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Autore: TaliaAckerman    04/03/2016    3 recensioni
L'ultimo atto della saga dedicata a Fheriea.
Dubhne e Jel si sono finalmente incontrati, ma presto saranno costretti a separarsi di nuovo. Mentre la minaccia dal Nord si fa sempre più insistente, un nemico che sembrava battuto torna sul campo di battaglia per esigere la sua vendetta. Il destino delle Cinque Terre non è mai stato così incerto.
Dal trentaquattresimo capitolo:
"Dubhne si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e ricordò quando, al suo arrivo a Città dei Re, l'avevano quasi rasata a zero.
- Quando ero nell'Arena... - mormorò - dovevo contare solo su me stessa. Un Combattente deve imparare a tenere a bada la paura, a fidarsi solo del proprio talento e del proprio istinto. Non c'è spazio per altro.
Jel alzò gli occhi e li posò su di lei - E che cosa ti dice ora il tuo istinto?
- Sopravvivi. "
Se volete sapere come si conclude il II ciclo di Fheriea, leggete!
Genere: Azione, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
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Le giornate al campo appena fuori Harrel si erano dimostrate quanto di più simile alla vita al palazzo Cerman che Dubhne avesse sperimentato nelle ultime settimane. Dall'alba fino a sera tardi i cunicoli sparsi in quel reticolato di tende erano occupati dal via vai di uomini e ragazzi, guaritrici e scudieri. Non vi erano veri e propri maestri di spada, ma alcuni dei combattenti esperti erano abbastanza disponibili da dedicare parte della giornata nell'occuparsi dell'addestramento delle reclute più giovani. Uno di loro, non riconoscendola presumibilmente, aveva offerto a Dubhne aiuto su come imparare i principi della difesa in uno scontro armato. La ragazza aveva risposto con una secca risata.
Jack Cox si muoveva avanti e indietro per il campo apparentemente senza mai fermarsi, preso da riunioni e pianificazione delle prossime mosse. Dal momento in cui si erano congedati, Dubhne l'aveva solo e sempre visto di sfuggita, il volto ombroso, i sorrisi scanzonati che rivolgeva ai suoi uomini che tentavano di mascherare la sua evidente preoccupazione.
Da parte sua, Dubhne era tornata nel suo elemento. Le piaceva l'atmosfera caotica del campo, il dinamismo suggerito dalla routine di ogni singola persona che vi appartenesse. Per la prima volta dopo tanto tempo, la ragazza era anche riuscita a confrontarsi con qualcuno a duello. Purtroppo il battaglione a cui era stata assegnata era decimato, e molti dei sopravvissuti erano ancora costretti a letto o comunque debilitati da ferite più o meno vecchie; dovevano averne viste di tutti i colori, nel Nord. Era per questo che Dubhne non aveva avuto modo di trovare un avversario che valesse davvero il suo tempo, non ancora. Era ben consapevole di non poter neanche sperare che un lord o un generale dell'esercito delle Cinque Terre fosse disposto a prestarsi, nel proprio esiguo tempo libero, in un duello con quella che, pur essendo la famosa Ragazza del Sangue, era pur sempre una recluta.
Così, negli ultimi due giorni, aveva trascorso molto tempo lontana dalla propria tenda, addentrandosi per le vie della città vera e propria, osservando, riflettendo, imparando a memoria i ritmi e le abitudini ricorrenti di quella vita. Tacitamente alla ricerca di qualcuno da sfidare, di un modo per divertirsi prima di partire per il fronte.
Talvolta le era capitato di parlare con alcune guaritrici, le poche disposte a rivolgere la parola ad una Combattente che, per loro, non era che un'assassina come un'altra. Alla fine era persino riuscita a trovare un gruppetto di guerrieri con cui condividere le serate. Erano uomini ruvidi, a volte disillusi, ma perfettamente adatti per condividere quel genere di vita. C'era anche un'altra ragazza tra di loro, Axa, una Thariana che era entrata nell'esercito delle Cinque Terre un paio d'anni prima. Gli altri invece erano tutti di un battaglione agli ordini di un certo Lord Emion, signore di Lialel o qualcosa del genere. Dubhne aveva provato più volte a convincerli a battersi con lei, ma loro avevano sempre rifiutato, probabilmente non per paura di perdere la faccia ma con lo scopo di innervosirla. Nonostante di primo acchito lo trovasse fastidioso, la giovane aveva scoperto che quel clima di silenziosa competizione era piuttosto stimolante per lei.
La sera bevevano, e tanto. Dubhne non era abituata a vuotare cinque o sei boccali di birra al giorno, abitudine che però acquisì nei giorni di permanenza ad Harrel. L'iniziale senso di paura all'idea di perdere il controllo, inebriata dall'alcol che le annebbiava la vista e ottundeva i sensi, piano piano si era sgretolata, e lei si era lasciata trascinare in quel modo eccessivo e per lei totalmente nuovo di spassarsela. Aveva compreso di riuscire a reggere abbastanza bene, se si tratteneva dall'esagerare. Finora era sempre riuscita a fermarsi prima di uscire totalmente di senno.
Ma a parte per quei pochi compagni che era riuscita a trovare, l'atteggiamento degli uomini del campo verso di lei rimaneva strano, distaccato. Assassina, la chiamavano alcuni.

