Lo Specchio delle Anime.
La Dignità e l’Amore non si mischiano
bene,
e nemmeno vanno a lungo d’accordo.
[Ovidio]
Atto IV – Parte II
L’inizio della fine.
«Malfoy… Malfoy, maledizione! Draco!»
Quando riprese conoscenza, probabilmente non più di due o
tre minuti dopo, la Mezzosangue era china verso di lui, gli occhi colmi di
terrore. Stava chiamando il suo nome come se avesse davvero temuto che non ce l’avesse fatta.
«Rilassati, Granger, ci vuole ben altro per far fuori un
Malfoy» la rassicurò, cercando di sollevarsi a sedere. Quel movimento gli
provocò un dolore atroce al busto, che però sopportò da vero uomo: lamentandosi
e facendo smorfie. «Mi hai fatto la respirazione bocca a bocca?» le domandò
poi, una volta seduto, dedicandole un sorrisino malizioso che la fece arrossire
fino alla radice dei capelli.
Se avesse saputo che per metterla in difficoltà sarebbe
bastato fare lo splendido, ci avrebbe provato già ai tempi della scuola.
«Va’ al diavolo» fu la delicata risposta della strega,
accompagnata da un doloroso cazzotto al braccio, capace di fargli lacrimare gli
occhi.
«Maledizione, Granger, ammettilo che ti piace farmi del
male!» le sibilò in risposta, cupo, massaggiandosi la parte lesa. «Credo di
avere qualche costola incrinata. Cos’è successo?» aggiunse poi, confuso,
rendendosi conto di non essere a Versailles, ma nascosto fra i giardini intorno
al castello.
La Mezzosangue
ebbe la decenza di mostrarsi almeno un po’ imbarazzata. «Forse sono stata
troppo entusiasta» smozzicò,
abbassando lo sguardo. «L’onda d’urto dell’esplosione ti ha sbalzato contro il
muro, hai sbattuto la testa e sei rimasto svenuto per un po’».
Colpito, Draco inarcò le sopracciglia. «Dimmi la verità,
Granger… da quant’era che non usavi incantesimi del
genere?» le chiese, divertito, trattenendosi a stento dal farle i complimenti.
Non era da tutti
usare una tale forza nell’incanto Bombarda.
Lei si strinse nelle spalle, nascondendo malamente un
sorriso. «Da un po’. Ho sempre chiesto al mio capo di non partecipare alle
perquisizioni, meglio il lavoro d’ufficio» gli disse, stringendo le labbra. I
suoi occhi brillavano di entusiasmo, nonostante cercasse di limitarsi con le
parole.
Le era piaciuto.
«E perché mai l’avresti fatto?» le chiese quindi, confuso,
piegando leggermente il capo di lato. «Non fingere che non ti importi, si nota
lontano un miglio quanto tu ti sia divertita».
Troppo tardi Draco si rese conto di aver sbagliato domanda.
Vide chiaramente i suoi occhi spegnersi e le mani stringersi a pugno sull’erba
gelida sotto di loro.
«Diciamo che Ron si preoccupava molto per la mia
incolumità. Non volevo dargli preoccupazioni» sussurrò, vagamente insicura
delle sue stesse parole. Il modo in cui spostò lo sguardo fra gli alberi fece
intendere quanto l’argomento non le piacesse.
Meglio non
infierire.
«Ma ora il pezzente non c’è più e, te lo assicuro, io non ho la minima intenzione di limitarti, quindi
potrai sbizzarrirti a tuo piacimento. Nel frattempo…» disse, mettendo la mano
nella tasca interna della giacca. «Meglio concentrarsi su questo».
E tirò fuori la Traccia.
***
Il Bambino Sopravvissuto,
sembrava non poter più sopravvivere.
Ginevra Weasley, non ancora futura Signora Potter,
fissava con aria contrita il corpo quasi esanime del fidanzato, abbandonato al
centro del letto e attorcigliato alle lenzuola stropicciate. I capelli neri
erano ancora più disordinati del solito e la barba lunga lo stava facendo
somigliare, giorno dopo giorno, ad un esemplare poco nutrito di castoro.
Non poteva continuare così.
Hermione Granger, al fianco
della suddetta signorina Weasley, aveva l’espressione di qualcuno che avrebbe
volentieri dato di stomaco in un angolo, piuttosto che restare lì un momento in
più. Avrebbe fatto di tutto, pur di non essere costretta a sentire quella puzza
nauseante di alcol e solo Merlino sapeva cos’altro.
