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Autore: ChrisAndreini    05/03/2016    1 recensioni
"Questa non è una storia d'amore, non è una storia di avventura, non è una storia di fantasia e felicità.
Questa è una storia d’attesa, una storia di rimpianto, una storia di errori e di cambiamenti."
Riley Collins è una ragazza particolare, con un passato particolare, interessi particolari, occhiali particolari e senza ombra di dubbio, una storia e una consapevolezza particolari.
Infatti lei, a differenza di tutti gli altri, sa esattamente cosa la circonda, e riesce a vedere la realtà nel modo più vero possibile.
Dal Cap. 1:
"Salve a tutti, il mio nome è Riley Collins.
…Si, mi sto rivolgendo proprio a voi che leggete la mia storia, e non lo sto facendo perché la sto scrivendo io, ma perché l’autrice sta scrivendo di me proprio in questo momento.
Come faccio a sapere di essere il personaggio di una storia?
Facile, io sono l’esperta massima di storie."
6° classificata al contest “AAA Genio Cercasi!”
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Attraverso le lenti della realtà

Capitolo 5: Tasto di reset

 

 

-Non si sveglia, non si sveglia. Non dovremmo portarla all’ospedale?- quando smisi di rivivere tutto quello che avevo passato, finalmente mi svegliai, ma rimasi ad occhi chiusi.

Prima di fare qualsiasi cosa dovevo analizzare la situazione.

Allora, ero in un posto morbido, e qualcuno era vicino a me.

-No, non dobbiamo fare niente, presto si sveglierà- 

Joseph? Cavolo! Non avevo molto tempo, dovevo assolutamente resettare, e probabilmente quella che aveva parlato prima era Jasmine… ma Julie?

-Ah, già, il tuo sensore mentale super infallibile. Secondo me è difettoso. Quella tipa non sta apposto con la testa- ed ecco qua Julie.

Sarebbe stato difficile battere tutti e tre, a me serviva solo Joseph. Come protagonista principale della storia era lui che conteneva il tasto di reset, ma aveva una guardia del corpo dalla potenza non indifferente.

-Non dire così, tu non la conosci, ce l’hai con lei solo perché ti tiene testa- ribatté Joseph.

Aw, che tenero! 

No, dovevo restare concentrata, e non lasciarmi prendere da sentimentalismi. Tanto se non premevo quel dannato tasto di reset mi avrebbe ucciso molto presto.

Che odio le scrittrici che amano i feels!

Julie insistette.

-Non mi convince, non mi convince affatto. E poi quegli occhiali…- gli occhiali?! Non poteva averli messi… no, non poteva, perché se li avesse indossati il mondo sarebbe già finito da un pezzo.

Aprii gli occhi quel tanto che bastava per constatare che ero a casa dei Jones, sul divano, e che Julie e Joseph litigavano poco distante, mentre Jasmine rivolta verso di me, faceva passare lo sguardo da uno all’altro come in una partita di tennis, senza sapere bene come reagire o da che parte stare.

-Ti ho detto che non hanno niente che non va, o meglio, hanno qualcosa che non va, ma non ci riguarda. STAR mi ha suggerito di stare alla larga da quegli occhiali, o succederanno cose terribili- obiettò Joseph, incrociando le braccia.

Sbirciai il tavolino ai miei piedi, e fui sollevata di trovarci gli occhiali, ora dovevo solo prenderli e sarebbe stato tutto più facile.

-Se è davvero così… PERCHE’ DIAVOLO CE LI HA LEI?! L’ABBIAMO TROVATA VICINO A UN CADAVERE!! CON UN COLTELLO INSANGUINATO IN MANO!!!- asserì Julie, con vigore. Jasmine sobbalzò, Joseph non sapeva che ribattere.

Era tutto rosso, e confuso, e sapevo che stava valutando l’idea di non fidarsi più di me.

Quante volte ci ero già passata! Ormai non mi sorprendevo più.

-Era lo stesso uomo che mi aveva aggredita il primo giorno qui- si intromise Jasmine, in un sussurro.

