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Autore: marauder11    05/02/2016    2 recensioni
Raccolta di alcuni Missing Moments della famiglia Potter.
Dal primo capitolo:
"«Hey... Ciao, piccolo. Sono io, il tuo papà»
L'ultima parola pronunciata da Harry fu quasi un sussurro, immediatamente la sua vista sembrò offuscarsi. Era stato vinto dalla commozione, così come la moglie che adesso sembrava versare silenziosamente lacrime di gioia. "
Genere: Angst, Comico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Teddy Lupin | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Albus Severus Potter 
 
 
Mi svegliai di soprassalto, il sudore in gocce attraversava il mio viso ormai maturo, marchiato di troppe cicatrici invisibili dei dolori passati.
La mia mano si posò inevitabilmente e inaspettatamente sulla mia fronte, precisamente sulla cicatrice che aveva provocato più dolori dopo molto tempo rispetto a quando era stata inferta. Non bruciava più da anni, ormai.
Afferrai gli occhiali alla mia destra, poggiati sul tavolino del liso salotto di casa mia.
«Harry, va tutto bene?»
Il viso piuttosto tondo e stanco di mia moglie faceva capolino dall'uscio che portava alla cucina di Grimmauld Place.
«Mi ero solo appisolato...» dico semplicemente, e vedo Ginny sorridermi, un po' più tranquilla.
Era domenica pomeriggio, io e mia moglie quella mattina avevamo discusso perché voleva a tutti i costi organizzare una festa di compleanno per me, che avrei compiuto gli anni l'indomani, senza l'aiuto di nessuno dato che Hermione, come Ginny, era quasi al termine della sua gravidanza; Fleur, che avrebbe dato volentieri una mano, si trovava con la figlia e il marito Bill in Francia, in vacanza dai suoi genitori, mentre Audrey, moglie di Percy, aveva dato alla luce la loro secondogenita il mese scorso, Lucy, che non faceva che strillare di notte e dormire beata di giorno, portando quasi alla pazzia il povero padre che da sempre aveva amato la calma.
Angelina, d'altro canto, era ancora alle prese con i ciucci e i biberon della piccola Roxanne, nata alla fine dell'anno precedente, e nel tempo libero che le restava dava una mano al marito George in negozio, tenendo il piccolo Fred Jr. Fuori dai guai.
«Ho pensato di appendere qua qualche palloncino...» emerse Ginny, riportandomi alla realtà.
Stava ritta davanti a me, con uno strofinaccio da cucina in mano che sembrava quasi un'arma invincibile, il pancione che sembrava traboccare dal suo esile corpo, le guancie rosee e gli occhi illuminati di felicità, forse come mai lo erano stati.
Sospirai, scuotendo la testa sconfitto.
«No Gin, non voglio che ti affatichi inutilmente... E' solo uno stupido compleanno» dissi io, cercando di risultare decisivo. Mia moglie alzò un sopracciglio, ciò mi fece intendere che il mio tono non aveva sortito l'agognato effetto.
«Guarda che non è un problema preparare una torta e gonfiare qualche palloncino, davvero... Dirò a mia madre di tenere James, così non dovrò correre dietro a lui e alla scopa giocattolo di Ronald»
Un sorriso illuminò automaticamente il mio viso, pensando al mio primogenito dai capelli sparati che scorrazzava per casa con la sua scopa a giocattolo, regalo di Ron, suo padrino assieme ad Hermione, per il suo primo compleanno.
«A proposito... Quando dovrò andarlo a prendere?»
«Papà lo porterà qui non appena gli avrà mostrato la sua nuova scoperta nel mondo babbano» concluse Ginny, stancamente, lasciandosi andare sul divano accanto a me.
«Di che si tratta, stavolta?» chiesi, divertito, pensando alla passione di mio suocero per i manufatti babbani che lo ossessiona fin da quando ne ho memoria, che aveva deciso di trasmettere ad uno dei suoi nipoti, per l'appunto James, dato che era l'unico che sembrava osservare con meraviglia e stupore ogni cosa che il nonno gli mostrava.
«Un aggeggio che riproduce musica, o qualcosa del genere...» dice Ginny, sorridendo vedendomi sorriderle così ampiamente.
La guardo per un po', incantato dalla sua tenera bellezza e allo stesso tempo preoccupato, perché a breve accoglieremo in casa un nuovo piccolo Potter, e non so come riusciremo a gestire due bambini così piccoli, tra il lavoro e le altre cose.