«Non va bene, Gin» disse alla
fine, senza riuscire ad impedirsi di sventolare la mano davanti al viso, nel
tentativo disperato di prendere un po’ d’aria. «Possibile che tu non sia
riuscita a fermarlo, stanotte? Qui dentro c’è un’aria viziata che farebbe
invidia ad una distilleria» .
Ginny grugnì – una fedele
interpretazione del grugnito made in Weasley
che di solito faceva venire i brividi ad Hermione – e le indicò le grandi
finestre della camera. «Le abbiamo tenute aperte tutto il giorno, Kreacher è disperato. Credo sia andato a consultarsi con
altri elfi per trovare una soluzione a questa puzza nauseante» le rispose,
cupa, lanciando un ultimo sguardo al giovane uomo incosciente, prima di
voltargli le spalle ed uscire dalla camera. «Vieni, altri cinque minuti qui e
saremo ubriache come lui».
Abbandonando la camera
padronale di Grimmaul Place,
Hermione sentì un moto di angoscia opprimerle il petto. In quella stanza, ai
tempi dell’ordine, aveva riposato Fierobecco. In quel
momento, invece, vi dormiva Harry Potter, l’ex Salvatore del Mondo che si era
ridotto ad una creatura ben più incivile dell’ippogrifo.
L’ambiente un tempo sporco e
polveroso della vecchia casa, che aveva ospitato il cuore della ribellione
contro Voldemort, era diventato caldo ed accogliente, un perfetto nido d’amore.
Per Hermione, era come assistere alla bugia che era diventata la loro vita.
Tutta la perfezione promessa dalla vittoria era stata spazzata via, lasciandosi
alle spalle uomini e donne distrutti dal dolore e dalle perdite.
Sospirò, perché era tutto ciò
che il suo cuore sembrò consentirle. Un tempo avrebbe fatto irruzione nella
stanza ed avrebbe tirato via il suo migliore amico, ma, dopo gli ultimi mesi,
non credeva di essere abbastanza forte. La cosa, naturalmente, la faceva
sentire malissimo: Harry le era sempre rimasto accanto, dopo quello che le era
successo.
Ma lei non era Harry Potter. Se
qualcosa lo stava turbando a tal punto, chi le assicurava che non avrebbe
lasciato lei completamente interdetta?
«La zia di Harry ci ha
mandato dei biscotti» le disse Ginny, interrompendo le sue elucubrazioni mentre
entravano nella piccola ma oramai accogliente cucina. Indicò un contenitore
metallico al centro del tavolo, proveniente da una pasticceria a lei
sconosciuta. «Sono deliziosi con il tè» aggiunse, con un sorriso, facendole
cenno di accomodarsi.
Dal canto suo, Hermione si
era fermata alle parole “zia di Harry”.
«Quale zia? Credevo che lui
fosse l’ultimo Potter» le chiese, confusa, sedendosi ed allungando le mani
verso i biscotti. Ce n’erano di vari gusti, molti alle nocciole o coperti da
cioccolato. Trovarne uno che fosse semplicissimo fu un’impresa, ma Hermione ci
riuscì. «Sono deliziosi» esalò, dopo
aver dato un morso. «Non ne mangiavo di così buoni da…» dall’ultima volta che era stata alla Tana. «…da mesi».
Ginny, che le dava le spalle,
non diede cenno di essersi innervosita. Diversamente da lei, sembrava aver
accettato con tranquillità devastante quella nuova situazione. «Infatti è l’ultimo Potter» le rispose,
tranquilla, voltandosi per accomodarsi davanti a lei. Il bollitore era stato
messo sul fuoco, ma non c’era bisogno di controllarlo: Ginny Weasley era un
talento con gli incantesimi domestici. «Quelli li ha mandati sua zia Petunia, la sorella di sua madre».
«Petunia?» il biscotto, forse sbigottito quanto lei, decise di
prendere la strada per i polmoni, piuttosto che quella per lo stomaco. Le
briciole tentarono di soffocarla, mentre il respiro le si mozzava. Dovette
cambiare colore in modo preoccupante, vista la rapidità con cui l’altra le
procurò un bicchiere d’acqua.
