremando e ci sono voluti alcuni minuti perché si calmasse e smettesse di piangere.
Dopo essersi scusata almeno un centinaio di volte con Michonne, ora sembra che si sia calmata e sia tornata la Carol di sempre.
Sembra.
Non la perderò di vista fino a che non saremo tornati a casa.
Michonne invece sta bene, nonostante il grande spavento che ha preso è riuscita subito a reagire e a continuare a setacciare la casa. Sono sicuro che anche lei si è accorta dello sguardo perso che aveva Carol, per quello si è subito preoccupata di farla tranquillizzare.
In tutto questo una sola cosa è certa: dobbiamo tornare a casa. Il caldo e la stanchezza di oggi ci hanno annientati.

Prima di uscire definitivamente da questa casa, decidiamo di dare un’ultima occhiata in giro.
La seconda stanza al piano di sopra, dove Michonne ha abbattuto un paio di vaganti, era una seconda camera da letto. E dopo ricerche accurate, non abbiamo recuperato niente neanche da lì. Merda. Non abbiamo recuperato niente in quasi nessuna delle case che abbiamo controllato finora, se non fosse per dei vestiti ed una borraccia. Vuota.
“Ho trovato soltanto un barattolo di fagioli nella cucina al piano di sotto” ci annuncia Carol mentre cominciamo a scendere le scale.
“Davvero? Wow, sempre meglio di niente” dice Michonne, rubandomi le parole di bocca. “Potremmo dividercelo per cena durante il viaggio di ritorno” suggerisce Carol.
“Con la fame che ho potrei mangiare anche la latta del barattolo e la carta dell’etichetta” dico spontaneamente. Entrambe scoppiano a ridere, ma io ero serio mentre lo dicevo. Se avessimo più tempo potrei fare un giro nel bosco qui intorno per cercare qualche scoiattolo, ma fuori il sole ormai è tramontato e dobbiamo tornare in fretta a casa.
Arrivo per primo al piano di sotto e mi volto aspettando che Carol e Michonne scendano dietro di me. Non so perché, ma lo sguardo mi va automaticamente verso il sottoscala, dove apparentemente non c’è niente. Ma mi avvicino perché voglio guardare meglio, c’è qualcosa che non va in questo muro. Passo una mano sulla carta da parati e avverto come una sorta di taglio netto verticale, è finissimo, ma lo sento. Poco più avanti, a circa un metro dal primo taglio, ce n’è un altro e scopro che sono dei tagli lunghissimi, collegati tra loro da un altro taglio orizzontale più in alto. Due tagli verticali e uno orizzontale… come se stessero ad indicare una porta.
Aspetta un attimo…
“Ehi, venite a darmi una mano!” dico in direzione di Carol e Michonne che ormai erano già fuori casa. Comincio a strappare la carta da parati e al di sotto si rivela esserci davvero una porta, una di quelle porte filo muro, invisibile, di cui non potrai mai accorgerti se non sei il padrone di casa e non sai esattamente dove si trovi perché a malapena si distingue dove finisce il muro e dove inizia la porta. Dovrebbe aprirsi a pressione, visto che non c’è nessun genere di pomello.
Carol e Michonne arrivano e mi aiutano a strappare bene tutta la carta attorno, poi provo a spingere, ma non succede niente. Provo di nuovo, ci metto più forza. Niente. Proviamo tutti e tre insieme e solo allora comincia a sentirsi qualche scricchiolio.
“Ho un’idea” dice Carol mentre estrae il suo coltello dalla cintura e prova ad infilare la lama in uno dei lati della porta, facendo pressione. Estraggo il mio coltello e faccio lo stesso, inserendo la lama poco più in alto della sua. “Michonne spingi verso destra! La porta si sta muovendo!” esclama Carol con fatica e Michonne fa esattamente quello che le viene detto. Dopo pochi secondi riusciamo ad aprirla, molto lentamente. A quanto pare non è stata mai aperta negli ultimi anni.
