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Autore: poison spring    31/01/2016    18 recensioni
Prendete la figlia del Salvatore del Mondo Magico, appioppatele una cuginetta a cui fare da baby sitter e mettetela sulla strada di una folle impresa suicida alla ricerca di fortuna e gloria. Datele una migliore amica con l'intelligenza della madre, l'astuzia del padre e il carattere della nonna paterna. Datele un ex ragazzo inopportuno, un mistero o due da risolvere e un paio di fratelli da schiantare.
Agitate, non mescolate e spruzzate tutto con un bel po' di Malfoy, Lucas Malfoy.
NG Post Bellezza del Demonio. [Lucas Malfoy/Lily Luna Potter]
[I personaggi di Lucas Altair Malfoy, Lyra Joanne Narcissa Malfoy non sono presenti nella Saga della Rowling per motivi più che ovvi e sono da considerarsi di proprietà dell'autrice]
Lyra sorrise. «Sei stata grande, li hai zittiti tutti».
«Non mi si avvicinerà nessuno per il resto dell’anno, ma ne è valsa la pena. Non credo di essermi mai sentita tanto bene».
Lyra le strizzò l’occhio e la prese sottobraccio. «È genetico. Non puoi farci niente».
«Stai ancora parlando del fattore Potter?»
«E di che altro?» rise Lyra, trascinandola su per le scale.
Genere: Avventura, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Famiglia Malfoy, Famiglia Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il ciclo della Bellezza'
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IX


Senza colpo ferire


Golden boy, take a chance

You're a clockwork toy, you're a dime a dance

The truth is only black and white

No shade of grey

It's easy answers babe

But it's the hell to pay”


- Motörhead, Another Perfect Day -


Rita Skeeter e la sua penna verde acido erano arrivate a Hogwarts col treno di mezzogiorno e tutti, vedendola arrivare, si erano trovati qualcosa di estremamente importante da fare. Hagrid, che di norma teneva compagnia a sua moglie persino durante l’ora del tè, era sparito verso la Foresta Proibita e c’era chi sussurrava che fosse andato a rintanarsi nella sua vecchia casa a raccontare aneddoti da custode a Wilder Boyle davanti a svariati boccali di vino di ortica. Di certo c’era solo che nessuno voleva incrociare la strada dell’inviata più spregiudicata della Gazzetta del Profeta.

Con le diverse biografie non autorizzate di maghi famosi che poteva vantare di aver scritto, Rita Skeeter veniva guardata da tutti come un faro.

Da evitare a tutti i costi.

«Così, un’altra Potter da consegnare agli onori della storia». Rita emise una risatina leziosa, aggiustandosi gli occhiali a farfalla sul naso piccolo e dritto. «Delizioso» sillabò, facendo schioccare le labbra.

Lily si strinse le braccia al petto, a disagio. «Vede, non è proprio così…»

Il Campione di Durmstrang fece un passo in avanti: i suoi occhi scivolarono con disprezzo addosso al tailleur di Rita e si soffermarono sulla sua espressione estasiata. Rita si lasciò sfuggire l’ennesimo risolino, con un’occhiata che non lasciava nulla all’immaginazione.

«E lei è Vasily Petrov, non è così?»

«Ma dobbiamo proprio farla quest’intervista?» Armand De Rais levò verso il soffitto i palmi aperti. «Tanto scriverà comunque quello che le pare, n’est ce pas?»

La penna verde scarabocchiò qualcosa sulla pergamena e Lily, sporgendosi sulle punte, riuscì a leggere le parole arrogante e volitivo.

Questo le fece tornare in mente i racconti di suo padre sull’abitudine di Rita Skeeter di romanzare i fatti per ricavarne storie, una qualità assai apprezzabile in un romanziere secondo lei, ma decisamente deprecabile per una giornalista. Rita non pareva preoccuparsene, comunque: passeggiava in tondo nell’ufficio del Preside, facendo ondeggiare i boccoli che aveva ancora folti e di una sfumatura d’oro che poteva venire solo da un esperto acconciatore con un talento particolare per le colorazioni.

