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Autore: _hayato    01/02/2016    1 recensioni
– È semplice, – gli aveva detto – se pensi ne valga la pena si prova, altrimenti niente. – non era sicuro che, con la bocca piena di sangue, l’altro sentisse bene tutto quello che stava dicendo, ma non se ne curò. Avrebbe capito.
Elliot scosse la testa con un sorriso che, per quanto appena accennato, era bello e luminoso come non mai. Lo strinse a sé e Leo lo lasciò fare, posandogli la testa contro il petto e lasciando macchie di sangue sul cardigan scolorito da chissà quale lavatrice finita male. Sentì la mano calda dell'altro accarezzargli la schiena, le braccia che lo stringevano più forte. Si rese conto che, se mai avrebbe provato una sensazione lontanamente vicina alla felicità, in vita sua, sarebbe successo lì.
– Certo che ne vale la pena, idiota. –
E aveva ragione.
[modern!au]
Genere: Angst, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Elliot Nightray, Leo Baskerville, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Leo non ci credeva mica tanto, nell’amore. Insomma, ci credeva, ma come si credeva nello sbarco sulla Luna, nei miracoli, nel fatto che gli animali ci comprendessero e tutte quelle altre cose che tutti assicurano siano vere, perché l’hanno provato, dicono, ma se provi a chiedere di dimostrarlo diventano vaghi o tirano fuori studi e ricerche affidabili quanto i sogni premonitori che dicono di fare certi anziani. Ci credeva come credeva in tutte le cose che da sempre gli sbandieravano come vere. Perché alla fine mica ci poteva andare, sulla Luna, a controllare che ci fossero le impronte e la bandiera americana, e allora stesso modo non poteva pretendere di entrare nelle persone, testa o cuore che fosse, ed assicurarsi che tutti i sentimenti magici di cui vaneggiano esistessero davvero.

Ma forse non era nemmeno un paragone abbastanza efficiente, perché vero o falso che fosse, tutti avevano più o meno un’idea di come fosse uno sbarco sulla Luna. Chiunque sarebbe stato in grado di vedere una navicella posarsi su quel dannato satellite e dire “ah, ecco, sta succedendo”, ma con l’amore? Chi stabiliva la linea di confine che divideva l’affetto profondo tra due amici e il tanto chiacchierato e desiderato amore? A che punto una cottarella leggera poteva ottenere il titolo di amore? Forse era come le arti marziali, graduale, con esami periodici a definire se si è pronti per il livello successivo o se si deve aspettare ancora. E proprio come nelle arti marziali, magari, c’era chi si stancava di tentare e ritentare senza cambiare cintura e mollava, o chi peggio ancora prendeva la cintura nera e poi perdeva tutto rompendosi una gamba o iniziando a pensare che il kung fu fosse meglio del karate ed era il caso di provare qualcosa di nuovo. Doveva ammettere che, per quanto stupido, non era un termine di paragone tremendo.

E allora, si era chiesto, stretto al braccio di un Elliot stanco e abbandonato malamente sul sedile del taxi, loro a che livello erano? O meglio, lui, a che livello era? Poteva davvero dire di provare il sentimento forte ed innegabile che il biondo gli dichiarava più spesso di quanto avrebbe probabilmente ammesso? E – questa, doveva ammettere, era la parte che più lo spaventava – come faceva Elliot stesso ad essere sicuro di provarlo? Magari era sicuro come la morte di meritare la cintura nera, ma non sarebbe riuscito nemmeno a fare una verticale, figuriamoci un salto mortale. Ma pure ammesso che ci fosse riuscito, non sarebbe stata una prova effettiva dei suoi sentimenti. Era quello il problema dell’amore, non c’erano prove. Si dovevano guardare le parole e le azioni e pregare l’universo che fosse tutto come si vedeva, intrecciando la propria vita attorno a quella di una persona che avrebbe potuto svegliarsi un giorno dopo vent’anni insieme e dire che non c’era mai stato niente. Era un salto nel vuoto, per quando riguardava l’altra persona.

