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Autore: Ninfea Blu    06/03/2016    7 recensioni
Oscar ha delle sorelle, lo sappiamo. Questa storia parla di una di queste sorelle, una che non conosciamo, perchè la Ikeda non ha pensato a una possibilità del genere. Danielle ha davvero molto in comune con Oscar... stessi capelli, stessi occhi. Qui parlerò dei suoi sentimenti, del suo rapporto con Oscar e inevitabilmente con l'amico Andrè che potrebbe, in qualche modo, mettersi fra loro. Perchè Danielle, gemella identica ma più femminile della nostra madamigella, potrebbe avere il coraggio di essere tutto quello che non è Oscar...
Aggiunte fan art cap. 7 - cap. 12
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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31 – L’ora delle verità

 

 

 

La giornata più triste e penosa ch’io abbia vissuto in quel tempo sospeso della mia vita che fu la parentesi in Normandia, iniziò una mattina incredibilmente limpida, ingannevole nella sua bellezza superba.

Il disco giallo/arancio del sole arrogante e luminoso, accecava lo sguardo per nascondere le ombre oscure che eclissavano la sua magnifica corona. I suoi raggi, attraverso l’aria tersa di un cielo chiaro solcato dai corpi bianchi e neri dei gabbiani, toccavano la lunga distesa della spiaggia di Etretat, scaldando la sabbia e facendola quasi brillare di strani riverberi argentei.

 

L’aria frizzante e dolce accarezzava la mia pelle, mentre il tessuto della gonna aderiva alle gambe disegnando le mie forme. In quelle ore, immersa nel calore dell’aria profumata di mare, con l’odore intenso della terra che mi avvolgeva, mi sentivo così serena, che la mia mente era sgombra da ogni pensiero. Respiravo e sentivo l’ossigeno penetrarmi i polmoni, come fossi attraversata da una sferzata vibrante di energia. Ero esattamente dove volevo essere, ed ero accanto alla persona per me più importante. Mi sembrava che nulla potesse venire a sconvolgere l’acuto senso di felicità che sentivo nel cuore, né le travolgenti, sincere parole d’amore di Tristan, che ancora vibravano come un’ eco dentro di me, né alcuna sconcertante verità sulla morte di mio marito, che pure dovevo aspettarmi. Nessun pensiero mi turbava. Era un istante perfetto, e come tutte le cose belle ed effimere, destinato a morire, appassire come un fiore colto troppo presto.

 

Mi ero alzata dal letto, animata dalla strana eccitazione che mi dava la consapevolezza d’essere libera.

Era una sensazione fantastica che mi travolgeva e diventava maggiormente acuta col passare dei giorni che seguirono al funerale. Era sconveniente, un atteggiamento lontano da ogni forma di decenza e pudore che si potesse mostrare in pubblico, ma non c’era impulso che fosse più vero in me, e non m’importava come apparissi agli occhi altrui, né di cosa le persone pensassero di una tale serenità che non mi preoccupavo di dissimulare.

La verità era che mi sentivo viva come mai ero stata in vita mia.

Mi sentivo come il vento di quella regione che soffiava libero, e non si curava di abbattersi impetuoso sulle scogliere che modellava a suo piacimento, o giocare dispettoso con le foglie secche che sollevava negli occhi e tra i capelli, in una danza leggera.

La spiaggia maestosa e accogliente, quasi selvaggia, era il luogo ideale dove vivere quelle emozioni. Bastava la consueta piacevole cavalcata in compagnia di André. Sulla battigia, le onde del mare lambivano gli zoccoli dei nostri cavalli lanciati in corsa, mentre gli spruzzi d’acqua salata bagnavano i nostri volti.

Sentivo il gusto del sale, e non bruciava sulle labbra; era come avere sul palato il sapore selvaggio della natura normanna che mi galvanizzava con la sua forza.

 

Ricordo che io e André non parlammo a lungo, restando in ascolto del suono del vento, del rumore della risacca che saliva e scendeva sulla riva, e travolgeva piccoli ciottoli e frammenti rosati di conchiglie.

Ogni tanto mi voltavo a cercare il suo volto; scoprivo il disegno del profilo concentrato e bellissimo, con i capelli neri mossi dal vento, ondeggianti sulla fronte. Gli sorridevo emozionata per la gioia di averlo lì, con me, assorto eppure così sereno, e lui rispondeva con un sorriso aperto, convincente. Solo un’ombra malinconica sfumava la luce dei suoi occhi. Mi sentivo vicina a lui, e non immaginai quanto quel suo sorriso franco, ma distante, fosse suggerito da altri pensieri, da un vissuto che non osavo né volevo immaginare.

 

In quelle ore, io non sapevo niente. Non sospettavo che il mio destino si era già compiuto, e tutto era già deciso.

