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Autore: Kary91    30/01/2016    1 recensioni
[Mini-Long | Post-Epilogo | Sequel de "The Miner Saw a Comet"e "La Cometa del Distretto 12 | Gale&Katniss]
Sono passati quindici anni dall'ultima volta che Katniss e Gale si sono parlati; molte cose sono cambiate da allora.
Katniss vive con Peeta e i loro due bambini. Gale si è trasferito nel Distretto 2, ma non ha mai dimenticato il proprio passato. Lo dimostra suo figlio, il piccolo Joel Jr., che porta il nome del nonno. E lo dimostra anche il suo ritorno improvviso nel Distretto 12 assieme al figlioletto, per assistere al passaggio di una cometa. La cometa di Halley - quasi come Haley, il nome della piccola Mellark; la stessa cometa avvistata da suo nonno e dal nonno di Katniss ormai 76 prima. Halley come la cometa che Katniss e Gale si erano ripromessi di veder passare assieme quando erano ragazzini, in onore dei loro padri.
Questa è la storia in cui si parla del ritorno di quella cometa. è la storia di un'amicizia rimasta in sospeso per anni, di un legame sfilacciato che tuttavia resiste ancora. E a ricucirne i lembi sdruciti di quel legame saranno due bimbi e una vecchia storia.

O, forse, solo il destino.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bimba Mellark, Famiglia Hawthorne, Gale Hawthorne, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'We Might Fall - La Cometa di Halley.'
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Il ritorno della cometa

 

Two | Chasing Cats, .Memories, Promises

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La distanza fra di loro si era ormai dimezzata, quando la voce eccitata di Haley costrinse entrambi a interrompere il gioco di sguardi.

“Eccola, eccola!” stava gridando la ragazzina, l’indice puntato verso il cielo.

 

Il silenzio coprì gradualmente gli schiamazzi dei bambini. Dru si affrettò a guardare nel telescopio, mentre gli sguardi dei presenti si sollevavano.

Ancora una volta Katniss piombò nello smarrimento, colta alla sprovvista da ciò che stava accadendo. Il suo sguardò vagò confuso per il cielo per una frazione di secondo, fino a quando Peeta non le cinse la vita con un braccio, indicandole con la mano libera un punto in alto alla loro destra.

Il fascio di luce bianco che aveva sognato di vedere da anni era disegnato nel cielo, piccolo ma visibile grazie al cielo terso di quella notte. L’emozione al pensiero di avere di fronte la cometa intravista da suo nonno più di settanta anni prima le attorcigliò lo stomaco; i suoi occhi incominciarono a bruciare, quasi parte di quella luce si fosse insinuata sotto le sue palpebre.

Una lacrima le rigò lo zigomo, mentre la rabbia graffiava l’allegria di ciò che le vorticava attorno: i piccoli Hawthorne che parlavano entusiasti uno sopra l’altro, le dita rivolte verso l’alto. Rowan sulle spalle di Peeta, che sorrideva incantato. Haley e Joel che si tenevano per mano, sorridendosi complici per qualcosa di quel momento che apparteneva solo a loro due.

Era un quadro quasi magico, pieno di sguardi accalorati dall’eccitazione, ma uno squarcio ne sfregiava la bellezza e il significato.

Perché in quel quadro mancavano la saggezza di Caleb Everdeen e l’ottimismo di Prim.

 

“La guardiamo tornare assieme, quando passa?” chiese la bambina.

Il padre annuì.

“Saremo in prima fila, Katniss” promise, incastrandole una ciocca di capelli sfuggita a una treccia dietro l’orecchio.

“Io, te, Prim e la mamma.”

 

Suo padre, sua sorella e perfino sua madre erano macchie nere su quella tela intarsiata di stelle e ne rovinavano la lucentezza. Stropicciavano la promessa nascosta nella carta su cui era stato dipinto.

 

“Saremo in prima fila, Katniss.”

 

Me l’avevi promesso, pensò fra sé, lasciando la mano di Peeta.

 

D’istinto chinò lo sguardo per cercare Gale e s’irrigidì nell’individuarlo a pochi passi di distanza, la testa ancora sollevata verso l’alto. Non la guardava eppure era lì, vicino come non lo era più stato da oltre quindici anni. Se solo Katniss avesse teso la mano, avrebbe potuto toccarlo e inspirare il suo odore; scoprire se sapeva ancora di legna e di arance e se le sue dita rimanevano cosparse di tagli e cicatrici, come quando era ragazzo.