«Non guardarmi così...»
«Così come?» chiedo, sbigottito.
«Come se avessi paura di me...».
Sghignazzai un po', prima di zittirmi per l'occhiataccia lanciatami dalla mia Ginny.
«Io ho sempre avuto paura di te...»
Mi scaglia un pugno all'addome, che mi zittisce all'istante.
Passo un braccio attraverso le spalle di mia moglie, poi la fisso.
«E' solo che non voglio che tu faccia sforzi inutili... Sei al nono mese di gravidanza, Gin, devi rendertene conto!»
Al mio tono canzonatorio Ginny stacca immediatamente il mio braccio dalle sue spalle, alzandosi di scatto dal divano con un'espressione furibonda stampata in viso.
«Harry, non... AAAAAARGHHHH»
Lo strillo di Ginny mentre si accascia pian piano a terra mi congelò sul divano per un misero istante, poi mi alzai di scatto dal divano mentre la reggevo per le braccia, cercando di aiutarla ad alzarsi.
«Ginny, che cos'hai? Che succede?»
Ginny guarda il suo vestito a fiori, che risalta tutte le sue morbide forme, poi alza lentamente la testa verso di me e fissa i suoi occhi sui miei, terrorizzata.
«Credo che si siano rotte le acque...» dice solo, con voce tremante.
«Polvere volante?» dico, dato che non penso che Ginny sia in grado di smaterializzarsi, adesso. La mia rossa annuisce immediatamente, subito dopo inizio a reggerla per le spalle mentre emette dei gridolini di dolore.
Il camino è davanti a noi, quando afferro una manciata di polvere volante con la mano libera.
«San Mungo!» urlo, chiaramente, mentre Ginny accanto a me emette un rantolo di dolore più deciso.
 
**
 
«Harry, Harry!!!»
«Pa – pà!»
Sobbalzo dalla sedia della Sala d'aspetto del San Mungo, la stessa sedia su cui stavo seduto quasi due anni fa, attendendo la nascita del bambino dalla chioma corvina e scompigliata che adesso corre quasi inciampando ad ogni tratto verso di me.
«James, campione! Molly! Perché l'hai portato qui?»
Stringo lievemente le spalle di Molly, che mi guarda con tono di scuse, senza lasciar andare del tutto l'espressione preoccupata del suo viso.
«Charlie è uscito e quindi non potevo lasciare James da solo, dovevo assolutamente venire...» annuisco velocemente, rassicurante.
«Ginny è là dentro...» esclamo d’improvviso, senza aggiungere alcuna parola. Molly mi sorride emozionata e mi stringe lievemente, come solo una madre potrebbe, mentre James continua a saltellare accanto a me, stringendo la mia mano, sentendosi al sicuro come ci si può sentire solo – immagino – accanto al proprio padre.
«Ma... Mam-mma... ma!»
abbasso gli occhi, e vedo il mio piccolo bambino che mi guarda, con i suoi occhioni nocciola vispi e curiosi che si fanno un tratto preoccupati, mentre mi chiede dov'è la sua mamma. Mi abbasso sulle ginocchia, ponendomi alla stessa altezza di Jamie, che sembra avere occhi solo per me, adesso.
«Mamma è di là, adesso arriva con il tuo fratellino o la tua sorellina, va bene?» dico cercando di risultare calmo e chiaro, e lui dopo qualche istante sembra capire perché annuisce lievemente, poi mi regala uno dei suoi splendidi sorrisi, di quelli che non puoi far a meno di ricambiare con la stessa intensità.
Sento una mano poggiarsi sulla mia spalla.
E’ quella della mia migliore amica, Hermione.
Nonostante la stanchezza causata dalla sua gravidanza giunta al termine è qui, con Ron, che si sforza di sorridermi nonostante sia teso quasi quanto me.
«Harry, non pensavo sarebbe arrivato il giorno prima del tuo compleanno...» sorride rassicurante Hermione; ha l'aria malaticcia e il pancione enorme che sembra pesare su di lei come un macigno.
«Già...» dico, prendendo in braccio James che subito salta tra le braccia di Ron, che lo accoglie festante schioccandogli un tenero bacio tra i capelli. Vedo il mio bambino ridere felice, all’improvviso una voce mi riporta alla realtà.
«Signor Potter?»
Mi volto verso l'ingresso della Sala Parto, e vedo la stessa signora paffuta che aveva annunciato la nascita di James.
