A Paccy,
la mia…non abbiamo un legame virtuale,
ma in compenso ne abbiamo uno vero,
che è molto meglio.
E mi sento decisamente
fortunata per questo.
Grazie per la tua dolcezza, la tua disponibilità
E l’affetto immeritato che mi riservi
sempre.
Un abbraccione,
S.
Lontano dal
cuore
Sbuffò esausta spostando col fiato corto il ciuffo biondo
che, ostinato, le ricadeva sul viso, unico segno di vanità in quell’atmosfera scialba e asettica che la circondava.
Perlomeno il suo turno era finito: le gambe non la reggevano più e le dolevano
i muscoli delle braccia dopo aver spostato decine di soldati dalle corporature
possenti. Ma ora, ora la aspettava una serata col
Maggiore. Così lo chiamava, il Maggiore. Il suo appuntamento galante di fine
turno.
“Ino, buonasera” vide un guizzo repentino negli occhi dell’uomo mentre lei varcava la soglia della tenda che divideva
il suo letto da quello degli altri. Sapeva che c’era chi sparlava su di loro,
sapeva che le maldicenze si propagavano a cerchio d’acqua, ma non le importava:
Ino Yamanaka era dannatamente brava
nel suo lavoro, per questo nessuno osava dirle nulla su quegli incontri
notturni, non direttamente. Che fosse rispetto o
codardia, poco importava a Ino, mentre oltre quella benda che da settimane gli
copriva il viso, intuiva il sorriso del Maggiore rispecchiare il suo.
“Sembri stanca morta…siediti” la invitò lui battendo leggero
una mano sul lettino. Era così bello. Ino aveva sempre avuto una capacità
innata di dire com’erano gli uomini seguendo i sussurri dei lineamenti delle
loro mani, e quelle del Maggiore erano robuste, protettive, forti. Evocavano una sensazione di calore e protezione che
la faceva sentire al sicuro, anche se lui era steso su un letto d’ospedale. Anche se aveva un occhio spappolato. Anche
se la gamba gli stava andando in cancrena.
Gli
sorrise come si sorride a un padre, a un
amante; gli sorrise e si sedette sulla sedia che le altre infermiere lasciavano
accanto al letto del Maggiore, anche se in un ospedale di campo nessuno
riceveva visite.
“Come stai, tu?” domandò allora Ino,
provando l’ebbrezza di accarezzargli i capelli argentati
mentre l’occhio di lui, quello marrone, quello non iniettato di sangue,
si chiudeva beandosi a quel contatto.
“Sopravvivo” mormorò l’uomo quando la magia finì, cercando gli occhi di Ino “Anche
se non so ancora per quanto” aggiunse con un sorriso.
Ino si ritrovò a guardare il
pavimento. “Che leggiamo stasera?” domandò “È il tuo
turno, Maggiore” mormorò.
“Sì, ne ho avuto abbastanza di Orgoglio e
Pregiudizio” rise lui, il suono cristallino che si riverberava nell’aria,
più fresca dell’essenza alla menta di tanti medicinali. Questo la faceva stare
bene, e non sapeva nemmeno lei perché: sapeva che non
era pena, ma un misto di pietà e attrazione, condivisione, compartecipazione. Con
quest’uomo si sentiva se stessa e, allo stesso tempo,
sentiva l’esigenza di diventare migliore.
“No, Ino” domandò allora lui mentre ancora la fissava, mentre lei si sorprendeva a guardarlo
attratta anche solo dal movimento delle sue labbra sotto la benda.
“Questa sera parliamo di te” terminò
l’uomo in un sussurro.
“Non sono interessante come un
romanzo” si sforzò di sorridere lei alzando le spalle, fissando ostinata il
pavimento. Sentì una mano sulla propria, tuttavia non la strinse, coperta com’era
di tubicini minuscoli che potevano staccarsi da un momento all’altro. Si
domandò come potesse un uomo così forte lasciarsi vedere così debole: si disse
sicura che era proprio questa la sua forza. Rigirò la mano nella sua,
scrutandone il palmo, ripassandone i contorni con le mani
mentre lui continuava a fissarla, mentre lei sentiva i suoi occhi su di sé.
“Posso leggerti la mano però, se
vuoi” sorrise l’infermiera alzando il capo.
“Lo sai cosa leggeresti” commentò risoluto
lui, senza l’ombra di risentimento nella voce “Lo sappiamo tutti
e due, Ino”.
