Capitolo 2.
Oh, the quiet silences defines our misery
The riot
inside keeps trying to visit me
No matter
how we try, it's too much history
Too many
bad notes playing in our symphony
30 Seconds To
Mars - Hurricane
Dean
La mattina non è mai stata una bella parte della giornata . Non almeno dopo la morte di Mary. C’è stato sempre un prima e un dopo. Sammy è stato più fortunato a non aver mai saputo la premura di una mano materna che mette i biscotti sul tavolo e accarezza i propri figli. Non che si possa chiamare fortuna ma aver saputo il prima sarebbe stato fottutamente doloroso. I ricordi di Dean sono da sempre intrusi da quel velo di tristezza, inspiegabile, che si nascondeva in fondo agli occhi, agli angoli del sorriso, dietro le ciocche dei capelli ribelli. La sua paura più grande era dimenticare: il tempo era insofferente e senza pietà. Quando lui era più piccolo ricordare gli sembrava naturale. Come sua madre, Dean era un vedente; la sua memoria era in possesso di un’immagine nitida dei capelli biondi di sua madre, delle guance rosse di Sam, del colore del fuoco nel camino. E le risate mattutine… Anche loro erano di un colore rosa tenue, con dei barlumi di rosso, piene di calore familiare.
Da
quando Mary non c’era più la vista di Dean si
è oscurata, ogni colore perse la luce: ci furono solo le
ombre della chiarezza bambinesca. Guardando un albero, egli poteva
ricordare che le sue foglie sono verdi e il cielo è blu, ma
non lo vedeva davvero. Il sentimento della dualità delle
cose a volte lo faceva impazzire. John, per quanto volesse bene ai
propri figli, non poteva aiutarlo: il dolore l’aveva
spiazzato. Dal ragazzo allegro che è riuscito a conquistare
Mary non è rimasto nulla che un eco. Dean sapeva benissimo
che il padre cercava di evitarlo perché il figlio gli
ricordava troppo la moglie defunta; nelle vecchie foto uno era la copia
dell’altro. Sammy era diverso, era libero da ricordi ma
ciò non gli ha risparmiato l’atmosfera pesante che
si è impadronita della famiglia Winchester. Dean ora aveva
dodici anni, Sam otto. Essendo l’età minima per i
bambini per poter trasferirsi a studiare in città, Sam ne
approfittò. Per essere così piccolo la sua
determinazione quasi adulta spaventava Dean che lo avrebbe sempre visto
come un accumulo di copertine tra le braccia di mamma.
L’addio non sarebbe stato straziante siccome la barriera era
solo a mezzora di macchina e si sarebbero visti nei fine settimana ma
il fratello maggiore era spaventato da morire dalla possibile mancanza.
Da quando aveva memoria Sam è sempre stato in casa,
è stato Sam uno dei motivi per cui Dean ha deciso di
studiare a casa. Era la mattina della partenza e le valigie erano
pronte, messe fuori dalla porta in attesa. Per una volta anche Sam
sembrava spaventato di andare via. Lui e Dean si erano seduti insieme
sui loro letti, uno affianco all’altro. Era primavera e il
bosco fuori dalla linea protettiva del cortile risplendeva.
“Di
che colore è il bosco oggi, Dean?”
“É
verde, Sammy.”
“Com’è
il verde?”
“É
fresco… Inizio a dimenticarmelo. I miei occhi sono verdi. E
il prato è verde. Il cielo è invece blu. Mi
ricordo bene solo il blu.”
“Grazie,
Dean.”
Una
conversazione che avveniva quasi ogni giorno, all’ora del
tramonto e all’alba, quando nevicava e quando pioveva. Sam
era l’unico che osava chiedere al fratello come sono i
colori. Veniva considerata maleducazione. Soprattutto nei casi di
coloro che hanno perso
la vista. Non
che Dean avesse tanti amici che potrebbero turbarlo con questioni
simili. Nel bosco tutte le case erano distanti.
Solo
l’idea di Sam da solo, in città faceva
rabbrividire Dean. Come la maggior parte dei cacciatori egli non amava
la gente della città. Non si trattava della differenza di
classe o di ricchezza. Il posto dei Winchester era nei boschi da
sempre. I Winchester nascevano e morivano lì e le loro tombe
si coprivano di muschio verde per poi scomparire in mezzo agli alberi.