La penna continuava a scrivere. L’aria carica di tensione per l’imminente prima prova del Torneo ha completamente contagiato i pretendenti al titolo di campione che…

Lily sbuffò e allontanò con uno schiaffo la pergamena che le girava attorno con la stessa solerzia di un moscone deciso a infastidirla. Carta e penna si afflosciarono contro il muro con uno squittio, mentre Rita si girava, spalancando la bocca con consumato talento da attrice.

«Non si può chiudere la bocca alla stampa, cara» la ammonì, richiamando a sé l’attrezzatura ammaccata. «Nessuno è immune al suo potere. Così, questo è l’arredamento di Renwick Faulks, eh? Oh, guarda qua, che meraviglia!» esclamò, sollevando il drappo pesante posato sul manichino da sarto. «Sapete, al nuovo Preside di Hogwarts piacciono moltissimo i vestiti da donna. Credo sia una specie di mania, due anni fa durante le vacanze di Natale l’hanno visto girare per tutti i negozi di stoffe e abiti di Diagon Alley alla ricerca di un particolarissimo tipo di velluto verde. Un tipo singolare, già». Rita abbassò la voce fino a raggiungere a un tono che secondo lei doveva essere confidenziale e continuò: «Ma naturalmente tutti noi abbiamo le nostre piccole fissazioni. Per esempio, tu, Lily Luna, non hai proprio niente da confessare? Un piccolo segreto, una storia che possa piacere ai miei lettori» le sorrise, sporgendosi verso di lei sorniona come un gatto a caccia di farfalle. «Una passioncella, magari?»

«Oh, ma per favore» Vasily si frappose fra lei e Rita. «Lei è qui per parlare del Torneo Tremaghi. Se vuole farci delle domande su quest’argomento le faccia. Altrimenti esca in fretta».

Rita inclinò il capo di lato e si poggiò sul petto la mano destra, al cui medio spiccava un grosso anello. «Oh, quanta fierezza. Del resto, che cosa mi dovevo aspettare dall'ultimo discendente di una stirpe così illustre come la sua. È vero che i suoi genitori vantano parentele con una famiglia reale?» Gli poggiò l’indice sul petto abbassando di nuovo gli occhiali per guardarlo di sottecchi, mentre la penna verde prendeva velocemente appunti.

Vasily si produsse in un sorriso dall’apparenza cortese e si staccò di dosso la mano di Rita. «Signora». Un’ombra cupa aleggiò nel fondo dei suoi occhi violacei, il suo labbro si contrasse per uno spasmo improvviso. «Si allontani. La prego. È meglio per tutti». Lasciò la presa, senza battere ciglio, e si sistemò il colletto.

Il sorriso smagliante di Rita sbiadì. La bocca grinzosa tinta di rosso lacca schioccò nervosa e Lily scorse sul suo viso un’ombra di autentica paura.

De Rais sorrise. «Immagino che abbiamo finito» cantilenò.

«Non ne sarei così sicura…» fu la risposta melliflua. Rita recuperò penna e pergamena e scorse rapidamente le righe di appunti. «Ma immagino che dovrò accontentarmi per oggi».


***


«Hanno affisso la data della prima prova».

L’annuncio era caduto nell’indifferenza più totale. Lily era troppo intenta a fissare la lettera che Pumpkin stringeva fra gli unghioli per occuparsi di rispondere: la busta era stata stropicciata e probabilmente accartocciata molte volte prima di essere spedita e l’inchiostro violetto l’aveva macchiata in più punti vicino alle lettere in stampatello che componevano il suo nome.

«Mamma ha parlato con zia Ginny. Puoi stare da noi per Natale».

La calligrafia minuta e ordinata, segni quasi geometrici come righe tracciate con l’ausilio di una squadra.

Quelle piccole chiazze.

Sua madre l’avrebbe uccisa.

«Dovresti aprirla, sai?»

La strillettera cominciò a fumare: la busta divenne di un rosso vivissimo e levitò all’altezza del suo naso, arricciandosi, espandendosi fino ad assumere le sembianze imbronciate della bocca di Ginny Potter.

«Mi stai ascoltando?»

La busta urlò. Lily si tappò le orecchie e vide Lyra impallidire e afferrare la bacchetta: per un momento temette che avesse intenzione di distruggerla o colpirla con qualche tipo di fattura del silenzio. Lyra invece si limitò a scuotere la testa e pronunciare qualche sillaba, tracciando un cerchio attorno a sé.