La ragazza si morse un labbro.
“Però” riprese il Maggiore
“Però ho deciso cosa leggere” mormorò. Lei gli concesse un sorriso.
“Prendi il libro dal mio cassetto,
Ino” la pregò “Quello con la copertina arancione”.
Osservò la ragazza muoversi cauta,
come se temesse che il rumore dei suoi movimenti gli risultassero
in qualche modo sgraditi, la guardò spostarsi con grazia e cura mentre apriva
il cassetto e dolcemente estraeva il libro, con un timore quasi reverenziale.
“Cos’è?” domandò
quando si fu riseduta.
“Ricordi?” fece allora lui alzando
un sopracciglio “Oggi le regole le detto io. Pagina 342” ordinò con gentilezza.
“Si
vede che sono proprio masochista per aver scelto te.”
Rispose divertito. Va bene da qui?” domandò Ino,
scrutando il Maggiore.
Lui assentì: “Continua”.
Ino riabbassò gli occhi sul libro: “Lei gli tirò un pugno che, da quella
posizione, non l’aveva per niente turbato. Poi, con foga, spinse le sue labbra
su quelle di lui. Il ragazzo la trascinò verso di sé premendole una mano sulla
nuca, mentre con l’altro braccio le circondò la schiena nuda. La carezzò finché
non la sentì fremere di piacere e anche lui iniziava a lasciarsi andare. Bastò
un piccolo movimento per farla scivolare sull’erba e bloccarla sotto.
“E tu? Chi preferisci?”
le chiese riprendendo a baciarla con passione.
Non le lasciò un attimo di tregua, tranne che per respirare. Fremevano e
tremavano dall’emozione, erano preda di quell’attrazione
fisica che per troppo tempo avevano represso.
“Ah…” ansimò lei, quando lui prese a carezzarla con maestria.”
A quel punto la ragazza si interruppe, di colpo imbarazzata.
“Continua, Ino” la esortò lui,
gentile.
“Lui
fu compiaciuto della risposta e continuò la sua dolce tortura. La baciò,
carezzò e bruciò ad ogni tocco rovente, finché con un movimento brusco le alzò
la gonna. La ragazza lo bloccò con aria seccata e gli schiaffeggiò le mani.
“Non si comincia così…” sussurrò con voce inebriante.
Lui scosse il capo, senza capire. Fu in quel momento di distrazione che
lei ribaltò le posizioni e si mise a cavalcioni su di
lui. Gli scoccò un’occhiata altamente maliziosa, come
per dimostrargli che aveva ritrovato la sua consueta sicurezza. Lui le sorrise grato, posizionò le braccia dietro la testa e la
lasciò fare: stare sopra gli costava troppa fatica.”.
Ino si concesse un risolino, d’un tratto divertita. “Ma
che cosa legge, Maggiore?” domandò fintamente scandalizzata.
“Guarda tesoro che stai leggendo tu”
sorrise lui con fare sensuale. “Continua” la invitò nuovamente.
“Chiuse
gli occhi e percepì le sue dolci labbra impossessarsi delle proprie, torturarle
e morderle fin quanto era possibile. Lasciò una scia viola sul collo di lui, come se fossero stati suoi segni di
possessione. Lui sospirava e gemeva d’appagamento. Le mani della ragazza
scivolarono ovunque, esplorando quel corpo che troppe volte aveva sognato. Lo
privò della cravatta e della giacca e ammirò quella mostra di
addominali e muscoli marmorei. Li tastò con dita vellutate, mentre lui
sussultava smanioso.”. Ino si prese il tempo di un profondo respiro mentre il Maggiore sogghignava alla sua reazione: le
guance della ragazza si erano imporporate progressivamente, e i suoi respiri si
erano fatti più corti, concitati.
“Non siamo ancora alla parte
migliore” sorrise il Maggiore mentre le faceva sentire
il suo sguardo su di lei. Ino deglutì e riprese: “Mendokuse” lo disse piano, con
voce rotta, mentre gli occhi colpo le si appannavano e
smetteva per qualche secondo di leggere.
“Ino, tutto bene?” la voce del
Maggiore arrivò urgente, ansiosa.
“Splendidamente” sorrise lei mentre
si asciugava le lacrime.
“Se non
vuoi…” la fermò lui, di colpo preoccupato.
“Ce la faccio, grazie” confermò lei,
poi ricominciò: “… mi farai impazzire.” Sibilò a denti stretti, trovando suo malgrado
l’energia per sottometterla nuovamente.
