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Autore: WishfulThinking    21/03/2009    5 recensioni
Raccolta di fic a ispirazione, a richiesta...comunque, sempre dedicate a qualcuno. Carte sparse legate da fili rossi: impacchettate o solo frutto di un legame. La prima è per El, la seconda per Paccy, la terza per Eleanor, la quarta per Blackie e la quinta per Luly, la sesta per Vale
““Io so fare di molto meglio” affermò allora la kunoichi spingendolo via.
Shikamaru alzò un sopracciglio.
“Io so fare di molto meglio”. Ribadì Ino, convinta.
“Mmm”, rispose Shikamaru.
Ino si tolse la gonna indignata, dopodiché – con qualche remora non espressa da parte del suo compagno – si cinse i fianchi con la fascia che Sakura non aveva indossato, rimanendo in intimo e foulard tintinnante dinanzi a Shikamaru.
“Già questo ti dovrebbe fare più effetto di Sakura” affermò Ino spavalda, incrociando le mani all’altezza del seno e facendole poi scorrere lungo i suoi fianchi.
Questa volta non giunse nessun “Mmm”.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Ino Yamanaka, Shikamaru Nara
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
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Sbuffò

A Paccy,

la mia…non abbiamo un legame virtuale,

ma in compenso ne abbiamo uno vero,

che è molto meglio.

E mi sento decisamente fortunata per questo.

Grazie per la tua dolcezza, la tua disponibilità

E l’affetto immeritato che mi riservi sempre.

Un abbraccione,

S.

Lontano dal cuore

Sbuffò esausta spostando col fiato corto il ciuffo biondo che, ostinato, le ricadeva sul viso, unico segno di vanità in quell’atmosfera scialba e asettica che la circondava. Perlomeno il suo turno era finito: le gambe non la reggevano più e le dolevano i muscoli delle braccia dopo aver spostato decine di soldati dalle corporature possenti. Ma ora, ora la aspettava una serata col Maggiore. Così lo chiamava, il Maggiore. Il suo appuntamento galante di fine turno.

“Ino, buonasera” vide un guizzo repentino negli occhi dell’uomo mentre lei varcava la soglia della tenda che divideva il suo letto da quello degli altri. Sapeva che c’era chi sparlava su di loro, sapeva che le maldicenze si propagavano a cerchio d’acqua, ma non le importava: Ino Yamanaka era dannatamente brava nel suo lavoro, per questo nessuno osava dirle nulla su quegli incontri notturni, non direttamente. Che fosse rispetto o codardia, poco importava a Ino, mentre oltre quella benda che da settimane gli copriva il viso, intuiva il sorriso del Maggiore rispecchiare il suo.

“Sembri stanca morta…siediti” la invitò lui battendo leggero una mano sul lettino. Era così bello. Ino aveva sempre avuto una capacità innata di dire com’erano gli uomini seguendo i sussurri dei lineamenti delle loro mani, e quelle del Maggiore erano robuste, protettive, forti. Evocavano una sensazione di calore e protezione che la faceva sentire al sicuro, anche se lui era steso su un letto d’ospedale. Anche se aveva un occhio spappolato. Anche se la gamba gli stava andando in cancrena.

Gli sorrise come si sorride a un padre, a un amante; gli sorrise e si sedette sulla sedia che le altre infermiere lasciavano accanto al letto del Maggiore, anche se in un ospedale di campo nessuno riceveva visite.

“Come stai, tu?” domandò allora Ino, provando l’ebbrezza di accarezzargli i capelli argentati mentre l’occhio di lui, quello marrone, quello non iniettato di sangue, si chiudeva beandosi a quel contatto.

“Sopravvivo” mormorò l’uomo quando la magia finì, cercando gli occhi di Ino “Anche se non so ancora per quanto” aggiunse con un sorriso.

Ino si ritrovò a guardare il pavimento. “Che leggiamo stasera?” domandò “È il tuo turno, Maggiore” mormorò.

“Sì, ne ho avuto abbastanza di Orgoglio e Pregiudizio” rise lui, il suono cristallino che si riverberava nell’aria, più fresca dell’essenza alla menta di tanti medicinali. Questo la faceva stare bene, e non sapeva nemmeno lei perché: sapeva che non era pena, ma un misto di pietà e attrazione, condivisione, compartecipazione. Con quest’uomo si sentiva se stessa e, allo stesso tempo, sentiva l’esigenza di diventare migliore.

“No, Ino” domandò allora lui mentre ancora la fissava, mentre lei si sorprendeva a guardarlo attratta anche solo dal movimento delle sue labbra sotto la benda.

