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Autore: MandyCri    14/02/2016    7 recensioni
Francesca è una ragazza di venticinque anni.
Impulsiva e pasticciona, caratteristiche che le hanno creato più di un problema in passato, è dotata però di un cervello acuto e di un grande senso del dovere.
Originaria di Casette D’Ete, piccolo paesino nelle Marche, si è trasferita a Milano, dopo aver trovato lavoro presso una grande multinazionale inglese.
Adam ha trent'anni ed è il rampollo di una delle famiglie più in vista della Londra bene.
Rimasto orfano di padre, ha dovuto maturare presto e abbandonare la bella e scapestrata vita piena di eccessi a cui era abituato, per affiancare sua madre Isabelle nella direzione della ditta creata dal nonno e lasciatagli in eredità dal padre.
Cos’hanno in comune Francesca e Adam?
Un incontro burrascoso, bugie, un lavoro in comune e… Andrea.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ciao,
allora cosa ne dite della storia?
Aspetto i vostri pensieri e vi ringrazio in anticipo.
Questo è il link del gruppo per chi desidera farne parte L'amore non è bello se non è litigarello.

Spero che questo capitolo vi piaccia.
Vi auguro una buona lettura e un buon San Valentino a tutti!
Besos MandyCri


§§§



CAPITOLO 5 – ISABELLE

 

Da quando è morto Erik, Adam non è più lo stesso.

Sono passati sei mesi ormai.

Non credevo che mio figlio fosse in grado di sostituire il padre alla conduzione della Donnelly, invece mi ha sorpreso, perché credo sia più capace del mio defunto marito.

Adam è molto più distaccato, meno sensibile, rispetto ad Erik: è un imprenditore nato.

Riesce a scindere i sentimenti dagli affari.

Solo che...

Mi manca, mi manca il mio bambino.

Mi mancano i suoi sorrisi, la sua voglia di vivere.

Adesso è così preso dalla ditta che non esiste altro.

Credevo che tutti gli avvoltoi che hanno sempre circondato Erik avrebbero schiacciato il mio piccolo, invece, uno ad uno, quei succhiasangue sono usciti per sempre dalle nostre vite.

Adam li ha osservati, messi alla prova, scandagliati ed ha eliminato il marcio.

È stato freddo, calcolatore.

Chi l'avrebbe mai creduto?

Scioccamente, ho pensato che ci avrebbero messo i piedi in testa.

Ho sottovalutato mio figlio.

Non ero certo preoccupata di perdere la nostra ricchezza.

Erik ha pensato a tutto.

Potremmo vivere di rendita per tutta la vita.

Non ha lasciato nulla a me, ma questi erano gli accordi.

Mi sono sposata per amore, non per denaro, come dicono le malelingue.

Non abbiamo fatto alcun accordo prematrimoniale, semplicemente, abbiamo deciso che tutto ciò che era nostro andava di diritto ad Adam se ci fosse successo qualcosa.

Abbiamo fatto testamento di proposito.

Adam era ed è il nostro unico erede.

Non sono mai stata una con le mani bucate.

I miei soldi sono investiti come si deve e non ho bisogno delle ricchezze di mio figlio.

Ho lavorato a fianco di Erik, prendendo il mio stipendio che comunque continuo a ricevere, perché adesso dipendo da Adam.

Quando Erik è morto il dolore è stato immenso, sia per me che per mio figlio.

Adam non ha versato una sola lacrima.

Per tutta la durata del funerale, è rimasto impettito, bianco come un lenzuolo e non ha distolto lo sguardo dalla bara.

Prima che portassero via, definitivamente, Erik, Adam ha appoggiato la mano sul legno.

Una mano pallida e tremante.

L'ha tenuta lì qualche secondo e poi l'ha ritirata.

Credo di aver pianto tutte le mie lacrime in quel preciso istante.

L'unica cosa che sono riuscita a fare è stata andargli vicino e prendere quella stessa mano che aveva appena salutato il padre per sempre.

Quando siamo andati dal notaio per la lettura del testamento, mio figlio non ha detto una parola. Ha ascoltato in silenzio, ha annuito e poi firmato.

Non mi ha fatto domande nemmeno dopo.

Ho cercato di parlargli, di farlo sfogare, ma Adam si è rintanato in un silenzio che è ancora in corso.

Ted e Luke gli sono stati vicini.

Da qualche mese lavorano per noi.

In azienda, tutti i dipendenti temono mio figlio: non lo ama nessuno.

Al contrario del padre, Adam non riesce ad instaurare un rapporto gentile con nessuno.