«Per le mutande a fiori di Merlino!» sbottò la rossa, dandole delle
pacche sulla schiena, mentre bevevo. «Si può sapere cosa ti è passato per la
testa, Granger? Vuoi forse completare l’opera che Tu-Sai-Chi
non è riuscito a portare a termine?».
Hermione non se la sentì di
risponderle subito, preferendo assicurarsi di non morire in modo totalmente
assurdo. Solo quando le molliche vagabonde ritrovarono la loro strada ed il suo
colorito tornò ad essere quantomeno umano,
si decise ad alzare gli occhi sull’amica.
«Petunia Dursley vi ha mandato dei biscotti?» le
chiese, scandalizzata, accettando la tazza di tè che le stava porgendo solo
perché temeva di farsi andare ancora qualcosa di traverso. «La stessa Petunia Dursley che a Natale dell’anno scorso vi ha mandato un terrificante quadro dai grandi
magazzini?» insistette, fissando l’amica come se avesse paura di esser presa
per i fondelli.
Ginny sorrise, serafica. «Proprio
quella Petunia Dursley,
sì» confermò, cinguettando ed allungando la mano verso la scatola dei biscotti,
pescandone due al cioccolato e mangiandone uno sotto lo sguardo sempre più
allibito di Hermione. «Oh, insomma!» sbottò, esasperata. «Non c’è bisogno di
reagire così, dopotutto è sua zia».
Le sopracciglia di Hermione
raggiunsero l’attaccatura dei capelli. «L’ultima volta che vi ha scritto, la
casa sembrava infestata da un poltergeist! Non posso
credere che vi abbia mandato dei biscotti
buonissimi senza che… non so… senza
che a Kreacher spuntasse un’altra testa!» sbottò,
scuotendo il capo. Il suo sguardo si fece improvvisamente più attento. «Cosa
c’è sotto, Gin?» chiese quindi, piegando leggermente il capo di lato.
La rossa rise, mescolando il
proprio tè. «Hai presente la figlia di Dudley, Jane?»
iniziò, posando il cucchiaino al lato del piattino ed osservando di sottecchi
l’amica.
Hermione annuì, accigliata. «Se
non sbaglio ha fatto tre anni, poco tempo fa. Perché me lo chiedi?» domandò,
curiosa, prima che un pensiero la fulminasse.
Se Malfoy poteva essere un ladro, la figlia di Dudley
Dursley poteva benissimo essere…
«Ha fatto levitare i suoi
giochi per tutta la stanza, a Petunia è venuto un colpo» rispose Ginny,
allegramente, per poi sorseggiare il suo tè. «E così il nipotino strambo è diventato l’unico capace di
aiutarla. I casi della vita sono fantastici, non credi?»
«Come Malfoy diventato un
ladro».
Quella volta, fu Ginny a
strozzarsi.
***
«Davvero, Gin» ammonì ancora
una volta Hermione, guardando l’amica con severità. «Nessuno deve venire a
saperlo».
Il modo in cui le labbra le
tremarono, pronunciando quelle parole, avrebbero rischiato di rovinare la
portata di quell’ordine. Da quando era tornata dalla Francia, due giorni prima,
non era riuscita a smettere di ridacchiare all’idea di Draco Malfoy nei panni
di un moderno ed aristocratico Lupin.
Ginny mise un leggero
broncio, gli occhi illuminati d’entusiasmo. «Neppure ad Harry? Sono sicura che
lui si farebbe delle sane risate» propose, indicando con un cenno del capo il
piano di sopra. Prese un altro biscotto dalla scatola inviata da Petunia,
osservandolo come se fosse stato il centro delle loro discussioni. «Malfoy un
ladro. Posso dirglielo? Ti prego».
Hermione scosse il capo,
cercando di mantenere la serietà. «Non devi dirlo a nessuno. Soprattutto ad Harry!» disse, stringendo
le labbra in una fedele imitazione della professoressa McGranitt nel pieno di
una dimostrazione d’irritazione. «Se lo sapesse, cercherebbe di mettersi in
mezzo alla missione, dicendo in giro che Malfoy sia un banale ladruncolo pronto
a vendermi alla prima occasione».
La rossa aprì la bocca,
probabilmente per ribattere a quella sua affermazione. Prima di farlo, però,
sembrò ripensarci, limitandosi a stringersi nelle spalle. «D’accordo, immagino
tu abbia ragione. È stato il primo pensiero che ho avuto anch’io». I suoi occhi
si puntarono in quelli scuri dell’amica. «Ma tu ti sei fidata. Perché?»
domandò, curiosa, spingendo verso l’altra i biscotti.