 

Era rilassato André, tranquillo per la decisione che aveva preso, soppesata a lungo, ragionata, e alla fine accolta come necessaria. Era preparato a tutto, alla mia reazione che intuì, consapevole di doverla affrontare, sentire sulla pelle come un marchio doloroso, pronto alla pena conseguente, non solo mia.

Quella mattina per l’ultima volta, mi regalò qualcosa di sé, il calore genuino del suo affetto, l’amicizia onesta e leale, la sola forma d’amore che poté offrirmi, con l’intenzione lodevole, umana, di addolcire la verità amara che doveva rivelarmi. Devo riconoscere che non mi promise mai altro, per quanto io avessi sperato. Non mi fece mai credere che tra noi potesse esserci qualcosa che andasse oltre la superficie dei sensi.

Di questa sua onestà, devo ringraziarlo, perché fu la mia salvezza da una pena che rischiò di divenire straziante.

M’impedì di chiudere completamente il mio cuore a nuovi slanci, che non avrei cercato nell’immediato, ma sarebbero arrivati, con la banale retorica del tempo che aggiusta tutto.

 

Fermammo la corsa dei nostri purosangue quasi all’estremità della spiaggia, in prossimità della parete rocciosa che delimitava una porzione di costa affacciata a picco sul mare blu cobalto, che riverberava sotto i raggi del sole.

“Che splendida mattina André. Mi sento così bene. Che Leopold riposi in pace, ma potendo scegliere, resterei così per sempre.”

“Sì, hai ragione: è una giornata luminosa e incantevole… ma nulla è per sempre, Danielle, neppure questo luogo. - Rimase assorto a fissare le onde che s’infrangevano contro le scogliere, prima di riportarmi bruscamente alla realtà più immediata che dovevo affrontare. - Non vorrei guastarti il momento idilliaco, ma tuo marito è stato assassinato, Danielle: è una cosa che non puoi trascurare, né dimenticare.”

“Lo so André. E non sto ignorando la cosa. Del resto, non so chi potrei accusare; ho pensato alla sua amante, ma che interesse avrebbe quella donna dalla morte dell’uomo che può garantire un futuro a lei e alla nipote? No, non ha senso. Né voglio credere che tra le persone a me vicine ci sia un omicida… anche se… tutto potrebbe essere. Ho interrogato anche Ninette, ma neppure lei ha notato nulla di particolare quella sera. Non so di chi, o di cosa devo aver paura…”

Fu allora che André disse una frase che mi spiazzò.

“C’è un’altra possibilità che non hai considerato, Danielle: magari la vittima designata non era tuo marito, ma qualcun altro…”

Lo guardai perplessa, un po’ turbata.

“Non capisco: qualcun altro chi?”

Pensai che potesse riferirsi a me, e mi attraversò un’inaspettata quanto rapida sensazione di sgomento. Ma André mi lasciò volutamente nel dubbio.

“Meglio non parlarne ora. Torniamo verso la villa; capirai tutto.”

Aveva ragione. Lì, avrei trovato chi avrebbe dato tutte le risposte agli enigmi più inquietanti e dolorosi della mia esistenza.

 

 

 

******

 

 

 

Quando Ninette trovò Oscar davanti alla porta dell’ingresso, muta per la sorpresa, spalancò gli occhi del tutto impreparata alla visita della gemella della sua padrona. Per un secondo, reagì come l’ultima delle cameriere senza esperienza che lavorassero a palazzo. Una mano alla bocca, balbettò un saluto piuttosto impacciato davanti agli occhi severi ma affascinanti e indecifrabili che la scrutavano, e chinò la testa in segno di rispetto, prima di far accomodare madamigella Oscar come l’ospite di riguardo che era.

“Dite a mia sorella che voglio vederla.”

La voce ferma e decisa di chi era abituata al comando, non lasciava spazio a rifiuti od obiezioni d’alcuna natura. Ninette ebbe qualche istante d’imbarazzo.

“Oh… Perdonatemi madamigella Oscar: madame non è in casa. È fuori a cavallo, ma tornerà a breve.”

“È in compagnia del mio attendente, vero Ninette?”

Era più una constatazione che una domanda, e la cameriera ebbe l’impressione di avvampare.

“Non è un problema, posso aspettarla qui.” Proseguì la donna soldato.

“Ma certo, madamigella Oscar. Può aspettarla nel salotto, c’è già un’altra persona che l’attende.”

“Un’altra persona? Posso sapere di chi si tratta?”

“Messieur Tristan De Laundes è arrivato pochi minuti fa; attende madame, in salotto. Potete unirvi a lui, se volete.”

“Ma certo, sarà interessante.” E le venne naturale piegare impercettibilmente le labbra in un sorriso ironico.