Rimaniamo per qualche istante immobili a guardare all’interno, in silenzio. L’unica che riesce a dire qualcosa è Carol, anche se effettivamente si tratta solo di un “Oh”.
C’è soltanto una piccola nicchia, delle dimensioni esatte della porta, contenente uno scaffale.
Uno scaffale pieno zeppo di ogni genere di cose di cui siamo stati alla ricerca oggi.
“Tre scatole di proiettili, tre pistole, delle corde, un coltello, due torce con relative batterie… e due, quattro, sei, otto, nove! Nove barattoli di carne e fagioli in scatola! Non ci posso credere!” esclama Michonne, cominciando a prendere le prime cose per metterle nello zaino.
Fuori si sta facendo buio e senza luce del sole non riusciamo più a vedere chiaramente, quindi  Carol si arma di torcia e si avvicina allo scaffale per aiutare Michonne, ma poco dopo si ferma a fissare un punto in alto. Il suo viso si anima e la sua mano libera si muove verso di me, arrivando a toccarmi il braccio.
“Ehi Daryl, guarda lì” dice, indirizzando il fascio di luce della torcia verso l’ultimo ripiano dello scaffale. Una faretra piena di frecce viene illuminata dalla luce. Mi avvicino subito per prenderla ed esamino ogni singola freccia.
“Vanno bene per la tua balestra?” mi chiede lei.
“Penso di si” rispondo, e sono decisamente soddisfatto. Ma… siamo proprio sicuri che questa casa non sia abitata da nessuno? Com’è possibile che dietro a questa porta ci sia così tanta roba utile abbandonata? Un brivido leggero mi scorre sulla pelle, nonostante il caldo. E se qualcuno ci stesse osservando? Se questa fosse una trappola?
La parte razionale dentro di me sta pensando che no, non è possibile che sia abitata. Questa piccola porta era nascosta e abbiamo faticato molto per aprirla, a dimostrazione del fatto che non veniva aperta da anni, e poi comunque per tutto il tempo che siamo rimasti qui dentro a controllare le stanze, non si è fatto vivo nessuno. Quindi non c’è pericolo e possiamo prendere e portare via tutto quello che c’è nello scaffale con calma.
La parte istintiva dentro di me, invece, sta urlando. Urla di andarsene, e alla svelta.
Appoggio per un attimo la balestra a terra mentre carico la faretra su una spalla, lo zaino sull’altra e aspetto che Carol e Michonne finiscano di svuotare lo scaffale. Sto all’erta, riprendo la balestra in mano, carica e pronta all’uso in qualsiasi momento.
“Bene, abbiamo preso tutto! Possiamo andare”  annuncia Michonne mentre chiude il suo zaino, e tutti e tre usciamo dalla casa. Finalmente.
Dobbiamo ripercorrere la strada fatta all’andata e passare davanti a tutte le villette che abbiamo controllato oggi. Ormai è sera, ma la luce della luna è così chiara che non serve nemmeno accendere le torce per vedere la strada. Tanto di guadagnato, attireremo meno l’attenzione di chiunque ci stia osservando, semmai ci stiano osservando.
Un vagante solitario viene verso di noi ma non ce ne preoccupiamo molto perché Carol è già pronta, coltello alla mano, e lo abbatte senza troppa fatica. E continuiamo la strada verso il punto di partenza. Sembra che stia meglio rispetto a prima, ma dentro di me so che non sta affatto bene, lo capisco dal modo in cui si comporta adesso, cammina davanti a noi a passi decisi e si gira solo ogni tanto per controllare se dietro di lei va tutto bene.
“Sai, devo dirti che sei stato davvero bravo a trovare quella porta” mi dice Michonne. “Io non l’avrei mai vista”.
“Questione di vista allenata” le rispondo. “Se stai sempre attento ai dettagli, poi i dettagli ti si rivelano da soli”.
“Siamo filosofici, eh?” scherza, dandomi una pacca sulla schiena.

E poi succede tutto all’improvviso.

