Anime & Manga > Rocky Joe
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Autore: innominetuo    14/02/2016    10 recensioni
Joe Yabuki ritorna sui suoi passi, dopo un anno di dolore e di rimpianto. La morte di Tooru Rikishi lo ha segnato profondamente. Ma il ring lo sta aspettando ormai da tempo.
E non solo il ring.
…Se le cose fossero andate in un modo un po’ diverso, rispetto alla versione ufficiale?
Storia di pugilato, di amore, di onore: può essere letta e compresa anche se non si conosce il fandom e quindi considerata alla stregua di un'originale.
°°°°§*§°°°°
Questi personaggi non mi appartengono: dichiaro di aver redatto la seguente long fic nel rispetto dei diritti di autore e della proprietà intellettuale, senza scopo di lucro alcuno, in onore ad Asao Takamori ed a Tetsuya Chiba.
Si dichiara che tutte le immagini quivi presenti sono mero frutto di ricerca su Google e che quindi non debba intendersi il compimento di nessuna violazione del copyright.
Si dichiara, altresì, che qualsivoglia riferimento a nomi/cognomi, fatti e luoghi, laddove corrispondenti a realtà, sono puro frutto del Caso.
LCS innominetuo
Genere: Drammatico, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Bianche Ceneri'
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BANNER-MIO-PER-L-UNICO-DOMANI

Quartiere di Ginza, presso gli uffici di Tele Kappa. 

“Allora, Shiraki-sama? Cosa ne pensa?” le chiese Iwao Fujita in tono leggermente ansioso.

Era da tempo che ci pensava ad un progetto comune con la bella ed astuta presidentessa dello SBC, ovvero quello di far crescere la boxe giapponese e di renderla il più internazionale possibile: Yoko Shiraki, con il suo fiuto per gli affari e con la sua padronanza delle lingue straniere, in tale frangente sarebbe stata una risorsa molto preziosa, senza contare le sue indubbie capacità di talent scout nel pugilato giovanile, già dimostrate ampiamente con Tooru Rikishi e con Carlos Rivera.

Quanto a Yoko, il contratto di joint venture* propostole dalla Tele Kappa era un boccone assai allettante, che le avrebbe portato nuove occasioni di affari, in Giappone e non solo. Dopo averlo letto con calma, la giovane si prese il tempo di zuccherare il proprio caffè, prima di rispondergli. “In linea di massima mi pare che sia perfetto. Però vorrei parlarne con i miei legali prima, se non le dispiace: ci sono un paio di clausole che non mi convincono del tutto. Posso portarmi via la bozza contrattuale?”

“Ma certo, faccia con comodo! Si prenda tutto il tempo che le serve! Piuttosto,” continuò Fujita, con fare suadente, “cosa mi dice di Mendoza? Ha avuto più contatti dal suo procuratore?”

“Sì, mi ha scritto l’altro ieri. Sarebbero interessati ad un contratto di collaborazione con il mio club: nulla di definito, ancora, per valutarne o meno l’opportunità. Vedremo.” dichiarò Yoko, asciutta, sorseggiando il caffè bollente.

“Sarebbe magnifico! In questo modo apriremmo gli orizzonti giapponesi alla boxe internazionale, con Mendoza come tedoforo!”

In realtà, Yoko stava già contrattando con i procuratori di Mendoza da diversi giorni e, per poterlo incontrare di persona, era anzi in procinto di partire anche lei per le Hawaii, ove il campione del mondo avrebbe disputato, di lì a pochi giorni, un match contro Sam Iaukea: solo che, non avendo ancora definito la joint venture con la Tele Kappa, preferiva mantenere la riservatezza su alcune questioni. Quello che le stava veramente a cuore era spianare il più possibile a Joe le transazioni per un match da tenersi in Giappone, sotto l’ala protettrice dello SBC. Sapeva quanto fosse importante per Joe misurarsi con Mendoza: ma voleva che ciò accadesse per lui nel modo più cautelativo possibile, e che non partisse svantaggiato sul piano contrattuale, essendo ora, sì, un campione, ma pur sempre il pupillo di una minuscola palestra di legno messa su sotto ad un ponte.

Non avrebbe detto nulla a Joe, per il momento: anzi, voleva proprio fargli una romantica sorpresa, una volta che pure il giovane fosse giunto ad Honolulu, per tenere il suo incontro con Pinan Sarawaku.

°°°°°

Un pomeriggio, alla vigilia della partenza per Honolulu.


Erano passati ormai diversi giorni dalla sua visita al cimitero di Niigata e Joe ne aveva parlato a Danpei, anche se un po’ sommariamente.

