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Autore: eppy    29/02/2016    6 recensioni
Esiste un punto zero, un momento difficilmente definibile e quasi impercettibile, che condiziona la vita di ognuno di noi.
Ovviamente, il mascalzone presenta una fisionomia che lo rende perfettamente simile a tutti i suoi gemelli, ma uguale a nessuno di loro. Il problema è che la differenza in superficie è talmente sottile, che il 99,9% delle volte non viene notata nè dal diretto interessato/a, nè da chi gravita intorno, e lo si attraversa con lo stesso atteggiamento di sempre, senza minimamente sospettare che nasconda il più profondo dei vortici, capace di deviare o addirittura invertire la rotta della nostra esistenza in modo talmente subdolo e al contempo meraviglioso, da non farcene nemmeno accorgere. E' sconvolgente pensare a quanto potere possa custodire un solo, apparentemente banalissimo istante: può condurti verso un porto, una spiaggia sicura, o mandarti alla deriva..e succede in un attimo, inafferrabile e irripetibile.
Jane e Chris, i protagonisti di questa storia, si erano incontrati proprio nei rispettivi punti zero, che per qualche motivo coincidevano a loro insaputa.
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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Jane giaceva immobile in un letto d'ospedale, bianco come la sua pelle e triste come l'assenza di un'espressione sul suo viso.
Intorno a lei il più religioso silenzio, interrotto soltanto da singhiozzi sommessi, deboli speranze e il lento ma continuo ticchettio provocato dai tanti macchinari legati al suo ormai esilissimo corpo.
Non era morta, ma non era nemmeno viva.
Erano trascorsi tre giorni dall'incidente che l'aveva ridotta in quel modo; tre giorni in cui i medici non erano mai stati in grado di dichiararla fuori pericolo; tre giorni in cui lei aveva vissuto in un limbo comunemente conosciuto come coma cerebrale.
I suoi genitori, sconvolti e più addolorati che mai per la loro unica figlia, erano accorsi immediatamente, assieme a Sophie, Lizzie, Rose, Federica, Scott e diverse ragazze e ragazzi del suo corso.
Nessuno riusciva ancora a credere all'accaduto, nessuno riusciva ad accettare che quel corpo inerme e di colpo così piccolo da sembrare quello di un bambino, fosse proprio il suo. Era così strano, e ingiusto, non trovarla ogni mattina seduta al solito posto insieme alle amiche, intenta a prendere appunti, a ridere, scherzare, prendere in giro e maledire i professori, e persino lamentarsi della difficoltà di un esame in particolare.
Era assurdo non incontrarla ogni mattina, in biblioteca, ai distributori, a mensa, al bar o da qualsiasi altra parte all'interno del campus, ed era assurdo soprattutto perchè a Jane non era mai piaciuto essere al centro dell'attenzione, e non c'era mai stata realmente, però, da quando era costretta in quel letto d'ospedale, la sua mancanza si sentiva, molto di più di quanto non si fosse avvertita la sua presenza.
In aula si respirava un'aria diversa, più pesante, più tesa, e spesso, di punto in bianco, Sophie correva in bagno nascondendosi tra le lacrime.
Ovviamente era lei quella che era stata più duramente colpita dall'accaduto, e proprio a lei era toccato il compito di avvisare Jonas e Annie delle condizioni dell'amica. D'altronde, i genitori di Jane, pur avendo intuito qualcosa, non vivendo più ogni giorno accanto a lei, non erano nemmeno al corrente degli ultimi sviluppi della vita sentimentale della figlia. Lei si era rimpromessa di dirglielo nelle vacanze di Pasqua, e sperava di potergli presentare il  fidanzato direttamente in quell'occasione. 
Poi, le cose le erano sfuggite di mano.
E nel corso di poco più di ventiquattro ore, tutto aveva preso una piega imprevista. Disperata, per utilizzare un eufemismo.
Anche la vita continuava a sfuggirle di mano, e la cosa peggiore era che lei nemmeno se ne accorgeva.
Da quando Jane era arrivata in ospedale, le sue condizioni erano state stabili, ma ciò, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non era di conforto a nessuno.
Non era peggiorata, ma nemmeno migliorata, e i medici continuavano a esprimersi a monosillabi, per non abbattere di più coloro che le volevano bene, e non dargli nemmeno false speranze.
E in qualche modo, non assistere a evoluzioni della sua condizione, nè in un senso, nè nell'altro, aveva reso quei giorni letteralmente agonizzanti.