Il suono di un colpo di pistola arriva da lontano. Poi altri due. Poi un altro.
Ci fermiamo di botto in mezzo alla strada per capire bene da dove siano arrivati i colpi, ma sappiamo bene tutti e tre che possono essere arrivati solo dall’altra parte del centro residenziale.
“Rick...” sussurra Michonne, nel panico e senza fiato. Comincia a correre, sorpassa Carol, che era poco più avanti di noi, e appena si accorge che il peso dello zaino che ha sulle spalle la sta rallentando, lo lancia via e riprende la corsa.
Io e Carol ci guardiamo increduli e non serve dire nulla. Nello stesso momento ci muoviamo e cominciamo a correre anche noi. Mi fermo un attimo per recuperare lo zaino di Michonne e poi corro, corro più veloce che posso, nonostante il peso dei carichi che ho sulla schiena.
Superiamo la piazza da dove abbiamo cominciato la spedizione e ci dirigiamo verso la fine della strada. Come se non bastasse, vari vaganti si avvicinano alla strada sbucando fuori da dietro le case, attirati ovviamente dagli spari di poco fa.
“Cazzo!”. Punto la balestra e ne abbatto uno. È il momento giusto per provare le nuove frecce. Ricarico l’arma e mi rivolgo a Carol, che è poco più avanti di me, anche lei bloccata dai vaganti. “Ehi! EHI! Tu va avanti, ci penso io a farli fuori!”. Lei sembra avere da ribattere, ma riesco a precederla. “VAI! CORRI!”.
È combattuta, vuole aiutarmi, ma sa meglio di me che deve andare ad aiutare Rick e gli altri, non avrebbero sparato se non fosse stato necessario.
Abbatte un altro vagante, si gira a guardarmi e io sostengo il suo sguardo. Vedo la rassegnazione prendere possesso dei suoi occhi e poco dopo si volta e ricomincia a correre.
Io resto qui, circondato dai vaganti.
 
                                                                                              *****
 
Vedo sangue.
Vedo Michonne inginocchiata vicino ad un corpo a terra.
Un altro corpo è appoggiato alla staccionata della casa.
Mi si gela il sangue nelle vene.

Sono senza fiato, le gambe mi fanno male così come la schiena, dolorante sotto il peso del borsone e del fucile. Non ho il coraggio di avvicinarmi per vedere a chi sta rivolgendo le sue attenzioni Michonne, ma è di sicuro qualcuno dei nostri. Non avrebbe senso prendersi cura di un vagante o di una qualsiasi altra persona.
Appoggiato alla staccionata c’è Aaron, con il volto coperto dal sangue proveniente da una brutta ferita alla testa. È privo di sensi. Spero.
Mi avvicino velocemente a lui e mi assicuro che respiri, poi mi chino per controllare la ferita. Bisogna fermare il sangue immediatamente. Nello zaino ho dei vestiti trovati in una delle case setacciate oggi, ne prendo alcuni e li premo con forza sulla sua testa.
“Aaron! Ehi! EHI!” provo a chiamarlo, dandogli piccoli schiaffi per cercare di rianimarlo.
Alle mie spalle sento Michonne piangere e subito dopo urlare. “ANDIAMO, RICK! SVEGLIATI!”.
Oh no, Rick…
Spero che non sia…
Dov’è Carl? Mi guardo attorno, ma nei paraggi non c’è.
“Michonne! Rick sta bene? È vivo?” trovo il coraggio di chiederle.
“Si, si è vivo, ma non si sveglia! Non so che fare!” dice tra le lacrime. “Sto provando a fermare il sangue!”.
“Bravissima!” la incoraggio, poi riprovo a svegliare Aaron. “Svegliati! Dai, dai svegliati!”.
Ce la faccio, Aaron reagisce. Lentamente, ma reagisce. Prova ad aprire gli occhi ma la testa deve fargli davvero male, perché non ci riesce.
“Carol… Sei tu, vero?” sussurra.
“Si, si sono io. Tieni gli occhi chiusi, non sforzarti”. Non dovrebbe sforzarsi, ma deve assolutamente dirci che cosa è successo. “Cos’è successo, Aaron?”.
Geme dal dolore, ma riesce a tenere gli occhi aperti, sembra abbastanza lucido.
“Ci hanno attaccati, ma non so cosa volevano” fa una pausa per appoggiarsi meglio alla staccionata e solo ora mi accorgo della pistola che tiene stretta in mano.
“Hai sparato tu quei colpi? Appena li abbiamo sentiti siamo corsi subito qui” gli spiego.
“Si, e credo anche di aver colpito uno dei due ad una gamba”.
“Quindi erano due uomini?”.
“Si, erano due. Ci hanno attaccati all’improvviso e hanno subito colpito Rick alla testa con violenza, io  ho sparato e anche Carl ha provato a sparare, ma-”.
Michonne lo interrompe subito. “Che gli è successo? Che gli hanno fatto?”.
“L’hanno portato via” le risponde rassegnato. “Ho visto che colpivano anche lui subito dopo aver colpito me, ma io sono riuscito a rimanere sveglio per un po’ e ho visto che uno di loro se l’è caricato in spalla e… e poi sono scappati da quella parte” e fa segno verso sinistra, dopo la fine della strada.