«Lily Luna Potter! Fra te e i tuoi fratelli non so chi tenga meno alla pelle, accidenti a te! Ah!» La lettera volteggiò su se stessa, e Lily vide chiaramente le movenze irose di sua madre riflesse in quel turbinio. «Sta’ molto attenta a quel che fai, mi capisci? Se osi soltanto rischiare la vita ti ammazzo con le mie mani!» La busta frusciò, dilatandosi, come se stesse prendendo fiato. «Adesso vado. Devo dire a tuo padre di smetterla di cercare di smaterializzarsi a Hogsmeade per venire a fermarti! È così arrabbiato che continua a spaccarsi

«Però». Lyra soffiò sul suo compito di Antiche Rune, spazzando via i brandelli della lettera che si era sbriciolata sotto i loro occhi. «L’ha presa bene».

«Splendidamente».

Lyra estrasse dalle orecchie i due tappi di cera che aveva materializzato all’inizio delle urla. «Almeno non ha ritirato il permesso per Natale».

«Ci mancava soltanto l’ennesima vacanza alla Tana, con Al che mi gira intorno vantandosi perché lui può usare la magia e io no. Lo sai» Lily si sdraiò sul pavimento della Sala Comune, contorcendosi per assumere una posizione almeno in parte comoda, «ancora non mi parla. Credo che non gli passerà tanto in fretta».

Lyra arricciò il naso. «Succederà. Non preoccuparti. I fratelli a volte sono un gran casino».

«Il tuo almeno non pensa che tu sia orribile».

«Le cose non sono sempre rose e fiori neppure fra noi». Lyra fece una smorfia, abbassando gli occhi sui suoi rotoli di pergamena, sparsi sul tappeto blu. «Abbiamo il nostro metodo per risolvere le dispute. Cioè, avevamo. Era una cosa più frequente quando eravamo piccoli, sai, adesso ci vediamo così di rado che perdere tempo a litigare sarebbe un’autentica assurdità».

«E quale sarebbe?»

«Quidditch. Brutto, sporco e cattivo, bolidi imbottiti a parte, che erano l’unica imposizione di nostra madre per permetterci di darcele di santa ragione. Partite all’ultimo sangue nel giardino dietro casa. Finivamo sempre pieni di lividi ma senza rancore, anche se lui è sempre stato più bravo di me e molto più grosso». Il sorriso divertito sul suo volto si velò di nostalgia. Afferrò la borsa abbandonata al suo fianco e ne estrasse il libro di Pozioni. «Hai finito il tema che ci ha dato la Professoressa Morgan?»

«Cinquecento modi per diventare invincibili: medicamenti ed estratti dell’invulnerabilità» Lily srotolò il suo saggio e lo mostro a Lyra, che si chinò a leggere, compitando con attenzione.

«Sono solo quattrocentonovantanove, lo sai?»

«Pensavo che cinquecento fosse solo un modo di dire!»

«Claire Morgan ama le cifre tonde». Lyra sollevò un sopracciglio, eloquente, e si protese verso di lei schiudendo le labbra. «Solo quattrocentonovantanove. Ti costerà la tua O, signorina Potter. Peccato» recitò, affettando una convincente parlata cockney.

«Ha-ha. E i tuoi quanti sono, guitta dei miei stivali?»

La risposta giunse corredata da un sorriso abbagliante. «Cinquecentodieci. Posso prestartene qualcuno, tanto non mi servono».

«Ti odio».

«In effetti non so se rinunciare al Sangue di Unicorno o ai semi di Athanatos. Voglio dire, tutti e due mantengono in vita ma non ti rendono propriamente invulnerabile allo stato puro. Vanno lavorati un bel po’, come il tuo fiore». Lyra saltò su, come se si fosse appena ricordata qualcosa di importante. «Aspetta. Il tuo fiore! È al sicuro, vero?» I suoi occhi guardinghi la scrutarono, correndo da lei alla sua borsa, che giaceva slacciata sul tappeto.

Lily abbassò lo sguardo sulle proprie mani e si accorse che le stava sfregando nervosamente fra loro. Certe volte lo faceva così forte da farsele dolere: l’anno prima, nel periodo degli esami, si era strofinata così a lungo da rendere la pelle lucida e tenera come quella di un neonato.

