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Autore: WishfulThinking    19/03/2009    3 recensioni
Raccolta di fic a ispirazione, a richiesta...comunque, sempre dedicate a qualcuno. Carte sparse legate da fili rossi: impacchettate o solo frutto di un legame. La prima è per El, la seconda per Paccy, la terza per Eleanor, la quarta per Blackie e la quinta per Luly, la sesta per Vale
““Io so fare di molto meglio” affermò allora la kunoichi spingendolo via.
Shikamaru alzò un sopracciglio.
“Io so fare di molto meglio”. Ribadì Ino, convinta.
“Mmm”, rispose Shikamaru.
Ino si tolse la gonna indignata, dopodiché – con qualche remora non espressa da parte del suo compagno – si cinse i fianchi con la fascia che Sakura non aveva indossato, rimanendo in intimo e foulard tintinnante dinanzi a Shikamaru.
“Già questo ti dovrebbe fare più effetto di Sakura” affermò Ino spavalda, incrociando le mani all’altezza del seno e facendole poi scorrere lungo i suoi fianchi.
Questa volta non giunse nessun “Mmm”.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Ino Yamanaka, Shikamaru Nara
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
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El, cara

El, cara.

Non sapevo cosa scriverti, davvero. E soprattutto, come farlo.

Sappi che io stessa dubito della sensatezza delle mie parole.

Sappi che l’ho scritta con freddezza ed emozione, se esiste una cosa del genere.

Sappi che, al di là di tutto, ci ho provato, date le premesse che mi sembravano impossibili.

Spero solo che in qualche strano, contorto modo, tu trovi il modo di fartela piacere.

In ogni caso, tanti auguri, che la tua vita sia come il tuo nome, davvero Serena.

Un abbraccio,

S.

Solo per i tuoi occhi

Stesa sul letto, i polsi che sfregavano contro la testiera, riusciva a vedere solo lui.

Quei capelli argentati prima del tempo, quello sguardo dall’intelligenza repentina, quelle labbra morbide e taglienti…lui.

“Sakura…” si sentì chiamare mentre piano piano le cose riprendevano ad avere un contorno. Vago, sfuocato.

“Sakura…” ancora, solo il suo nome.

K-kabuto” sussurrò la ragazza con gli occhi ancora pesanti, le palpebre malferme per la stanchezza e il capo leggermente piegato di lato. , era lui.

Una settimana prima

Kabuto Yakushi” il giovane medico sussurra sistemandosi gli occhiali sul naso. Sakura lo scruta attentamente, mentre lui pare non farle caso, non più di tanto.

E lei si scopre a pensare che ha degli occhi davvero belli, dietro quelle lenti, belli e profondi, di un nocciola caldo, non freddi come quelli di…e deve smettere di pensarlo, deve smettere di pensare a Sasuke: in fondo è la ragione per la quale ha cambiato ospedale; dopo tutto, è la ragione per la quale ha cambiato vita, forzatamente.

Haruno, ti sembrerà strano, ma non sono qui per fare conversazione” la richiama all’ordine il suo supervisore, voltandole le spalle.

“Sì, certo” mormora lei in risposta, seguendolo con ostentata disinvoltura.

E lui si scopre a pensare che ha degli occhi davvero belli, sotto quella frangia, belli e sorridenti, di un verde vivo, non morti come quelli di…e deve smettere di pensarlo, deve smettere di pensare a Orochimaru: in fondo è la ragione per la quale ha cambiato ospedale; dopo tutto, è la ragione per la quale ha cambiato vita, forzatamente.

“Non muoverti” c’era un tono di urgenza nella voce del ragazzo, come se stesse dominando una paura, o una passione.

“Che vuoi fare?” le parole faticavano a uscire dalle labbra carnose della ragazza, troppo pigre per lasciare il palato, troppo pacate per tanta amarezza.

“Curarti” fu la risposta secca di lui “O ucciderti, non ho ancora deciso” terminò con un sorriso monco, scuotendo il capo.

Sakura espirò, trovando stranamente difficile eseguire quel compito tanto semplice.

“Non muoverti” ripeté Kabuto “Hai ferite ovunque, finirai per morire dissanguata se ti dimeni”, sussurrò quasi affascinato da tutto quel sangue, vampirescamente attirato da quel rosso intenso.

Eppure il suo tocco era leggero, le sue mani esperte mentre le sfiorava i seni per stare a sentire il suo cuore che, stranamente, si mise a battere all’impazzata sentendolo così vicino. Kabuto si concesse un sorriso.

Sei giorni prima

“Ho fatto tutto quello che mi aveva chiesto. Ha qualche altro compito per me?” domanda Sakura sbattendo la cartella medica sulla balaustra della guardiola.

“Il tuo turno è finito mezz’ora fa, Sakura, puoi fare quello che vuoi del tuo tempo libero” è serafica la risposta di lui, mentre si passa una mano tra i capelli argentati, senza staccare gli occhi dalle cartelle cliniche.