Una settimana dopo il suo arrivo ad Harrel, la ragazza cominciò sinceramente chiedersi quando la situazione si sarebbe smossa. Continuavano a ricevere notizie, più o meno allarmanti, da Hiexil, eppure l'ordine che Dubhne tanto aspettava non era ancora arrivato. La vita nel campo rappresentava un netto miglioramento rispetto a quella condotta a Grimal, ma ormai era stanca di aspettare.
L'idea di trovarsi in una vera battaglia era per lei solleticante e terribile al tempo stesso. Più i giorni passavano, più il suo ultimo combattimento si allontanava alle sue spalle, più lei temeva di perdere le proprie capacità ma, soprattuto, la propria tempra, la propria decisione, quella feroce spregiudicatezza che le aveva permesso di trionfare tante volte nell'Arena.
Si allenava tutti i giorni, come le circostanze glielo permettevano. Badava a mantenersi in forze, pronta nel combattimento e nei riflessi. Dopo molti tentativi, Janson, uno dei suoi compagni di bevute, aveva acconsentito a combattere contro di lei, nel primo scontro veramente impegnativo che la ragazza condusse dopo essersi arruolata.
Quando alla fine anche il battaglione di Lialel partì, Dubhne decise fosse il momento di parlare direttamente con Jack.

- Perché non abbiamo ancora lasciato Harrel? - ripeté l'uomo dopo che lei gli ebbe rivolto la domanda, seduto nella penombra della sua tenda. - Credi che sia io a decidere questo genere di cose?

- Dico solo che forse abbiamo aspettato anche troppo. Quasi tutte le altre compagnie hanno già raggiunto Hiexil, perché non ci permettete di andare a dargli una mano?

Jack rise. - Non pensavo ti importasse di aiutare gli Ariadoriani. Non eri venuta qui solo per... com'era? Rappresentare qualcuno di abbastanza forte da guidarli?

- Questi non sono affari tuoi.

- No, appunto - Jack sospirò, riponendo sul tavolo una pergamena. Si strofinò il viso. - Senti, ragazza, capisco che tu e gli altri abbiate bisogno di agire, ma qui si tratta di faccende troppo più grandi sia di me che di te. Non posso agire senza il beneplacito dei miei superiori, non più.

Dubhne fece per aprir bocca, ma l'altro la fermò:- Sto aspettando di parlare con delle persone importanti. Forse questa è la volta buona, ma per ora ti chiedo di aspettare. E, per favore, non fare cose stupide.