«Non dirmi che l’hai perso. Non si è seccato, vero? Da secco è completamente inutile!»

«No, non è secco. Ma non ce l’ho più».

Dietro di loro due ragazzine del primo anno che chiacchieravano smisero immediatamente di parlare.

«Ti prego, dimmi che non è vero».

Le due spettatrici della loro conversazione ridacchiarono. Quella con le gambe più lunghe, che si stava esercitando con l’incantesimo di levitazione, posò la bacchetta e iniziò a giocherellare con la sua piuma.

«Non avrei saputo che farci, Bun». Lily fece spallucce, mordendosi il labbro inferiore, e si afferrò la treccia, arricciandosi ciocche di capelli fra le dita nervose. «Come pozionista sono appena passabile, e solo perché mi impegno. I miei calderoni esplodono appena mi giro e non ho idea del perché. Avrei combinato un disastro o l’avrei tenuto lì ad appassire lentamente per paura di fare danni. Che altro avrei dovuto fare?»

«Potevi darlo a me!» Lyra si accasciò contro una poltrona. «Un petalo solo racchiude più potere di una fiala di Lacrime della Fenice, quello che si può fare con quel fiore è grandioso! Tu sei una sconsiderata. Dar via così il fiore d’oro è una cosa che solo una col tuo Fattore Potter avrebbe potuto considerare».

«Non ci avevo pensato».

Adesso le due ragazzine non facevano neppure finta di non ascoltare.

«Oh, bene» sospirò Lyra, raddrizzandosi. La tempesta sembrava essere passata: il suo volto, graziato da quella bellezza terribile che le era toccata alla nascita, era disteso e mostrava un accenno di allegria. Socchiuse le palpebre e cominciò a fissarsi le unghie. «Voi due sulle poltrone avete qualcosa di costruttivo da aggiungere a questa conversazione?»

«No, Prefetto Malfoy, scusa».

«Già» intervenne l’altra bambina, che aveva i capelli raccolti in una buffa coda che le sventolava sopra la testa. «Scusa, non volevamo intrometterci».

«Ti diverti a terrorizzare piccole anime innocenti?»

«Abbastanza».

Lily le poggiò la testa contro la spalla. «Non volevo farti un torto».

Lyra rimase in silenzio per un po’ a fissare il fuoco che danzava nel camino. «Non importa. Ogni tanto mi lascio prendere, lo sai. Posso solo chiederti chi ce l’ha? Pensavo che se l’avessi dato via l’avresti regalato a tuo fratello Al, ma se è ancora arrabbiato con te significa che non ce l’ha nemmeno lui».

«A cosa serve?»

«È lungo da spiegare. Testi di alchimia parlano dei frutti dello stesso albero come di un potentissimo surrogato della Pietra Filosofale, ma per i fiori è diverso. Il suo polline ha un grande potere, ma estrarre l’essenza è incredibilmente difficile». Lyra le rivolse un sorriso con troppi denti. «Mi sarebbe piaciuto provarci, comunque. Sarà per un’altra volta».

A quelle parole una spina di rimorso le si conficcò in gola. Lily cercò di tenerla a bada, senza spostarsi, quasi come se interrompere quel labile contatto fra loro potesse significare separarsi per sempre. «Sai, stavo quasi per darlo a te quando sei uscita dall’infermeria per prepararmi il banchetto di Halloween. E adesso mi sento persino più in colpa».

Lyra le arruffò i capelli. «Non preoccuparti. Probabilmente avrei fatto un pasticcio: il procedimento richiede una lavorazione molto lunga e io non ho la strumentazione adatta. Avrei dovuto aspettare le vacanze e non avrei nemmeno fatto in tempo, sarebbe appassito prima. Spero solo che chiunque lo abbia avuto al posto mio ne faccia un buon uso e non lo usi come decorazione per lo stagno di casa».

«Penso che gli tornerà utile».

«A chi?»

Lily chiuse gli occhi. Un dolore dolcissimo la colse alla bocca dello stomaco; respirò e le parve di aver affondato il viso tra quella massa selvaggia di riccioli biondi che aveva accarezzato intrisi di pioggia.

«Lucas».

Lyra smise di respirare.

«È un soldato. Ho pensato che avrebbe potuto salvargli la vita prima o poi».