“Il suo è finito tre ore fa” rimarca Sakura, cercando i suoi occhi, implorando la sua attenzione.

“Posso fare quello che voglio del mio tempo libero, no?”.

“Ah, Sakura” il ragazzo sospirò, combattuto. “Che devo fare con te?” domandò sconsolato.

Lei deglutì, incerta. Eccitata. Ora la mano di lui si muoveva ritmicamente all’insù, sfiorandole lo sterno, risalendo lungo la trachea e lisciandole involontariamente una guancia, leggera.

“Sakura, Sakura…” ripeté Kabuto chiudendo gli occhi.

Li chiuse anche lei, come di riflesso.

“Sai qual è la cosa che mi fa più arrabbiare?” domandò poi il ragazzo, guardandola ammirato dopo un lungo sospiro “Che io e te avremmo potuto fare grandi cose, insieme…”

Cinque giorni prima

E questa sarebbe la tua idea di divertimento?” una risata cristallina infrange il silenzio tra loro due, nel caos della festa in pieno svolgimento.

“È quello che la gente normale fa per divertirsi” Sakura annuisce, tentando di non cercare ancora quegli occhi neri tra la folla.

“Lo sai cosa faccio io, per divertirmi?” domanda lui, un lampo negli occhi e così sicuro di sé.

“Spilli bamboline vodoo?” chiede lei sarcastica.

Kabuto alza un sopracciglio mentre si erge in piedi, incredibilmente attraente. “Vieni con me e lo scoprirai”.

“Sei così intelligente Sakura…” mormorò il ragazzo toccandole i capelli, facendola gemere a quel contatto “Sei così bella e intelligente” ripeté chinandosi a sussurrarle all’orecchio quelle stesse parole. C’era davvero elettricità nell’aria o era solo lei che la percepiva? C’era davvero un vibrare di particelle microscopiche o era lei che era spaventata a morte?

“Ti prego…” si trovò a sussurrare, senza sapere nemmeno lei cosa stesse implorando.

Ti prego, slegami?

Ti prego, guariscimi?

Ti prego, uccidimi?

Quattro giorni prima

“Ehi dottore, io ho finito” dichiara la rosa togliendosi il camice.

“Rispetto, Haruno, siamo al lavoro” la riprende lui, che è il suo diretto supervisore.

“Ci vediamo alle cinque, da te?” fa lei sfacciata, addentrandosi sicura nel suo spazio personale, respirandogli sul collo.

Kabuto la blocca per il polso: “Piantala”.

“Non vuoi che nessuno sappia, vero?” ride Sakura, d’un tratto maliziosa “Indovina un po’, io lo so il tuo segreto…”

E io il tuo. Alle cinque da me” mormora Kabuto, e finalmente, le lascia il polso.

Sentì Kabuto sorriderle vicino al lobo dell’orecchio, lo sentì tracciare con la lingua il bordo della ferita che ancora le bruciava sulla guancia; si ripeté, da manuale, che era un disinfettante, si ripeté, da manuale, di stargli lontana. Anche se forse era troppo tardi.

“Si rimarginerà presto” annunciò lui con tono improvvisamente professionale, per poi avvicinarsi ancora alle labbra della ragazza, parlare su di esse, mentre dalle sue uscivano grugniti simili a lamenti, o a sospiri, o a deliri.

“Saremmo stati perfetti insieme” sospirò lasciandosi andare sulle labbra di lei, il suo volto maledettamente vicino, il suo alito decisamente invitante. Era stata tutta colpa sua.

Tre giorni prima

“Non riesco a crederci” sussurra Sakura stringendo il braccio di lui, sopraffatta dall’emozione mentre strizza le lenzuola candide, da ospedale. “Sei stato fantastico” mormora sfiorando il volto pallido con gli occhi chiusi, che ben conosce. Ne traccia i contorni, chiudendo gli occhi e ripassando le angolature, le deformità, tutto. È ancora, innegabilmente bellissimo. Ancora di più, se possibile.

“Apri gli occhi…” sussurra poi alla figura distesa “Apri gli occhi, amore mio…”.

“Apri gli occhi, Sakura, voglio che mi guardi” il tono di Kabuto era pacato, eppure non ammetteva obiezioni. Lei obbedì, forzando la stanchezza che la possedeva, chiedendosi se non fosse stanco anche lui, oramai.

“Spiegami perché due anime gemelle come noi non possono stare insieme. Vogliamo le stesse cose, abbiamo le stesse motivazioni, le stesse passioni” mormorò Kabuto facendo pressione sulla sua pelle, circondandola con il suo corpo.

Sakura gemette, sistemandosi tra le sue braccia.

Eppure” continuò lui, lisciandole i capelli “Eppure a te non basta, tu vuoi di più. Che cosa vuoi ancora, eh?”