Di nuovo. Lo stesso atteggiamento che anche Jel aveva mantenuto nei primi giorni del loro viaggio.
Sorrise, guardando Jack di sottecchi, e affermò:- Guarda che non sono così fuori controllo come pensate tutti.

- A quanto ho sentito, ne hai combinate di belle nell'Arena.

Anche se lusingata nel sapere che i dettagli sulla sua fama erano arrivati fin lì, in quella zona di frontiera, Dubhne replicò:- Qui non sono nell'Arena.

- No, ma rimani una sciocca ragazzina impertinente - la freddò l'uomo, improvvisamente seccato. Le indicò l'ingresso della tenda. - Te l'ho detto, ho un incontro importante fra pochi minuti. Quando saprò che fare non mancherò di informarvi. Ora vattene.

Piccata, la ex Combattente gli voltò le spalle e uscì dalla tenda senza più dire una parola. Mentre si allontanava, incrociò uno dei fedelissimi di Jack - Caley le pareva i chiamasse - che camminava nella direzione opposta, seguito da un drappello di guerrieri, probabilmente lord, che indossavano ampi mantelli e armi di foggia visibilmente raffinata.
Questa volta deve essere quella buona.


                                                                                                   ***


La risposta si fece aspettare per alcune ore.
Dubhne attese seduta appena fuori dalla sua tenda, lucidando pigramente la sua scimitarra e osservando una guaritrice che, poco distante da lei, sostituiva con meticolosa attenzione le bende di un soldato ferito.
Per diverse volte si chiese se la riunione che si stava tenendo nella tenda di Jack si fosse conclusa, ma ne ebbe la conferma solo nel momento in cui Caley accorse nello spiazzo dove si trovava con un lieve sorriso disegnato in volto.

- Potete finalmente preparare le vostre cose, signori. Partiamo domani - annunciò l'uomo squadrandoli uno ad uno.

- Per dove? - la domanda spontanea si levo da poco più in là.

Il sorriso di Caley si fece più ampio ma anche, in qualche modo, più febbrile. - Per l'unica destinazione possibile. Andiamo a riconquistare Hiexil.

Un brusio di trionfo e agitazione si levò da tutti i soldati che erano riuniti lì. Anche Dubhne, sorridendo soddisfatta, si alzò in piedi rinfoderando la scimitarra. Un paio di suoi commilitoni le batté una pacca sulla spalla.

La ragazza si allontanò per cercare Axa e annunciarle che presto anche loro sarebbero partiti.
Nel raggiungere il reparto dell'accampamento dove era stabilito il battaglione della sua compagna di bevute in quegli ultimi giorni, s'imbattè in diversi guerrieri agli ordini di Jack, tutti impazienti di congratularsi e festeggiare quell'improvviso avere qualcosa da fare. Persino con lei, che era una Combattente, che non era ancora una di loro, che quasi tutti guardavano con freddezza e sospetto.
Passando di fronte al piccolo padiglione di Jack, non fu sorpresa nel trovarlo seduto su di una panca di fronte ad essa, una pipa fumante in una mano e un bicchiere nell'altra. Dopo tutti quei giorni in cui l'aveva visto preoccupato e di fretta, pareva avere finalmente un motivo di buon umore.

- Cominci a sentirla, ragazzina? - chiese l'uomo senza guardarla, ma Dubhne capì subito che si stava rivolgendo a lei.

- Che cosa? - Anche se pensava di aver compreso a cosa Jack si stesse riferendo, Dubhne lo chiese comunque.

- La paura. La paura all'idea di quello che ti aspetta.

- Non direi proprio. Sai, a contrario di molti qui, ne ho già passate di...

- Oh, io non credo - Era incredibile quanto il volto di Jack riuscisse a lasciar trasparire emozioni tanto diverse: lo scherno, palese, era qui accompagnato da una sorta di strano interesse, anche se quel minimo di serietà non aveva ancora del tutto abbandonato i suoi lineamenti. Poggiò il boccale sul piano della panca. - Come ha detto tu stessa, qui non siamo nell'Arena.