Qualche giorno fa, gli ho detto che dovrebbe essere più gentile, più malleabile, forse più attento ai rapporti personali.

Mi ha guardata impassibile e poi ha scosso il viso, facendomi capire che non condivide affatto il mio pensiero “Sono il loro capo, non un amico!”.

Me l'ha detto con un tono di voce fermo a cui non sono riuscita a ribattere.

Spero che la vita gli riservi qualcosa di bello ed inaspettato, perché altrimenti, mio figlio si perderà per sempre nella totale e più buia anaffettività .

Ted, Luke ed io possiamo solo dargli il nostro amore e il nostro aiuto, ma a lui serve uno scossone, uno di quelli potenti che lo facciano tornare il mio dolce e allegro Adam.

Prego ogni sera che succeda qualcosa che lo riporti ad essere il ragazzo spensierato che era prima della morte di Erik.

Al momento, le mie preghiere non sono state ascoltate, ma io non ho fretta e sono una donna tenace.

Continuerò a pregare per lui, fino a che avrò vita.

 

***

 

- Cazzo! - imprecò Francesca per l'ennesima volta ed erano solo le dieci della mattina.

Andrea la guardò con occhi resi lucidi dalla febbre alta ed allungò la manina.

Francesca sbuffò irritata – Te li do, dopo! - ringhiò, cercando di aprire la pagina dell'ordine che, ovviamente, non voleva collaborare.

Andrea inclinò il visino di lato e la guardò con quell'aria supponente che la faceva andare fuori di testa. L'aveva ereditata sicuramente da quell'inglese!

- Sono dieci euro, mamma... - disse con voce flebile – Hai detto dieci parolacce oggi e non mi hai ancora pagato...

Sapeva anche contare, quando gli faceva comodo, quel piccolo mostriciattolo!

La giornata era cominciata nel peggiore dei modi, se si poteva dire “cominciata”.

Francesca aveva passato una notte d'inferno.

Andrea non aveva fatto altro che lamentarsi, aveva avuto la febbre alta e, nonostante le sue preghiere, non era calata di nessuna linea.

Giulia, la sua fidata baby sitter, quando l'aveva chiamata non appena si era risvegliata e aveva constato che il cucciolo non poteva andare a scuola, le aveva detto che non si era ancora ripresa e, giustamente, non se la sentiva di andare a casa sua a tenere Andrea.

Aveva chiamato disperata Roberto, il suo capo, esponendogli il problema, ma lo stronzo non aveva voluto sentire ragioni: doveva andare a lavoro per forza, perché oggi sarebbe stato il grande giorno: arrivava il capo dei capi, l'immenso mostro Adam Donnelly.

Perché al mostro sarebbe cambiato qualcosa se lei ci fosse stata in ufficio!

Porco cazzo!

- E come faccio con mio figlio? - aveva sbraitato al telefono, presa dal panico.

- Portalo in ufficio, digli di stare nascosto e che non si lamenti tanto. - aveva replicato candidamente Roberto.

- Ha la febbre a trentanove!

- Dagli qualcosa di potente, così non disturba.

Ecco cosa gli aveva risposto, lo stronzo!

E così si era ritrovata a riempire una sacca con tutte le medicine che aveva in casa, una coperta bella pesante e dei vestiti di ricambio: non si sapeva mai nella vita.

Magari Andrea aveva bisogno di vestiti puliti, perché avrebbe sudato per la febbre!

Dio che madre degenerata era...

Almeno l'indomani, la Signora Bartoni, la sua vicina di casa, si era offerta di tenere il piccolo.

Ovviamente, non se ne parlava per quel giorno, perché doveva andare a farsi i raggi all'anca.

La vecchia babbiona!

Non era la soluzione migliore, però per lo meno, il giorno dopo, Andrea sarebbe stato a letto, al calduccio.

Roberto le aveva concesso un'ora di permesso, ma che gentile!

E non era finita qui.

Appena era arrivata a lavoro ed aveva aperto la casella elettronica, aveva trovato una mail dall'indirizzo privato di Adam, il collega di Londra con il quale aveva instaurato un rapporto di amicizia telefonica, nella quale diceva che aveva avuto un incidente e che si era rotto un femore.

Si era rotto un femore!

Morale della favola: non ci sarebbe stato per più di un mese.

Un mese!

Le aveva lasciato il suo numero di cellulare personale, in modo che lo potesse contattare per fare due chiacchiere.

Peggio di così proprio non poteva andare.

Che giornata di merda!

- Mamma...