 

 

 

 

********

 

 

 

Tristan non si aspettava di trovarsi faccia a faccia con Oscar François De Jarjayes proprio in casa di Danielle. In seguito alla vedovanza che aveva colpito madame Recamier, si chiedeva quando quel confronto tra sorelle potesse avvenire, ma non immaginava che ne sarebbe stato testimone, né era sicuro fosse giusto esserlo.

Ma dal momento che era lì, proprio in quel delicato frangente, non se ne sarebbe andato se non dietro richiesta esplicita della donna che amava, e che era intenzionato a proteggere e sostenere, convinto che una verità dolorosa stava per colpirla.

Per quanto poteva, voleva essere l’arbitro della situazione.

Quanto sarebbe stata forte Danielle? Avrebbe saputo accettare la verità di un amore esclusivo e inviolabile che lui aveva colto al primo sguardo scambiato con Oscar? Una verità che l’avrebbe allontanata inesorabilmente dal cuore di André Grandier, che mai le aveva permesso di avvicinarsi davvero a quell’uomo, che nell’anima, nel corpo e nei pensieri apparteneva a una donna che non poteva essere lei.

Oscar era lì per riprendersi l’uomo che amava, lo comprese appena la vide. Era sicura, decisa, eppure una strana malinconia le velava lo sguardo, come se sapesse che il suo atto dovuto non sarebbe stato senza dolore. Forse c’era anche un altro motivo, e altre verità sarebbero emerse.

“Madamigella Oscar, è un piacere incontrarvi; - le disse, alzandosi in piedi al suo ingresso nella stanza - devo ammettere che non è del tutto una sorpresa trovarvi qui. Mi aspettavo che prima o poi sareste venuta…”

“Davvero? Era abbastanza intuibile, non trovate?”

“Forse. Spero solo che la mia presenza non sia inopportuna.”

“Affatto, non è un problema per me. Anzi, credo sia un bene. Ma voi, perché siete qui?”

“A voi posso dirlo. Sono qui, perché sono innamorato di vostra sorella e non riesco a stare lontano da lei.”

“Danielle conosce i vostri sentimenti?” chiese Oscar, diretta.

“Sì, le ho aperto il mio cuore.”

“E lei come ha reagito? Vi ricambia, per caso?”

Tristan emise un lieve sospiro.

“Non ancora, e non con le attuali premesse, purtroppo, ma non mi arrendo, Oscar. Ho buone speranze che in futuro ci sarà un posto nel suo cuore per me; tra noi c’è una tale intesa di spirito di cui la contessa non si rende conto. Saprò aspettare che sia libera e pronta ad amarmi, e sono certo che Danielle un giorno mi ricambierà. Non so come spiegarlo, ma è qualcosa di cui sono convinto.”

Tristan non immaginava quanto le sue parole colpissero in quel momento Oscar; era incredibile, ma lei aveva l’impressione che André stesse parlando per bocca di Tristan. Era tutto troppo famigliare; la voce venata di lieve tristezza dell’uomo, perfino i sentimenti dolci e malinconici di Tristan, troppo simili a quelli che doveva aver provato André per lei, la turbarono enormemente. Era come ascoltare parole segrete, speranze che Andrè aveva celato in fondo al cuore, mai esternate, che all’improvviso uscivano dalla bocca di un altro, come se avessero trovato una scappatoia per arrivare a lei. Tristan si accorse del suo turbamento, dello sguardo torbido che si fece improvvisamente mesto.

“Ho detto qualcosa che vi ha offesa, madamigella? Avete un’aria strana…”

“No… no, non ho niente, vi assicuro. Le vostre parole mi hanno soltanto ricordato qualcosa che avevo sottovalutato.” Rispose svelta, ma doveva spostare la conversazione su un altro terreno meno piacevole, ed era dispiaciuta di doverlo fare.

“Siete molto sicuro di voi. Chi sono io per negarvi la speranza? Trarrete vantaggio dal fatto che ora mia sorella è vedova, suppongo; la morte improvvisa di mio cognato è stata provvidenziale, non trovate?”

Oscar aveva alzato lo sguardo, e lo fissava con intensità.

“Non la metterei in questo modo, anche se il conte di Recamier poteva rappresentare un ostacolo. In realtà, madamigella, non era il marito di Danielle il mio vero problema…” risposte Tristan pacato, guardandola di sottecchi, con l’impressione che Oscar volesse provocarlo, e non ne capiva la ragione.

Oscar assottigliò lo sguardo, guardinga e sospettosa.

“Certo! Il vostro problema sono i sentimenti che mia sorella prova per il mio attendente, e non fate finta di non saperlo.”