«Mi ricordo quanto hai pianto, quand’è partito». Dolce come una carezza il sussurro di Lyra le sfiorò la fronte, le sue dita bianchissime le ravviarono i capelli sulla fronte con un affetto così esplicito che Lily si sentì una sciocca ad aver dubitato dell’amicizia che le legava.

Nessun trofeo si sarebbe mai adornato dell’ulteriore gloria di averle divise.

«L’amore non dovrebbe mai arrivare quando stai ancora giocando con le bambole». Tutta quella dolcezza le fece bruciare gli occhi di una tenerezza profondissima: lo sguardo vellutato di Lyra era pieno di un calore familiare, che addolciva i suoi tratti severi.

Quella bellezza terribile, piena di grazia diabolica.

«Grazie, Lils».

Alle loro spalle si levarono gridolini eccitati: un gruppetto eterogeneo di studenti si era ammassato davanti alla porta e fra le loro urla di entusiasmo la porta del dormitorio si chiuse con uno scatto violento.

«Oh, ma è magnifico!» Mary Ann Buttercup girò su se stessa, facendo svolazzare la folta chioma del colore del miele d’acacia. «Quindi le voci sono vere».

Lily si tirò in piedi. «Che succede?»

Un brusio concitato riempì la sala comune. Fra le gambe degli studenti si fece largo una creatura alta poco meno di due piedi: la sua pelle era di una graziosa sfumatura di verde pistacchio e i suoi occhi erano due bilie di cristallo, tondi e luminosi.

La creatura sorrise.

«Tutto questo caos per un Elfo Domestico?»

Un’altra serie di strilli in rapido susseguirsi le fece venire voglia di gridare a sua volta.

«Va bene. Ora basta. Tutti via». Lyra si chinò e sorrise all’Elfo che nel frattempo stava abbracciando la sua gamba. «Questo è inaspettato, lo ammetto. Ma è bello vederti, Puck».

«Puck? Tu hai un Elfo Domestico?»

Lyra le lanciò un’occhiata sdegnata. «Non è il mio Elfo. È un amico».

«Bene. E che ci fa qui?»

La creatura si inchinò e Lily si accorse che indossava un maglione bianco al posto della tradizionale pezza attorno alla vita. «Puck è venuto a trovare la sua amica Lyra».

«Da solo?»

«Oh, no». Puck schioccò le dita e indicò la porta marrone. «La signora ha portato Puck con sé!»

I ragazzi si dispersero lentamente, tranne un paio di studenti del primo anno che osservavano con estrema attenzione la visitatrice sulla porta, che si passava una mano fra i capelli folti che la pioggia incessante di quei giorni aveva reso simili alla criniera di un leone.

Gli stessi ricci di suo figlio.

«Zia Hermione!»


***


«Ho sempre sognato di entrare qui dentro». Hermione Granger contemplava con occhi quasi sognanti la volta blu della Sala Comune di Ravenclaw, il suo sorriso divertito illuminava il suo volto togliendole almeno dieci anni. Si era seduta composta, sul tappeto, incrociando le gambe fasciate in un paio di calzoni aderenti. «Sai, il Cappello Parlante pensava che sarei stata un’ottima Ravenclaw».

Testoline adoranti si mossero in su e in giù confermando quella tesi. Lyra, infastidita, sfilò dai capelli lo spillone d’argento che li teneva in ordine. «Scusate, è una conversazione privata».

Mary Ann Buttercup sembrava avere qualcosa da dire, ma l’arma improvvisata che Lyra si era procurata la dissuase. Guardò le altre ragazze del comitato di benvenuto, tutte diligentemente in ginocchio e in ascolto e si schiarì la voce, cercando di attirare la loro attenzione.

Lily nascose dietro il braccio un sorriso condiscendente, mentre la Pierce e la sua combriccola entravano con la solita aria tronfia senza essere degnati delle solite attenzioni. Dee si girò smarrita, scrutandosi attorno come se non si capacitasse di tutta quell’indifferenza. I loro sguardi si sfiorarono, niente più che un rapido battito di cuore e di ciglia, poi Michael Rowland passò un braccio intorno alla vita della sua ragazza e la trascinò via.

Jason Carmichael, invece, non si mosse.

«Come mai sei qui?»