Iniziai a scivolare in direzione del tavolino, per recuperare gli occhiali, e riuscii con molta discrezione a prenderli con i piedi, e a spingerli verso di me, nel divano, approfittando della distrazione dei tre fratelli.

-E a quanto mi ricordo, Julie, anche tu eri dell’opinione che fosse una buona idea mandarlo al creatore- ribadì Joseph, contro la sorella.

Io feci scivolare lentamente gli occhiali verso la mia mano, sperando che nessuno mi notasse.

Ero brava a passare inosservata.

-Ehm, ragazzi…- Jasmine cercò di attirare la loro attenzione, ma io non pensai che potesse avermi vista, e se anche così fosse stato, ero quasi riuscita nel mio obiettivo.

-Però quando io propongo di ammazzare un probabile molestatore tutti contro di me, quando la tua ragazza lo ammazza davvero ha fatto la cosa giusta- la discussione intanto continuava. 

-Ehm, ragazzi…- ripeté Jasmine.

-Non ho mai detto che abbia fatto la cosa giusta, ma ha delle attenuanti al suo caso, sono convinto che la polizia…- continuò Joseph, e io sobbalzai leggermente, e per poco gli occhiali non mi caddero dalle mani.

Davvero era stato così stupido da chiamare la polizia?!

-Davvero sei stato così stupido da chiamare la polizia?!- Julie diede voce ai miei pensieri, e credo fu la prima ed ultima volta che mi ritrovai d’accordo con lei.

-No, ma dovremmo chiamarla, non possiamo fare finta di niente- rispose Joseph, parecchio irritato per essere stato chiamato stupido.

-RAGAZZI!- Jasmine attirò l’attenzione di tutti, che si girarono a guardarla. Io mi misi gli occhiali, e li attivai, proprio mentre Jasmine mi indicava agli altri.

-Riley! Ti sei svegliata!- Joseph mi si avvicinò, e trattenni un’imprecazione per essere stata scoperta.

Ero in una contro tre, e loro erano molto potenti.

Decisi di giocare la carta della ragazza confusa.

-Cosa è successo?- chiesi, mettendomi a sedere, e cercando di apparire con la mente annebbiata.

-Questa sarebbe la domanda che noi dovremmo fare a te!- sottolineò Julie, guardandomi storto.

Avrei avuto molte cose da dirle, e non molto carine a dire il vero, ma dovevo fare in modo che i ragazzi si coalizzassero tra loro, per rendere più facile il mio compito.

Julie era testarda, e mi odiava, quindi dovevo solo attirare su di me la comprensione dei fratelli per isolarla.

Per fortuna io so benissimo quando è necessario che l’orgoglio vada a farsi friggere, perché se fossi stata più come Joseph le avrei risposto senza esitazioni.

Invece mi presi la testa tra le mani, e finsi di cercare di trattenere le lacrime.

-Io… io non ricordo bene… C’erano quei due…- primo grandissimo errore, ma me ne accorsi troppo tardi.

-Due? C’era un complice?- mi chiese subito Joseph, preoccupato.

Notai che era piuttosto a disagio, ed evitata di guardarmi negli occhi.

Dato che avevo vissuto secoli di vita in poco tempo ci misi un po’ a pensare che il bacio da cui ero scappata era accaduto solo qualche ora prima.

-Ehm…- cercando una scusa al volo finsi di pensarci e di essere confusa da tutto quello che era accaduto.

Il problema è che avevo completamente cancellato il tipo dall’esistenza, quindi in teoria non esisteva e non potevo averlo incontrato.

Non avevo voglia di inventare scuse, e seppellii il volto tra le mani, fingendo una confusione che non avevo.

-Non lo so… è successo tutto così in fretta. Sono tornata a casa e c’era questo uomo… ed io mi sono solo difesa. Voleva portarmi via- finsi di singhiozzare tra le dita, ma in realtà il mio volto era asciutto, e sarebbe rimasto tale.

Non valeva proprio la pena versare lacrime per quella situazione.

Jasmine mi si avvicinò e mi abbracciò, solidale. Da quanto avevo capito era successa la stessa cosa anche a lei.

Cercai di non ritirarmi dall’abbraccio.