E per lui? Come poteva analizzare e quantificare quello che provava? A che punto era, che livello? Era una cintura nera pronta alle olimpiadi o un povero cretino ancora alla gialla? E con quale criterio avrebbe potuto saperlo? Se avesse dovuto prendere e mettere insieme tutti i cambiamenti che Elliot aveva portato nella sua vita e tutte le cose che aveva fatto per lui senza che il biondo chiedesse, non avrebbe saputo dove collocarli. Lasciare che gli toccasse i capelli poteva essere davvero un traguardo così grande, alla pare di concedersi a lui? Gli sembrava assurdo. E un bacio, un bacio poteva davvero avere così poca importanza? La convivenza era sempre stata considerata da lui la prova del nove, l’esame finale, ma con Elliot l’aveva provata prima ancora di innamorarsi. Solo affrontare la questione, per lui, era stato il più grande sforzo della sua vita, ma allora cosa ancora c’era da superare, per assicurarsi che fosse tutto vero? Se lo chiese molte volte, nell’anno che seguì la sua laurea.

La risposta arrivò violenta alla fine dell’anno dopo e non aveva niente a che vedere con quello che si era sempre aspettato. Perché se immaginava una prova finale, immaginava un litigio violento, porte sbattute in faccia e silenzi interminabili, e in parte aveva pure ragione, ma non come credeva.

Ora, Leo sapeva che non era una buona idea presentarsi con Elliot, anche se come amico, per trascorrere le vacanze con lui. E lo aveva ripetuto tante volte al biondo, che sarebbe andata male, che ai suoi non sarebbe piaciuto, che avrebbero fatto battute e che lui sapeva contenersi solo fino ad un certo punto, ma il ragazzo era deciso, voleva far conoscere alla sua famiglia la persona con cui avrebbe passato il resto nella sua vita, anche senza che lo sapessero. Aveva anche fatto di tutto pur di contenersi, calpestando il suo orgoglio e stringendo tra i denti tutta l’acidità e l’indisponenza che lo caratterizzavano, ma a poco era servito quando, all’ennesima allusione alla sua scarsa virilità e probabile omosessualità, Elliot era scattato in piedi a difenderlo.

– E anche se fosse, cosa faresti? – Leo lo aveva pregato con lo sguardo, la rabbia che già montava negli occhi di Bernard. Elliot aveva continuato – E se fosse gay? – lo aveva afferrato quasi convulsivamente per la camicia, uno smettila, ti prego, non fa niente appena sussurrato tra i denti. Tutto inutile – E se lo fossi anche io? – di lì in poi, il disastro. Non riuscì nemmeno a ricostruire bene quello che era successo, ricordava solo il suo Elliot, figlio perfetto e prediletto, sbraitare contro padre e fratelli come se fossero sconosciuti, i singhiozzi disperati della madre, una lite che presto passò da verbale e fisica e uno schiaffo che doveva essere indirizzato al biondo, ma che si affrettò a intercettare lui, trovandosi di colpo a terra. Dopo di quello, il buio, poi ricordi confusi di bagagli preparati in fretta e corse in auto per tornare al campus e accertarsi che stesse bene.

Le conseguenze non arrivarono subito. I giorni successivi furono strani, Elliot non faceva altro che studiare e parlava a stento, qualcuno avrebbe potuto dire che lo stava evitando, ma Leo sapeva che quello che evitava era altro. Per cui lo lasciò fare, senza dire nulla, limitandosi ad aspettare il punto di rottura, quello in cui sarebbe stato costretto ad affrontare quello che era successo e i propri sentimenti a riguardo. Ed arrivò dopo mesi, il giorno in cui si trovarono una lettera dalla segreteria ad intimare che, a causa del mancato pagamento delle tasse universitarie, Elliot avrebbe dovuto sgombrare la camera entro le ventiquattro ore successive. Detto chiaramente, gli avevano tagliato i fondi.