Hermione sorrise a sua figlia. «Sai, avrei voluto dirtelo prima, ma la comunicazione ufficiale è arrivata stamattina insieme ai nomi dei Campioni del Torneo». Fece una pausa per studiare le reazioni di Lily, che abbozzò un sorriso imbarazzato. «Tuo padre è fuori di sé. Come se non avesse mai rischiato volontariamente la pelle alla tua età» sentenziò, tendendole la mano perché lei l’afferrasse. «Non aver paura, gli passerà».

Le fece una carezza gentile e Lily ricambiò, stringendo più forte le sue dita.

«Lei è uno dei giudici?» Carmichael si era avvicinato, chinandosi accanto a loro.

Hermione socchiuse le palpebre, osservando il distintivo scintillante sul petto del ragazzo. «È così» disse infine, laconica. Le piccole rughe che le contornavano gli occhi si distesero: un segno più marcato, verticale, apparve fra le sue sopracciglia. «E tu, sei…?»

«Carmichael» intervenne Lyra, ravviandosi i capelli ancora sciolti.

Il comitato di benvenuto era tutto intento a fare sì con la testa. «Mary Ann Buttercup. Presidentessa del Club degli Scacchi Magici e campionessa in carica del Torneo Scolastico».

Hermione sorrise alla bionda al centro, che le tendeva la destra con aria pomposa e ufficiale. «È bello conoscere giovani menti assetate di sapere. Ma non vorrei distogliervi dai vostri compiti». Quella frase, lasciata cadere quasi casualmente, ebbe l’effetto di indurre tutti gli astanti ad alzarsi e correre immediatamente alla ricerca di un libro qualsiasi per mettersi a studiare. Coleen Davies, una delle ancelle di Mary Ann, afferrò Carmichael ancora attonito per la cravatta e lo condusse con sé in un angolo per esercitarsi con gli schiantesimi. Vederlo passeggiare come un cagnetto al guinzaglio fece ridere Lily, che trasse un grosso sospiro di sollievo.

Lyra si raccolse di nuovo i capelli, abbassando le lunghe ciglia scure. «Bisogna fargli capire chi comanda».

«I tuoi metodi rimangono comunque un po’ troppo violenti». C’era tanto di quell’orgoglio represso, in quel rimprovero bonario, che Lyra, anziché adombrarsi, si concesse un sorriso deliziato. Sua madre scosse la testa. «Non era un complimento».

«Mi fa comunque piacere che tu l’abbia notato, mamma».

L’espressione di Hermione rimase impassibile. «Non so chi di voi due meriti di più il cognome che porta».

«Lei» disse Lily, prendendosi la soddisfazione di far ridere sua zia.

Lyra appoggiò i gomiti al divano dietro di sé, sollevando il mento. L’eleganza naturale del suo movimento era qualcosa che Lily non poteva fare a meno di invidiare, seduta com’era con le gambe avviluppate l’una all’altra mentre tormentava il folto manto del tappeto. Lyra era adagiata con gli occhi spalancati verso la volta blu e sulla sua bocca carnosa era apparsa una smorfia divertita.

«Ha parlato Pottergirl».

«Sei molto, molto ingiusta». Lily balzò in piedi e afferrò un cuscino. «Ti sfido a duello».

«Ti conviene risparmiare le energie». Una nota di preoccupazione nella voce di Hermione le costrinse a voltarsi: si era alzata anche lei e guardava fuori dalla larga finestra che dava sui giardini immersi nella nebbia. La Foresta Proibita, attorno al Lago, nascosta da quella spessa coltre bianca, somigliava a un mare di fumo. «La prima prova è domenica. Sei pronta?»

Lily si sforzò di risultare convincente mentre annuiva.

«Sotto è pieno di soldati». Lyra raggiunse sua madre e ne indicò un paio che passeggiavano nel cortile, fra gli studenti perplessi.

Weyland e Coop, a giudicare dalla corporatura.

«Come è possibile che li prendano così giovani? Tu hai parlato di affiancamento, ma non mi hai mai spiegato cosa vuol dire». Lily premette i palmi contro il vetro, ripensando al viso imberbe di Weyland che si lanciava con la scopa fra un bolide e l’altro come se ne andasse della sua vita.