Julie però continuava a guardarmi storto, e sentivo che non si sarebbe mai bevuta la mia sceneggiata.

Joseph sembrava alquanto a disagio, e credo fu davvero strano per lui ritrovarsi in una situazione così confusa e senza sapere bene da che parte stare.

Senza contare che STAR stava inviando messaggi a tutto spiano, talmente in fretta che probabilmente neanche Joseph riusciva a coglierli, anche se sospettavo che sentisse, in quei momenti di confusione, la voce di STAR in testa.

-Perché?- chiese Julie, indagatrice.

-Non lo so. Perché mai dovrei saperlo. Ho preso un coltello che era lì vicino e l’ho gettato contro di lui, non volevo colpirlo, solo spaventarlo- obiettai, leggermente seccata, ma cercando di mantenere un tono distrutto.

-Immagino, deve essere stato duro per te- Julie mi batté incoraggiante sulla spalla, ma il suo tono non aveva traccia di comprensione.

-E’ davvero incredibile che una sempliciotta come te sia riuscita a beccare per errore assoluto le arterie principali nel corpo di quell’uomo. E’ assurdo che in sette coltellate tu abbia beccato proprio i punti giusti- mi provocò infatti, subito dopo.

Io aprii un varco tra le dita per guardare il suo sguardo di sfida.

-Io… una coincidenza… forse non è la stessa persona che…- non sapevo bene cosa ribattere, mi chiesi come avevo fatto ad essere così stupida.

Purtroppo per me sono troppo abile, ho ucciso troppe persone e la mia mano è diventata troppo allenata. Se solo avessi potuto dimostrare la mia bravura anche su di lei. Peccato che dovevo avvicinarmi a Joseph, e lui avrebbe opposto una leggera resistenza se gli avessi ammazzato la sorella.

-Sei abituata ad uccidere, vero? O sei solo troppo intelligente e sapevi perfettamente i punti dove colpire per uccidere un omone in fretta. Un omone che per giunta sicuramente si dimenava- mi aveva sgamata in pieno. Non sapevo cosa ribattere, e rimasi in silenzio, mentre Jasmine si allontanava da me, guardandomi senza sapere bene cosa pensare.

-Julie…- Joseph era l’unico che sembrava ancora convinto di me, ma anche la sua sicurezza sembrava vacillare, e face passare lo sguardo da me alla sorella.

Julie si avvicinò, con un sorrisino furbetto.

-Forse c’entra qualcosa con questi occhiali?- me li sfilò così velocemente che non feci in tempo ad intercettarli che già lei era dall’altra parte della stanza.

-Oh, guarda, neanche una lacrima. Sono resistenti all’acqua a tal punto, Riley?- mi chiese sarcastica, mentre anche Joseph iniziava a perdere del tutto la fiducia.

Ormai ero scoperta, senza veli, la mia anima era nuda di fronte ai protagonisti che avrei voluto a tutti i costi evitare di incontrare.

E in quella situazione così spinosa, che probabilmente era la fine del libro, e la scena che tutti, da qualche parte del mondo, avrebbero letto con il fiato sospeso, io non riuscii a fare altro che a ridere.

Risi come una pazza, facendo indietreggiare tutti, poi mi girai verso di Julie con un sorriso malvagio, e alzai le spalle.

-Beccata! Ti facevo molto più stupida, Julie Jones. Ora, ti prego, ridammi quegli occhiali, o mi costringerai a prenderli con la forza dalle fredde dita del tuo cadavere- persi del tutto i miei modi affabili, e mi ritrovai faccia a faccia con il trio, seduta comodamente sul loro divano e pronta all’azione.

Joseph aveva perso colore, e tutti gli oggetti nella stanza iniziarono a tremare, come pronti a gettarsi tutti contro di me.

Jasmine mi guardava spaventata, e Julie si mise davanti a i fratelli, rigirandosi gli occhiali tra le dita.

-Vorrei proprio vederti provarci- mi provocò.

Io rimasi tranquilla, dovevo evitare scontri con Julie, dato che l’unico mio obiettivo era Joseph.

Però, in quella situazione…

Mi venne un’idea.