“Questa sera parliamo di te” terminò l’uomo in un sussurro.

“Non sono interessante come un romanzo” si sforzò di sorridere lei alzando le spalle, fissando ostinata il pavimento. Sentì una mano sulla propria, tuttavia non la strinse, coperta com’era di tubicini minuscoli che potevano staccarsi da un momento all’altro. Si domandò come potesse un uomo così forte lasciarsi vedere così debole: si disse sicura che era proprio questa la sua forza. Rigirò la mano nella sua, scrutandone il palmo, ripassandone i contorni con le mani mentre lui continuava a fissarla, mentre lei sentiva i suoi occhi su di sé.

“Posso leggerti la mano però, se vuoi” sorrise l’infermiera alzando il capo.

“Lo sai cosa leggeresti” commentò risoluto lui, senza l’ombra di risentimento nella voce “Lo sappiamo tutti e due, Ino”.

La ragazza si morse un labbro.

“Però” riprese il Maggiore “Però ho deciso cosa leggere” mormorò. Lei gli concesse un sorriso.

“Prendi il libro dal mio cassetto, Ino” la pregò “Quello con la copertina arancione”.

Osservò la ragazza muoversi cauta, come se temesse che il rumore dei suoi movimenti gli risultassero in qualche modo sgraditi, la guardò spostarsi con grazia e cura mentre apriva il cassetto e dolcemente estraeva il libro, con un timore quasi reverenziale.

“Cos’è?” domandò quando si fu riseduta.

“Ricordi?” fece allora lui alzando un sopracciglio “Oggi le regole le detto io. Pagina 342” ordinò con gentilezza.

Si vede che sono proprio masochista per aver scelto te. Rispose divertito. Va bene da qui?” domandò Ino, scrutando il Maggiore.

Lui assentì: “Continua”.

Ino riabbassò gli occhi sul libro: “Lei gli tirò un pugno che, da quella posizione, non l’aveva per niente turbato. Poi, con foga, spinse le sue labbra su quelle di lui. Il ragazzo la trascinò verso di sé premendole una mano sulla nuca, mentre con l’altro braccio le circondò la schiena nuda. La carezzò finché non la sentì fremere di piacere e anche lui iniziava a lasciarsi andare. Bastò un piccolo movimento per farla scivolare sull’erba e bloccarla sotto.

E tu? Chi preferisci?” le chiese riprendendo a baciarla con passione.

Non le lasciò un attimo di tregua, tranne che per respirare. Fremevano e tremavano dall’emozione, erano preda di quell’attrazione fisica che per troppo tempo avevano represso.

“Ah…” ansimò lei, quando lui prese a carezzarla con maestria.

A quel punto la ragazza si interruppe, di colpo imbarazzata.

“Continua, Ino” la esortò lui, gentile.

Lui fu compiaciuto della risposta e continuò la sua dolce tortura. La baciò, carezzò e bruciò ad ogni tocco rovente, finché con un movimento brusco le alzò la gonna. La ragazza lo bloccò con aria seccata e gli schiaffeggiò le mani.

“Non si comincia così…” sussurrò con voce inebriante.

Lui scosse il capo, senza capire. Fu in quel momento di distrazione che lei ribaltò le posizioni e si mise a cavalcioni su di lui. Gli scoccò un’occhiata altamente maliziosa, come per dimostrargli che aveva ritrovato la sua consueta sicurezza. Lui le sorrise grato, posizionò le braccia dietro la testa e la lasciò fare: stare sopra gli costava troppa fatica.”. Ino si concesse un risolino, d’un tratto divertita. “Ma che cosa legge, Maggiore?” domandò fintamente scandalizzata.

“Guarda tesoro che stai leggendo tu” sorrise lui con fare sensuale. “Continua” la invitò nuovamente.

Chiuse gli occhi e percepì le sue dolci labbra impossessarsi delle proprie, torturarle e morderle fin quanto era possibile. Lasciò una scia viola sul collo di lui, come se fossero stati suoi segni di possessione. Lui sospirava e gemeva d’appagamento. Le mani della ragazza scivolarono ovunque, esplorando quel corpo che troppe volte aveva sognato. Lo privò della cravatta e della giacca e ammirò quella mostra di addominali e muscoli marmorei. Li tastò con dita vellutate, mentre lui sussultava smanioso.”. Ino si prese il tempo di un profondo respiro mentre il Maggiore sogghignava alla sua reazione: le guance della ragazza si erano imporporate progressivamente, e i suoi respiri si erano fatti più corti, concitati.