I genitori della ragazza non avevano lasciato il suo capezzale nemmeno un minuto, ma spesso anche Sophie aveva trascorso la notte accanto all'amica, perfettamente lucida e sveglia, terrorizzata anche solo dall'idea di perderla di vista per un secondo; in un momento delicato come quello, tutto avrebbe potuto esserle fatale.
Dopo avergli dato la brutta notizia, Sophie si era sentita regolarmente con Jonas, il quale le ripeteva ogni giorno di essere disperato, perchè avrebbe tanto voluto esserle vicino, e invece non poteva lasciare Londra prima di aver dato un'esame che preparava da mesi e mesi, e che avrebbe condizionato la sua carriera per sempre. E ogni volta che lui le rifilava quelle parole, la ragazza doveva trattenersi dal chiudergli il telefono in faccia. 
Semplicemente si chiedeva come Jonas riuscisse anche solo a concentrarsi, sapendo la propria ragazza in quelle condizioni.
Lei stessa, aveva saltato tantissime lezioni (come del resto avevano fatto anche le altre ragazze del loro gruppo) e quando andava all'università, era soltanto perchè la sua famiglia la costringeva: dicevano che le avrebbe fatto bene distrarsi un po', ma puntualmente, arrivava un momento in cui Sophie non riusciva più a sopportare l'idea di starle lontano e non sapere cosa potesse succederle da un momento all'altro, e scappava via. Si asciugava le lacrime in bagno, e poi saliva sul primo autobus diretto all'ospedale. Scott le stava vicino il più possibile, e lei gli era grata, ma non bastava...rivoleva Jane indietro.
Tutti rivolevano Jane indietro, e nessuno sapeva se sarebbe mai accaduto. Se quella speranza potesse mai trasformarsi in una rassicurante certezza. 
Finchè una mattina apparentemente uguale a tutte le altre, la ragazza non cominciò a dare i primi segni di vita.
Durò poco meno di un minuto, ma bastò a rincuorare tutti. Mosse leggermente il mignolo della mano destra, poi aprì lentamente la bocca, e dopo ricrollò nel suo sonno profondo, come se quei lievissimi movimenti fossero stati soltanto il frutto di un desiderio disperato di tutti i presenti in quella stanza, di vederla in qualche modo reagire.
Lei stessa fu cosciente per quel minuto, e percepì chiaramente tuttto quello che succedeva intorno, ma non potè fare di più, a parte essere presente, partecipare di nuovo alla vita per quel brevissimo tratto.
I medici accorsero immediatamente, la visitarono con estrema cura, e soltanto dopo aver terminato, si sentirono in grado di dire che con un po' di fortuna Jane si sarebbe risvegliata.
Accade in piena notte. In quel momento suo padre era l'unico presente nella sua stanza; la signora Collins era stata a sua volta sedata dai medici, lo avevano fatto per darle un po' di pace. E Sophie dopo due giorni e due notti di veglia ininterrotta, era finalmente crollata tra le braccia di Scott. Tuttavia, aveva fatto promettere al fidanzato che non l'avrebbe portata a casa per nessun motivo al mondo: aveva acconsentito a dormire, ma voleva restare in ospedale a tutti i costi.
Nell'esatto istante in cui Jane abbandonò lo stato di coma, percepì il respiro di suo padre accanto a lei.
Non poteva sbagliarsi: da piccola si era addormentata con la mano stretta nella sua così tante volte, che aveva imparato a riconoscerne persino il ritmo del respiro. E quando dopo giorni di agonia, il signor Collins si sentì chiamare di nuovo papà, scoppiò in lacrime, e pianse molto più forte e più disperatamente di quanto avesse fatto la primissima volta in cui si era sentito chiamare in quel modo.
" Papà" la voce era flebilissima , ma reale. Tremolante, spaventata, ma per lui fu il suono più bello al mondo.
" Sono qui piccola mia" sussurrò, stringendole forte la mano, le lacrime che scorrevano sul suo viso
" Papà, che succede? Non vedo nulla!" cominciò ad agitarsi la ragazza
" E' buio amore, sono le tre di notte...ecco perchè non vedi nulla" disse carezzandole lentamente i capelli
" Papà ..allora sono viva?" e la stessa Jane fu sul punto di piangere
" Sì bambina mia, sei tornata" e la baciò sulla fronte, pianissimo, spaventato dalla fragilità della ragazza.
Un miracolo: quella fu per tutti la conferma che i miracoli possono accadere sul serio.
