Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Wassat    18/02/2016    4 recensioni
Sono passati due anni dall'assassinio e Levi è finalmente pronto a lasciarselo alle spalle. La casa in fondo alla via Ashbury è antiquata e isolata - un regalo da parte di un vecchio amico, che con essa vuole dargli la possibilità di un nuovo inizio. Tuttavia, quando le ombre prendono a muoversi nel mezzo della notte prendendo la forma di un tesoro ormai perso, Levi inizia a temere sia per la sua sanità mentale che per la sua vita. Improvvisamente, la strada verso la guarigione diventa un gioco in cui o uccide o viene ucciso.
Genere: Angst, Horror, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Eren, Jaeger, Irvin, Smith
Note: AU, Lime, Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Triangolo
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Hoe chap 8
Sono tornata, eh! Godetevi questo capitolo, in particolare la prima metà, perché la fine vi lascerà decisamente scioccati. Buon capitolo!

Credits: i personaggi appartengono a Hajime Isayama, mentre la fanfiction appartiene a shotgunsinlace. Mia è solo la traduzione :3
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"Pensi di essere pronto a provare nuovamente ad andare a caccia?" Gli chiese Eren. Era sdraiato sul divano, usando il cappotto che Erwin si era lasciato dietro come un cuscino.

Levi non smise di digitare al pc, non allontanò neanche lo sguardo dallo schermo. Aveva bisogno di finire il rapporto per mezzo giorno. "Ovviamente sì." Rispose, corrugando le sopracciglia quando il rumore di una nuova mail in casella catturò la sua attenzione.

"Spero tu non abbia sprecato tempo, al poligono," Ridacchiò il fantasma. "O i soldi. Chi ha pagato per le lezioni, tu o Erwin?"

"Io." E il ragazzo lo avrebbe saputo, se si fosse fatto vivo più spesso.

Era passato un mese dal loro ultimo litigio e le cose erano state tranquille da allora. Nessuna lampadina rotta, nessun rumore di passi e pure il corridoio era sparito.

Il prezzo per quella normalità, tuttavia, si era dimostrato alto.

Aveva passato innumerevoli notti a pensare, cercando di collegare i pezzi. Levi sapeva esattamente quando le cose avevano iniziato a cambiare, ma non aveva idea del perché. All'inizio aveva pensato fosse dovuto al fatto che Eren era arrabbiato con lui, ormai però non ne era più sicuro.

Il comportamento del ragazzo si era fatto più acido, più sarcastico e continuava costantemente a lanciargli frecciatine, preparandogli il tè malamente. Eren aveva già fatto il broncio per mesi, in precedenza, ma questa volta era diverso. Perché sorrideva, scherzava e agiva come se non avesse alcun pensiero in testa. Non era per niente arrabbiato.

Eppure era diverso.

Una parte di Levi sapeva che la freddezza del giovane nei suoi confronti era più che meritata. Aveva violato i suoi voleri, lo aveva spogliato dell'unica cosa che gli dava conforto. La colpa non smetteva di mangiarlo da dentro, ma cercava sempre di non perdercisi troppo. Non poteva cambiare ciò che aveva fatto e neanche Eren ne sembrava più preoccupato - a parte quando gli preparava il tè, o quando spariva durante i week end.

Quanto più le attività paranormali diminuivano, più Levi si sentiva al sicuro.

Era mercoledì mattina e aveva deciso di lasciare ad Erwin e Mike il loro spazio.

"Dovremmo andare a fare una prova." Gli disse Eren, rotolandosi sul divano fino a trovarsi sdraiato sullo stomaco.

I suoi occhi chiari erano un tratto a cui mai si sarebbe abituato.

Magari era meglio che tendesse a sparire spesso, anche se non poteva fare a meno di chiedersi dove andasse a finire. "Non eri contro il mio voler andare a caccia?"

"Dato che non posso fermarti, posso almeno darti il mio supporto da bravo maritino."

Levi digitò la data, salvò i documenti e mandò il tutto nella mail di Erwin.

Da quando Eren abbandonava le sue morali?