Perfetto. Vuoi giocare? Allora giochiamo.

Sembrava che gli ultimi, cupi giorni non fossero mai passati. Dubhne avvertiva dentro di sé una straboccante sensazione di euforia. Che consciamente lo ammettesse o no, Jack e il suo mondo la intrigavano terribilmente.
E il giorno successivo avrebbero lasciato Harrel... finalmente la resa dei conti che Dubhne tanto aspettava sarebbe arrivata. Quell'ansia, quelle aspettative, quella confusione... era un turbine di emozioni che le ricordava dolcemente i migliori momenti passati a Città dei Re.
Probabilmente Jack doveva pensarla così anche lui; dal momento che presto i momenti di svago sarebbero notevolmente diminuiti, era giusto approfittarne quell'ultima volta.

Dubhne, attendendo trepidante che Jack riprendesse a parlare, mise mano all'elsa della scimitarra. Le pareva fosse passato un secolo dall'ultima volta in cui l'aveva usata. In ogni duello di allenamento che aveva praticato al campo, aveva appositamente usato altri tipi di armi, come per conservare la sua lama personale, aspettando di tornare ad usarla al momento giusto. Beh, quella poteva essere un'occasione per cui ne valesse la pena.
Jack era adulto, più alto di lei di diverse spanne, e Dubhne aveva capito fin dal primo momento che era quanto più lontano possibile dall'essere uno sprovveduto. Il suo modo di parlare, di interloquire, la totale disinvoltura con cui riusciva a muoversi in ogni momento. La lunga spada dall'elsa dorata che portava appesa al fianco paresse essere stata creata per stare lì.

- Sai che cosa penso?

- No - Dubhne lo guardò con aria di sfida. - Che cosa pensi?

Con un ghigno Jack si chinò su di lei e, sovrastandola nettamente, rispose:- Che sei brava, ragazza, sì, e forse anche più di molti altri. Ma non tanto quanto pensi.

- Se non sbaglio sono io qui ad aver vinto i Giochi.

- Già, i Giochi Bellici... con i loro Combattenti. C'è gente di ogni tipo fra quei poveracci: ladri, mendicanti, tutta gente strappata dalla strada. Sono in pochi a saper davvero combattere.

- Jackson Malker la penserebbe diversamente, credo.

- Jackson Malker era appunto uno di quei pochi, Dubhne. Ma tu sei fuori allenamento - altro sogghigno poco lusinghiero.

Dubhne roteò l'impugnatura della scimitarra nella mano e sorrise: aveva capito dove l'uomo voleva andare a parare. - Che ne dici di sfidarmi, allora?

- È proprio quello che stavo pensando - Jack sembrava decisamente allettato dalla proposta. - Insomma... non tutti possono vantarsi di aver battuto in duello il vincitore dei Giochi di Città dei Re.

- Un duello pulito - sottolineò lei. - Ho visto come combatti in allenamento. Niente interventi, niente scorrettezze...

- E nessuna ferita alla gamba a ostacolare i movimenti, eh?

Il rossore comparve indesiderato sulle sue guance prima che Dubhne potesse fermarlo e, indispettita dall'allusione, la ragazza si lasciò sfuggire un: - E tu come fai a saperlo?

- Le notizie girano. E si da il caso che io conosca qualcuno che a sua volta era un compagno di squadra di Jackson. Lo conosceva molto bene.

Dubhne non era abbastanza infastidita da riuscire a mascherare lo stupore. - Un altro Combattente qui? Ad Harrel?

Jack Cox fece spallucce e sbrigativo rispose:- Proprio così, si è unito alle nostre truppe poche settimane prima di te; un guerriero niente male, se ti interessa. Ma ora dovremmo tornare al nostro duello, non credi?

- Giusto - Dubhne avrebbe avuto tempo in seguito per approfondire l'argomento. L'idea che un ex membro della squadra di Peterson Cambrel si aggirasse per il campo non era particolarmente piacevole, ma mai e poi mai la ragazza avrebbe osato lamentarsene: era lei ad aver vinto i Giochi. E lei non aveva paura, o timore, o soggezione di nessuno.