“Non siamo ancora alla parte migliore” sorrise il Maggiore mentre le faceva sentire il suo sguardo su di lei. Ino deglutì e riprese: “Mendokuse” lo disse piano, con voce rotta, mentre gli occhi colpo le si appannavano e smetteva per qualche secondo di leggere.

“Ino, tutto bene?” la voce del Maggiore arrivò urgente, ansiosa.

“Splendidamente” sorrise lei mentre si asciugava le lacrime.

Se non vuoi…” la fermò lui, di colpo preoccupato.

“Ce la faccio, grazie” confermò lei, poi ricominciò: “… mi farai impazzire. Sibilò a denti stretti, trovando suo malgrado l’energia per sottometterla nuovamente.

Lei gemette di sorpresa e lo scrutò con aria languida, consenziente allo scambio di ruoli. In questo ambito probabilmente lui s’impegnava molto più di qualsiasi altro. Imitò la bionda in tutto e per tutto, provocandola come lei aveva fatto poco prima con lui. La ragazza si lasciò andare, ansimò senza ritegno e lo strinse a sé quando lui minacciava di allontanarsi troppo. L’uomo sogghignò e le scoccò un’occhiata furbesca, prima di sfilarle il vestito. Ci mise molta più calma e accuratezza rispetto all’impeto iniziale e lei ne parve appagata. Le tormentò dolcemente il seno latteo, lasciandole segni lividi per tutto il corpo. Lei non obiettava e si lasciava cullare dalle sue effusioni seducenti.

Ino si lasciò un attimo per osservare il Maggiore, che la seguiva rapito. Combattendo il pudore, si decise a continuare:

lei gemeva, esprimendo semplicemente a voce quanto lo bramasse.

Lui sospirò e si alzò in piedi, lasciandola sdraiata con i soli slip addosso. La ragazza lo fissò contrariata e lo imitò, parandosi di fronte a lui. Il ragazzo sogghignò, si sfilò i pantaloni e l’afferrò con facilità. Lei, istintivamente, serrò le gambe attorno ai fianchi del ragazzo e le braccia intorno al suo collo. Lo sentì compiere qualche passo fiacco verso la vecchia quercia e spingerla contro la sua corteccia ruvida. La bionda si rilassò un poco, trovando sostegno contro al tronco e riprese ciò che lui aveva brutalmente interrotto.

Ino espirò, lasciando andare il libro sul lettino d’ospedale e rendendosi conto che le tremavano le mani. Cercò lo sguardo del Maggiore con fare interrogativo. Perché le stava chiedendo una cosa del genere?

Lui la guardava, i suoi occhi che indugiavano sulla pelle candida di lei, chiedendosi se anche su di lei sarebbero rimasti i lividi del piacere, come sull’eroina di quel romanzo.

“Sei così bella” sospirò giocando coi suoi capelli.

“Vieni qui, Ino” la invitò poi con una mano mentre lei si avvicinava cauta e tremante a lui, al suo viso.

Quando fu abbastanza prossima, il Maggiore le riportò una ciocca di capelli dietro l’orecchio con una dolcezza inaudita, per poi lasciare scorrere la sua mano dietro la nuca di lei e attirarla a sé.

La ragazza lo sentì premere le sue labbra sulle proprie, lo sentì sensuale dietro la benda che portava; pensò che avrebbe voluto di più, che entrambi avrebbero voluto di più mentre cauta gli abbassava la mascherina e lo baciava davvero, e lui le portava l’altra mano sulla schiena e la accarezzava con una maestria che non aveva mai conosciuto, e la premeva contro di sé, eccitato ed accaldato, uomo sul serio. Ino si lasciò baciare mentre si abbandonava contro di lui, mentre se lo sentiva addosso con un calore che le pareva la stanza emanasse, con il respiro che non aveva più perché era tutto di lui.

Quando le loro labbra si separarono, gli occhi di lei cercarono quelli dell’uomo, scrutandoli impauriti.

“Se avessi avuto un’altra vita, l’avrei passata tutto il giorno tra le tue braccia” gli mormorò lui mentre le baciava il collo, mentre la carezzava scompigliandole i capelli, mentre a lei non importava più di tanto quando tutto ciò che contava era quello che quest’uomo di cui non sapeva nemmeno il nome le faceva provare. Si adagiò contro il suo petto muscoloso percependo il respiro di lui, lento e regolare, all’orecchio, cullandosi nel movimento ritmico delle sue mani sui suoi capelli, cominciando a tracciare lievi cerchi proprio dove stava il cuore di lui, unico organo che la guerra non avesse toccato.