Si sorprese a ricordare le tante volte in cui, prima di sposare Peeta, aveva chiuso gli occhi e contato fino a dieci, seduta sulla roccia che per anni era stata il loro punto di incontro. Giocava a immaginare che, a palpebre riaperte, l’avrebbe trovato lì e che forse, con lui a fianco, anche lei sarebbe tornata a essere quella di una volta: la Katniss che sorrideva soltanto nei boschi, ma che ricordava ancora cosa significasse essere felice. Perché a volte, in quei boschi con lui, lo era stata per davvero. Quella Katniss ormai non c’era più e nemmeno la ragazzina ingenua che ogni tanto sperava nel ritorno del suo migliore amico. A fissare il cielo, aggrappata a una scia di luce, c’era solo una donna stanca; una madre, una moglie, una figlia distrutta e poi ricomposta a fatica grazie allo scorrere del tempo. Una persona piena di vuoti, che era comunque riuscita a ritrovare il suo equilibrio e perfino a sorridere, qualche volta.

In quel momento, tuttavia, si sorprese a vacillare. Il ricordo della promessa fatta a un padre e a una sorella che non c’erano più la strattonò con violenza. C’era solo una persona che avrebbe potuto comprendere quel dolore: qualcuno che forse stava avendo pensieri simili ai suoi.

 

“Sai della cometa?”

Katniss ricostruisce in un istante il ricordo di una se stessa bambina, accoccolata sulle ginocchia del padre.

“Papà me ne parlava sempre, quando ero piccola” risponde. “Mio nonno, da giovane, l’ha vista”.

Distende pigramente le gambe nell’erba, voltandosi verso il ragazzo: si accorge che ha gli occhi socchiusi e sembra sul punto di prendere sonno.

“Non sarebbe bello vederla, Catnip? La cometa di Halley.”

 

Aveva bisogno di Gale, in quel momento. Era un desiderio stupido e incoerente, eppure era così che si sentiva. La speranza che la cometa aveva infuso alla sua famiglia da generazioni stava svanendo in fretta e voleva raggiungere l’amico prima che quella sensazione svanisse. Se non poteva avere suo padre con sé in quel momento, allora voleva lui.

Gale, però, non c’era più.

Si guardò attorno, esaminando la decina di presenti così somiglianti fra loro, ma non lo vide da nessuna parte. Interrogò Hazelle con lo sguardo e notò i suoi occhi lucidi, mentre la donna scuoteva il capo, suggerendole ciò che aveva già ipotizzato da sé. Un nodo le serrò la gola e il freddo della sera le avviluppò il petto: se ne era andato.

Guardò ancora in alto, sforzandosi di ignorare la delusione che le bruciava negli occhi; la cometa era ormai sul punto di confondersi con le altre stelle. Quasi come un’illusione ottica, uno gioco di luce, un inganno. Sfuggevole come dei passi rivolti verso qualcuno che tutto a un tratto s’interrompono, svanendo assieme al proprietario.

Fissando il cielo Katniss non riuscì a ricacciare indietro il ricordo di due adolescenti sdraiati nell’erba, intenti a guardare le stelle. Due ragazzi impegnati a domandarsi che effetto possa fare vedere una cometa che sparisce ogni settant’anni.

 

“Dovremmo aspettarla, quando tornerà” propone infine Katniss, voltandosi verso di lui.

“All’ingresso delle miniere. Mio padre e tuo padre l’avrebbero fatto, se fossero stati ancora vivi.”

Il ragazzo sembra riflettere sulle sue parole per qualche istante.

“Promettilo e basta, Gale. Prometti che aspetteremo la cometa assieme.”

“Lo prometto, Catnip” risponde lui, reprimendo a stento uno sbadiglio. “Te lo prometto.”

 

Eppure Gale, ancora una volta, se n’era andato. Katniss si sentiva tradita, proprio come era successo la prima volta che l’aveva cercato nei boschi, di ritorno dai Settantaquattresimi, e non l’aveva trovato. Il suo abbandono faceva più male di quello del padre, impossibilitato ad esserci per via dalle ingiustizie del passato. Faceva male perché, per un attimo, lei si era illusa che tendendo la mano avrebbe trovato quella del suo migliore amico, proprio come un tempo.

 

Invece lui se ne era andato e Katniss in quel momento fu certa di avere appena spento l’ultima possibilità di riconciliazione con lui. Era certa che non l’avrebbe più rivisto, così come non avrebbe più rivisto la cometa di Halley.