Jack aveva estratto la sua affusolata spada dal fodero. - Sia chiaro che non ho intenzione di ucciderti, Ragazza del Sangue - le strizzò l'occhio. - Ma non per questo ci andrò piano con te...

Trattenendo a stento una risata - Jackson aveva detto circa le stesse parole prima di combattere contro di lei - Dubhne non rispose e piegò un poco le ginocchia, mettendosi in posizione di difesa. Un capannello di curiosi, fra soldati di fanteria, scudieri e qualche guaritrice, si era radunato attorno loro. Un brivido a lei noto scese lungo la schiena di Dubhne, bene accolto, e i due si prepararono a combattere.

Signore e signori... la voce di Rodrick il commentatore risuonò immaginaria nella sua mente, come se non fosse passato nemmeno un giorno dalla finale a Città dei Re. - La squadra di Malcom Shist è orgogliosa di presentarvi... Dubhne, la RAGAZZA DEL SANGUE!

- Pronta? - fece Jack, battendosi la lama sotto la suola degli stivali, e Dubhne annuì decisa: era pronta a mostrargli di che pasta era fatta.

Fece roteare ancora l'elsa della sciabola con scioltezza. - Quando vuoi, Jack.

- E allora... duelliamo.

Jack si fece avanti con decisione e caricò il primo colpo, ma non diede segni di stupore quando la sua lama argentata si scontrò a mezz'aria con quella della ragazza. Quanto a lei, sorrise: il primo colpo era passato e, sì, decisamente ricordava come si combattesse. Si sarebbe divertita, ne era certa.

Per alcuni lunghi istanti, i due contendenti rimasero a squadrarsi, muovendosi leggermente in circolo. Dubhne studiava ogni movimento dell'avversario, alla ricerca di punti di riferimento.
Dopo aver attuato una finta che lei riconobbe appena in tempo come tale, Jack tentò di stuzzicarla con una serie di fendenti alle gambe. La ex combattente li deviò tutti con non poca difficoltà. Decise che era tempo di reagire.
Fulminea, fece scattare il polso verso l'esterno, premendo con forza la lama contro quella di Jack e tentando di fargliela volare via di mano. Ma non si stupì nel vedere il suo intento fallire miseramente: la presa dell'uomo era ferrea, senza ombra di tremore. Dubhne si morse il labbro. Ovvio.

- Dai, Dubhne... mettici un po' di brio... - ridacchiò Jack scostandosi un poco, ma lei aveva la risposta pronta.

- Ho imparato a sopportare i commenti degli avversari tempo fa, non credere di mettermi in crisi così.

- Molto bene. Allora smetti di parlare e dimostrami qualcosa.

Dubhne tornò all'attacco. Era quello che doveva fare. Era il modo che le aveva permesso di vincere i Giochi, aveva bisogno di quella ferocia, di quella spregiudicatezza...
Jack parve per la prima volta sorpreso e Dubhne ebbe il tempo di comprendere che, nello schivare e parare i suoi colpi, stava mettendo molto più impegno di prima. Il suo volto era concentrato, ora.
Dubhne, da parte sua, aveva ritrovato la fermezza nelle braccia e la velocità di gambe necessaria. Sapeva che, in ogni caso, Jack non avrebbe mirato a uccidere né a ferirla seriamente, ma vincere quello scontro era per lei una necessità, un bisogno.
Una parata, poi un'altra. Dubhne riuscì a schivare un fendente che le era passato vicinissimo all'orecchio sinistro. Tentò un affondo, ma Jack si scansò prontamente e, afferrandola per le spalle, la scaraventò a terra. Dubhne sbatté uno zigomo sul terreno reso rigido dal freddo, ma accolse con piacere la fitta di dolore che l'urto le provocò. Ora sarebbe stato tutto più semplice.