-Già, sarebbe proprio un bello spettacolo, io che mi getto su di voi, tu che mi spezzi un braccio mentre cerco di prendere gli occhiali. Joseph che mi getta contro tutti gli oggetti della stanza e Jasmine che… non credo che Jasmine sia utile al chiuso, ma non importa, tanto già in due contro una mi dareste del filo da torcere, ed io sono pure disarmata, e senza occhiali- commentai facendo scorrere lo sguardo tra i ragazzi, sorridendo.

-Non ti servono gli occhiali- obiettò Joseph, in un sussurro, ricordando una delle nostre prime conversazioni.

Io lo guardai dritto negli occhi, e lui indietreggiò leggermente. Eh, già, gli occhi sono proprio lo specchio dell’anima.

-Forse non nel senso più comune, ma ne ho bisogno per altri motivi. E poi c’è un valore affettivo, ci lavorai insieme a Leonardo- non avevo più bisogno di nascondermi, quindi ormai potevo mettere in gioco tutte le carte in tavola, e se tutto andava come previsto avrei messo fuori gioco Julie senza neanche alzarmi dal divano.

Lei iniziò a sussurrare confusa un cognome, ma io la interruppi subito.

-Non osare dire Di Caprio, è Da Vinci. Il mio caro compagno di studi Leonardo Da Vinci- la corressi, e lei mi guardò scettica.

-Non sarò un’esperta di storia, ma non è vissuto nel 1600?- mi chiese, come se fossi pazza.

-Si vede che non sei un’esperta di storia, è vissuto tra il 1400 e il 1500, se vogliamo essere più precisi dal 1452 al 1519- la corressi, con un largo sorriso.

Lei mi guardò storto, e guardò Joseph, che mi osservava con un sopracciglio inarcato. Poi si rivolse nuovamente a me.

-Appunto? Non puoi averlo conosciuto- insistette.

-Andiamo, Julie, tu hai sensi e abilità triplicate, Joseph solleva oggetti dal nulla e possiede un sensore mentale onnisciente, Jasmine amplifica o blocca eventi atmosferici e trovi strano che io sia immortale- Julie spalancò gli occhi, tenendo gli occhiali con tale forza che per poco non si ruppero.

-Però non temere, posso essere uccisa, solo che, fidati, è molto difficile- le feci l’occhiolino, interpretando male la sua sorpresa.

-Comunque, gradirei che mi dessi gli occhiali e che mi lasciassi tornare a casa- continuai poi, sollevando una mano, ma senza alzarmi.

-Ma neanche per sogno! Non mi sorprenderei se scoprissi che tu sei la mente dietro Hitler… o la terrorista che ha distrutto le torri gemelle!- esclamò Julie, riprendendosi dalla sorpresa e stringendo forte gli occhiali.

Stavo raggiungendo piano piano il mio obbiettivo, e così continuai a parlare.

-Stai scherzando?! Hitler era un’idiota. Quella strage epocale, per cosa poi? Certo, il risultato è stato grandioso, con il giorno della memoria eccetera. Probabilmente non si dimenticherà tanto presto, è vero. Ma lui voleva davvero vincere. E poi non c’era una vera organizzazione. Certo, avrei potuto aiutarlo, ma ero più incuriosita dai campi di concentramento, così mi sono finta ebrea e mi sono fatta catturare. Alla fine è stato fastidioso, ma ho imparato molte cose sulla sofferenza degli altri. E per quanto riguarda le torri gemelle, lavoro scialbo quello dei terroristi, privo di qualsivoglia utilità. Vuoi sapere cosa farei io se avessi la possibilità e la voglia di distruggere il mondo? Dammi quegli occhiali, lasciami andare, e tra qualche anno, se sarai ancora viva, lo scoprirai- e ridacchiai, e la guardai con sguardo malvagio.

Julie fece esattamente quello che speravo.

Mentre Jasmine mi guardava a bocca aperta e Joseph spostava il suo sguardo stralunato verso Julie, battendo le dita in un codice che neanche io riuscivo a capire, la ragazza mi guardò con un sorrisetto orgoglioso, certa di avere il coltello dalla parte del manico.