"Grazie." Gli disse cautamente. Aprì la mail che gli era arrivata precedentemente, scoprendo un invito da parte di Hanji ad andare al bowling il sabato dopo. La eliminò.

Eren si grattò il mento e incrociò le gambe alle caviglie. "Posso farti una domanda?" Strinse il cappotto tra le sue braccia.

"Dimmi."

Il ragazzo sorrise. "Se avessi la possibilità di cambiare le cose come stanno," Disse, chiudendo gli occhi. "Lo faresti?"

Levi ridusse la pagina ad icona e mise il pc in stand by. "Quanto devo essere onesto?"

"Brutalmente." C'era una certa forza dietro a quella parola, come se volesse renderla quasi tagliente.

Voltandosi verso il fantasma, Levi appoggiò un gomito sul tavolo. Lo guardò, tracciando con gli occhi la morbida curva della sua schiena e il suo collo forte. Spalle larghe, così come la schiena, la strettezza dei fianchi e le natiche sode, cosce muscolose e piedi adorabili. Eren era perfetto, a parte i suoi occhi.

Le domande che iniziano con i se non hanno senso e Levi mai ci aveva perso dietro molto tempo. Una volta che una decisione era presa, tutto quello che gli rimaneva era sperare di non pentirsene in futuro.

Se fosse stato a casa, quel giorno, se fosse partito dieci minuti prima, se, se, se - se Eren non fosse morto, qualcosa di simile sarebbe successo.

"No," Rispose semplicemente. "Cambiare le cose ora renderebbe ogni scelta difficile obsoleta e nessuno sarebbe felice di sapere di aver passato invano i momenti peggiori della sua vita."

"E' un pensiero particolarmente egoista."

Levi scrollò le spalle. "Non puoi essere l'eroe di nessuno, a meno che tu non decida di mettere la tua sicurezza al primo posto. Per esempio, se il tuo impero crolla in guerra, come puoi pensare di avere entrambi i territori nelle tue mani?"

"Un po' come succede negli aereo," Ragionò ad alta voce il giovane. "Quando ti dicono di metterti per primo la mascherina per l'ossigeno e dopo aiutare chi è accanto a te, anche se è un bambino."

"Qualcosa di simile, sì."

Eren emise un suono di cui non comprese il significato, stringendosi una ciocca di capelli tra due dita. "Non mi vorresti indietro?"

"Sei già qui." Rispose l'uomo, portando gli occhi al cielo.

"Vero." Con uno sbadiglio, Eren si mise a sedere. La sua maglietta era spiegazzata e gli scopriva una parte di stomaco. "Ma..." Levi lo guardò alzarsi su gambe traballanti e percorrere la breve distanza che li separavano. "Fino ad ora mi sei apparso decisamente riluttante a scoparti un fantasma."

Il pensiero gli era passato per la testa un paio di volte, ma l'ultima cosa che voleva fare era pensare intenzionalmente di fare sesso con una persona morta.

"Non avrei mai immaginato che anche i fantasmi avessero certe voglie," Gli disse, rizzando la schiena quando Eren gli si mise a cavalcioni. "Devo ammettere di non sapere cosa pensare."

Eren gli fece un mezzo sorriso e portò la destra a grattarsi lo stomaco.

Era una tattica che Levi conosceva bene. Il moccioso sapeva come manipolarlo, come trasformare il più semplice dei gesti in qualcosa di altamente provocante. Portandosi una mano sulla nuca, grattandosi lo stomaco, giocherellando con i peli scuri sotto l'ombelico - abbassandosi i pantaloni tanto da fargli vedere cosa nascondevano.

"Non pensarci troppo," Gli disse, premendogli un bacio sulla guancia. "Limitati a portare una mano nei miei pantaloni."

Non poteva mentirsi tanto da dirsi che non voleva andare a letto con lui, ma aveva ancora dei limiti. "Eren-"

Eren lo zittì con un breve bacio sulle labbra.

Il suono di una zip abbassata attirò la sua attenzione, ma non osò guardare. Poté vedere, con l'angolo dell'occhio, il giovane leccarsi un palmo.