" Sono tanto stanca" farfugliò lei, prima di abbandonarsi al sonno di nuovo
" Dormi amore, dormi. Ci vediamo domani mattina, e ci sarà anche la mamma" ma prima che potesse terminare la frase, Jane si era già riaddormentata.
Pochi istanti dopo le porte della stanza si spalancarono di colpo e i due medici che avevano seguito la ragazza per tutto il tempo irrupperro senza troppe cerimonie.
" Si è svegliata! Cioè ora dorme...ma ha parlato, mi ha rinosciuto, era cosciente!" comunicò il signor Collins, talmente felice da sembrare ubriaco
" Doveva chiamarci subito" lo raffeddarono i dottori "poteva essere pericoloso" aggiunse uno, senza riuscire a trattenersi
" Mi dispiace, sono mortificato, in quel momento volevo godermi un po' mia figlia da solo" spiegò, più agitato che mai
" La capisco Signor Collins" esclamò a quel punto lo stesso dottore che poco prima lo aveva rimproverato
" Ma che non succedere più...per qualasiasi cosa, deve chiamare immediatamente noi" chiarì il collega
" Comunque ci sono buone notizie: sua figlia è definitivamente fuori pericolo, e fuori dal coma. Ora sta solo dormendo" lo rassicurarono gentilmente.
Il padre della ragazza tirò a quel punto un sospiro di sollievo talmente lungo e rumoroso, che si stupì che non l'avesse sentito Sophie, quella che aveva capito essere la migliore amica della sua bambina. Ero grata a quella ragazza più che a chiunque altro, perchè pur conoscendola da soli pochi mesi, non l'aveva abbandonata un solo secondo. Jane aveva bisogno di incontrare una persona come lei.
" Ha aperto gli occhi?" domandò cautamente uno dei due ragazzi in uniforme...sì, erano poco più che ragazzi, medici giovanissimi
" Grazie al cielo, sì!" e nel pronunciare quelle parole, David Collins rivolse davvero lo sguardo verso l'alto
" Ha detto qualcosa in particolare?" continuarono con le domande i medici
" Che non vedeva nulla ovviamente, perchè la stanza era buia" replicò lui, senza nemmeno chiedersi il perchè di quelle domande...era troppo felice che Jane si fosse risvegliata, per poter badare ad altro!
" Va bene. Noi abbiamo bisogno di tenere la ragazza sotto stretta ossevazione per un po'...lei intanto, dica pure a sua moglie, a Sophie, e al resto degli amici di Jane che si è svegliata. Non aggiunga altro però, la situazione continua ad essere piuttosto delicata, anche se siamo tutti ottimisti"
" Può aver riportato danni al cervello? Danni irreperabili?" e di colpo, si rese conto di quella tristissima possibilità
" Non lo sappiamo ancora signor Collins" non potevano aggiungere altro, perchè effettivamente non lo sapevano nemmeno loro
" Per ora si accontenti di sapere che Jane è viva, e che quando si sveglierà domattina, avrà bisogno di tutto l'amore e la delicatezza possibile per fronteggiare la vita" spiegarono i dottori, chiudendosi nella stanza assieme alla giovane paziente.



" Noooo! No....no! Nooooo! Perdonami....noooo!" 
Nel sentire quelle ormai familiari urla, Zack si alzò dal letto, e senza nemmeno curarsi di indossare le pantofole, si precipitò nella stanza accanto.
Esattamente come si aspettava, trovò l'amico in un bagno di sudore. Si contorceva nel sonno, disperato e arrabbiato.
Lo afferrò per le spalle costringendolo a fermarsi, e poi gli parlò, intenzionato a svegliarlo per liberarlo dall'incubo che lo affliggeva tutte le notti della sera dell'incidente.
" Chris" lo chiamò, scuotendolo
" Chris" ci ritentò, un po' più forte, mentre il ragazzo continuava a lottare nel sonno contro chissà chi, o chissà cosa.
" Chris, ti prego!" e quasi urlò, fino a ricevere l'attenzione dell'amico.
Il ragazzo a quel punto smise finalmente di divincolarsi dalla sua presa, e prese un respiro profondo, aprendo finalmente gli occhi. 
Quei bellissimi occhi verdi ora perseguitati  dai tormenti più neri.
" No! Di nuovo" esclamò sconsolato, riferendosi alla preoccupante frequenza con quale si abbandonava a quell'incubo, sempre lo stesso.
Strinse le mani a pugno e le sbattè violentemente sulle lenzuola bagnate fradice, contemporaneamente serrò le labbra in una linea dura per impedirsi di scoppiare in lacrime di fronte all'amico.