-Beh, credo che nessuno avrà mai questo onore- affermò, convinta, e portò gli occhiali all’altezza del viso, spezzandoli di netto.

-Julie! NO!- Joseph si gettò contro la sorella per fermarla, ma era troppo tardi.

Dagli occhiali spezzati uscì un fumo verde che colpì Julie in pieno.

Un gas velenoso di mia invenzione, che avrebbe fermato il suo cuore in pochissimi minuti, che variavano a seconda della quantità e indebolivano gradualmente lo sfortunato che era stato colpito.

Julie si accasciò a terra, tossendo rumorosamente, mentre Joseph la prendeva tra le braccia, per aiutarla.

Gli occhiali, ormai rotti, erano caduti poco più avanti, verso di me, ed io mi alzai e li raccolsi in fretta

-Ho sempre odiato i monologhi da cattiva, per fortuna questo aveva senso- commentai, per poi dirigermi verso la cucina, non prima di aver lanciato a Joseph uno sguardo eloquente.

A quel punto mi guardò con espressione così furente che credo me la ricorderò per tutta la vita.

-Jasmine, tu aiuta Julie, io vado a sistemare questo… mostro- sentii uno squarcio aprirsi nel petto a sentire quella parola, ma me la meritavo tutta, e cercando di sorridere scomparvi attraverso l’arco che portava in cucina, aggiustai gli occhiali con qualche parola, indossandoli nuovamente, e presi un coltello molto grande e affilato da un cassetto, che ne conteneva altri cinque, che velocemente si animarono di vita propria e mi andarono contro, puntandosi dritti alla mia gola.

La seconda porta delle cucina si chiuse di scatto, bloccandomi ogni via di fuga, ed io guardai Joseph, che, con le spalle all’arco, mi guardava senza emozioni, e con la mano sinistra sollevata, come se controllasse i coltelli con essa.

-Perché?- mi chiese, scuotendo la testa, incredulo.

Il gioco era ricominciato.

-Perché no?- risposi io, sorridendo, lui strinse i denti e uno dei coltelli si slanciò verso la mia trachea, ma io lo deviai senza troppe difficoltà.

Gli altri cinque coltelli seguirono le orme del precedente, e io cercai di difendermi al meglio contro tutti quei fendenti.

-Cinque contro una, non ti sembra scorretto, Joseph?- chiesi io, iniziando a sudare, ma senza perdere il sorriso.

-No- mi rispose secco lui, con più foga.

Io attivai con la mano libera gli occhiali, che per fortuna si erano aggiustati bene, e cercai di scrivere parole sui coltelli per renderli inoffensivi, impresa non da poco.

C’è da dire che anche Joseph era parecchio occupato, quindi non si accorse di niente, per mia fortuna.

[Almeno finché uno dei coltelli da me modificati beccò un punto sulla mia spalla che io non ero riuscita a coprire, piegandosi come fosse fatto di gomma.

A qual punto tutti i coltelli caddero a terra, mentre Joseph si prendeva la testa tra le mani, così seccato che tutte le altre stoviglie iniziarono a tremare, fossero in ebollizione.]

Iniziammo a girare intorno, e senza neanche accorgersene io mi ritrovai alle spalle dell’arco.

-E’ troppo tardi, Joseph. Tre, due, uno…- nel momento stesso in cui indicai dietro di me, un urlo si sentì dal salotto.

-Joseph!! Joseph! Non respira più! Non sento il battito- la voce soffocata dalle lacrime e dai singhiozzi di Jasmine fece impallidire Joseph, che mi guardò con espressione talmente ferita, che non ce la feci a trattenere il sorriso.

Poi Joseph mi lanciò contro tutti i coltelli, alcuni dei quali non ero ancora riuscita a modificare.

Io riuscii a spostarmi, ma loro colpirono una persona che in quel momento mi stava raggiungendo per aiutare il fratello.

-JASMINE!- urlò lui, mentre la ragazzina si accasciava a terra, prendendosi il petto, dove due coltelli erano conficcati.

Gli altri tre erano rimbalzati dato che li avevo trasformati in gomma e giacevano al suolo, inutili.