"Non devi fare nulla, se non vuoi," Gli fisse. "Lasciami fare da solo, ok? D'altra parte io non ho nessuno che mi aiuti in queste cose."

Levi si voltò verso di lui solo per fulminarlo con lo sguardo. "Non sono andato a letto con lui."

"Ma ci pensi tutto il tempo," Rispose l'altro, col pugno ora stretto attorno alla sua erezione. "Ti sei sempre vantanto di quanto grande è e di come riesci a prenderlo."

Levi inghiottì con una certa difficoltà.

Eren schiuse le labbra, lasciandosi sfuggire brevi ansimi.

"Guarda," Gli disse, stringendosi la base del membro. "Mi fai ancora eccitare, Levi. Cazzo se mi fai eccitare." Inclinandosi in avanti, il fantasma afferrò la spalla dell'altro con la mano libera. "Ti ho mai d-detto che la prima volta che mi sono toccato, l'ho fatto a causa tua?"

Non ebbe bisogno di rispondergli.

"Avevo tredici anni," Continuò, iniziando a muovere i fianchi. "Armin continuava a portarmi di nascosto dei giornaletti porno, ma... merda... Le tette non hanno mai fatto per me." La sua risata venne strozzata da un gemito. "E poi eccoti, proprio tu, che entri in salotto con una t-shirt sudata, quel ridicolo fazzoletto in testa per tenerti i capelli lontani dagli occhi." Il ragazzo accelerò i movimenti con la mano. "Cazzo, ricordo tutto così bene. I tuoi capelli erano così lunghi che ci facevi la coda di cavallo."

Levi ricordava quel giorno. Si era fermato a casa degli Jaeger per pitturarne l'esterno.

"Anche durante cena," Continuò il giovane, senza più riuscire a trattenere i gemiti. "Non riuscivo a smetterla di toccarmi da sotto il tavolo."

Con le mani ora sulle cosce di Eren, Levi le strinse, portandosi il corpo dell'altro contro il proprio.

Non avrebbe dovuto fare così, qualcosa gli diceva di resistere, ma il modo in cui si muoveva sulle sue gambe, il modo in cui stringeva il membro turgido tra le dita, era troppo. Aveva le guance ormai rosse e le sue labbra screpolate in alcuni punti si erano rotte, ma Eren continuò a masturbarsi.

"Che cosa hai fatto, poi?" Si ritrovò a chiedergli. "Dimmelo."

"Mi sono n-nascosto sotto le coperte, quella notte," Rispose il giovane, ma venne fermato dal delizioso gemito che gli sfuggì dalle labbra. "M-merda, è stato così bello. Dio, Levi, è stato fottutamente fantastico, toccarmi e pensare che fossi tu, che mi baciavi e che mi toccavi..."

Levi nascose il viso sulla spalla dell'altro, soddisfatto della sua concretezza, nonostante il freddo del suo corpo. "Sei venuto?" Gli chiese, combattendo l'istinto di masturbarsi lui stesso.

Stranamente Eren lasciò la presa su sé stesso.

"No," Gli confidò con un sorrisetto da demone. "Ogni volta che passavi z casa mi toccavo, perché il ricordo del tuo odore era ancora fresco nella mia mente." Eren abbassò lo sguardo, guardando quasi con estasi il proprio membro eccitato. "Continuavo a farmelo venire duro, mi toccavo, ma non venivo mai, non mi sono mai lasciato venire, fino a quando non ti ho visto baciare Petra prima di andare via."

Il ricordo era offuscato, ma ricordò di aver baciato Petra sull'uscio della casa degli Jaeger. Ai tempi stavano ancora assieme.

"Ricordo il modo in cui le hai leccato le labbra." Sussurrò Eren, con gli occhi scuri di lussuria. "E il modo in cui lei ti ha stretto il culo tra le mani. Quella notte ti ho immaginato fare a me quelle cose e, cazzo, sono venuto così forte."

Levi sentì la propria eccitazione risvegliarsi sotto i pantaloni.

"E ora farai la stessa identica cosa." Concluse Levi, con voce tremante.