«Congratulazioni, è un bambino bellissimo. Può entrare adesso!»
Dopo un attimo di sbigottimento, sento Hermione sussurrarmi concitata di entrare nella stanza e vedere il nuovo arrivato, un maschio, un nuovo piccolo Potter. Volgo un ultimo sguardo a Ron, che sorride felice e James che batte le manine, contento di avere un fratellino che possa fargli compagnia.
Lascio alle mie spalle i miei amici e mia suocera che piange lacrime di gioia tra le braccia del marito, mentre mi precipito verso la Sala Parto.
«Ehi piccolo, tra poco ti presenterò il tuo papà... Si, proprio il tuo papà! Che ti amerà così tanto, proprio quanto me...»
La stanza era illuminata di una luce bianca e pura, che filtrava dalla finestra. Non mi ero reso conto di quanto fosse bello il cielo, quel giorno. Era di un blu intenso, come avveniva di rado in Gran Bretagna persino d’estate.
E la bellezza di Ginny non era di certo da meno: anche con il suo viso sciupato e imperlato di lacrime, era meravigliosa. I suoi lunghi capelli rossi formavano una cascata e sembravano brillare al sole di luce propria.
La mia attenzione però, un istante dopo, si rivolge del tutto alle sue braccia, che stringono al petto un piccolo fagottino che sembra divincolarsi leggermente mentre emette dei versetti.
«Ginny...» dico, in quello che sembra meno di un sussurro. Ginny riesce a sentirmi, e sposta per la prima volta lo sguardo dal piccolo a me.
Vedo i suoi occhi, i suoi splendidi occhi marroni che sembrano quasi dorati, tanto sono grondanti di lacrime.
«Tesoro, guarda...» dice, e mi accorgo che piange a dirotto quando mi precipito subito al suo fianco, impaurito, la mia mente formula subito il sospetto che potesse esserci qualcosa che non andava in quel bambino che era appena venuto al mondo.
Ero abituato alle brutte notizie, alle brutte giornate e ad una vita difficile, travagliata, fin dalla mia più tenera età, e quando ne hai passate davvero così tante, vi giuro che è difficile non pensare a certe cose.
Per fortuna, quella volta, il mio presentimento non poteva essere più sbagliato.
Mi avvicino al fagotto di coperte che si muove lievemente, quando Ginny d’improvviso mi guarda, e sposta la coperta dal viso del piccolo.
Ha i miei capelli e i capelli di James, tutti sparati in mille direzioni. Sono nerissimi e abbastanza folti, come quelli di un adulto.
Il suo naso è piccolo, così dolce, e la sua bocca è minuscola ma carnosa. Ha le labbra rosse e la pelle bianca, come quella di Ginny.
Fiotti di lacrime corrono lungo il mio viso e me ne accorgo solo quando Hermione fa il suo ingresso nella stanza assieme a Ron e non riesco a vedere i loro visi ma distinguo solamente le loro figure, dato che la mia vista era piuttosto offuscata.
«Harry, va...?» mi chiede, incerta, la mia migliore amica.
«Guardalo... I suoi occhi… Sono spalancati e…» dico, e il piccolo dai capelli corvini, stretto tra le mie braccia, che sembra sorridere udendo le mie parole.
Il mio bambino aveva i miei occhi, i miei stessi occhi verde smeraldo.
Gli occhi di mia madre. Erano piccoli e leggermente a mandorla, ma brillavano e sembravano sorridermi.
«Mamma!» La voce di James invade la mia stanza, prontamente asciugo le mie lacrime e mi volto in sua direzione. Sembra preoccupato per sua madre, non vede me e il suo fratellino che stringo tra le braccia, così si arrampica con i suoi piedini e le sue manine sul letto, e scocca un bacio sulla guancia di sua madre.
«James, guarda. Questo è il tuo fratellino...» dico, avvicinandomi a lui e a Ginny.
Gli occhi di James si fanno incredibilmente grandi, mentre guarda alternativamente me e suo fratello, in cerca di conferma; in pochi secondi, il suo viso si distende in un tenero sorriso che emana pura gioia.
Tutti i parenti escono poco dopo dalla stanza, dopo che l'infermiera ha poggiato sul comodino accanto al letto di Ginny un opuscolo da compilare in cui va inserito il nome del nuovo nascituro.
«Allora?» dico a Ginny, mentre indico l'opuscolo con gli occhi e il piccolo dorme beato nella cullina dell'ospedale, e noto intenerendomi che James si è addormentato con la manina che stringe quella del suo fratellino.