Se credeva che facendola
mangiare avrebbe ottenuto risposte migliori, aveva assolutamente ragione.
Con un sospiro, Hermione
afferrò un altro dolcetto, cercando la risposta adatta. «L’altra mia opzione era
scappare via come una ladra e lasciarlo morire» mormorò, accigliata. Qualcosa,
dentro di lei, si opponeva a quella confessione. «Sono una Grifondoro, non
posso semplicemente abbandonare qualcuno».
Le bugie sono parole, parole, parole.
Ginny non si preoccupò,
annuendo leggermente. «Sì, questo è un comportamento da te» concordò,
tranquilla. «Neppure lui ti ha abbandonata, però, e questa è una vera sorpresa, non credi?»-
Dubbiosa, Hermione si limitò
a scuotere le spalle. «Forse, oppure no. La guerra ci
ha cambiati tutti, immagino che non volesse avere anche me sulla coscienza»
mormorò, fissando il tè che ancora non aveva bevuto. Il colorito troppo chiaro lasciava intendere
la quantità di limone che dovesse avervi infuso, senza neppure rendersene
conto. «Oltretutto, io gli servo».
Ginny annuì, sorseggiando il
contenuto della sua tazza. «Gli hai salvato il regale fondoschiena, me lo stavi
giusto accennando» concordò, vagamente accigliata. «Davvero era ricoperto da
interiora di verme? Puzzava come si dice in giro?» chiese, con una risatina,
allungandosi per afferrare un pacchetto di sigarette dal mobile alle sue
spalle.
Hermione annuì, con una
risatina. «Era completamente ricoperto, dalla punta dei suoi capelli da biondo
principino fino alla punta delle scarpe firmate» fece una smorfia. «E la puzza…
Gin, davvero, sembrava di essere entrati nel deposito di caccabombe
che Gazza teneva al castello!».
Ginny scoppiò a ridere,
facendole l’occhiolino. «Ah, mia cara, io non
dovrei sapere nulla di quel deposito, sai? Non sono stata nominata prefetto,
non avevo il permesso di conoscere quel postaccio» spiegò, porgendole una
sigaretta e l’accendino.
Una risatina scosse Hermione,
mentre accettava l’offerta. «Potrei chiederti come mai tu ne sia a conoscenza,
ma sarebbe stupido, oltre che una perdita di tempo» commentò, tranquilla,
avvicinandosi affinché l’altra potesse farle accendere la sigaretta. «Potrei,
ma non ne ho intenzione. Il mio animo da Caposcuola insorgerebbe e tenterei di
toglierti punti».
Le giovani si guardarono per
qualche istante, scoppiando a ridere.
«Comunque» Hermione si asciugò una lacrima sfuggita al controllo,
raddrizzandosi sulla sedia, per poi portare la sigaretta alle labbra ed
aspirare un po’ di fumo. «Sono appena riuscita a pulire tutto e tirarci entrambi
fuori dai guai, non ho neppure pensato a controllare che ci fosse la Traccia»
rilassò le spalle, espirando una boccata di fumo. «Per fortuna Malfoy ha avuto
i riflessi pronti, o non avremmo saputo dove andare».
«E dove dovrete andare,
stavolta?»
«Allora,
Mezzosangue?»
Ancora
una volta, Malfoy le pungolò la spalla, cercando di spiare oltre l’ammasso di
capelli ormai libero dalle forcine. Erano passati solo dieci minuti da quando
avevano comunemente deciso che lei avrebbe capito il funzionamento della Traccia, ma lui sembrava essersi
già stancato.
«Malfoy,
per favore, sto tentando di comprendere qualcosa» gli rispose, pacata, per
l’ennesima volta. Il suo proposito di non strangolarlo – sarebbe stato
ipocrita, dopo avergli salvato la vita – sfumava secondo dopo secondo, in
favore di un fastidioso tic all’occhio. Se avesse continuato, Hermione non
avrebbe risposto di sé.
Il
purosangue sbuff, come un cavallo nervoso. La strega
lo sentì distintamente armeggiare con qualcosa, prima che una scintilla
illuminasse per un attimo gli alberi ed uno strano odore di cannella si
diffondesse nell’aria.