Eren lo schiaffeggiò giocosamente sulla guancia. "Verrò solo quando il mio amato papino farà la stessa cosa assieme a me."

Levi sbarrò gli occhi. "Non è giusto."

"Sei tu quello ad essere riluttante a fare sesso con me."

"Potrei riconsiderarlo."

Eren ridacchiò e, prima che Levi potesse far qualcosa, si mise in piedi. La sua erezione sobbalzò al movimento, così si diede un'ultima carezza, prima di sistemarsi i pantaloni con un soffio. Saltò sul posto e fletté le gambe.

L'evidente rigonfiamento dei suoi jeans invitò Levi a portargli le mani ai fianchi, immobilizzarlo, leccarlo e morderlo gentilmente fino a farlo venire nei pantaloni. Fortunatamente riuscì a mantenere un certo controllo.

"Andiamo a caccia," Gli disse Eren, stringendosi un'ultima volta l'erezione attraverso i pantaloni. "Nulla riesce a scaldarmi tanto quanto una bella pistolona."

•••

Un sottile strato di neve copriva il terreno.

Gli arrivava solo alle caviglie e riusciva a muoversi facilmente, era tutto il resto a cui si doveva ancora abituare. Tenere in mano il fucile, d'altra parte, gli era venuto più semplice dopo le settimane di allenamento.

"Mi manca l'autunno," Disse Eren, felicemente avvolto nel suo cappotto. Le sue guance erano subito diventate rosse, dando l'illusione che appartenesse al mondo dei vivi. "Mi piace quando gli alberi iniziano a perdere le foglie. L'inverno è così... meh: specialmente quando devo condividere la casa con la persona meno attaccata alle festività della terra."

Con gli occhi a terra, controllando attentamente l'area alla ricerca di qualsiasi traccia, Levi emise un grugnito. "Pensavo ti arrangiassi a decorare la casa come hai sempre fatto."

Voltandosi per guardarsi oltre la spalla, Eren sbuffò. "Non sapevo avessimo qualche sorta di decorazione."

"Sono nella scatola nello sgabuzzino," Gli disse Levi, scavalcando un albero caduto. "Come sempre. Penso ci sia anche il Menorah di tua madre."

"Oh." Fu tutto quello che disse Eren, prima di fermarsi.

Levi quasi gli si scontrò addosso, se non fosse stato per la mano che gli si poggiò sulla spalla, fermandolo a sua volta. "Cosa c'è?" Gli chiese, ma qualsiasi altra domanda che avrebbe potuto fare sparì dalla sua testa, quando Eren annullò lo spazio tra di loro per rubargli un bacio veloce.

"Possiamo sistemare tutto questo da soli, giusto?"

"Sistemare cosa?"

"Questo... Casino." Gli disse il ragazzo. La mano che gli aveva appoggiato sulla spalla salì fino ad intrecciarsi tra le sue ciocche corvine. "Lo so che non è normale, ma forse in qualche modo potremmo farcela."

Leccandosi le labbra, Levi continuò a camminare. "Sei davvero così disperato per una scopata?"

Eren finse di pensarci sopra. "Beh, , ma non è solo quello."

"Elabora."

"Come ho detto quella volta, non è stato facile venire fin qui. Mi è costato più di un braccio e una gamba, insomma." Gli disse, puntandosi gli occhi. "Lo so cosa vorresti dirmi adsso e hai ragione, ci siamo passati prima. Ma, sai, magari potremmo parlarne? Dire tutto?"

L'uomo si fermò un momento, osservandosi attorno prima di decidere in che direzione continuare. Scelse di seguire lo stesso sentiero dell'altra volta e continuare a camminare fino a trovare un punto con una maggiore densità di alberi.

"Ti sto ascoltando." Quella era una mezza verità.

Eren raramente si ripeteva e facendolo adesso aggiungeva solo un altro senso di stranezza utile solo a farlo irritare. Avevano già parlato di quello, avevano raggiunto un accordo ed era stato proprio Eren a non seguire i loro patti. Aveva promesso di andarsene e non lo aveva fatto. Aveva promesso di non volere troppo, ma l'aveva fatto. Tutto quello che aveva fatto Levi era stato reagire.