Nessun Winchester è mai vissuto in città e Sam
sarebbe stato probabilmente il primo a volerlo fare di propria
volontà. Se Dean non amasse così tanto il proprio
fratellino, lo avrebbe considerato un tradimento. John non lo avrebbe
mai dato a vedere ma qualcosa nei suoi occhi si è spento
ulteriormente dopo il litigio con il figlio minore durante il quale
quest’ultimo ha dichiarato il suo desiderio di unirsi alla
gente della città. É successo pochi mesi fa.
“Ci
vedono come degli animali, Sam! Come degli estranei, quando siamo fatti
della stessa stoffa, stesso sangue. Non capisco cosa ti spinga a
lasciarci” - sputò fuori il padre.
Dean
è stato in silenzio sul davanzale per tutto il tempo della
lite. Con Sam se ne sarebbe andato l’ultimo ricordo vero che
lui aveva della loro madre. Era risaputo che era il figlio maggiore a
somigliare maggiormente a Mary ma Dean sapeva captare delle scintille
del DNA materno negli angoli del sorriso di Sammy, nel modo di fare le
smorfie, al lato degli zigomi. Sarebbe come perdere qualcuno
un’altra volta, metaforicamente parlando. Crescendo in
città egli si sarà indottrinato; niente lo
spingerà a voler tornare alla vita nei boschi.
La
vita che non era poi così fuori dal comune.
L’esistenza dentro la città era una bella bugia;
la vita al di fuori della barriera era la verità.
È l’unico insegnamento che John Winchester ha
potuto offrire ai suoi figli e per Dean questa sentenza è
diventata una mantra, l’unica cosa che contava. Egli ha
studiato storia e sapeva il perché la società
è così. È stato in città e
ha visto i grattacieli. Ma i cittadini non sapevano dei rumori nella
notte, non sapevano com’è facile morire. Inoltre
il bosco non era così selvaggio. Anche loro avevano i
negozi, i bar, le strade. La casa dei Winchester era grande e aveva un
giardino esteso dove i fratelli spendevano la maggior parte del tempo.
Come tutte le case, per legge anch’essa era circondata da
quel odioso filo elettrico che serviva per
“proteggerli” dal bosco notturno. Dean lo odiava
come tutti gli altri. I cacciatori erano i resti di un mondo colorato
dove il destino apparteneva alle persone e non ad una funzione
scientifica dell’organismo e non al confine di una recinzione.
“Sammy,
i grattacieli sono una bugia e tu lo sai! “
I
fratelli erano ormai in macchina che volava lungo la costa verso
l’entrata dentro la barriera. Era una bella giornata e il
sole era in alto. L’acqua risplendeva di un grigio
più chiaro del solito: non mancava tanto
all’estate. Le labbra di John erano strette in una linea
sottile. Dean non ha mai somigliato al padre così tanto come
in questo momento: le braccia di entrambi erano incrociate in una
posizione di offesa.
“So
bene cosa ci ha insegnato papà, Dean! Ma io voglio viverli!
E non solo su Internet. Io ti voglio bene ma voglio conoscere gli altri
bambini come me…”
“Quindi
io non sono abbastanza intelligente per te.”
“Tu
sei mio fratello, è diverso” - Sam era ormai
esasperato. Era davvero più intelligente della media e la
vita nei boschi lo angosciava. L’internet non doveva
diventare l’unica fonte dell’amicizia che poteva
avere. Papà e Dean erano così diversi da lui;
credevano davvero nella causa “gente del bosco vs gente della
città” ma Sam lo trovava stupido. Tutta
l’aria da cospirazione non faceva per lui.
L’autopilota
con la voce gentile ha avvisato che al cancello mancano cinque minuti.
John finalmente ha deciso di proferire la parola: “Dean,
saluta il tuo fratello al cancello; ti lascio in città
così prendi le cose che ti servono per lo studio al negozio,
non voglio perdere tempo e stare qui un minuto di più. Nel
mentre io porto a sistemare Sam poi prendo te”. I ragazzi si
scambiarono uno sguardo di tregua: non si sarebbero visti per un altro
mese.
Quando
il momento di salutarsi è arrivato tutti e due hanno finta
di niente, solo Sam ha stretto il fratello maggiore con più
forza del solito e Dean si è staccato
dell’abbraccio prima del solito.
“Ciao,
stronzetto”.
Sam
come risposta sorrise e salì in macchina. La portiera si
è chiusa e Dean è rimasto da solo in mezzo al
marciapiede. Doveva comprare un nuovo e-reader ed era contento di non
dover venire fino alla scuola; gli ricordava quando quattro anni fa
anche lui avrebbe voluto venire a studiare qua. Non lo avrebbe mai
ammesso nemmeno a sé stesso, è diventato un
argomento tabù nella sua testa. Ma Sammy aveva solo quattro
anni allora e da solo con John, cupo com’era, sarebbe
cresciuto un bambino paranoico e lunatico.