Due giorni prima

“Sei qui con me, amore mio, sei qui con me” sussurra stringendolo a sé, beandosi del suo calore che non avrebbe mai più pensato di sentire, del suo odore che le riempie le narici, del suo sapore salato e acre.

Il ragazzo non ha la forza di dimenarsi, la volontà di andare via; è come un involucro vuoto tra le braccia di chi l’ha desiderato troppo a lungo per lasciarlo andare dopo tante emozioni.

Sasuke…” mormora lei prima di baciarlo sulle labbra.

Kabuto continuava a medicarla, mentre percepiva un senso di stanchezza impadronirsi di lui, intorpidirgli le membra: “Orochimaru non tornerà, e Sasuke non tornerà, non ti basta sapere questo? La verità era che loro si bastavano, Sakura. Loro. Loro, senza di noi” il discorso di Kabuto era tornato un sussurro sulla sua pelle, una scia di calore sul suo collo e una carezza delicata tra le sue braccia, intervallata da strette repentine e lividi non preventivati, martoriazioni tutto sommato innocenti su quel corpo che aveva provato il dolore dell’anima altrui, quella nera che brucia, di chi ama e non è riamato.

Il giorno prima

“È qui, vero?” Kabuto è fuori di sé, i suoi occhi impazziti che vagano ovunque.

Sakura lo guarda con occhi persi, e il sangue amaro in bocca, ovunque.

“Chi?” sussurra flebile, allo stremo delle forze.

“Non scherzare con me, puttanella” la minaccia è reale sul suo corpo, premuto tra quello di lui e la porta.

“Se ne sono andati” mormora senza fiato la rosa.

Che vuoi dire, se ne sono andati? E perché diavolo sanguini, Sakura?”
Orochimaru…” si fa forza la rosa “Orochimaru ha rivoluto Sasuke, e per farlo aveva bisogno di sangue…siamo dello stesso gruppo, sai?” sorride flebilmente, mentre Kabuto la prende tra le braccia. “L’ha preso e se n’è andato, e mi ha lasciata qui…Kabuto…”

“Ci penso io, Sakura, ti salvo io…” il ragazzo cambia d’espressione in un istante, sussurra febbrilmente mentre la poggia sul lettino e comincia a curarla, la rabbia d’un colpo svanita, una luce nuova nei suoi occhi.

La guardava con una strana luce negli occhi mentre mormorava: “Dobbiamo imparare il confine tra ciò che è sano e ciò che non lo è. Mi ripetevano sempre questo in clinica, lo sai? E il mio limite Sakura…ci ho pensato, potresti essere tu” disse piano, leccandole la ferita. “Potresti salvarmi come hai salvato il tuo prezioso Sasuke, che se ne è andato col mio maestro, potremmo ripagarli con la nostra felicità mentre loro sono chissà dove, solo grazie a noi, potremmo…”.

Potremmo…quante possibilità aveva pensato Sakura nella sua vita, quanti “se”, quanti “speriamo”…la verità era che più ti lasciavi andare, più ti lasciavi amare, più le cose sfuggivano dal tuo controllo…

Non parlava più. D’un tratto, Kabuto non parlava più.

Sakura annusava avida i suoi capelli, toccava meravigliata le sue membra e ne contornava curiosa i muscoli. Kabuto. Fedele, appassionato, freddo Kabuto.

Era così anche Sasuke: così bello, così determinato, così zelante. E nessuno dei due lo era per lei, perché per quanto si sforzasse, per quanto ci provasse con tutta se stessa, Sakura non poteva dirigere i loro cuori, non poteva volgere i loro sguardi verso il verde dei suoi occhi, non poteva distoglierli dalle pupille nere di Orochimaru.

Accarezzò dolcemente i capelli argentati, rimarginò lesta le proprie ferite col chakra che le aveva passato Kabuto poco prima, poi lentamente, controvoglia, si alzò, e posatolo sul letto andò nell’altra stanza per prendere guanti e bisturi.

“Ora di mettersi al lavoro” sussurrò. E sorridendo, concesse un’ultima occhiata a Sasuke, che la guardava con gli occhi sgranati, le pupille impazzite e il corpo impotente a qualsiasi movimento. Vivo eppure immobile. Sembrava avvolto in una specie di ragnatela, una rete fitta di chakra che lo manteneva immobile. Neppure Orochimaru sarebbe riuscito a toglierlo da quella vita inerme, se anche avesse voluto. La verità era che non c’era stato nessun Orochimaru, solo una povera, piccola impotente Sakura, che per una volta aveva avuto il coraggio di prendersi ciò che voleva.

“Non mi guardare così, caro, come se tu non avessi mai detto una piccola bugia!” sorrise Sakura carezzandogli il volto “Presto sarai in compagnia, amore…E non mi giudicare, l’ho fatto solo per te…” mormorò “solo per i tuoi occhi”.

  
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