Quando,
confusa, si voltò, trovò il giovane intento a fumare una strana sigaretta dal
colore scuro, con lo sguardo perso verso il profilo illuminato di Versailles.
«Cosa
accidenti stai fumando, Furetto?»
gli chiese, curiosa, tornando tuttavia a controllare la piccola superficie
riflettente che aveva davanti.
Lo
specchietto – un piccolo sole che rientrava perfettamente nel palmo della mano
della strega – era poggiato sull’erba, poiché nessuno di loro aveva avuto il
coraggio di tenerlo in mano durante i tentativi di azionamento. Non sapevano
cosa sarebbe successo e, di certo, non avrebbero rischiato di essere inceneriti
per scoprirlo.
«Sono
sigarette aromatizzate, Granger» le rispose lui, alzando gli occhi al cielo,
l’espressione quasi disgustata. «Possibile che tu sia così ignorante sul mondo
magico? Sono la soluzione migliore per poter ottenere tutti i vantaggi del
fumo, escludendo il peggiore fra gli effetti collaterali».
«Il
cancro ai polmoni?» azzardò la strega, sentendo in un altro sperduto della
propria testa la voce di sua madre, in un lamentoso memento
della fine che lei stessa avrebbe fatto,
se avesse continuato su quella strada.
«Certo
che no» scandalizzato, Malfoy le dedicò un verso sprezzante. «I veri Purosangue
non si ammalano, noi ci limitiamo a diminuire lo standard ottimale della nostra
salute e decidiamo quando porre fine alle nostre sofferenze» rispose,
tranquillo, aspirando un’altra boccata di fumo.
Confusa,
Hermione si voltò a fissarlo. «Mi stai forse dicendo che per i Purosangue è
prassi affermata l’eliminazione fisica degli ammalati? È un atteggiamento da barbari!» sbottò, scandalizzata. «Se il Ministero
sapesse… praticamente fate dell’eutanasia! È disgustoso!» continuò, furiosa,
sentendo l’indole da paladina della legge insorgere nel proprio petto, insieme
ad una sequela di insulti che una signorina non avrebbe mai dovuto proferire.
Malfoy,
dal canto suo, non fece una piega. «Io definirei disgustoso privare una persona
della dignità, Granger» le rispose, glaciale. «Ho visto come i babbani trattano
i loro malati senza speranza. Quell’abbandono… quello non è disgustoso?» le chiese, senza sembrare particolarmente
interessato. «Pensala come vuoi, Granger, ma i Purosangue, piuttosto che
trascorrere mesi o anni in un letto,
preferiscono prendere una pozione e morire da veri signori».
Hermione
scosse il capo, ancora sconvolta. «Voi purosangue! La considerazione che avete
di ciò che non è perfetto è il riflesso della considerazione che avete della vita»
sbottò, con un borbottio, tornando a concentrarsi sulla Traccia. «Se solo
aveste-» si fermò, trattenendo bruscamente il respiro.
Alle
sue spalle, Malfoy si fece improvvisamente più attento, buttando di lato la
sigaretta ed inginocchiandosi al suo fianco. Entrambi fissarono, interdetti, la
leggera cornice d’oro. Al centro, la superficie riflettente era mutata, ora
sciogliendosi ed ora addensandosi,
trasformandosi in nebbia sotto i loro occhi.
«Come
hai fatto, Mezzosangue?» le domandò, sottovoce, senza staccare gli occhi dalla
meraviglia che si stava realizzando davanti a loro.
La
strega si strinse leggermente nelle spalle, confusa. «Credo sia stata la parola
riflesso. Mi sembra di aver letto di oggetti magici che rispondono
a diversi comandi, in base al diverso luogo ed al tempo in cui vengono
ritrovati. Riflesso è simile al francese réflexion, probabilmente per questo ce l’ho fatta.
Ero così irritata da aver usato magia accidentale» spiegò, sempre con lo stesso
tono di voce, osservando affascinata il movimento delle nebbie davanti a lei.
Sembrava volessero comunicare, danzando e creando ombre dalle forme quasi
antropomorfe.
Malfoy
non era più così rapito dallo spettacolo, i suoi occhi grigi erano fermi su di
lei, stupiti. «Sei riuscita a risolvere un problema che altrimenti sarebbe
stato irrisolvibile, il
tutto mentre tentavi di far valere le tue idee incomprensibili con me» disse,
ammirato. «Sei una fonte di sorprese, Granger, dico davvero» borbottò,
incurante della rigidità che colpì l’altra.