Rick è quasi morto, Aaron è ferito, Carl è stato rapito da degli sconosciuti, Daryl è rimasto indietro per bloccare i vaganti e Michonne è in pieno attacco di panico. Devo agire. E alla svelta.

“Aaron, riesci a tenere premuto questo panno sulla tua testa? Voglio aiutare Michonne” gli chiedo, sperando che ci riesca.
Lui fa segno di si con la testa e porta la mano sul bendaggio improvvisato. Corro subito vicino a Rick e Michonne, che probabilmente è sotto shock, ma che nonostante questo riesce a tenere premuta sulla testa di Rick una delle magliette che abbiamo trovato oggi. Ma ormai è intrisa di sangue. Deve averla presa dal mio zaino quindi rovisto ancora sperando di trovarne un’altra.
E ci riesco.
“Tieni”, la porgo a Michonne, “usa questa”. Lei la prende e alla svelta la sostituisce a quella sporca.
Stringo il polso di Rick. È debole, ma è ancora con noi. Dobbiamo fare in modo che rimanga tale.
“Dov’è Daryl?” mi chiede Aaron.
‘A salvarci la vita’ rispondo dentro di me.
Prima che possa rispondergli davvero, mi accorgo che un paio di vaganti si muovono verso di noi.
No. Basta. Ne ho abbastanza per oggi. Sono stravolta, non riesco nemmeno ad alzarmi per affrontarli. Potrei usare la pistola ma non posso, ne attirerei altri. Sono stanchissima ma devo assolutamente cominciare a cercare Carl. Cerco dentro di me la forza di sfoderare il coltello e rialzarmi.
Ma non ce n’è bisogno.
Il primo vagante che stava per avvicinarsi cade a terra, non molto lontano da noi, con una freccia conficcata in testa.
Non sono mai stata così felice di vedere una freccia in vita mia.
Una delle sue.
Il secondo vagante va incontro alla stessa sorte poco dopo, mentre da lontano vedo Daryl correre verso di noi, sporco di sangue, spero non suo.
La sua espressione cambia ad ogni passo che fa verso di noi. Ansia, sgomento e infine paura. Quella paura che ti annebbia il cervello e ti blocca. Daryl si ferma a pochi passi da noi, sconvolto nel vedere Rick e Aaron ridotti in queste condizioni, la balestra che penzola dalla sua mano e cade a terra. Guarda verso Aaron, poi verso di noi e rimane così, immobile. La sola cosa che mi fa capire che è vivo è il fiatone dovuto alla corsa. Provo ad incrociare il suo sguardo e so che anche lui sta guardando me, ma la sua mente è altrove.
Finalmente però, dopo alcuni instanti, trova il coraggio di chiedere l’inevitabile. “È morto..?”.
“No” risponde Michonne, sembra essersi calmata un po’.
Decido di spiegargli tutta la situazione prima che faccia un’altra domanda. Gli costerebbe non poca fatica. Mi alzo da terra e mi avvicino a lui.
“Sono stati attaccati da due uomini..” gli spiego “..che hanno colpito Rick per primo, poi Aaron ed infine Carl, e l’hanno portato via scappando oltre la fine della strada”.
Daryl guarda a terra mentre parlo, sta metabolizzando tutto quello che gli dico. Ma appena alza gli occhi e mi guarda, la luce nei suoi occhi è diversa. Riflette determinazione.
“Bisogna riportarli subito a casa” dice, e poi si abbassa a riprendere la balestra.
Si avvicina a Rick e, insieme a Michonne, cerca di alzarlo. Si caricano le sue braccia dietro al collo e lo trascinano a peso morto dirigendosi verso l’auto. Io recupero il mio zaino e ritorno da Aaron, lo aiuto ad alzarsi e a camminare per tutto il tragitto che ci riporta all’auto.
Sto pensando ad un modo per dire a Daryl che voglio, no anzi, devo rimanere a cercare Carl mentre lui riporterà gli altri a casa sani e salvi, ma non riesco a trovare una via che non porti poi ad un litigio. Insisterà per farmi tornare a casa mentre lui cercherà Carl.
Mi preparo psicologicamente a questa discussione.