Scollandosi
i pensieri grigi il ragazzo si è fatto assorbire dal
paesaggio urbano. Le vie erano ancora luminose come quando le vide per
la prima volta, gli alberi erano cresciuti ma non sarebbero mai
diventati alti come nel cuore della foresta: là gli alberi
erano centenari non come questi, curati ogni primavera. Per le strade
non si vedeva molta gente; i ragazzi erano ancora a scuola, anche se
per poco, e gli adulti probabilmente al lavoro. Dean
non conosceva molte le professioni della città.
C’era l’ingegnere meccanico, poi il supervisore
delle casse automatiche nei negozi. Sammy voleva studiare la legge
universale. Finito il college tra dieci anni sarebbe diventato un avvocato.
Chissà cosa facevano gli avvocati? Oltre la barriera queste
professioni non c’erano.
Senza
accorgersene Dean era finito su una stradina che portava verso le
spiagge, evidentemente si era perso. Doveva dirigersi verso il centro
invece ha preso la direzione opposta. Le vie erano tutte grigie e
simili; questa zona si differenziava solo per un forte odore di mare.
Era ancora presto così il ragazzo proseguì.
Girovagando le vie diventavano più strette e meno abitate.
Egli iniziò a pensare di tornare ma ancora una svolta e il
mare gli era davanti. Era una spiaggetta piccola con tanti alberi che
si davano le spintarelle per vincere il terreno fertile. Verso
l’acqua c’era una striscia di sabbia e si vedeva un
ragazzino sdraiato a fissare il cielo. Non volendo disturbarlo Dean si
è seduto sulla roccia più vicina inspirando
lentamente. La costa non era vicino a casa sua e John vi ci portava i
figli solo una volta ogni tanto. Lo sguardo del giovane
scivolò sempre più in là e la
notò subito: l’odiosa barriera era presente anche
qui. Era al confine del centro abitativo e il suo luccichio fastidioso
rovinava l’atmosfera naturale e silenziosa, qui era un
elemento fuori posto.
Il
ragazzo con i capelli scompigliati nel frattempo si era alzato
avvicinandosi alla barriera dal lato opposto. Sembrava che la volesse
toccare e a Dean mancò il respiro. Egli è corso
due metri alla volta per fermare il ragazzino per il braccio. Solo dopo
averlo fatto, il cacciatore si rese conto di aver toccato uno snob
della città. Si aspettava già gli insulti o uno
sguardo stranito, tipico delle sue visite da queste parti. Invece il
ragazzo lentamente si girò e rimase a fissarlo. Aveva gli
occhi grandi e i capelli all'aria. C’erano dei granelli
di sabbia attaccati al suo trenchcoat, troppo pesante per la stagione.
Dean ha dovuto sbattere gli occhi: per pochi secondi gli è
sembrato di vedere del blu
nel suo sguardo. Non
un blu finto, appartenente ai ricordi ma un blu fresco, pieno di
novità. La sensazione se n’è andata
così com’è venuta e la situazione si
fece ancora più imbarazzante siccome Dean continuava a
tenerlo per il braccio.
“È
così che mia madre è morta, per colpa della
barriera. Non toccarla mai.”
– le parole sono volate fuori senza pensare. Dean
lasciò andare lo sconosciuto, pentendosi delle proprie
azioni.
Quest’ultimo, ritirando la mano, è riuscito a dire:” Ma io sono sempre qui e non mi è mai successo niente”. La sua voce, profonda per un ragazzo così giovane, era un po’ tremolante e rauca. – “Sono Castiel, Castiel Novak. Abito qui vicino. E tu chi sei?”.
Angolo dell'autrice: Finalmente ho continuato. Faccio fatica a crederci pure io. Ho avuto un blocco creativo dovuto alla sessione universitaria! Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo nuovo. Il tono della narrazione cambia ma perché qui siamo con Dean, è il suo mondo e stiamo vivendo la città dal suo punto di vista. Più misteri a venire ma anche più risposte. :) P.s. Cosa ne pensate dell'idea dei cacciatori? Volete che caccino solo gli animali o anche qualcos'altro?
Baci a tutti! P.s. http://archiveofourown.org/works/5152130/chapters/14152087 ---> AO3