Fu allora, mentre vedeva il ragazzo stringere convulsamente quel pezzo di carta tra le mani, gli occhi spalancati in un misto di incredulità e terrore, che si rese conto di aver intrapreso l’esame finale.

Riuscì a riconoscere il momento esatto in cui tutto il contegno e la forza sempre ostentata di Elliot si infransero in mille pezzi, seguiti dopo pochi attimi dai singhiozzi e poi – solo poi – dalle lacrime. Se fino a qualche minuto prima avrebbe potuto sperare in una qualsiasi riappacificazione o patteggiamento da parte della sua famiglia, adesso la realtà del loro rifiuto era nuda e cruda davanti ai suoi occhi. Nessuna telefonata, nessun messaggio, niente: così glielo avevano comunicato, semplicemente tagliando tutti i collegamenti. Nessuna via di scampo. Come immaginava, non si diede nemmeno tempo per sfogarsi a dovere, ma con gli occhi umidi e le spalle che tremavano ripose diligentemente in valige e scatoloni tutte le sue cose, invitandolo a fare lo stesso. Caricarono tutto nella macchina che, risparmiando mesi e mesi di stipendio, aveva preso ad Elliot e che sarebbe dovuta essere una sorpresa per il suo compleanno.

– Sarebbe stata una bellissima sorpresa. – lo sentì dire, una volta preso posto e chiuso lo sportello, le mani strette sul volante. Quando l’aveva comprata e si era fatto aiutare da Oz a portarla nel parcheggio del campus, aveva pensato che Elliot avrebbe sorriso, ed effettivamente lo stava facendo, ma il sorriso amaro e debole che vide sul viso del ragazzo non aveva niente a che fare con quello che aveva immaginato. Fu in quel momento che Elliot crollò e Leo si rese conto di odiare la famiglia Nightray con tutto sé stesso, come mai aveva odiato niente e nessuno, perché quelle serpi ben abbigliate avevano ridotto la luce della sua vita ad un ragazzino minuscolo che stava lì, accucciato su sé stesso, a piangere in silenzio con le spalle che tremavano, senza nemmeno la forza di mettere in moto, e lui non glie lo avrebbe mai perdonato. Si intrufolò tra le braccia del ragazzo e lo strinse, forte come non aveva mai fatto in vita sua, e sentì Elliot nella sua debolezza ricambiare la stretta, i singhiozzi forti, le braccia che tremavano e le lacrime ad inzuppargli i capelli e il maglione. Leo non si mosse di un millimetro, lo lasciò piangere e sfogarsi tutto il tempo che voleva, senza mettergli fretta, sussurrandogli con tutta la dolcezza di cui era capace che sarebbe andato tutto bene, che erano in due e che non l’avrebbe mai lasciato. Fu solo ore ed ore dopo, quando sentì i singhiozzi fermarsi e il volto pallido di un Elliot stanco e dagli occhi rossi si alzò dal suo collo per tornare nel suo campo visivo, che si rese conto di credere in quello che aveva detto. E quella fu la fine della prova, se mai ce ne fu una, perché quando incrociò quegli occhi gonfi, arrossati e segnati da due occhiaie che facevano quasi paura non riuscì a non pensare che erano i più belli che avesse mai visto. Gli accarezzò delicatamente una guancia e quando sentì sotto i polpastrelli quell’accenno di barba trascurata così poco da lui e vide negli occhi di Elliot, il suo Elliot, tutto l’imbarazzo e l’orgoglio ferito che aveva risvegliato quel dettaglio insignificante, sentì le parole che si era sempre rifiutato di pronunciare premergli in gola fino a far male.

– Ti amo così tanto che credo potrei morire. – disse, un tono talmente serio e calmo da far ridere. Ed Elliot rise, scuotendo la testa rassegnato, gli occhi stanchi ma sempre vivi, svegli, pronti a divorare il mondo.