Arriviamo alla macchina e Michonne sale sul sedile posteriore e, insieme a Daryl, carichiamo Rick in modo che per metà sia sdraiato e per metà sia in braccio a lei, che continua a tenergli premuta la maglietta sulla testa. Aiuto Aaron a sedersi sul sedile anteriore del passeggero mentre Daryl carica in fretta gli zaini sul retro, chiudiamo gli sportelli contemporaneamente e ci ritroviamo faccia a faccia vicino allo sportello del guidatore.
“Forza, sali! Non potete aspettare ancora molto, avete molto strada da fare!” mi dice con urgenza.
Ci siamo.
“Resterò io a cercare Carl, tu vai! Guidi molto più velocemente di me!” gli dico.
Mi guarda come se fossi impazzita all’improvviso. “Che diavolo stai dicendo? Non puoi restare qui, da sola, di notte a cercare Carl! Levatelo dalla testa!”.
“Ma Daryl, io-”.
“CAROL!” grida.
Non mi chiama quasi mai per nome, se l’ha fatto vuol dire che sta davvero perdendo il controllo.
Apre lo sportello del guidatore con rabbia e mi fa segno di entrare, lo sguardo fisso a terra. Potrei dirgli le stesse identiche cose che lui ha appena detto a me, ma so che sarebbe inutile. Nemmeno io voglio che lui resti qui da solo di notte, soprattutto dopo quello che è successo agli altri, ma sono sicura di una cosa a cui poco fa non avevo pensato, e che non mi impedisco di chiedergli ora.
“Se io rimanessi, rimarresti anche tu… non è così?” gli chiedo, e la mia voce si spezza.
Il suo sguardo si alza lentamente e incrocia il mio. Nessuno dei due parla.
Ma non c’è tempo, non più. Rick rischia la vita.
Salgo nell’auto, accendo il motore. Daryl fa un passo verso di me e sussurra in modo che solo io possa sentire. “Mi dispiace…”.
Gli occhi mi bruciano mentre tiro un lembo del suo gilet per farlo avvicinare e lo abbraccio forte, lui mi stringe allo stesso modo e nascondo la testa nell'incavo del suo collo mentre mi impedisco di piangere. Oh no, non di nuovo… mi ha già vista piangere una volta, oggi. Non era mai successo.
Mi scosto un po’ per dargli un bacio sulla guancia e poi, appena ci guardiamo, un bacio sulle labbra, che lui ricambia, nonostante ci troviamo in mezzo ad altre persone, ma la situazione è quella che è, e non è delle migliori.
Appena ci separiamo, Daryl chiude la portiera e io abbasso il finestrino.
“Tornerò a prendervi” gli prometto.
“Non tornare da sola” mi avverte.
Comincio a guidare mentre lui continua a guardarmi e resta fermo dov’è.
“Mi hai capito?!” chiede ad alta voce per farsi sentire, mentre la macchina comincia ad allontanarsi.
Continuo a guardarlo dallo specchietto mentre ci allontaniamo finché non diventa un puntino nel buio della sera.
Le sue parole mi rimbombano nella testa.
‘Non tornare da sola’.
Probabilmente sapeva anche lui che erano parole al vento. Tornerò, ovviamente, ma non coinvolgerò nessun altro se non è necessario. E non penso che sia necessario.
Tornerò.
Per lui e per Carl. 
   
 
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