Lei gemette di sorpresa e lo scrutò con aria languida, consenziente allo
scambio di ruoli. In questo ambito probabilmente lui
s’impegnava molto più di qualsiasi altro. Imitò la bionda in tutto e per tutto,
provocandola come lei aveva fatto poco prima con lui. La
ragazza si lasciò andare, ansimò senza ritegno e lo strinse a sé quando lui minacciava di allontanarsi troppo. L’uomo
sogghignò e le scoccò un’occhiata furbesca, prima di sfilarle il vestito. Ci
mise molta più calma e accuratezza rispetto all’impeto iniziale e lei ne parve appagata. Le tormentò dolcemente il seno latteo,
lasciandole segni lividi per tutto il corpo. Lei non obiettava e si lasciava
cullare dalle sue effusioni seducenti.”
Ino si lasciò un attimo per
osservare il Maggiore, che la seguiva rapito. Combattendo il pudore, si decise
a continuare:
“lei
gemeva, esprimendo semplicemente a voce quanto lo bramasse.
Lui sospirò e si alzò in piedi, lasciandola sdraiata con i soli slip
addosso. La ragazza lo fissò contrariata e lo imitò, parandosi di fronte a lui.
Il ragazzo sogghignò, si sfilò i pantaloni e l’afferrò con facilità. Lei,
istintivamente, serrò le gambe attorno ai fianchi del ragazzo e le braccia
intorno al suo collo. Lo sentì compiere qualche passo fiacco verso la vecchia
quercia e spingerla contro la sua corteccia ruvida. La bionda si rilassò un
poco, trovando sostegno contro al tronco e riprese ciò che lui aveva
brutalmente interrotto.”
Ino espirò, lasciando andare il
libro sul lettino d’ospedale e rendendosi conto che le tremavano le mani. Cercò
lo sguardo del Maggiore con fare interrogativo. Perché
le stava chiedendo una cosa del genere?
Lui la guardava, i suoi occhi che
indugiavano sulla pelle candida di lei, chiedendosi se anche su di lei sarebbero
rimasti i lividi del piacere, come sull’eroina di quel romanzo.
“Sei così bella” sospirò giocando coi suoi capelli.
“Vieni qui,
Ino” la invitò poi con una mano mentre lei si avvicinava cauta e tremante a
lui, al suo viso.
Quando fu abbastanza prossima, il
Maggiore le riportò una ciocca di capelli dietro l’orecchio con una dolcezza
inaudita, per poi lasciare scorrere la sua mano dietro la nuca
di lei e attirarla a sé.
La ragazza lo sentì premere le sue
labbra sulle proprie, lo sentì sensuale dietro la benda che portava; pensò che
avrebbe voluto di più, che entrambi avrebbero voluto
di più mentre cauta gli abbassava la mascherina e lo baciava davvero, e lui le
portava l’altra mano sulla schiena e la accarezzava con una maestria che non
aveva mai conosciuto, e la premeva contro di sé, eccitato ed accaldato, uomo
sul serio. Ino si lasciò baciare mentre si abbandonava
contro di lui, mentre se lo sentiva addosso con un calore che le pareva la
stanza emanasse, con il respiro che non aveva più perché era tutto di lui.
Quando le loro labbra si separarono,
gli occhi di lei cercarono quelli dell’uomo,
scrutandoli impauriti.
“Se avessi avuto un’altra vita,
l’avrei passata tutto il giorno tra le tue braccia”
gli mormorò lui mentre le baciava il collo, mentre la carezzava scompigliandole
i capelli, mentre a lei non importava più di tanto quando tutto ciò che contava
era quello che quest’uomo di cui non sapeva nemmeno
il nome le faceva provare. Si adagiò contro il suo petto muscoloso percependo
il respiro di lui, lento e regolare, all’orecchio,
cullandosi nel movimento ritmico delle sue mani sui suoi capelli, cominciando a
tracciare lievi cerchi proprio dove stava il cuore di lui, unico organo che la
guerra non avesse toccato.
“Ho parlato coi
medici” il silenzio si spaccò con la dichiarazione che Ino non avrebbe mai
voluto sentire. Strinse la mano a pugno sul petto di lui
mentre il Maggiore continuava: “Due, tre giorni al massimo” sussurrò “la gamba
è andata, e anche io tra poco. In fondo è solo giusto che loro, che mi hanno
portato in giro tutta la vita, mi portino anche al di
là di essa”.