«La Commissione per la Difesa del Ministero ha approvato nuovi metodi di inserimento. Questi che vedi sono soprattutto ragazzi istruiti a casa dai genitori che hanno poche speranze di diplomarsi in una Scuola Tradizionale. Le Accademie Militari hanno pensato di sfruttare la cosa per reclutare nuove forze: affiancano l’insegnamento tradizionale orientato alle tecniche di combattimento, così da formare nuovi Maghi e Streghe particolarmente adatti a incarichi di sicurezza». Hermione si leccò le labbra, grattando il vetro con l’unghia. «Molti di noi pensano che sia una pessima idea. Sono così giovani che affidare loro una missione del genere può comprometterne la riuscita».

«O la loro vita, se è per questo» aggiunse Lyra, corrucciata.

Lily annuì. «Sono addestrati molto bene, comunque». Il ricordo dei loro riflessi prontissimi le balenò in mente, illuminando la scena nella sua memoria come un fulmine durante un temporale. «Velocissimi e agguerriti».

«A volte non basta». Un’ombra di perplessità apparve sul viso di Hermione, che tuttavia sorrideva, contemplando il quieto spettacolo della ronda. «Ma Lucas sa il fatto suo. Ci sono mattine in cui mi sveglio e spero che decida di fare un lavoro normale. Sarebbe stato un Guaritore eccezionale, ma non era il suo destino. Guardalo» disse, indicando la figura che raggiungeva i due cadetti per dar loro istruzioni. «Sembra nato per comandare».

Un sospiro sfuggì dalle labbra di Lily prima che le venisse in mente di trattenerlo. «Non gli succederà niente di male, vero? Non c’è nessuna guerra» obiettò, più a se stessa che ad altri. «È solo una precauzione».

Lyra le aveva poggiato la testa contro la spalla contratta. Il suo respiro irregolare le sfiorò la nuca e il battito capriccioso del suo cuore le risuonava contro la schiena. «Mio fratello starà bene» disse e Lily avvertì in quelle parole il desiderio di una certezza mai totalmente conquistata. Le strinse la mano e ottenne in cambio un buffetto affettuoso.

Riportò lo sguardo su sua zia.

Occhi caldi, di una sfumatura più scura delle foglie d’autunno, fissi sul cortile, soffusi di una luce interiore che poteva venire solo dalla consapevolezza dell’esistenza dei miracoli.

E che uno di questi l’aveva fatto lei.


  ***


Nessun incantesimo di duello o offesa può essere utilizzato.

Lily rilesse tre volte il suo cartiglio per essere sicura di avere capito bene. Gli altri due campioni, radunati con lei di fronte al piedistallo del Trofeo, avevano stampata in volto la medesima perplessità che lei sentiva roderle lo stomaco.

Sono ammessi i sortilegi scudo, gli incanti senza valenza offensiva, gli incantesimi di appello, le materializzazioni, l’uso della trasfigurazione, le preparazioni alchemiche, le pozioni e gli unguenti.

Armand fece un mezzo sorriso. La delicatezza dei suoi tratti armoniosi sembrava essere scomparsa, lasciando spazio a una durezza inusitata che contrastava con la cantilena melliflua delle sue parole sussurrate.

Dieci punti di penalizzazione verranno inflitti per ogni artificio non ammesso utilizzato per raggiungere la fine del percorso.

Le sopracciglia di Vasily scattarono verso l’alto, la sua mandibola si contrasse e i suoi occhi vagarono alla ricerca di quelli cinerei della sua insegnante, che assisteva alla scena immobile, coi suoi schierati a semicerchio dietro di lei. Katia Petrova, la bionda della steppa, fece un passo verso suo fratello, ma la professoressa sollevò una mano, costringendola a fermarsi.

Chiunque cada prima del traguardo verrà eliminato.

Il Preside Faulks batté una mano sulla spalla del Segretario.

Fauchelafleur sollevò le sopracciglia cespugliose. «Oggi è giovedì. Avete tre giorni».


***


«Sergente».

Lucas alzò la testa, riscuotendosi dai suoi pensieri. «Cadetto» disse. «Riposo».

Weyland sciolse la posa marziale, passandosi le dita fra i capelli rasati. Un filo di rossore si era diffuso sulle sue guance lisce. «Signore, abbiamo smontato la guardia adesso. Io e Dave Morrison ci ritireremmo, se non ha altri ordini».