Per un po' non ottenne nessuna risposta e, in più di un'occasione, il giovane gli tirò una manica per indirizzarlo dove pensava avrebbero avuto più fortuna.

"Voglio che tu ti senta a tuo agio," Gli disse il giovane. "Voglio farti rilassare, massaggiarti i piedi dopo una giornata di lavoro. Condividere con te i pasti, la doccia, la cucina. Mi manca tutto questo. A te?"

Più di quanto avrebbe voluto ammettere, in realtà. "Se è ciò che vuoi." Rispose semplicemente.

"Ma tu lo vuoi? Ti scoccerei solo, se non fosse così."

Levi sospirò. "Non riesco a capirti." Gli disse, corrucciandosi quando Eren si fermò davanti a lui. "Continui a cambiare."

Eren si voltò verso di lui lentamente e, per una volta, il suo viso era completamente privo di emozioni. La sua era un'espressione più adatta a Levi. "Cosa intendi?"

Per nessuna reale ragione, ma piuttosto perché gli dava una certa pace, Levi sistemò la presa sul fucile. "Hai voluto la mia onestà, no? Sei cambiato."

"No, non lo sono."

"Non ti infili sotto le coperte quando dormo," Disse Levi, riuscendo a mantenere un tono di voce disinteressto. "Non mi aspetti davanti la porta, non hai toccato il gelato."

"Oh, quindi vuoi che faccia il cagnolino e che aspetti in ginocchia il tuo ritorno?"

Un brivido percorse la schiena dell'uomo.

Un'altra conversazione già avuta, questa un anno prima della morte di Eren.

Era stato lui stesso a dire al giovane di non comportarsi come un servo, ma Eren gli aveva assicurato che gli piaceva comportarsi a quel modo. Eren voleva compiacere suo marito e Levi aveva finito con l'accettare quel suo lato, a patto di viziare a sua volta Eren tra le coperte.

Quello era l'unico aspetto della sua vita in cui Eren aveva deciso di fare il sottomesso.

Ciò che Nana aveva detto circa la casa gli tornò alla mente. Un eco diveniva sempre più distorto quanto più viaggiava, quindi magari era quella la causa dei comportamenti del fantasma. Eren era ormai un vecchio eco.

Magari, magari, magari. Levi odiava così tanto quella parola e odiava anche la sua implicazione. Non aveva nulla di cui si poteva fidare, solo mezze teorie che spesso rifiutava quando Eren gli rivolgeva un sorriso dolce.

In qualsiasi caso l'uomo decise di stare più attento. Avrebbe soddisfatto le richieste del giovane per quanto poteva, ma non si sarebbe mai dato ciecamente ad un'apparizione.

"Sembri aver dimenticato anche come fare il tè correttamente." Commentò.

Eren lo fulminò con lo sguardo. "Mi dispiace, Sua Grazia."

Levi stava per rispondere, quando il rumore di acqua corrente lo interruppe.

Il freddo poteva anche andare a farsi fottere, perché prese a sudare.

"Direi che hai visto un fantasma, ma sai com'è." Disse Eren, apparendo al suo fianco a braccia incrociate. "Cosa c'è?"

Levi portò lo sguardo dagli alberi ad un Eren impaziente. "Non penso questo sia il posto giusto." Disse, conscio che quello non era né il posto né il momento adatto per discutere dei suoi incubi.

"Sei pazzo? Questo posto è perfetto!" Ribatté Eren, afferrando la tracolla del fucile per tirarlo verso la spiaggia. "E' tutto ghiacciato, altrove, quindi sicuramente qualche animale passerà di qua."

La forza di Eren era anche troppa e togliersi il fucile non era un'opzione valida. Si lasciò quindi trascinare, cercando di controllare il senso di nausea che gli attanagliò la gola e lo stomaco. Una parte di lui voleva aggrapparsi ad Eren in modo da negargli la possibilità di svanire da un momento all'altro com'era successo nel suo incubo.

Il suo orgoglio vinse, così strinse la stretta sull'arma.