Ino strinse le coperte in un pugno
di rabbia, lasciando correre una lacrima solitaria sulla sua guancia. Di nuovo.
“Ino” mormorò allora lui,
carezzandole il volto, accorgendosi delle sue lacrime. “Me la racconti adesso, la
tua vita?”.
Ino continuò a piangere
silenziosamente per qualche attimo, poi si accoccolò meglio sul petto di lui e cominciò: “Sono nata in un quartiere normale
di una città normale, con degli amici normali e ho frequentato scuole normali.
Ho fatto sempre tutto come dovevo, aiutavo i più
piccoli e ammiravo i più grandi, e mi guardavano come la bambina perfetta, la
ragazza della porta accanto, l’amica premurosa. Ma la
bontà non paga, sai? Nemmeno l’orgoglio. Non esiste un Mr
Darcy per tutte” sospirò “Ero
innamorata, innamorata come quando si fanno tanti cuoricini sul diario e tanti
film nella testa. Innamorata del mio migliore amico, il
ragazzo della porta accanto, il genio non dichiarato. La coppia
perfetta, no? La brava ragazza e il bravo ragazzo. E invece lui, il genio, si è dichiarato, e quando l’ha
fatto…io gli ho detto di no”.
Il Maggiore non smetteva di
accarezzarla, dando un ritmo pacato al suo racconto.
“Avevo paura, Maggiore, una paura dannata della perfezione. Si può avere una paura incontrollata
di essere felici, e io stavo morendo di questa paura.
Per questo ho colto al volo l’occasione di questo servizio internazionale,
accampando scuse su scuse su come dovessi salvare il
mondo, semplicemente perché non sapevo salvare me stessa”. Si
interruppe, sospirò alzando lievemente il capo, solo per guardarlo negli
occhi.
“Suppongo che non sia eccitante come storia, vero?” mormorò constatando che lui si
era rimesso la mascherina.
“Sei così bella” mormorò lui “E la
vita ti ha fatto male perché è incerta, e non si può prendere a piccole dosi,
come un farmaco” sorrise. “Non ti devi giustificare con me. Io ho ucciso degli
uomini, e ora forse sto scontando la mia pena. Ma per questo c’è Dio, piccola, non ti punire da sola”.
“Shikamaru studia in Corea ora” lo
interruppe Ino “E non rivorrà mai una che l’ha rifiutato”.
“Piccola” la voce del Maggiore era
autoritaria, conservando la sua sfumatura dolce che lei e pochi altri
conoscevano “Questa volta non starebbe a te decidere,
ma a lui. Per lo meno questo concediglielo, no?”.
Lei scosse il capo: “Non sarebbe
giusto. Gli ho fatto male, l’ho…”
“Allora fai questa promessa a un uomo che muore” la interruppe lui, una mano sulle sue
labbra “promettimi che ti darai una possibilità; non agli altri, a te stessa.
Promettimi che domani prenderai il primo aereo e tornerai a casa. Il tuo
contratto è scaduto, lo so, e io non voglio che tu mi veda morire. Voglio che
mi ricordi vivo, e con tanti libri per la testa” sorrise.
Ino sentì gli occhi riempirsi di
lacrime.
“Oh, avanti, non vorrai fregare un
moribondo, no?” fece lui sollevandole il viso e incontrando i suoi occhi. Ino
si sforzò di sorridergli.
“A proposito, il biglietto è già
prenotato” le fece l’occhiolino il Maggiore. “Offro io”.
“Maggiore…” fece lei, chiedendosi
che senso avessero i convenevoli di rito in una situazione del genere.
“Non posso fare un regalo alla mia
infermiera preferita?” domandò l’uomo prima che severi colpi di tosse lo
scuotessero.
“Ino” fece dopo aver bevuto il
bicchiere che lei gli porgeva. “Te la meriti, la felicità” disse carezzandole
il volto. “Ho prenotato il tuo biglietto, e voglio che tu prenda tutti i miei
libri. Non ho famigliari e non voglio che tu ti porti dietro gli oggetti di un
vecchio: mettono solo tristezza. Voglio che tu abbia i miei pensieri, però” disse con un sorriso.
Ino non poté fare altro che
assentire.
“Buon viaggio, piccola infermiera”
le sorrise lui baciandole la fronte.