“Ho parlato coi medici” il silenzio si spaccò con la dichiarazione che Ino non avrebbe mai voluto sentire. Strinse la mano a pugno sul petto di lui mentre il Maggiore continuava: “Due, tre giorni al massimo” sussurrò “la gamba è andata, e anche io tra poco. In fondo è solo giusto che loro, che mi hanno portato in giro tutta la vita, mi portino anche al di là di essa”.

Ino strinse le coperte in un pugno di rabbia, lasciando correre una lacrima solitaria sulla sua guancia. Di nuovo.

“Ino” mormorò allora lui, carezzandole il volto, accorgendosi delle sue lacrime. “Me la racconti adesso, la tua vita?”.

Ino continuò a piangere silenziosamente per qualche attimo, poi si accoccolò meglio sul petto di lui e cominciò: “Sono nata in un quartiere normale di una città normale, con degli amici normali e ho frequentato scuole normali. Ho fatto sempre tutto come dovevo, aiutavo i più piccoli e ammiravo i più grandi, e mi guardavano come la bambina perfetta, la ragazza della porta accanto, l’amica premurosa. Ma la bontà non paga, sai? Nemmeno l’orgoglio. Non esiste un Mr Darcy per tutte” sospirò “Ero innamorata, innamorata come quando si fanno tanti cuoricini sul diario e tanti film nella testa. Innamorata del mio migliore amico, il ragazzo della porta accanto, il genio non dichiarato. La coppia perfetta, no? La brava ragazza e il bravo ragazzo. E invece lui, il genio, si è dichiarato, e quando l’ha fatto…io gli ho detto di no”.

Il Maggiore non smetteva di accarezzarla, dando un ritmo pacato al suo racconto.

“Avevo paura, Maggiore, una paura dannata della perfezione. Si può avere una paura incontrollata di essere felici, e io stavo morendo di questa paura. Per questo ho colto al volo l’occasione di questo servizio internazionale, accampando scuse su scuse su come dovessi salvare il mondo, semplicemente perché non sapevo salvare me stessa”. Si interruppe, sospirò alzando lievemente il capo, solo per guardarlo negli occhi.

“Suppongo che non sia eccitante come storia, vero?” mormorò constatando che lui si era rimesso la mascherina.

“Sei così bella” mormorò lui “E la vita ti ha fatto male perché è incerta, e non si può prendere a piccole dosi, come un farmaco” sorrise. “Non ti devi giustificare con me. Io ho ucciso degli uomini, e ora forse sto scontando la mia pena. Ma per questo c’è Dio, piccola, non ti punire da sola”.

“Shikamaru studia in Corea ora” lo interruppe Ino “E non rivorrà mai una che l’ha rifiutato”.

“Piccola” la voce del Maggiore era autoritaria, conservando la sua sfumatura dolce che lei e pochi altri conoscevano “Questa volta non starebbe a te decidere, ma a lui. Per lo meno questo concediglielo, no?”.

Lei scosse il capo: “Non sarebbe giusto. Gli ho fatto male, l’ho…”

“Allora fai questa promessa a un uomo che muore” la interruppe lui, una mano sulle sue labbra “promettimi che ti darai una possibilità; non agli altri, a te stessa. Promettimi che domani prenderai il primo aereo e tornerai a casa. Il tuo contratto è scaduto, lo so, e io non voglio che tu mi veda morire. Voglio che mi ricordi vivo, e con tanti libri per la testa” sorrise.

Ino sentì gli occhi riempirsi di lacrime.

“Oh, avanti, non vorrai fregare un moribondo, no?” fece lui sollevandole il viso e incontrando i suoi occhi. Ino si sforzò di sorridergli.

“A proposito, il biglietto è già prenotato” le fece l’occhiolino il Maggiore. “Offro io”.

“Maggiore…” fece lei, chiedendosi che senso avessero i convenevoli di rito in una situazione del genere.

“Non posso fare un regalo alla mia infermiera preferita?” domandò l’uomo prima che severi colpi di tosse lo scuotessero.

“Ino” fece dopo aver bevuto il bicchiere che lei gli porgeva. “Te la meriti, la felicità” disse carezzandole il volto. “Ho prenotato il tuo biglietto, e voglio che tu prenda tutti i miei libri. Non ho famigliari e non voglio che tu ti porti dietro gli oggetti di un vecchio: mettono solo tristezza. Voglio che tu abbia i miei pensieri, però” disse con un sorriso.