«Potrai
farmi pervenire i tuoi complimenti sottoforma di un mazzo di fiori recapitati
al mio ufficio» gli rispose, con uno sbuffo irritato. «Abbiamo attivato la
nebbia, ma adesso cosa dobbiamo fare? Il professore ha parlato di un
collegamento con la Traccia precedente, ma…» Hermione assottigliò lo sguardo,
sospirando.
«Come
accidenti facciamo a trovare il collegamento? Non ne ho idea» disse lui,
stringendosi nelle spalle. «Prova con un incantesimo di rivelazione, uno di
quelli semplici» propose, indicando con un cenno la bacchetta che lei ancora
teneva in mano. «Hai presente, Revelio» tentò ancora, quando la vide esitare.
Lo
sguardo che Hermione gli dedicò lo fece ridere, ma soltanto per qualche
istante. Quando lei eseguì l’incantesimo, la tensione fu troppa per mantenere
il tono leggero dell’ilarità.
All’inizio
non cambiò nulla.
Poi,
come se la nebbia avesse acquistato consapevolezza della loro disperazione,
sette minuscole figure si formarono dalla materia inconsistente, ruotando
intorno ad una figura centrale, più grande. Le figurine ruotarono e la centrale
cadde. Le figurine si fermarono e si unirono alla centrale, disegnando la forma
di un altro specchio, all’apparenza ben più maestoso, sormontato da una corona.
Infine,
lo specchio si ruppe ed il suono ovattato del vetro infranto dilagò fra gli
alberi, facendo venire la pelle d’oca ai due maghi che, impotenti, avevano
assistito allo spettacolo.
Restarono
in silenzio per qualche secondo, fissando la bruciatura nel terreno dove, fino
a poco prima, era stato lo specchietto. Poi, lentamente, Malfoy si voltò a
guardarla.
«Cosa cazzo significa, Granger?» chiese, mantenendo il
tono di voce soave.
«Sette
piccole persone ed una grande» ragionò lei, ad alta voce. «La piccola persona
cade ed uno specchio è alla base di tutto. Uno specchio coronato» continuò,
stringendo le labbra.
«Perfetto,
sarà sempre così? Dovremo sperare nel colpo di fortuna ogni
maledetta volta?» sbottò Malfoy,
sedendosi per terra con l’espressione di qualcuno che aveva voglia di prendere
a pugni il primo albero disponibile. «Tanto vale morire qui! Sarà più veloce ed
indolore, come addormentarci».
Come addormentarci.
Hermione
spalancò gli occhi, voltandosi verso il collega. C’era una certezza, nel suo
sguardo, capace di far impallidire anche Lord Voldemort nei suoi tempi d’oro.
«Mezzosangue?»
«So
dove dobbiamo andare».
***
«In Germania? Come
hai fatto a collegare la Germania?» domandò Ginny, accigliata, spegnendo la
sigaretta nel posacenere vicino. Raramente Ginevra Weasley ne fumava una
intera: le piaceva credere di poter
controllare la dipendenza. Almeno, era quello che ripeteva a chiunque le
chiedesse informazioni al riguardo.
Hermione sorrise,
sbuffando il fumo verso il pavimento, per non colpire in viso l’amica. «Mai
sentito parlare di Biancaneve ed i sette nani, Gin?» le domandò, retorica,
avendo già potuto accertare, con Malfoy, che i purosangue non conoscessero la
fiaba. «La Regina Cattiva usa uno
specchio per realizzare i suoi piani malvagi» spiegò subito, con un
sorriso. «E la storia è stata scritta dai fratelli Grimm,
che vivevano in Germania» si strinse nelle spalle. «Ho ipotizzato si fossero ispirati
ad una storia vera».
Ginny annuì,
vagamente soddisfatta. «Quindi tu e Malfoy state per addentrarvi in una fiaba
babbana, eh? Avete lo specchio ed immagino che troverete la strega cattiva a
guardia» mormorò, con le sopracciglia inarcate e l’espressione maliziosa. «Chi
di voi sarà la principessa e chi il principe azzurro?» chiese, in un
cinguettio.
Hermione sorrise,
facendo l’occhiolino alla migliore amica.