“Buon viaggio anche a te, Maggiore”
lo salutò lei con un ultimo bacio attraverso la benda.
Non riusciva a smettere di piangere.
Aveva pianto lungo tutto il tragitto aereo, e scesa la
scalinata sentiva di nuovo le lacrime che non aveva più salirle agli occhi, che
le bruciavano da morire privati del sonno e rigati dal pianto incessante. Prese
la valigia – libri, solo libri – e salì veloce sulla
scala mobile. Ancora non sapeva dove sarebbe andata, se avrebbe
raggiunto subito i suoi genitori o si sarebbe lasciata trasportare per un
po’ dall’onda della città; se come prima cosa avrebbe preso il cappuccino che
le era tanto mancato o se se lo sarebbe negato ancora per un po’. Il Maggiore
avrebbe scelto sicuramente la prima. Cercò di ricordarsi dove fosse, il chiosco del cappuccino: doveva girare a destra, o
forse…
“Ino!” guardò il fondo delle scale
mobili, e il cuore le mancò un battito.
“Ino!” si sentì chiamare di nuovo, e
si chiese se non fosse un sogno. Chiese il permesso di tutte le persone che se
ne stavano ordinatamente in fila ad attendere l’arrivo al piano inferiore,
saltò i gradini con la valigia in mano senza curarsi di dove sbattesse,
corse gli ultimi tre metri che la distanziavano dal suo obiettivo col cuore in
gola, buttandogli le braccia al collo senza ritegno e ritrovando le lacrime che
pensava di aver esaurito: “Shikamaru!” gridò abbracciandolo e stringendolo a sé
con più forza possibile.
“Shikamaru!” ripeté respirando il
suo odore e rifugiandosi nel suo collo per nascondere
la vergogna del suo pianto.
Si sentì stringere, baciare, amare,
si sentì protetta e voluta, si sentì desiderata in quell’abbraccio che sapeva di riconciliazione.
“Come hai saputo che tornavo, come
hai fatto a venire all’ora giusta e Dio…mi hai
perdonata?”.
Il ragazzo la guardava attonito e sorpreso
da un’immensa tenerezza: “Ti ho aspettata Ino, non ho
fatto altro che aspettarti per tutto questo tempo.” Sussurrò
mentre la ragazza lo baciava, rinchiudeva il suo anno di assenza in quel
bacio portentoso. Quando si staccarono cercando l’aria, lui la carezzò
dolcemente, piegando il capo di lato mentre la
contemplava stregato: “Per l’aereo, però, mi ha dato la soffiata un certo Kakashi Hatake. A proposito, ti
saluta, ha detto di essere un Maggiore” spiegò
grattandosi la nuca.
Ino annuì sorridendo, ringraziando
mentalmente il suo punto di riferimento, ancora una volta, e intrecciando le
proprie mani con quelle di Shikamaru.
“Andiamo a casa?” domandò con voce incerta mentre lui annuiva prendendole la valigia.
“Sono pronta” sussurrò.
Ecco qui, Paccina
mia. Ecco fatto. Spero davvero che ti sia piaciuta, perché l’ho scritta solo
per te!
E, nel caso non l’avessi
riconosciuto, quello che leggono Ino e Kakashi è tratto da una tua ff, Festa (quasi) a sorpresa per Ino e Shikamaru,
<3. Un mio piccolissimo, personalissimo omaggio.
Che bello essere Mosche
Bianche!
Rispondo con molto piacere alle
recensioni:
Elwerien, <3:
Devo ammettere che come pairing era
un po’ disastrato, infatti guarda com’è andato a finire! Prego,
prego, prego, è stato solo un immenso piacere. Sono davvero contenta che
ti sia piaciuta nonostante fose una toria sicuramente complicata, forse un po’ arraffazonata e della quale non ero poi così sicura.Oltreetutto sei riuscita a
capire esattamente quello che volevo dire! Sicuramente merito tuo! XD Mi ha
fatto morire quando la Luly
mi ha passato i tuoi commenti, e sono felice che tu abbia trovato un Kabuto da Sbav, proprio come
piace a te <3. Per te, questo ed altro! Bacione!
hachi92: Essì, che pairing! Tutta colpa di El, se vuoi prendertela con
qualcuno, rivolgiti a lei! XD Grazie però, grazie per lo sforzo di averla letta solo perché l’avevo scritta io, e grazie per
la recensione e i complimenti. Sei decisamente troppo
buona, mi vizi! ;P Un bacio!