La dama nera
Un convento come
ultima dimora, dove sono venuta a nascondere il marchio che deturpa le mie
candide spalle.
Ma lo porto fiera e
orgogliosa, il simbolo del mio riscatto.
Quale strana ironia
mi ha portata qui?
Forse, davvero, la
mia corsa sta per terminare.
Non ho mai creduto
in Dio; come si fa a credere in un essere che ha diviso il mondo così male?
Troppo ricchi e
troppo poveri.
La
sorte avversa e cattiva mi aveva posta tra quelli troppo poveri, tra i
miserabili, gli ultimi dell’esistenza; gli ultimi saranno i primi,
diceva quel vecchio prete che ci tirava le orecchie la domenica. Io l’ho preso
in parola: non volevo diventare vecchia e brutta come mia madre, sfatta dal
duro lavoro e finire i miei giorni in un porcile.
Sono
vissuta nella miseria, ed è solo grazie alla mia forza e al mio gran cervello
se sono riuscita a riscattare il mio destino; non mi sono piegata alle sue
correnti, non gli ho permesso di condizionarmi la vita.
Ho
odiato i nobili e la loro arroganza, la loro finta aria di superiorità, ma ho
saputo trattarli per quello che erano; idioti imbellettati tronfi con l’anima
più nera della mia e li odierò fino alla fine.
Maledetti
ricchi! Siete tutti uguali.
Più
di tutti ho odiato te, maledetta donna soldato, che per fama e fortuna hai
avuto tutto quello che avrei potuto avere io, se fossi nata al posto tuo. Ti
sei presa anche l’affetto di mia sorella.
Potevo
essere te, ma sono nata nel tempo e luogo sbagliato e certamente sarei stata
migliore; più forte, più astuta, più libera.
Priva
di scrupoli e morale; donna e militare di carriera, potente e padrona di me
stessa. Mi sarei concessa solo il meglio.
A
differenza di te, incorruttibile sciocca vergine bionda, avrei saputo godere
del privilegio della mia carica.
Avrei
comandato fuori e dentro il letto, i corpi e le menti di quegli stolti che
avessero tentato di manovrarmi.
Cosa
avrei potuto fare, se avessi avuto le tue possibilità; nessuno mi avrebbe
fermata.
Eppure
mi sono presa lo stesso quello che il mondo non voleva darmi.
La
vita è inutile e non ha senso, se non ti prendi il meglio di quello che ti può
offrire.
Volevo
dimenticare cosa fosse il fango e gettarlo in faccia agli ipocriti, ai meschini
e superbi padroni di questo regno di corrotti. Ne ho incontrati tanti ed è
stato facile usarli come pedine del mio gioco. Ho rubato, ingannato e tradito,
ho ucciso e mentito solo per avere quello che volevo.
E
io volevo tutto.
Ho
prostituito il mio corpo e la mia anima solo per ingannarvi tutti e punirvi di
avermi trattato come una bestia, solo perché sono nata sotto una cattiva
stella. Non mi sono mai pentita e rifarei tutto di nuovo.
Non
chiedo scusa a nessuno perché voi mi avete resa quello che sono.
Sono
la serpe che avete allevato in seno. Il mio veleno è appena entrato in circolo,
ma la cancrena sarà inarrestabile.
E
io mi sento bene e mi viene da ridere.
Non
potete giudicarmi; voi siete più ladri di me. Ogni mezzo per me è stato lecito.
E
mi sono divertita più di voi che vivete a Versailles o nei vostri palazzi; vi
annoiate di tutto ciò che avete, dite e fate cose stupide, imparate
l’etichetta, andate a messa e a confessarvi le coscienze sporche, ma non date
una moneta e prendete a calci chi è nella polvere.
E
io non solo ho preso monete e diamanti, ma ho mangiato, bevuto e ballato fino a
stordire le mie membra.
Ho
giocato d’azzardo e ho quasi sempre vinto.
Ho
preso in giro tutti gli sciocchi di questo mondo; prima un cardinale donnaiolo,
caduto in disgrazia, lontano da Dio quanto un gatto lo sarebbe dall’acqua, e
poi la cagna austriaca degli Asburgo, che si diletta nel suo piccolo palazzo,
circondata da lacchè in livrea e si compiace delle adulazioni di cortigiani
ossequiosi e servili. Il suo sguardo ingenuo, puro e cristallino, non si è mai sporcato con l’immagine di crudo
fetore della vita che esiste fuori dalla sua gabbia dorata. E anche per merito
mio se è diventata lo zimbello grottesco di tutta una nazione che la odia
ferocemente.
E
ho preso in giro anche te Nicholas, mi servivi per non sentirmi sola.
Perché
non ho mai avuto paura di nulla, ma della solitudine sì.
Ti
ho amato, sì… come può amare una bugiarda come me. Perché mi faceva comodo.
Tu
dici che questo mondo è troppo duro, che c’è troppo da lottare.
Ma
non vedi che il bello è proprio questo? Poter ridere di loro?
Ho
più coraggio di te che sei un uomo e invece, tremi sempre di paura.
Anche
ora tremi, imprechi e vorresti fuggire.
Ma
per andare dove?
Oltre
queste mura pesanti non c’è più nulla, a parte lei, la maledetta soldatessa che
non sa cosa voglia dire essere una donna.
Io
sono arrivata alla fine Nicholas…
Mi
sto scolando l’ultima bottiglia di liquore; è come l’ultimo sorso di vita.
Io
sono stanca di scappare, di lottare, e ti lascerei andare da solo, se non
avessi paura della mia solitudine. A questo punto ho deciso di fermarmi. Ho
deciso anche per te; ho sempre deciso per te, perché io sono la mente, tu solo
il braccio. E io non potevo fare tutto da sola.
Ti
ho tradito e pugnalato tante volte e solo ora te ne accorgi, perché questa
volta ho affondato la lama troppo in fondo e non sono più capace di estrarla.
Perdonami Nicholas; lo dico a te per la prima volta.
La
solitudine mi ha sempre spaventata.
Se
mi hai sempre amata come dici, allora accetta di seguirmi e vieni con me anche
all’inferno.
Anche
lì, saprò dettare la mia legge; tu sai che saprei ingannare anche i demoni,
perché io sono più diabolica di loro.
Nessuno
mi ha mai domato e tu lo sai bene.
Questo
convento sarà la nostra tomba.
*****
Un' altra
breve storia a cui ne seguiranno altre.
Gli ultimi
pensieri di un personaggio tra i cattivi che ho amato di più.
Grazie a voi
lettori, per ogni eventuale commento.