Il coach non aveva ritenuto, comunque, di indagare troppo a fondo: comprendeva benissimo che il ragazzo avesse bisogno di instaurare un rapporto affettivo con suo padre e che dovesse scoprire le sue radici, passando del tempo insieme a lui. E capiva anche che certi mondi interiori è sempre meglio tenerli per noi stessi, senza eccessive confidenze.

La cosa importante, in fin dei conti, era che Joe fosse sereno, in buona salute e che continuasse ad allenarsi con scrupolo. Il buon vecchio pensava a tutte queste cose, abbaiandogli contro, mentre gli faceva da sparring partner. “Così non va! Pinan è ancora più spilungone di Kim, se possibile, e con degli arti così lunghi ti terrà a distanza! Le sventole, Joe, le sventole! Perfezionale! E poi vedi di sfondare la difesa con una serie di jab e di diretti, per arrivargli vicino e lavorartelo di montante! Capito?”

Negli ultimi giorni, Joe e Tange avevano dovuto allenarsi in presenza dei giornalisti sportivi, avidi di notizie sul prossimo incontro alle Hawaii per disputare il titolo di campione del Pacifico, mettendo in palio quello tanto faticosamente sudato e guadagnato contro Ryuhi Kim. Di solito Joe si limitava a rispondere a monosillabi alle loro domande, non amando per nulla le intromissioni della stampa nella sua carriera sportiva, pur capendo di dover fare, per forza di cose, buon viso a cattivo gioco: anche e soprattutto per questo motivo, aveva sempre somma cura di non far trapelare nulla del suo rapporto con Yoko, evitando di nominarla, anche di sfuggita, onde evitare di alimentare la morbosa curiosità dei giornalisti.

Joe l’amava troppo per darla in pasto agli scoop scandalistici, che di sicuro avrebbero impietosamente satireggiato sull’enorme disparità sociale esistente tra loro.

Anche in quel pomeriggio di primavera la piccola palestra era gremita di gente, risuonando di più voci e venendo folgorata dai numerosi flash delle macchine fotografiche: si immortalava il giovane pugile in pose plastiche, cosa che lo divertiva e lo annoiava ad un tempo. Ogni tanto, per alleggerire l’atmosfera, Joe omaggiava i cronisti di boccacce e di posture buffe, attirandosi le reprimende di Danpei (“E piantala di fare lo scemo! Joe! Un po’ di contegno!”) e le risate degli ospiti.

Questo finché un reporter non se ne venne fuori con un’esternazione poco felice.

“Yabuki-san, sa già come gestire la cosa con Mendoza, alle Hawaii?”

“Cosa intende dire?” sbottò Joe, trapassando il cronista con lo sguardo e saltando giù dal ring per andargli incontro.

“Come, non lo sa? Pure Mendoza terrà un match a Honolulu… contro Sam Iaukea: è una giovane promessa della boxe hawaiana. L’incontro si terrà esattamente tre giorni prima del Suo.” farfugliò il poveretto mentre arretrava, temendo di aver fatto irritare il campione asiatico.

“Vecchio, tu ne sapevi nulla?” chiese Joe, in tono già più pacato.

“Francamente, non mi ricordo, forse sì... mi sarà passato di mente. E comunque penso che questa sia una gran bella notizia: potremo assistere in diretta ad un suo incontro, capiscimi! Lo studieremo, pugno dopo pugno, eheheheheh!” dichiarò Tange, sfregandosi le mani, tutto soddisfatto.

“Uhm. Bene, signori… se ora non vi dispiace, vorrei finire da solo i miei allenamenti. In queste ultime interviste credo di avervi già detto tutto quanto vi possa interessare. Vi prego di uscire e buona serata.” concluse Joe, voltando loro le spalle e rifugiandosi in cucina, per bere in santa pace un po’ d’acqua.

Nonostante le loro proteste, un po’ ringraziandoli, un po’ spintonandoli, Tange riuscì a scaraventarli fuori dalla palestra.

“Sai una cosa?” cominciò Joe, una volta rimasti finalmente da soli. “Mi sa che alle Hawaii restituirò a Josè la sua visita di cortesia di qualche tempo fa… Per favore, cerca di scoprire in quale cavolo di palestra o club di Honolulu intende allenarsi, così potrò portargli i cioccolatini.” dichiarò sorridendo.

“Cosa vuoi combinare? Ti prego, non fare cazzate!”

“Tranquillo. Te l’ho detto: voglio solo fargli una visitina, proprio come l’ha fatta a me. Niente di più e niente di meno.”

Danpei ruotò in alto l’unico occhio rimastogli: il sorrisetto beffardo di Joe non prometteva nulla di buono!