Lui mi superò per accertarsi delle condizioni della sorella, ma era troppo tardi.

Mi sembrò di rivedere nuovamente la me dodicenne china sul corpo senza vita di Sam, e rimasi totalmente senza parole, non avevo idea di cosa dire, di cosa fare.

-Cosa ti ho fatto di male?- mi chiese lui, piano, dopo aver posato delicatamente la sorella al suolo ed essersi rialzato, pronto a vendicarsi, e ritornando in cucina.

Io abbassai lo sguardo. Non sapevo come rispondere, a dire il vero.

Il pulsante di reset era proprio sul suo cuore. Avrei dovuto gettarmi contro di lui, porre fine a tutto, ma esitai.

Meritava una risposta, e non una risposta raggirata, una vera risposta.

-Tu sei il protagonista- gli rivelai, alzando le spalle, e avvicinandomi a lui, che iniziò ad indietreggiare.

-Ma di che stai parlando, Riley? La vita non è un libro- obiettò lui, sbattendo la schiena contro il muro.

-No, non lo è, ma la tua si- avrei voluto dirgli altro, ma una parola sospetta che si stava dirigendo verso i suoi polmoni mi fermò.

Pochi secondi dopo, Joseph tossì copiosamente.

-Joseph!- ero talmente sorpresa che non ragionai, e lasciai andare il coltello per non farlo cadere a terra.

Mi serviva vivo. 

Lui cercò di dimenarsi, continuando a tossire.

Quando si era gettato verso Julie per fermarla aveva inalato un po’ del veleno, e se non mi sbrigavano sarebbe morto dopo un minuto.

Mi serviva un coltello per premere il pulsante, quindi, dopo aver adagiato con cura il ragazzo sul pavimento, mi sporsi e ne presi uno di gomma che era caduto poco lontano, che modificai facendolo tornare come prima.

Ero pronta a mettere fine alle sue sofferenze, e soprattutto alle mie.

-Lasciami andare!- provò a dimenarsi Joseph, ma io gli misi una mano sulla bocca, per farlo tacere.

-Più ti dimeni più si espande in fretta. Tranquillo, finirà tutto presto- lo rassicurai, ma, prima che potessi continuare con il mio piano iniziale, sentii un dolore lancinante alla base della schiena.

Joseph mi aveva colpito con il coltello che avevo stupidamente lasciato cadere, e la lama era entrata a fondo.

Avevo provato molti dolori nella mia vita, quindi non sbattei ciglio, e gli diedi la stessa attenzione che a una puntura d’insetti.

-Ahi- commentai senza espressione -Non è molto carino da parte tua- 

Valutai velocemente i danni, il punto che aveva colpito non era poi così grave, se estraevo il coltello sarei morta dissanguata in fretta, ma così mi rimaneva più tempo.

Il tempo sufficiente, e di certo più tempo che a Joseph.

Misi il mio coltello sul suo petto, e lui mi prese la mano, cercando di spostarmela, e disarmandomi

-Non rendere le cose più complicate- gli chiesi, estraendo allora il coltello dalla mia schiena, decisa a concludere il tutto, ma lui mi tirò una gomitata, e mi disarmò dei miei occhiali.

Poco male, avevo memorizzato il punto, e gli feci pressione con il coltello, aprendogli una piccola ferita, mentre lui cercava di ritirarsi.

Il dolore alla schiena, d’altronde, stava anche diventando forte, ed ero sicura di stare perdendo molto sangue.

Però feci l’errore di guardarlo negli occhi, e vidi una cosa che mi sorprese parecchio, e che mi fermò, ancora.

Infatti i suoi occhi, pieni di dolore, vivi ancora per poco, erano asciutti.

Aveva visto una delle sue sorelle morire avvelenata, l’altra era stata accoltellata per errore da lui stesso, stava per morire ucciso da una ragazza che probabilmente gli era pure piaciuta, che era la causa di tutto e che lui aveva fatto entrare nelle loro vite… eppure non uscivano lacrime dai suoi occhi.

E in quel momento, io mi vidi in lui.