Francesca guardò il figlio preoccupata – Hai bisogno di qualcosa, cuoricino? - gli chiese, chiamandolo con il vezzeggiativo cui era solita – Vuoi che ti prenda un the caldo?

Andrea negò con il visino – Vedrai che guarirò presto. - disse, assumendo quell'espressione tipica da piccolo ometto che la faceva ridere, ma nello stesso tempo irritare.

- Certo che guarirai presto! - esclamò – Sei grande, ormai!

- Hai detto un sacco di parolacce oggi, mamma... - la fissò un istante, per poi abbassare subito lo sguardo.

Perché avevano guardato quello stupido film in cui i bambini riscuotevano soldi per ogni parolaccia detta dai genitori?

- La mamma è nervosa, cuoricino... ti prometto che starò più attenta da adesso in poi. - lo rassicurò.

Gli aveva preparato una specie di lettino con due sedie e se ne stava lì, sotto la coperta che si era portata da casa.

Cosa aveva fatto di così speciale da meritarsi un figlio così bravo e buono?

Gli spettinò il ciuffo ribelle che gli cadeva crespo sulla fronte – Cerca di dormire un po' Andrea, vedrai che la giornata passerà in fretta e domani sarà tutto più semplice.

- Io voglio stare con te, non voglio che venga la signora Bartoni. Mi dà sempre i pizzicotti sulle guance e mi fa male.

- Lo so, ma quando un cuoricino come te ha la febbre, deve stare a casa per riprendersi. Vedrai che non ti darà nessun pizzicotto, perché sa che stai male.

Andrea annuì controvoglia.

Francesca capiva bene perché suo figlio fosse tanto legato a lei, dopo la morte della nonna, gli era rimasta solo lei.

Non aveva nemmeno un padre e sapeva quanto lo facesse soffrire la cosa, ma si era sempre adoperata per farle sia da mamma che da papà e, in fin dei conti, era sicura che stesse facendo un buon lavoro.

Il suo ufficio era uno dei primi.

Era questione di importanza. Quelli dei capi erano ai piani superiori, quelli delle mezze cartucce come lei, erano al pian terreno.

Era piccolo, ma per lei andava benissimo ed aveva anche una finestra.

I mobili erano chiari e le pareti pulite.

Lei ci aveva attaccato i disegni colorati di suo figlio.

Quello più grande ritraeva Andrea, lei ed un pirata che si tenevano per mano.

Le si strinse il cuore.

Aveva inventato quella bugia, non tanto per il suo piccolo, ma per lei, per non fargli capire che madre stupida aveva.

I tratti erano quelli di un bimbo di sei anni, ma la benda sull'occhio dell'omone che aveva disegnato suo figlio, era molto significativa.

Prima o poi, avrebbe dovuto raccontargli la verità.

Francesca era stata assunta alla Donnelly sei mesi prima.

Aveva fatto domanda, dopo la morte di Rosaria, dato che non c'era più nulla che la trattenesse a Casette D'Ete.

Rosaria le aveva lasciato la casa in cui vivevano e un bel gruzzoletto.

Ad Andrea aveva lasciato la casa in cui erano solite trasferirsi nel periodo estivo.

Era stata una sorpresa per Francesca, convinta che quello stabile fosse stato sempre preso in affitto.

Quando Rosaria se ne era andata, Andrea le aveva dato una pesante busta gialla.

Dentro c'erano tutti i documenti di proprietà delle due case, il conto corrente bancario della nonna e un bigliettino da visita di un notaio.

Non aveva mai pensato di essere povera, tutto sommato, nonostante l'avarizia di Adolfa, sapeva che facevano parte di un gruppo fortunato di persone che non faticavano ad arrivare a fine mese.

Per carità, non erano ricchi, ma nemmeno poveri.

Gente normale.

Dopo i tre colloqui canonici, le era arrivata una lettera in cui la Donnelly approvava la sua assunzione.

Nonostante Andrea avesse fatto il diavolo a quattro, aveva venduto la casa in cui era cresciuta ed aveva dato un sostanzioso acconto per un appartamento a Milano, nel quale si erano trasferiti.

La casa in riva al mare era stato il compromesso per poter accettare il lavoro.

Ci sarebbero andati a passare le vacanze.

Andrea aveva storto il naso, quando gli aveva detto che ci sarebbero stati solo per tre settimane, ma alla fine, aveva compreso.

Francesca osservò, dalla porta dell'ufficio che aveva lasciato aperta, l'andirivieni frettoloso degli altri colleghi. Ascoltò le voci concitate che scemarono presto in un silenzio quasi assoluto.