Ino non poté fare altro che assentire.

“Buon viaggio, piccola infermiera” le sorrise lui baciandole la fronte.

“Buon viaggio anche a te, Maggiore” lo salutò lei con un ultimo bacio attraverso la benda.

Non riusciva a smettere di piangere. Aveva pianto lungo tutto il tragitto aereo, e scesa la scalinata sentiva di nuovo le lacrime che non aveva più salirle agli occhi, che le bruciavano da morire privati del sonno e rigati dal pianto incessante. Prese la valigia – libri, solo libri – e salì veloce sulla scala mobile. Ancora non sapeva dove sarebbe andata, se avrebbe raggiunto subito i suoi genitori o si sarebbe lasciata trasportare per un po’ dall’onda della città; se come prima cosa avrebbe preso il cappuccino che le era tanto mancato o se se lo sarebbe negato ancora per un po’. Il Maggiore avrebbe scelto sicuramente la prima. Cercò di ricordarsi dove fosse, il chiosco del cappuccino: doveva girare a destra, o forse…

“Ino!” guardò il fondo delle scale mobili, e il cuore le mancò un battito.

“Ino!” si sentì chiamare di nuovo, e si chiese se non fosse un sogno. Chiese il permesso di tutte le persone che se ne stavano ordinatamente in fila ad attendere l’arrivo al piano inferiore, saltò i gradini con la valigia in mano senza curarsi di dove sbattesse, corse gli ultimi tre metri che la distanziavano dal suo obiettivo col cuore in gola, buttandogli le braccia al collo senza ritegno e ritrovando le lacrime che pensava di aver esaurito: “Shikamaru!” gridò abbracciandolo e stringendolo a sé con più forza possibile.

“Shikamaru!” ripeté respirando il suo odore e rifugiandosi nel suo collo per nascondere la vergogna del suo pianto.

Si sentì stringere, baciare, amare, si sentì protetta e voluta, si sentì desiderata in quell’abbraccio che sapeva di riconciliazione.

“Come hai saputo che tornavo, come hai fatto a venire all’ora giusta e Dio…mi hai perdonata?”.

Il ragazzo la guardava attonito e sorpreso da un’immensa tenerezza: “Ti ho aspettata Ino, non ho fatto altro che aspettarti per tutto questo tempo.” Sussurrò mentre la ragazza lo baciava, rinchiudeva il suo anno di assenza in quel bacio portentoso. Quando si staccarono cercando l’aria, lui la carezzò dolcemente, piegando il capo di lato mentre la contemplava stregato: “Per l’aereo, però, mi ha dato la soffiata un certo Kakashi Hatake. A proposito, ti saluta, ha detto di essere un Maggiore” spiegò grattandosi la nuca.

Ino annuì sorridendo, ringraziando mentalmente il suo punto di riferimento, ancora una volta, e intrecciando le proprie mani con quelle di Shikamaru.

“Andiamo a casa?” domandò con voce incerta mentre lui annuiva prendendole la valigia.

“Sono pronta” sussurrò.

Ecco qui, Paccina mia. Ecco fatto. Spero davvero che ti sia piaciuta, perché l’ho scritta solo per te!

E, nel caso non l’avessi riconosciuto, quello che leggono Ino e Kakashi è tratto da una tua ff, Festa (quasi) a sorpresa per Ino e Shikamaru, <3. Un mio piccolissimo, personalissimo omaggio.

Che bello essere Mosche Bianche!

Rispondo con molto piacere alle recensioni:

Elwerien, <3: Devo ammettere che come pairing era un po’ disastrato, infatti guarda com’è andato a finire! Prego, prego, prego, è stato solo un immenso piacere. Sono davvero contenta che ti sia piaciuta nonostante fose una toria sicuramente complicata, forse un po’ arraffazonata e della quale non ero poi così sicura.Oltreetutto sei riuscita a capire esattamente quello che volevo dire! Sicuramente merito tuo! XD Mi ha fatto morire quando la Luly mi ha passato i tuoi commenti, e sono felice che tu abbia trovato un Kabuto da Sbav, proprio come piace a te <3. Per te, questo ed altro! Bacione!

hachi92: Essì, che pairing! Tutta colpa di El, se vuoi prendertela con qualcuno, rivolgiti a lei! XD Grazie però, grazie per lo sforzo di averla letta solo perché l’avevo scritta io, e grazie per la recensione e i complimenti. Sei decisamente troppo buona, mi vizi! ;P Un bacio!

  
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