Il corso d'acqua era simile a quello del suo sogno, ma non troppo. Era relativamente più largo e i massi erano grigio chiaro e non neri. Tutto era più chiaro, il luogo illuminato dai raggi solari e dai loro riflessi sulla neve.

Ripensandoci ora, l'inquietante scena di cui era stato protagonista quella notte appariva come un vecchio sogno, completamente oscurata da ciò che si trovava davanti ai suoi occhi in quel momento. Come se non avesse mai fatto quel sogno, ora non aveva affatto paura ad avvicinarsi all'acqua.

"Bello, vero?" Gli chiese Eren, lasciandolo camminare vicino alla riva nevosa.

"Sei già venuto qui?"

"Due volte," Gli rispose. "Avresti dovuto vederlo in autunno." Eren sorrise. "Ora, immaginatelo d'estate. Dev'essere fantastico."

"Tutto è più bello d'estate." Sbuffò Levi, cercando un posto dove sistemarsi. Se Dimo diceva il vero, avrebbe potuto aspettare anche qualche ora, prima che un animale facesse capolino per abbeverarsi.

"Ti ricordi quella volta in spiaggia?" Disse Eren, proprio vicino al suo orecchio.

Levi riuscì a non sobbalzare, però diede una gomitata al giovane. "Non fare così quando sono armato."

"E cosa potrebbe succedere? Riusciresti ad uccidere per sbaglio un fantasma?" Eren rise, abbracciandolo da dietro, premendogli un gelido bacio sulla nuca. "La prima volta che ti ho visto in costume da bagno-"

"E' stata la volta in cui ti ho quasi fatto annegare." Finì Levi, allontanandosi dall'abbraccio. Il Sole del sud non era stato d'accordo con lui, arrostendolo fino a farlo assomigliare ad un'aragosta. Era stato al centro delle prese in giro per anni. "Troverò un modo per spararti."

"Va bene, signor Cacciatore. Dove andiamo ad aspettare?"

Levi scelse un punto a sud del fiumiciattolo, dove c'erano più arbusti che lo avrebbero nascosto. Dallo zaino tirò fuori una pannocchia, una mela tagliata e una carota a cubetti, che sistemò tra gli alberi verso est e ovest.

Quando arrivò mezzogiorno l'aria si fece più fredda e l'uomo mormorò qualche parolaccia. Non si era coperto abbastanza e il freddo iniziava a farsi sentire. Neanche lo scalda mani offriva troppo aiuto.

Di fronte a lui Eren continuava a camminare avanti e indietro. Canticchiò, disegnò qualcosa sulla neve con l'aiuto di un bastone, per poi calciare il tutto. Sospirò, stufo di dover aspettare e irritato dal non voler parlare da parte di Levi.

"Quant'è che dobbiamo stare qui?"

Levi scrollò le spalle, studiando attentamente l'area attorno a loro. Fino a quel momento non c'era stato alcun movimento o suono, eccetto quello dell'acqua.

"Mi sto annoiando."

Colpito improvvisamente da un'idea brillante, Levi passò ad Eren il suo telefono, ma non prima di averlo impostato in vibrazione.

Funzionò. Eren si tenne occupato con tetris. Con un po' di fortuna i cervi non potevano sentire i ringhi frustrati di un fantasma.

"Pensi di poter ferire un cervo senza ucciderlo?" Chiese Eren, sempre concentrato sul gioco. "Mi piacerebbe avere un animale domestico."

Levi portò gli occhi al cielo. "Non adotteremo un cervo." Disse, attento a mantenere la voce più bassa possibile.

"In qualsiasi caso, pensi che sarebbe facile addestrarlo?"

"Non sono cani."

"Già." Il ragazzo poggiò il telefono sulle sue gambe, dopo aver probabilmente perso per l'ennesima volta. "Come pensi che funzioni l'addestramento, però? Bisogna essere stupidi o intelligenti? Cioè, posso insegnare ad un bambino di fare cose specifiche e posso insegnare ad un cane a fare cose specifiche. Fanno parte di due specie completamente differenti con differenti capacità mentali, ma alla fine... Puoi far far loro cose specifiche."