«Chi c’è al perimetro?»

«Charlie Alpha, Signore. Echo Bravo è dentro, di guardia alla porta dell’ala ospiti».

«I nostri fantasmi?»

Weyland congiunse le mani a pugno. «Si confondono. Nessuno li ha notati».

«Una preoccupazione di meno».

«Sì, Signore».

«Va bene, Weyland. Va’ pure».

Il Cadetto batté i tacchi, producendosi in un saluto impeccabile, e aprì senza voltarsi l’uscio che dava sul corridoio della Foresteria. Alle sue spalle, decine di porte gemelle di legno scuro schierate lungo file parallele chiudevano gli alloggi dei soldati, tutti identici.

Tranne il suo.

Lucas udì lo scatto della serratura.

La bacinella di rame sul suo tavolo era vuota, l’acqua che la colmava ferma e velata di una patina d’oro lucente che scintillava riflettendo i raggi bassi e sbiechi del sole al tramonto. Oltre la finestra, a far da contrappunto al biancore della nebbia, una coppia di divise identiche sfilava guardinga, osservando i confini labili dell’anello impalpabile che tracciava il limite fra lo spazio sicuro e quello dove la gambe cedevano e il senso dell’orientamento veniva soffocato dall’incapacità di vedere.

Giorni prima Everton e Burns, un soldato semplice e un cadetto, si erano persi cercando di perlustrare le rive del Lago Nero, senza poter utilizzare l’Incanto Quattro Punti per venir fuori da quella cortina soffocante, asciutta, coi piedi che si incagliavano in lunghe radici molli come liane e il naso pieno di un profumo dolciastro di latte e fragole rancide. La Stellata Mortalis, i cui petali color amaranto erano protetti da una fitta sfera di spine pronte a scagliarsi non appena qualcuno le sfiorava.

La Trappola delle Sirene, che sceglieva le sue vittime confondendo loro la mente e trapassandole da parte a parte con aculei spessi come le braccia di un uomo adulto, capaci di perforare lo scafo di una nave da guerra senza neppure scalfirsi.

Una pianta così rara che chiedersi come debellarla avrebbe dovuto essere una priorità assolutamente secondaria rispetto all’altro interrogativo che gli premeva sui pensieri impedendogli di concentrarsi su quello che stava facendo.

Come fosse arrivata fin lì.

Scacciò quelle domande passandosi una mano sugli occhi e aprì l’armadio.

«Lucas ha bisogno del suo amico Puck?»

Il muso furbo e vispo dell’Elfo spuntò dall’ombra dello sportello, fra le uniformi stirate e i mantelli pesanti. Le sue piccole mani strette attorno alla sbarra lasciarono la presa, mentre lui si dondolava, e Puck balzò sul letto disadorno.

«La camera di Lucas a casa è molto più bella di questa».

«Sì, lo so. Quindi mia madre è già arrivata».

«Oh, sì». L’Elfo fece diligentemente cenno con il capo. «La signora e Puck sono arrivati ieri sera, ma Lucas era di guardia. Così hanno detto alla signora». Fece una pausa, seguendo il suo sguardo che si attardava lungo uno scaffale su cui erano posate dieci boccette di uguale grandezza, piene di un liquido ambrato, e una scatola lucida chiusa con un fiocco d’argento. «Puck vorrebbe sapere cosa sono quelle, se il suo amico Lucas vuole dirglielo».

Lucas afferrò tre delle fiale, soppesandole in mano.

La sua stanza era ancora satura del loro profumo; il fluido viscoso ottenuto dai pollini del fiore d’oro era un tesoro di inestimabile valore. Maghi molto più anziani ed esperti di lui avrebbero pagato per una sola goccia di quella sostanza.

L’invulnerabilità in bottiglia.

Le posò sul letto e vi si sedette accanto, sotto lo sguardo attento di Puck.

«Hai visto dove tengono gli attrezzi del Torneo?»

L’Elfo annuì, protendendosi in avanti con gli occhi verdi spalancati.

«Una per ogni baule. Non commettere errori».



MESTOLO CHE PASSIONE.

No, anzi: figo epico jr. nudo che passione. Mi sembra che l’incentivo sia servito e ne sono lieta. Continuate così, che mi fate venire voglia di scrivere.

   
 
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