Delusione e risentimento si mescolarono dietro ai suoi occhi, prima di scivolare fuori per appannarglieli, nascondendole così l’ultimo scorcio della cometa. A qualche passo di distanza, Joel e Haley commentavano eccitati lo spettacolo a cui avevano appena assistito, le mani ancora intrecciate.

Quattro parole cariche di amarezza accarezzarono le labbra di Katniss, prima di uscire allo scoperto per unirsi alle sue lacrime.

Me l’avevi promesso.

 

***

La scia di luce che tagliò il cielo quella sera fu meno appariscente rispetto a come Gale se l’era sempre immaginata da bambino; durò solo una manciata di secondi, un tempo a malapena sufficiente per sollevare lo sguardo e richiamare alla mente la voce bonaria di suo padre, per sentirselo accanto in un momento speciale come quello.

Quel breve istante riuscì comunque a sfasare il ritmo dei suoi battiti. Sentì gli occhi inumidirsi al pensiero di quanto un momento del genere avrebbe significato per il Gale del passato: il ragazzo che per anni si era sforzato di vivere onorando gli insegnamenti di suo padre, rispettando ogni promessa che gli aveva fatto.

Tuttavia, il tempo l’aveva cambiato; non era più la stessa persona cresciuta ai margini di quelle miniere. Le sue scelte l’avevano trascinato lontano, in un posto dove i ricordi bruciavano un po’ meno. Un luogo dove non aveva poi così importanza il fatto che avesse tradito più promesse di quelle che era riuscito a mantenere.

Quella sera, però, si era sforzato di onorare uno dei patti più importanti, fra quelli stretti da ragazzo. L’aveva fatto per suo figlio, perché sapeva che tenerlo lontano dalla storia della sua famiglia non sarebbe stato giusto. L’aveva fatto per suo padre, perché era certo che se non fosse tornato nel Dodici almeno per vedere la Cometa, avrebbe perso ogni occasione di onorare la sua memoria.

E, forse, l’aveva fatto anche per lei: perché l’aveva delusa così tante volte che si sentiva in dovere di rimediare, a costo di peggiorare le cose. A costo di tirare in ballo una promessa ormai non più valida o caduta nel dimenticatoio. A costo di ferirsi o di fare del male anche a lei.

Se non altro, non sarebbe rimasto così a lungo da causare dei danni permanenti.

Ne era stato certo sin dal momento in cui aveva incrociato lo sguardo di Katniss per la prima volta dopo anni, il mattino precedente. Ormai erano due estranei: era scritto a chiare lettere nel volto della sua amica d’infanzia e la cometa l’aveva appena confermato; non erano riusciti a parlarsi neppure in un momento come quello, l’attimo che avevano atteso sin da quando erano bambini.

Si erano cercati, ma senza trovarsi; erano rimasti isolati, due pianeti vicini ma intenti a roteare su se stessi, senza mai sfiorarsi né collidere.

Per questo, mentre la cometa tagliava il cielo catturando l’attenzione dei presenti, Gale incominciò ad arretrare. Si sentiva freddo, privo dell’impulsività e dell’istinto ad agire che l’avevano mosso fin da piccolo.

Si allontanò dai parenti, deciso a ritrarsi da quell’istante che aveva atteso così tanto e che invece non gli aveva trasmesso nulla.

Ho mantenuto la promessa, papà, pensò fra sé, indirizzando un’ultima occhiata indietro: guardò suo figlio per qualche istante e le sue labbra sorrisero amare nel contemplare l’allegria di Joel e la vivacità con cui scuoteva la mano di Haley, ancora stretta alla sua. Ma ora devo andare.

Attraversò il Prato con andatura rapida, meccanica; era diretto verso casa di Rory, ma quando raggiunse il punto in cui aveva abitato in passato si bloccò. Da quella posizione riusciva a intravedere il fortino di legno di Posy, la casetta che sua sorella aveva costruito da piccola con l’aiuto di alcuni abitanti del Distretto. I suoi nipoti l’adoravano, mentre lui si era sempre sentito a disagio anche solo sentendone parlare. Quella casetta blu gli ricordava la sua assenza nella vita dei fratelli durante gli anni difficili del dopo-guerra; a irritarlo ulteriormente era il pensiero che una delle persone che avevano contribuito al progetto del fortino fosse stato Peeta Mellark: non era facile per lui ricordare che Peeta era stato vicino a diverse persone a cui voleva bene.