«Naturalmente io sono il
principe».
»Marnie’s Corner
Bentrovati e bentornati, cari amici di EFP!
Ormai la storia è entrata nel pieno dell’azione! Il primo indovinello è
stato risolto, ma i prossimi? Hermione ha dimostrato ancora una volta di essere
una Grifondoro in piena regola, coraggiosa e pronta ad aiutare gli altri. Qualcosa
le ha impedito di esprimersi al massimo, negli anni precedenti, e la colpa
sembra essere di Ronald. Caso strano, eh?
Questo capitolo ed il prossimo mancano un po’ d’azione, me ne rendo conto,
ma sono fondamentali. Nel prossimo ci
sarà il ritorno del caro Dottor Crave, che scoprirà
un po’ delle sue carte, ma non anticipo altro!
Per la comprensione della citazione, faccio riferimento in uno dei punti
sotto! Ho evidenziato l’inizio, per renderlo facilmente individuabile!
Avviso: La settimana entrante ho esami, quindi potrei non avere modo di portarmi
avanti con la scrittura ed il capitolo potrebbe
slittare un po’. Per favore, pregate per me se credete in qualsiasi entità
superiore, oppure tenetemi nei vostri pensieri. Sono terrorizzata.
Punti importanti:
» Il titolo è stato scelto sia in relazione
alla loro avventura, che ha davvero inizio con il ritrovamento della prima
Traccia, sia in relazione alle condizioni di Harry.
» La squadra di cui fa parte Hermione – gli Inquisitori – ha sia una sezione d’ufficio che una d’Inchiesta, che
si occupa di ricercare le prove e, spesso, catturare i fuggitivi. Non
confondeteli con gli Auror, il loro scopo è arrivare ad un processo, non
buttare la gente in prigione. Semplicemente, le prove
spesso non possono essere ottenute con le buone.
» Harry, Harry, cosa ti sta succedendo? Le
condizioni del Bambino Sopravvissuto sembrano proprio non voler migliorare! Che
sia stress post traumatico? Chi lo sa! La povera Ginny fa di tutto per
aiutarlo, ma sembra non essere sufficiente.
» Ebbene, la figlia di Dudley
è una strega. JK Rowling ha detto di aver pensato a
questa possibilità, ritenendo impossibile che un gene magico possa sopravvivere
allo scontro con il DNA di Vernon Dursley.
Io non sono d’accordo. Dopotutto, in queste ultime settimane ho avuto la
certezza che la cara Jo abbia iniziato a sparare
baggianate, spinte soltanto dal fanservice. Perché non
posso essere felice con qualcosa di comprensibile?
I Dursley faranno una comparsa? Non credo, ma non si
può mai sapere.
Se proprio vogliamo essere pignoli, l’idea
di dare una nipote strega a Petunia è tornata a galla grazie alla fanfiction di Poison Spring, “Gli eredi del Crepuscolo”. Ve la consiglio, è favolosa.
» La
discussione di Draco ed Hermione sull’eutanasia e sul diritto al suicidio
forse è stata un azzardo, me ne rendo conto. In un certo senso, è una questione
molto attuale e ho pensato di trattarla, seppur in modo estremamente superficiale. Qual è il mio punto di vista? Ah, non
credo di doverlo dire, non vorrei influenzare nessuno. Comunque il discorso non
si concluderà qui, la questione si ripresenterà già a partire dal prossimo
capitolo. La citazione ad inizio
capitolo riguarda quelle che si ritengono essere le due fazioni di questo
scontro: l’Amore che impedisce di lasciar andare il malato e la Dignità di
quest’ultimo, che viene messa a rischio dalla sua condizione. Oppure l’Amore
che consente alla famiglia di lasciar andare il malato e la Dignità che viene a
mancare quando si toglie il primo valore indisponibile, la vita.
» Prossima tappa, Germania! È stato un
azzardo, secondo voi? Fatemi sapere! Non vedevo l’ora di usare Biancaneve nella
storia! Parlando di specchi e magia non era forse ovvio?
Grazie infinite a tutti coloro che hanno
commentato, i vostri pareri sono il cibo della mia ispirazione, senza di voi
non so neppure se avrei avuto il coraggio di pubblicare ancora. Grazie, davvero.
Grazie ancora a chiunque leggerà, ci
becchiamo lunedì (o più avanti!) prossimo,
-Marnie