Ci siamo, pensò a disagio.

Senza quasi rendersene conto, prese il telefono e digitò il cellulare che il collega di Londra gli aveva dato.

- Adam! - proruppe non appena sentì il “pronto” dall'altra parte.

- Francesca...

Avvertì subito una nota di disagio nella voce del ragazzo – Adam, come stai? Come va con la gamba? - gli chiese preoccupata.

- Gamba? - domandò lui sorpreso.

- Sì, il femore! - insistette lei – Si può sapere cosa hai combinato? Quando ti operano? Dio, Adam! Si può sapere come cazzo hai fatto? Sì Andrea, sono undici euro... - guardò il figlio che proprio in quel momento si era destato dal pisolino dovuto alla febbre altra e seccata annuì, prendendo il portafoglio. Era meglio pagare subito i debiti con quella piccola serpe! - Non hai idea di cosa mi sia successo oggi e non immagineresti mai chi sta entrando qui, in questo momento! - lo bombardò.

- Ah... sì. Giusto... la gamba... cosa vuoi è stato un incidente... non so ancora quando, magari non è necessaria alcuna operazione, oggi mi rifanno i raggi e poi decideranno... scommetto che “la sirenetta” è arrivata! Scusa Francesca, ma c'è Andrea lì con te? - chiese poi perplesso.

Francesca sospirò e raccontò ad Adam tutte le vicissitudini della mattinata.

Il ragazzo l'ascoltò, in silenzio.

Francesca trovò quel mutismo abbastanza pericoloso.

Era come una sensazione, ma sapeva di non sbagliarsi. Adam infatti proruppe – Come si chiama quell'essere meschino del tuo capo? - domandò irritato.

Lei eluse quella richiesta - Adam! Eccoli li vedo... ma lui qual è? Ci sono due uomini e una donna. No... aspetta eccone un altro. È al telefono. Ma guarda che razza di maleducato, stronzo... - si morse la lingua.... un altro euro andato in fumo.

- Mamma dici troppe parolacce! - la rimproverò infatti suo figlio.

- Dormi tu! - lo rimbeccò, poi si rivolse nuovamente al collega – Bè me lo immaginavo diverso. - disse, cercando di sporgersi per osservare meglio il capo dei capi – Credevo fosse più magro... invece è... è... ben messo, ecco!

- Te l'avevo detto che era un bell'uomo...

- Sì, effettivamente è piacevole da guardare. - acconsentì lei – Chissà perché lo immaginavo più rachitico, senza capelli e con degli stupidi occhialini dalla montatura dorata...

- Montatura dorata? - chiese perplesso Adam, dall'altro capo del filo.

- È bello piazzato. Già, già. Anche se è proprio un arrogante. Ma ti sembra che una persona importante come lui, entri in una sua filiale, al telefono, fregandosene dell'accoglienza dei ranghi alti? Chissà poi con chi è al telefono quello str... quell'antipatico!

- Sarà una telefonata di lavoro, Franci. Non essere prevenuta nei suoi confronti. - lo giustificò per l'ennesima volta Adam.

- Sarà, ma a me sembra che abbia un sorriso che gli taglia la testa in due. Sarà con una scemetta qualunque!

Adam rise.

- Speriamo che finisca presto, perché si è piazzato in mezzo alla hall e io devo andare a fare la pipì e i bagni sono dalla parte opposta del mio ufficio.

- Puoi andarci lo stesso. - disse lui.

- Non esiste! Gli dovrei passare proprio accanto e non voglio che sappia che esisto!

- Hai l'ufficio vicino all'entrata dello stabile? - le chiese Adam, spiazzandola.

Francesca sgranò gli occhi – Mio Dio Adam! Si sta guardando intorno... - replicò lei, senza nemmeno rispondere alla domanda del collega.

Adam rise nuovamente – Ti stai facendo degli inutili problemi. Sono sicuro che non ti licenzierà solo perché devi andare al bagno...

- È ancora al telefono, ma perché non cammina intanto? Me la sto facendo addosso! La signora bionda deve essere sua madre. È decisamente bella e sembra una persona davvero gentile. Gli altri due sono i suoi bracci destri?

- La signora Donnelly è una donna stupenda. - convenne Adam – Gli altri due sono Ted e Luke e sono i suoi collaboratori più stretti.

- Capisco perché si siano fatti tutta la filiale femminile di Londra. Sono proprio dei bei tipi! Anche il mostro non è per niente male... sai Adam, la sirenetta ha un che di familiare...