°°°°°°°

Finalmente arrivò il giorno della partenza: all’aeroporto di Narita c’era l’intero quartiere e quasi per un pelo Joe e Tange riuscirono ad imbarcarsi, correndo a perdifiato, per non perdere il loro volo… solo dopo aver promesso agli amici di portare a tutti loro tanti ricordini hawaiani. La piccola Saki si staccò dal collo di Joe solo dopo che questi non si fu solennemente impegnato con lei di portarle come souvenir una bella bambola col tipico costume hawaiano.

Tange era eccitato come un bambino: quella era la prima volta per lui che lasciava il Giappone e che saliva su un aereo e, sin dal decollo e per tutte le ore del viaggio, fece letteralmente impazzire le pazienti hostess, tempestando le tapine di osservazioni e di domande, alcune talmente astruse che Joe si sentì sprofondare dalla vergogna, calcando il berretto fino al naso e fingendo di non udirle, certe amenità…

“Mi scusi, questo aereo quante volte è caduto?” “Signorina, il cielo fuori è immobile: allora siamo fermi!” “Non è che tenete un frigorifero, qua sopra?” “Le ali non si spezzano, vero?” “Posso slacciarmi le cinture? Devo andare al gabinetto…”

Ma il non plus ultra delle figuracce fu quando, una volta finalmente sbarcati all’aeroporto di Honolulu, Tange, un po’ brillo per i troppi cocktails scroccati indecorosamente con il lauto fondo spese foraggiato loro dalla Tele Kappa, pensò bene di perdere l’equilibrio e di ruzzolare giù per quasi tutta la scaletta, inaugurando così il suo arrivo sul suolo hawaiano non in punta di piedi, ma battendoci sopra con il proprio - assai dolorante - deretano. Ma si consolò ben presto quando ricevette il benvenuto da una graziosa cittadina hawaiana, vestita di un lungo muumuu*** a fiori colorati, che gli regalò una profumata ghirlanda, scoccandogli due bacioni sulle gote ed accogliendolo con un sonoro “Aloha!

“Ben arrivati!”

L’ennesimo saluto venne poi loro rivolto da Chomei Gotou, un solerte incaricato della Tele Kappa, che era giunto alle Hawaii alcuni giorni prima per predisporre alla perfezione il loro soggiorno e per far loro da chaperon, una volta giunti a destinazione. Li condusse al taxi prenotato, in modo da condurli al loro albergo, così che potessero riposarsi un po’.

I due uomini si guardarono intorno incuriositi, non appena usciti dall’aeroporto: il loro taxi percorse le strade principali di Honolulu, una città sfolgorante di luci e colori, dagli immensi grattacieli e dalle auto nuove fiammanti. Ma la cosa che li colpì molto fu il verde: esso era ovunque, lucente e smeraldino negli alberi e nelle palme sottili. E poi fiori: fiori dappertutto, con fragranti corolle colorate, che occhieggiavano dalle aiuole, dalle siepi ben curate, dai vasi sui davanzali delle case, dalle chiome delle ragazze più belle. Gotou indicò loro la bellissima Waikiki Beach, che incastonava un mare dal blu profondo e vellutato. Ma Joe lo ascoltava a malapena. Non era volato fino alle Hawaii per fare il turista, ma per disputare un incontro di boxe. E, chissà, magari pure per… “scambiare due chiacchiere” con Mr. Mendoza.

“Senti, Danpei, non è che per caso avresti scoperto dove si allena il campione?”

“Cos’è, vuoi andare a spiare Pinan prima dell’incontro?” brontolò Tange, facendosi aria con il cappello e lamentandosi per il caldo.

“Ma che Pinan e Pinan… non fare il finto tonto! Io parlo di Josè Mendoza!”

“Se posso permettermi...” esordì Gotou, “io so dove si sta allenando il campione mondiale, in questi giorni. Se volete, posso condurvi più tardi alla palestra che lo ospita, dopo che vi sarete riposati in hotel.” propose.

“Non dopo, ma adesso. Grazie.”

Vedendo però i segni di stanchezza sul viso del suo coach, Joe si arrese a farlo prima accompagnare in albergo, con armi e bagagli; poi, rimasto finalmente solo, si fece portare all’indirizzo datogli da Chomei. Si giunse all’entrata di una bella palestra in un quartiere pieno di locali e di ristoranti, proprio nel pieno centro della città. Joe quasi non aspettò che l’auto finisse le manovre di parcheggio che balzò fuori, per raggiungere, a grandi passi, l’entrata dell’edificio. La palestra era grande, moderna ed attrezzatissima, all’altezza dello SBC di Yoko: Joe osservò decine di pugili, di varie categorie di peso, intenti ad allenarsi, chi da solo, chi con lo sparring partner. Curiosò un po’ intorno, girellando con le mani in tasca e, a colpo d’occhio, poté constatare che Josè Mendoza, al momento, non era presente. Mentre contemplava trofei e cinture riposte in bella mostra in teche di vetro, si sentì afferrare saldamente ad una spalla.