Non si era mai sentito tanto impotente e tanto stupido come lo era in quei giorni.
A differenza di Jane che aveva abbandonato il mondo rifugindosi nel sonno pesante e imperturbabile del coma, lui aveva subito soltanto uno shock. Era stato cosciente per tutto il tempo, dall'inizio alla fine, e per certi versi era stato addirittura peggio del non esserci affatto.
Continuava a rivivere quel momento a rallentatore nel sonno e quando era sveglio, e a seconda di quella condizione, si contorceva urlando o tremava come se stesse per morire di ipotermia; a volte addirittua entrambe le cose.  Era il ricordo del sorriso di Jane a ridurlo in quel modo: il ricordo di quel sorriso conseguente a quel bacio, e stroncato dal tir che gli era andato addosso.
Lui aveva visto tutto,  troppo bene, ma si era accorto del pericolo troppo tardi, e anche se aveva tentato l'impossibile pur di mettere entrambi al sicuro da quella furia, non ci era riuscito.
Ma quale imbecille, per utilizzare un insulto leggero, sicuramente meno infame di quelli che gli erano già stati rivolti contro...quale razza di imbecille baciava una ragazza a un semaforo rosso?! E soprattutto, perdeva il senso dello spazio e del tempo, mentre era alla guida, fermo a uno stramaledettissimo semaforo?
Pure i bambini sapevano che era pericoloso distrarsi mentre si era al volante, e lui, proprio come un bambino capriccioso, non aveva saputo aspettare.
Aveva capito che quella che gli si stava presentando sarebbe stata un'occasione più unica che rara per capovolgere la situazione, perchè era inutile negare che avesse provato l'assurdo e il fortissimo desiderio di baciare quelle labbra praticamente per tutta la serata, ma per seguire quell'impulso, aveva fatto ciò che di più azzardato la mente umana potesse concepire. Aveva fatto in modo le sue labbra combaciassero con quelle di Jane approfittando del semaforo rosso... ma sarebbe dovuto durare un istante! Non avrebbe dovuto perdere il controllo della situazione in quel modo, così facilmente.
E invece, avevano entrambi perso la testa non appena si erano sfiorati, e il tutto il resto era stata una terribile conseguenza.
Che cosa era successo? Era scattato il verde mentre loro due si baciavano, e l'auto di Chris era rimasta ferma lì invece di proseguire. Nel frattempo era sopraggiunto un tir, che vedendo da lontano il semaforo verde non si era preoccupato di rallentare nemmeno un po', e si era accorto della pochissima distanza che lo separava dalla macchina stranamente ferma al semaforo soltanto quando era già troppo tardi. Il camionista non aveva nemmeno fatto in tempo a suonare il clacson...era stato questione di attimi.
L'auto era stata travolta alla velocità di più cento kilometri all'ora, e l'impatto era stato talmente violento, che l'audi di Chris era finita a centro strada, e il tir, ormai fuori controllo, l'aveva colpita ancora più forte dal lato di Jane. 
I due ragazzi erano fermi nel posto giusto al momento sbagliato, e il camion aveva decisamente superato il limite di velocità consentito su quella strada, ai mezzi pesanti e non, quindi la colpa era distribuita da tutti e due i lati, ma Chris, e purtroppo non solo lui, non la pensava affatto così.
Perchè se lui non l'avesse baciata in quel momento così inopportuno...non sarebbero successe un sacco di cose.
Non si sarebbe innescato quel domino, quella reazione a catena, che aveva portato il corso degli eventi fino a un punto di non ritorno.
Se non l'avesse baciata non si sarebbe distratto; se non si fosse distratto si sarebbe accorto che era scattato il verde; se si fosse accorto che era scattato il verde sarebbe partito; se fosse partito la carreggiata sarebbe stata libera; e se la carreggiata fosse stata libera quel tir avrebbe proseguito la sua corsa...magari si sarebbe schiantato lo stesso poco dopo, perchè andava davvero troppo veloce, ma almeno non avrebbe quasi ammazzato Jane.
Era un pensiero egoistico quello, ma erano giorni che Chris non riusciva a pensare ad altro che a lei.
Quel camionista frettoloso s'era cavata con molto meno rispetto a loro due, ma entrambi i mezzi erano andati praticamente distrutti.
Jane era stata trasportata in ospedale già in coma, Chris sotto shock, l'altro soltanto ferito a un braccio e una gamba. 
Ed ecco come un banalissimo attimo, aveva profondamente segnato le loro vite. 
Un minuto prima rideva e scherzava con lei, commentava il film che avevano appena visto, e un minuto dopo, rischiava di perderla per sempre. 