Gli tolsi gli occhiali, per osservare meglio la sua anima, lui non aveva più la forza per opporsi.

Eravamo due facce della stessa medaglia, e i nostri occhi lo dimostravano.

Se io ero il nero, il male, la cattiva, lui era il grigio chiaro, il bene, il protagonista, destinati a combatterci, eppure eravamo così simili.

Per sconfiggere qualcuno si deve prima imparare a conoscerlo, e forse la nostra lotta di sguardi, di pensieri e di fatti era stata così pari perché eravamo uguali, in un certo modo. 

Chissà quali eventi della sua breve vita gli avevano insegnato a non piangere, neanche nella situazione più disperata.

Sospirai, sapevo che gli mancava qualche secondo di vita, ed io dovevo sbrigarmi, ma comunque mi avvicinai, e gli diedi un lieve bacio a fior di labbra, che lui non poteva evitare.

Poi mi spostai al suo orecchio, e gli sussurrai:

-Avrei tanto voluto avere la possibilità di amarti- prima di premere, finalmente, il tasto di reset, infilandogli con violenza il coltello dritto nel cuore.

Lui non aveva più la forza neanche di urlare.

Per qualche secondo credetti che fosse troppo tardi, poi il dolore alla schiena si fece piano piano più debole, e la stanza più sfocata, finché non mi ritrovai a volteggiare in mezzo a centinaia di parole, che mi vorticavano intorno così in fretta che mi sembrò di essere spinta da un vento incessante come nel quinto canto della Divina Commedia.

La lussuria, peccato azzeccato, in un certo modo, anche se mi sarei vista di più come traditrice, o violenta. L’inferno mi reclamava in più gironi.

Poi, quando iniziai a temere di impazzire, le parole scomparvero in un botto, ed io mi ritrovai in classe, con la matita in mano, e il mio blocco di disegni nell’altra.

Neanche il tempo di riprendermi, che entrò il preside, seguito da un ragazzo composto e dall’espressione incredibilmente seria.

Ma non era Joseph.

O meglio, era senz’altro lui, ma la sua espressione, il suo tic, i suoi modi, non erano quelli che conoscevo.

Il codice era sempre Morse, ma i messaggi erano diversi, e il tasto di reset imponeva una situazione iniziale identica a quella precedente.

Mi chiesi se ricordasse i suoi ultimi momenti, anche se non avrebbe dovuto.

-Ragazzi, voglio presentarvi un nuovo alunno…- subito iniziai a decifrare il codice, sperando di non trovare messaggi problematici.

“Bah, che classe orribile, niente a che vedere con l’Inghilterra, e guarda che sguardi fessi e idioti. Gente di cui di certo non ci si può fidare. Bah, spero che mia zia venga ritrovata presto, non ci sopravvivo qui per più di due settimane”

Attivai gli occhiali senza badare molto alle apparenze, e vidi che parte della sua essenza era cambiata, anche se non ricordava nulla.

I nostri sguardi si incrociarono per un secondo, ma erano entrambi coperti dai nostri occhiali, e nessuno riuscì a vedere niente.

Una cosa sola era certa: questa volta non sarei stata l’unica ad evitarlo, poiché lui sarebbe stato il primo a stare lontano da me.

Perché io conoscevo i ragazzi come Joseph, dato che sono i ragazzi come me, e loro non perdonano, diffidano della gente, e la loro intelligenza li farà sempre vincere.

 

Ora, riflettendoci a mente fredda, inizio davvero a capire cosa mi avvicinasse così tanto a Joseph da rivelare a lui tutto ciò che mi rendeva una ragazza speciale.

Per la prima volta in tutta la mia vita, avevo conosciuto qualcuno speciale quanto me.

Come dissi all’inizio della storia, tutti gli uomini hanno le stesse abilità, e lui, lui no.

Lui era diverso da tutti, e forse fu questo mettermi sulla sua stessa lunghezza d’onda.

Lui era tutto ciò che io avevo sempre cercato.

Ma purtroppo, era un protagonista, ed io ero la cattiva.

Due mondi che non dovevano incontrarsi…

…E che non si incontrarono più.

   
 
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