Levi portò la sua attenzione dalla foresta ad Eren. "Penso tu stia confondendo l'imparare col comportamentismo."

"Ma non puoi imparare un comportamento?"

"Gli umani possono, ma non fino a quel punto."

"Ma gli animali ci riescono." Era un'affermazione impostata da domanda.

"Con un addestramento intenso e mirato."

"Anche gli umani possono essere addestrati." Disse Eren. Le sue parole furono un mormorio pensieroso. "Come i cani che sbavano nel sentire il suono di una campanella."

Levi corrugò le sopracciglia in un gesto di disagio.

Era strano sentire Eren prendere parte ad una conversazione simile, quando non era mai stato una persona a cui piacevano discorsi del genere. L'uomo poteva quasi vedere gli ingranaggi lavorare nella testa del fantasma, come se quest'ultimo avesse realmente deciso di addestrare un cervo, col suo consenso o meno.

"La psicologia non era una delle mie materie migliori, al college." Disse Eren. "Ma è ugualmente interessante."

"Pensi di voler addestrarmi?"

Probabilmente avrebbe fatto meglio a non porre quella domanda, ma aveva bisogno di sapere a che gioco stavano giocando.

Lo sguardo di Eren fu tagliente, ma gentile, e la sua bocca s'incurvò in un sorriso genuino. "Non è il lavoro di Erwin, quello?"

Levi sgranò gli occhi per un attimo, non aspettandosi una risposta simile. Portò il peso da una gamba all'altra. "Non c'è bisogno che tu sia geloso."

"Non è colpa mia, se lo sono." Gli rispose, portandosi le gambe al petto per tenersi più al caldo. Appoggiò il mento sulle ginocchia. "Cioè, io ho sacrificato più di metà di me stesso per tornare e tu mi ripaghi così."

"Non ti ho chiesto di tornare."

"Sei proprio un ingrato, eh?"

"Parla l'egoista."

"La morte ti strappa la coscienza." Spiegò Eren, continuando a sorridere. "Ho smesso di essere il perfettino che sono sempre stato."

Levi fece scivolare le dita lungo la canna del fucile. "Allora quanto è rimasto di Eren?"

"Cosa ti garantisce che io sia io?"

"L'illusione di un vedovo addolorato." Rispose semplicemente Levi.

"Bene." Disse Eren. Si alzò con un grugnito e si pulì dalla neve. "E' più facile addestrare un cavallo che è già stato domato."

Levi si diede un colpo alla caviglia, quando sentì un morso di una formica, solo per rendersi conto che nulla avrebbe potuto morderlo. La rabbia che sentiva, la furia, era qualcosa che era cresciuto nel retro della sua mente e del quale non se n'era neanche accorto. Non doveva stare calmo, perché era in perfetto controllo di sé stesso, nonostante fosse accecato dalla rabbia.

Era questa la sua confessione?

La confusione non fece che aggiungersi al fuoco che aveva dentro.

"Se è così che deve andare, devi essere onesto con me." Disse Levi, muovendo le mani sul fucile.

"Sono sempre stato onesto, sei tu che non ascolti."

"Cazzate."

"Ti ho detto di non toccare le bende attorno alla mia testa, no? Me le hai strappate di dosso." Eren si portò una mano al viso. "Adesso ne dovrai pagare le conseguenze."

Il rumore di un ramoscello spezzato catturò la loro attenzione e Levi si voltò giusto in tempo per notare del movimento verso ovest. L'uomo si alzò immediatamente e si mosse tra gli alberi, cercando un posto dove prendere la mira.

Eren era dietro di lui, ma anche la sua attenzione era sull'animale.

Il riflesso del Sole sulla neve rendeva quasi impossibile tenere traccia dell'animale, ma da quel punto Levi era certo di poter colpirlo. Essendo sempre stato veloce ad imparare, perfezionare la sua mira al poligono era stato semplice.

Ignorò il freddo, quando si stese sulla neve, col calcio del fucile contro la spalla. Immobile, poteva vedere una massa nera simile al cervo del suo incubo. Qualsiasi cosa fosse stata, Levi l'avrebbe uccisa e per lui sarebbe stata una vittoria, per quanto piccola potresse essere.