«Sai già qual è la scelta giusta, Harry James Potter» dice lei, sorridendomi, riferendosi alla sera in cui avevamo parlato del nome che avremmo dovuto dare al nostro piccolo se fosse stato un maschio.
Incido sul foglio una "A", e le lacrime sembrano risalire ai miei occhi, pensando al peso che graverà sulle spalle di quel bambino, portando dei nomi così importanti ed impegnativi, dei due uomini più coraggiosi che io abbia mai conosciuto. Mi chiedo, forse per la prima volta, se è giusto che il mio bambino si assuma – inconsapevolmente – la responsabilità di portare quell'unico nome. Poi il ricordo di un attimo prima del verde smeraldo dei suoi occhi invade la mia vista, e con un ultimo sorriso scaccio a mente quei pensieri; dopo tutto, Albus Severus Potter ha già, oltre al suo nome, gli occhi della donna più coraggiosa che sia mai esistita, che grazie all'amore per il suo unico figlio ha salvato il Mondo Magico, donandogli anni ed anni di pace.
Scrivo il nome per intero e, soddisfatto, lo poggio dinuovo sul comodino. Mi siedo accanto a Ginny, che mi osserva di sottecchi come se avesse intuito ogni mio pensiero. Le sorrido, cercando di rassicurarla e lei mi sorride di rimando.
«Oggi è il compleanno di Neville...» esclamai, d'improvviso.
«Credo sia dai suoi genitori, come ogni anno...» disse triste Ginny.
«E se…»
Strinsi la mano di mia moglie, che mi guardò intensamente ed annuì. Con il suo tacito permesso uscì dalla sua stanza al San Mungo per raggiungere il reparto in cui erano ricoverati i lungo degenti Frank e Alice Paciock.
Salii le scale, sapendo già perfettamente dove dovevo andare.
Vidi un’infermiera che sembrava avere piuttosto fretta, con numerose cartelle in mano. Mi avvicinai subito a lei, rivolgendole una breve domanda, chiara.
«Il signor Neville Paciock è in visita?»
«Si, è nella...»
Annuì in segno di ringraziamento all'infermiera, che stava per dirmi ciò che già sapevo, ovvero che Neville era nella stanza dei suoi genitori, come sempre da quando ne aveva praticamente memoria.
Superai l'indicazione che mi diceva che c'ero, ero a qualche passo dal mio amico che aveva condiviso parte del mio crudele destino pochi anni prima, e sorrisi tristemente non appena lo vidi attraverso la porta di vetro seduto, di fronte al letto dei suoi genitori che, silenziosamente, sembravano dormire.
«Harry...» lo vidi mimare con le labbra, prima di aprire la porta e correre verso di lui.
«Neville, buon compleanno!» dissi, forse un po' troppo energicamente, dato che sembrò impaurirsi un po' per l'espressione di folle gioia sul mio viso.
«Oh, Grazie amico, ma...»
«Albus Severus Potter, il mio secondo figlio, è nato appena un'ora fa...» dissi lentamente, fissando i miei occhi su quelli del mio amico, che sembrò digerire pian piano le mie parole, poi sorrise radioso.
«E’ un bellissimo nome, Harry»
La sua voce era tremante, sapeva quanto me il peso che avevano quei due nomi, quanto avrebbero potuto gravare sulle spalle di mio figlio. Gli avevo raccontato tutto, finita la guerra. Avevo raccontato a tutte le persone a me vicine in quegli anni ciò che Albus Silente e persino Severus Piton avevano fatto per me e per il mondo magico. Dovevo render loro giustizia, potevo solamente farlo attraverso la memoria. Nessuno, nessuno avrebbe dovuto dimenticare.
Strinsi con la mia mano la spalla del mio amico, entrambi eravamo commossi e nessuna parola avrebbe potuto esprimere tutto.
«E naturalmente congratulazioni, papà. È fantastico! Oh, e come sta Ginny?»
«Neville, vuoi essere il suo padrino?» chiesi di getto, speranzoso.
Un barlume di gioia pura attraversò gli occhi del mio amico davanti a me, che reprimendo un singhiozzo, mi avvolse tra le sue braccia, stringendomi goffamente.
«Lo stai chiedendo a me? Oh… Harry, ma certo... Certo che voglio... Io... Oh, padrino! Che cosa fa un padrino?»
  
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