Francesca strinse gli occhi per cercare di focalizzare meglio l'uomo avvolto da un costoso cappotto nero che gli conferiva un'aria minacciosa, tuttavia a lei non fece quell'effetto.

Lo trovò un ragazzo normalissimo, con un bel viso, reso ancora più armonioso da quel sorriso permanente.

Perché i colleghi di Londra lo dipingevano come un mostro?

- L'avrai visto in qualche foto... - buttò là Adam – Franci, adesso ti devo salutare, perché sono arrivati i dottori...

Francesca salutò a malincuore l'amico, ma non riuscì a non continuare a fissare Adam Donnelly.

Anche lui aveva chiuso la chiamata ed il sorriso che l'aveva catturata, svanì in un istante.

Venne sostituito da un cipiglio di pura arroganza che gli rese i tratti del viso duri e spigolosi.

Francesca si rimpicciolì per nascondersi dietro il monitor del computer, mentre un brivido le percorse la spina dorsale.

Forse cominciava a capire, perché i colleghi londinesi temevano il Signor Donnelly.

Non appena Donnelly sarebbe sparito dalla sua vista, avrebbe chiuso la porta dell'ufficio!

Quando il gruppo si allontanò, guardò il figlio e vide che stava dormendo.

Si alzò e uscì dall'ufficio, chiudendo la porta dietro di sé.

Ci avrebbe messo pochi minuti, Andrea non si sarebbe nemmeno accorto della sua assenza.

Controllò a destra e a sinistra, come una ladra e si precipitò, al di là del grande corridoio per raggiungere i bagni.

Doveva fare in fretta.

 

***

 

Andrea si svegliò di soprassalto e, quando vide che la mamma non c'era, si sentì soffocare dal panico.

Si alzò con grande sforzo.

Aveva le gambe che tremavano e la testa che gli doleva in più punti.

Perché la mamma non c'era?

Era successo qualcosa di brutto come alla nonna?

Preso dal panico uscì fuori dall'ufficio per andarla a cercare.

Vagò per quei grandi corridoi, sentendosi smarrito.

Vide gli stessi signori che la mamma stava osservando poco prima che lui si addormentasse.

Magari loro sapevano dov'era...

Un po' malfermo si incamminò verso di loro, tenendo gli occhi ben aperti, perché aveva paura.

La donna che era con i tre uomini era bella ed aveva un sorriso radioso che gli ispirava cose gentili.

Lei lo avrebbe aiutato a trovare la mamma.

Stava per correre da loro, quando l'uomo più alto si girò verso la signora dolce.

Andrea trattenne il fiato, quando vide il suo volto.

Spalancò gli occhi e non riuscì a trattenere un piccolo urletto.

Si nascose subito dietro una colonna.

Non poteva essere lui!

Senza farsi scoprire, osservò quell'uomo grande, con gli occhi di un bambino.

Era alto, forte e sembrava una persona che era abituata a comandare, ma quando vide il sorriso che rivolse alla donna gentile, Andrea non ebbe più dubbi.

Gli occhi gli si offuscarono di lacrime, avvertì nitido il liquido caldo che gli stava bagnando i pantaloni della tuta e il pianto di gioia, si trasformò in pianto di dolore e vergogna.

Quel signore era esattamente come la mamma aveva descritto il suo papà: potente, forte, ma nello stesso tempo gentile.

Aveva i capelli come i suoi.

Con un ciuffo crespo che gli scendeva ribelle sulla fronte e gli occhi dello stesso strano azzurro scuro e terso, proprio come i suoi.

Il colore del cielo in tempesta, così diceva la mamma.

Il suo papà era tornato e lui si faceva la pipì addosso per l'emozione!

Voleva scappare per non farsi vedere così, ma se poi non l'avesse più rivisto?

Era venuto per lui? Per cercarlo?

Nonna Rosaria gli aveva detto la verità, suo padre non era nella nave che era affondata.

Adesso avrebbe potuto raccontare quel segretissimo alla mamma?

Strinse le ginocchia e guardò la chiazza che aveva fatto e la vergogna lo assalì di nuovo.

La mamma aveva portato un cambio.

Sarebbe tornato da lei e si sarebbe cambiato e poi sarebbe andato dal suo papà.

Guardò per un'ultima volta quel signore grande e forte con occhi impazienti, poi si accorse che la donna gentile lo stava fissando, con lo stesso sguardo stupito che doveva avere anche lui.

Andrea si nascose meglio dietro la colonna, ma ormai era troppo tardi: quella donna si stava già avvicinando.

 

 

 

 

 

 
   
 
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