La forma si muoveva veloce, correndo nascosta dagli alberi. Come se sapesse che Levi la stava guardando, si nascondeva usando il riflesso del Sole. Levi non si fece scoraggiare da quel comportamento.

"Si sta allontanando." Sussurrò urgentemente Eren. Stava seguendo il fiumiciattolo e, se Levi non si decideva a sparare, avrebbe dovuto spostarsi. Seguire i movimenti di una bestia non era il suo forte. "Levi?"

Levi lo ignorò, accarezzando col dito il grilletto.

Lasciò svanire tutto ciò che c'era attorno a lui. Dal freddo alla neve, dall'amarezza alla frustrazione irrisolta, fino alla rabbia tutto svanì con un battito di ciglia. Lo scrosciare dell'acqua non divenne nulla se non un rumore di sottofondo.

"Spara!" Soffiò Eren, ma ciò non lo fece preoccupare. Per la prima volta, le azioni completamente fuori carattere di Eren non lo scossero.

Aspetta, le parole di Dimo riverberarono nella sua mente. Studia le sue abitudini, come si muove, cosa gli piace e aspetta. Mettiti comodo e aspetta tre anni se devi, ma non affrettarti. Non spaventare la tua preda. Aspetta.

Levi non aspettò.

Premette il grilletto col prossimo inspiro e non osò espirare fino a quando non vide il corpo toccare terra.

Di fianco a lui Eren sospirò di sollievo, iniziando a ridere nel mezzo di esso. "E' stato fantastico." Disse, sorridendo a Levi, porgendogli una mano per aiutarlo ad alzarsi. Levi la prese. "Andiamo a vedere cos'hai preso."

Eren lo precedette, mentre Levi sistemò ciò che si era portato nello zaino, con le dita che sembravano vibrargli. Il rinculo di un'arma era decisamente soddisfacente. Non c'era nulla di più gratificante del processo di preparare un piano, agire secondo esso e ottenere ciò per cui aveva lavorato.

Attento di non lasciarsi nulla indietro, Levi corse fino alla sua vittima, solo per rimanere confuso dall'espressione di Eren, quando lo raggiunse.

Inizialmente, non vide nulla.

Tutto quello che registrò fu uno strano mormorio nella sua testa, nel vedere la neve intoccata. L'albero occasionale catturò i suoi occhi, quando si guardò attorno. Il Sole lo accecò momentaneamente.

Poi, tutto apparì.

Iniziò col sangue, che macchiava il bianco intoccato della neve. Un rosso così scuro che era quasi surrealmente bello, nel suo contrasto con i suoi stivali neri. Eppure, l'immagine davanti a lui era come sfocata.

Non c'erano corna, ma solo delle ciocche bionde.

Nessuna pelliccia, ma solo un cappotto e un paio di jeans.

Nessuno zoccolo, ma solo un paio di scarpe da ginnastica.

Lucidi occhi blu guardavano il cielo, senza vederlo realmente.

Nonostante avrebbe dovuto farsi numerose domande, nella sua testa regnava il silenzio. Perse la capacità di fare qualsiasi cosa.

Eren si accucciò lentamente a terra, evitando la neve macchiata di sangue. Alzò le mani, allontanando il cappotto dal corpo a terra solo per rivelare altro sangue che macchiava la felpa sotto di esso.

C'era un buco nel suo petto, proprio sopra il cuore.

Eren coprì la ferita fatale e fece attenzione a mantenere un'espressione neutra, quando alzò il viso verso Levi. Con le labbra premute in una linea sottile, scosse la testa.

La scena si allontanò, facendosi sempre più lontana, fino a quando si rese conto di essere lui ad allontanarsi, facendo un passo dopo l'altro, come se potesse correre - veloce - lontano da ciò che aveva compiuto.

Appoggiando il fucile a terra si portò una mano a coprirsi la bocca. Nuovamente le sue mani gli parvero umide e non era altro che colpa sua.

Era davvero colpa sua e non c'era nulla che potesse fare, ormai.
   
 
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