Non se lo sarebbe perdonato mai se davvero fosse successo, poco ma sicuro...motivo per cui non riusciva nemmeno a prendersela con chi l'aveva allontanato dal letto di Jane: in fondo sapeva che avessero ragione.
Era solo colpa sua se quella ragazza stesse coraggiosamente lottando tra la vita e la morte, e il minimo, per lui, era essere tormentato da quegli incubi.
Anche Chris era stato tenuto sotto osservazione per un paio di giorni, ma poi era stato dimesso, perchè non aveva riportato alcun danno visibile o curabile...le sue ferite erano soltanto emotive, e parte prescrivergli delle medicine e del calmanti, in ospedale non avevano potuto fare molto.
I suoi genitori, accorsi immediatamente, avevano provato in tutti i modi a covincerlo a tornare a casa con loro, ma il ragazzo aveva chiaramente detto loro che gli impegni universitari lo avrebbero aiutato a superare il trauma, e poi, in cuor suo, non poteva sopportare l'idea di abbandonarla dopo tutto quel casino. Anche se, a ben pensarci, pur trovandosi sempre nella sua stessa città, e a pochi kilometri di distanza fisica da lei, la sentiva lontana anni luce. Roba che se Jane si fosse trovata su Marte, probabilmete l'avrebbe sentita più vicina.
Si odiava anche per aver involontariamente coinvolto Zack in quella situazione, ma non sapeva che altro fare: da solo, non ci poteva stare, i medici stessi avevano detto che la cosa era fuori discussione, e a casa non ci voleva proprio tornare; nelle sue precarie condizioni psicofisiche non era consigliabile nemmeno affrontare parenti e amici che lo sarebbero andati a trovare, e gli avrebbero posto domande su domande.
Una notte, quando si trovava appena a qualche metro di distanza da Jane, aveva provato a raggungerla. 
Si era intrufolato nella stanza, e stando ben attento a non svegliare nè la mamma della ragazza, nè Sophie, si era inginocchiato per terra, le aveva preso una mano tra le sue, l'aveva stretta forte, baciata disperatamente, e poi aveva cominciato a piangere in silenzio.
All'inizio, ci era riuscito a non farsi notare da nessuno, ma poi le lacrime avevano preso il sopravvento, i singhiozzi si erano fatti più rumorosi e disperati, e la signora Collins si era svegliata.
Allarmata dalla presenza di quel ragazzo accanto alla figlia, aveva urlato svegliando anche Sophie, la quale, riconoscendo Chris, aveva spiegato alla mamma di Jane chi fosse il ragazzo, senza sapere di star commettendo un errore madornale. Non appena aveva realizzato che sua figlia si fosse trovata in macchina proprio con lui quando era avvenuto l'incidente, visibilmente sconvolta, la signora Collins si era scagliata contro Chris, urlando, al punto tale da far intervenire suo marito e i medici di turno.
Il risultato era stato l'allontamento forzato del ragazzo, cacciato dalla stanza dopo aver subito i peggiori insulti da parte dei familiari di lei, e uno sguardo addolorato da parte di Sophie.
Da quel momento in poi, Chris era stato praticamente bandito dalla camera e della vita ( o quel che ne restava) di Jane. 
All'università ovviamente non aveva potuto più metterci piede in quelle condizioni, e una volta aveva costretto Zack ad accompagnarlo a casa di Sophie ( perchè nemmeno mettersi al volante era un'opzione possibile al momento) ma anche lì aveva ricevuto solo porte in faccia. La ragazza non era in casa, ma era stato cacciato via dai genitori, e in quel modo aveva buttato al vento anche l'unica e ultima possibilità di sapere come stesse Jane, di starle in qualche modo vicino. Ma non si sarebbe arreso, mai.



BUONSALVEEEE!!!
Eccomi con il nuovo capitolo :)
So che non è esattamente 'una botta di vita' come si suol dire, ma è inutile che vi dica che le cose non resteranno così per sempre.
In ogni caso spero che lo abbiate apprezzato e abbiate capito come siano andate le cose dopo quel bacio...
Scappo, grazie di cuore per tutto il supporto, davvero <3<3<3<3<3
Un bacione, e a lunedì prossimoooo

Ps. Recensiteeeeeeee perchè adoro scambiare opinioni con tutte voi, non siate timide! ;)











































 

















  
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