Non aveva ancora visto la casetta da vicino, così decise di approfittare dell’assenza dei parenti per darci un’occhiata. La luce pallida delle stelle filtrava attraverso le assi del fortino, ricamando spiragli di luce sull’erba. Ai piedi della piattaforma su cui era adagiata la casa, un cartello recitava in una grafia infantile e sbavata dalle intemperie quello che con il tempo era diventato il motto della piccola di casa Hawthorne: il cielo non crolla (ed io nemmeno)[1].

Un lieve sorriso si arrischiò a piegare le labbra dell’uomo. Era sul punto di arrampicarsi sulla piattaforma, quando un movimento improvviso lo fece sobbalzare.

Gale arretrò di qualche passo e rincorse con lo sguardo l’intruso che, scoprì presto, non era altro che un gatto.

L’osservò mentre agitava inquieto la punta della coda, chino in una posizione di agguato. Gale impiegò qualche istante per capire cosa stesse facendo l’animale: con uno scatto, il felino si fiondò contro uno dei coni di luce proiettato dagli spiragli fra gli assi di legno.

Quell’immagine – la corsa del felino intento a rincorrere un fascio di luce – fece scattare qualcosa nella mente di Gale: il ricordo di un altro gatto alle prese con un simile gioco si spiegò nella sua testa. Ricordò una fredda serata invernale e sei ragazzini radunati in una casa del Giacimento, intenti a passarsi una vecchia torcia. Evocò le risate dei suoi fratelli e quella di Prim, mentre un gatto dal pelo arruffato e l’aria imbronciata – Ranuncolo  –   si gettava da una parte all’altra della stanza, per cercare di afferrare il fascio luminoso: una cometa. Cercava di afferrare una cometa.

Nel ricordo, al centro di tutto questo trambusto, due adolescenti giocavano a palle di neve, dimenticandosi per un istante dell’aspetto cagionevole dei rispettivi fratelli o della magrezza del bottino di caccia di quel pomeriggio. E ridevano, quei due ragazzi. Perché erano assieme e si guardavano le spalle a vicenda; perché non aveva senso arrendersi e rassegnarsi, quando si era in due a dare la caccia a una cometa magica[2].

Ricordò tutto questo, Gale, e ad un tratto l’amarezza che l’aveva accompagnato per l’intera giornata venne meno.

Incominciò a correre, cogliendo di sorpresa il gatto, che sobbalzò con un soffio stizzito.

Corse come il vento di cui portava il nome, perché questa volta non voleva arrivare tardi: questa volta avrebbe acchiappato la sua cometa.

 

***

Note Finali.

Finalmente, con un clamoroso ritardo, giungo a pubblicare il secondo capitolo! Ormai siamo a metà percorso: mancano solo più l’ultimo capitolo ed infine l’epilogo. Ormai manca pochissimo all’incontro fra Gale e Katniss: lo so, questa storia è un agglomerato di noiosissime e inutile pare mentali fatte dai due protagonisti; tuttavia, non riesco a fare a meno di immaginarli ormai così. Con la testa piena di rimpianti, di risentimento, di voglia di riunirsi e di paura e orgoglio che impediscono loro di fare quel passo. Katniss, soprattutto, è famosa per il suo rimuginare costante e quindi non sono riuscita proprio a trattenermi. Prometto che nell’ultima parte ci sarà finalmente un bel po’ di dialogo – stessa cosa per quanto riguarda l’epilogo, che avrà come protagonista Gale assieme al piccolo Joel. Ci tenevo ad aprire la storia con mamma e figlia e concluderla con papà e figlio. In questo modo si va a creare una sorta di struttura circolare, poiché la prima storia della serie sulla Cometa (The Miner Saw a Comet) alternava il PoV di papà Everdeen e la piccola Katniss con quello di papà Hawthorne con mini Gale.

Ringrazio di cuore le persone che hanno letto i capitoli precedenti e, in particolare, Amortentia2610 e Sfiorarsi, che hanno seguito ogni capitolo di questa storia! Non so come ringraziarvi, davvero! Se continuo a pubblicarla è sicuramente in gran parte grazie a voi!

Un abbraccio e buon week-end!

Laura

 



[1] La storia del fortino di legno di Posy, del suo amore per il cielo e del modo in cui la piccola di casa Hawthorne ha vissuto i bombardamenti e la guerra viene raccontata in “Il cielo non crolla (ed io nemmeno)”.

[2] Il ricordo di Gale fa riferimento alla storia “How to catch a Comet”, dove viene raccontata la sera in cui Katniss, Prim e i fratelli Hawthorne (più Ranuncolo!) inventarono il gioco del gatto matto.

   
 
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