– Magari non adesso, tu che dici? – rispose, la voce ancora roca e sottile per il pianto, ma un mezzo sorriso che faceva capolino sul bel viso.

– Credo tu abbia ragione. – fece, annuendo pensieroso. L’altro annuì a sua volta, lo strinse forte a sé e gli posò un bacio sulla tempia che un po’ lo fece tremare. Leo lo guardò negli occhi, schiacciato contro il suo petto e intrappolato nella stretta quasi dolorosa delle sue braccia, ed Elliot lo guardò a sua volta, negli occhi la luce brillante di cui si era innamorato e che niente, davvero niente, avrebbe mai potuto distruggere. E, per la prima volta in tutta la sua vita, sentì un amore tanto forte e profondo da penetrargli le ossa e riempirgli petto e polmoni e giurò a sé stesso che non avrebbe lasciato che niente, davvero niente, si sarebbe mai messo tra loro due, che niente avrebbe mai intaccato quel sentimento che se non era la perfezione stessa, ne era il fratello gemello. E capì che avrebbe fatto qualsiasi cosa per proteggere quello che aveva trovato, che stava scommettendo tutta la sua vita su quel sorriso e su quel cretino e che lo faceva volentieri, perché ne valeva la pena.

 

 

 

 

 

 

yo. allora, questo non doveva essere l'ultimo capitolo. volevo scrivere una ff molto più lunga, diecimila volte più angst e che lasciasse una sensazione completamente diversa. poi è successa la vita in mezzo, e mi sono ritrovata a chiudere con persone che credevo sarebbero state nella mia vita per sempre e ad innamorarmi come una cretina dopo mille delusioni e cose e semplicemente ho cambiato idea. per me scrivere è sempre meno rappresentare e sempre più trasmettere e quindi ho preferito dare questa immagine aperta, lasciare una finestra su un futuro pieno di dubbi che davvero non si sa come andrà a finire ma che nel bene o nel male sarà tutta esperienza vissuta fino all'ultimo. e scrivere questo capitolo è stato difficilissimo e semplice allo stesso tempo, perché mettere parte dei tuoi pensieri in bocca ad un personaggio e lasciarlo parlare è facile, ma diventa complicato quando si tratta di cose che tu stessa hai paura di affrontare. perché parliamoci chiaro: l’amore in sé, è strano. tu stai lì per i cazzi tuoi e improvvisamente arriva questa persona che magari ti sta pure sul cazzo e ti stravolge tutto. non ha senso, la vedo come una cosa che va contro ogni istinto di sopravvivenza, non so voi. e poi fa paura, perché tutti lo provano e dimostrano in un modo diverso e non puoi mai essere sicuro di niente. ma tutto sommato non è malaccio, basta contare ogni esperienza come tale e non farsi troppi scrupoli. non lo so, potrei passare l’infinità a parlarne e non sarebbe abbastanza, forse è per questo che non faccio altro che scrivere di idioti diversi che si innamorano in modi diversi. in ogni caso, sto divagando, quindi chiudo qui, che è tardi e domani porca puttana mi devo alzare alle sei. ringrazio con tutta me stessa tutti voi che avete letto fin qui, recensito, messo tra i preferiti e qualsiasi altra cosa, le mie amiche che mi hanno sostenuta, la mia bf che merita una menzione a parte perché sì e la mia ragazza, che ha seguito questa storia da quando l’ho iniziata, prima ancora di pubblicarla, ed ero per lei poco più di una sconosciuta incontrata in fiera. grazie per la pazienza, visto il tremendo ritardo che ha avuto questo aggiornamento e grazie, davvero, per il vostro sostegno, mi avete aiutato nel vostro piccolo a superare un periodo tremendo e pure se non vi conosco e non ve ne sbatte un cazzo di me avete contribuito a rendere questa merda un pochino meno orribile. spero con tutto il cuore che questa storia vi sia piaciuta, a presto. 

   
 
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