“Tu chi cavolo sei?”

Joe sorrise tra sé sé: gli parve un déjà vu, dato che, tempo addietro, un buttafuori simile, nella figura e nell’atteggiamento, lo aveva apostrofato in pari modo, nella palestra della sua Yoko: in quell’occasione, si era misurato sul ring, per la prima volta, con il Re senza Corona. Carlos Rivera. Il pensiero dell’amico, scomparso chissà dove, lo fece rabbuiare di colpo.

“Sono Joe Yabuki e vengo da Tokyo. Sono venuto qui a trovare Mr. Mendoza. Può dirmi a che ora torna? Mi farebbe un favore!” gli rispose Joe, in inglese.

“Cosa blateri, bamboccio? Io non ti dico un bel niente e tu ora sparisci!” Il gorilla ebbe la pessima idea di afferrare Joe per una spalla, strattonandolo.

“Non. Mi. Toccare.”

Dato che il bestione non ebbe il buon senso di mollare la presa, ci guadagnò un poderoso gancio allo stomaco dall’inatteso ospite, cosa che lo fece accasciare a terra, piegato in due dal dolore. L’incidente non passò inosservato: alcuni pugili si pararono davanti a Joe, in posizione di difesa e con un’espressione assai poco conciliante.

“Ehi ehi, calma, ragazzi…glielo avevo detto al gorillone di togliermi le mani di dosso: mi sono solo difeso! Non sono qui per rompere le scatole ma solo per dare un salutino a Mr. Mendoza! Tutto qui.” provò a rabbonirli Joe, alzando le mani in segno di resa: essi erano davvero troppi anche per lui e, in caso di rissa, se la sarebbe vista brutta.

Per sua fortuna si fece avanti un anziano allenatore che, dopo averlo osservato con attenzione ed averlo così riconosciuto come il campione asiatico dei pesi medi, decise di calmare le acque. “Benvenuto Mr. Yabuki, siamo lieti di averLa nella nostra palestra. Purtroppo il campione ha già finito per oggi i suoi allenamenti ed è tornato in hotel. Lo troverà qui domattina. Gli farò sapere che è passato a salutarlo, non dubiti.” gli disse, in tono affabile.”

“Meno male, una persona civile. Grazie per l’informazione, cercherò di tornare domani.” Voltatosi, aveva già sollevato la mano accennandogli un saluto, quando, fatti alcuni passi, Joe si fermò di botto, nuovamente. “Scusi un momento… può venire qui, per favore?” gli chiese.

L’allenatore ritornò sui suoi passi, raggiungendolo. “Mi dica.”

“Cosa… cosa vuol dire questo?” sbottò il ragazzo, in tono acido, additando un vecchio manifesto pubblicitario affisso alla parete, ritraente il match tenuto da Josè Mendoza contro Carlos Rivera alcuni mesi prima. Più osservava il poster, più sentiva una sorda rabbia montare dentro di sé, alimentandola. “Come si permette di tenere qui questa locandina? Carlo Rivera ora è un invalido mentale ed è finito chissà dove! È un povero derelitto, ed io non ammetto questa mancanza di rispetto nei suoi confronti!”

“La prego si calmi… non credo che Mr. Mendoza volesse mancare di rispetto al Suo amico…”

“No, che non mi calmo. Questa volta non la passa liscia! Dica al campione che questo comportamento antisportivo gli si ritorcerà contro e che lo aspetto al varco!” urlò, furibondo. Il suo corpo scattò in avanti scaricando tutto il peso sul braccio, che, come una freccia scoccata dall’arco, fece conficcare un poderoso gancio sul manifesto affisso.

I segni delle nocche rimasero, così, impressi sulla foto del viso di Josè.

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Spigolature dell’Autrice:


*Una joint venture (“società mista”) è un accordo di collaborazione tra due o più imprese, giuridicamente indipendente dalle imprese stesse che lo costituiscono. Con tale accordo ci si pone l’obiettivo della realizzazione di un progetto comune di natura industriale o commerciale, con l’impiego di diversi know how e di capitali. Non conosco assolutamente la contrattualistica giapponese, per cui mi riallaccio ad uno schema contrattuale di portata pressoché internazionale come questo qua.

**Ricordo ai gentili Lettori che la sventola è un pugno che va a braccio teso dall’esterno all’interno (cfr. Capitolo VII).

***Muumuu: non ridete :-D ! Si chiama così il vestito tradizionale delle donne hawaiane! Ecco qui un grazioso modello, come esempio:

muumuu
  
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