- Vuoi una mano a rialzarti, Ragazza del Sangue? - Jack le si era accostato. Qualcuno rise.

Imperturbabile, Dubhne si rimise in piedi, di nuovo in posizione di difesa. Jack, davanti a lei, sembrava deciso ad indurla ad attaccare. Beh, lei lo avrebbe accontentato, ma forse non nel modo in cui voleva.
Ricordava ogni singolo aneddoto che aveva appreso da Malcom Shist sulle finte e le provocazioni. Si mosse in avanti, di fianco, sfiorò la lama di Jack con la propria. Quando alla fine il ferro tornò ad incrociarsi, Dubhne era pronta: mosse la scimitarra nella direzione opposta, scansò la spada dell'avversario e si protese in avanti; vide la sua scimitarra scattare, pronta a raggiungere il bersaglio...
La lama di Jack deviò la sua all'ultimo secondo.
Dubhne non se l'era aspettato. Per un attimo, alzando lo sguardo, incrociò quello di Jack. Sorpresa? parevano sogghignare i suoi occhi azzurri.
La ragazza spiccò istintivamente un balzo all'indietro, allontanandosi. Un paio di persone si ritrasse per lasciarle spazio, ma lei non se ne curò. Non vedeva, non sentiva. La sua concentrazione era focalizzata solo sullo scontro.
Basta con questa commedia. Combatti. Avanti, combatti!
Jack sembrava non stancarsi mai, mentre Dubhne avvertiva un insolito calore diffondersi nelle sue membra, un senso di pesantezza che non si sarebbe aspettata di provare in uno scontro così breve.
Riuscì ad eludere per un istante la guardia di Jack ma, non volendo infierire veramente su di lui, si limitò a colpirlo con il piatto della lama su un braccio. Lui ricambiò il favore sferrandole un calcio nello sterno, che, cogliendola di sorpresa, le mozzò il respiro. Barcollò un istante, e Jack ne approfittò per tornare ad attaccare. Dubhne tentò di difendersi come poté, parando fendenti, deviando affondi, balzando da una parte all'altra tentando di confonderlo. Per diversi minuti non riuscì a contrattaccare, limitandosi a quel ruolo passivo che poco le si addiceva.
Fu un attimo. Jack anticipò un colpo con un mezzo passo in avanti. Dubhne lo intercettò all'altezza della coscia. Ne parò altri due con facilità, poi lo vide nuovamente, come al rallentatore. Fece il collegamento in un secondo, e in quel momento seppe quello che sarebbe successo. La spada di Jack disegnò un semicerchio dal basso, muovendosi nella stessa identica direzione di prima.
Fredda, pronta, consapevole, Dubhne spiccò il salto che poteva significare la vittoria, e sperando che fosse abbastanza alto, evitò il colpo. Ancora prima di atterrare, si sbilanciò in avanti. Atterrò praticamente sui piedi di Jack e, colpendolo in volto con la mano sinistra e reggendo la scimitarra con la destra, si sentì crollare a terra insieme a lui. Ma questa volta era lei ad essere nella posizione di vantaggio, la spada era volata via dalle mani di Jack...
Ma proprio mentre pregustava il momento in cui gli avrebbe puntato la lama alla gola, esercitando abbastanza pressione da farlo sudare freddo, accadde qualcosa che mai si sarebbe immaginata. Jack le strappò la scimitarra di mano poco prima di toccare il suolo e, troppo velocemente perché la ragazza, disarmata, potesse reagire, capovolse la situazione e la premette a terra. Fu lui a puntarle l'arma alla gola.

- Fine del gioco - sorrise l'uomo ansimando, la soddisfazione ben visibile nei suoi occhi.







NOTE:

Lo so, il combattimento fa abbastanza schifo, ma diciamo che devo riprendere un po' la mano xD Era da secoli che volevo postare questa parte, sono contenta almeno di esserci riuscita senza ritardi disastrosi. Spero che vi sia piaciuta.
A presto, spero!
  
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