“Scusate la franchezza, ma non sono io che fingo, né mi nascondo madamigella. – Contrattaccò Tristan, senza timore alcuno. - So quanto voi, che André non sarà mai un mio rivale; il vostro attendente… o forse dovrei dire il vostro amante può solo spezzare il cuore di Danielle, e se voi siete qui, sono certo che accadrà a breve. Non vi giudico, ma non capisco la vostra ostilità nei miei confronti: che cosa mi rimproverate? Con vostra sorella sono sempre stato molto onesto. Non credo possiate dire altrettanto, e neppure André probabilmente.”

Tristan si permetteva di sfidarla a testa alta, e Oscar ebbe qualche momento d’incertezza.

“Debbo riconoscerlo, avete ragione.”

Squadrò l’uomo con interesse e velata ammirazione. Doveva parlare e dire ogni cosa, esternare timori e sospetti, e valutare la situazione.

“Di me e André avete capito tutto, è vero. Ma prima di intuire la verità, cosa avete pensato del fatto che Danielle fosse fuggita con un servo di cui pareva innamorata? Forse eravate geloso di lui, e magari anche di Leopold…”

“Geloso come può esserlo un uomo innamorato, per giunta non ricambiato… Non capisco dove volete arrivare, madamigella. Il vostro discorso mi pare molto astruso…”

Oscar si avvicinò alla finestra che dava sul cortile anteriore della villa. Guardò verso l’esterno perdendosi con lo sguardo lungo le siepi curate del giardino. La luce della tarda mattinata le feriva gli occhi.

“Ci sono cose che non sapete, Tristan, cose che ignora perfino mia sorella, ed è giusto che lei sappia la verità. Oggi sono venuta qui con la speranza di far luce sugli ultimi fatti accaduti in questa casa…”

Tristan non afferrò il senso di quello che Oscar stava dicendo, finché lei non fu drammaticamente chiara.

“Mio cognato non è morto per cause naturali come vi hanno indotto a credere, in realtà è stato avvelenato da una persona che vive o ha libero accesso a questa dimora…”

“Cosa? Ma che dite?”

“È così; ha assunto del veleno che qualcuno ha messo nella sua brocca dell’acqua. Adesso capite perché mi permetto di dubitare della vostra onestà? Siete un potenziale colpevole; dite di essere innamorato di mia sorella, dunque la vostra gelosia potrebbe essere un movente.”

“Non penserete seriamente che io sia responsabile della morte di vostro cognato, vero? È assurdo, e potrei sentirmi offeso da una tale accusa!”

“Non posso escludere nulla e non vi sto accusando messieur; nel campo delle ipotesi, questa è una delle possibili, ma sono qui per valutare anche le altre.”

“Le altre? Volete dire che sospettate di qualcun altro? Parlate, Oscar! Danielle potrebbe essere in pericolo nella sua stessa casa?”

Oscar si allontanò dalla finestra e tornò a fissare lo sguardo sul giovane sempre più costernato e allarmato.

“Questo non lo so, sono venuta qui per scoprirlo. Calmatevi, Tristan; sediamoci e aspettiamo il ritorno di mia sorella: non ritarderà ancora molto, e allora parleremo d’ogni cosa.”

Tristan si rassegnò, pur trovando incredibile il sangue freddo del colonnello Oscar.

 

 

 

********

 

 

 

Lasciati i cavalli alle scuderie, trovammo Ninette ad attenderci in cima alle scale dell’ingresso; mi bastò guardarla per cogliere la sua espressione nervosa. Quando poi rivelò i nomi di coloro che mi aspettavano, scambiai un’occhiata rapida con André e mi colpì il suo atteggiamento calmo e imperturbabile.

Tutto mi sarei aspettata, tranne incontrare la mia gemella in compagnia proprio di Tristan.

Il cuore come un tamburo, entrai nella stanza e mi bloccai sulla porta.

Tristan mi rivolse il suo saluto cortese che ricambiai, mentre io e Oscar, ferme ai lati opposti della stanza, restavamo a fissarci negli occhi. Sentii André muoversi dietro di me, entrare silenzioso nella sala e fermarsi un poco distante alla mia destra, vicino una consolle. Il mio sguardo inquieto cercò la sua figura solo un istante, ma tornai rapidamente a fissare mia sorella.

“Buongiorno Danielle. Ti trovo bene.”

Mi salutò e non incrociò mai il suo sguardo con Andrè, o così mi parve.

“Oscar… sei l’ultima persona che pensavo d’incontrare qui…”

“Davvero? Eppure dovresti conoscermi molto bene; sono l’unica gemella che hai. Al tuo posto, io non sarei così sorpresa…”

Iniziai a pensare che avesse ragione. C’era qualcosa che mi disturbava, un dettaglio sbagliato o fuori posto in quella situazione. André avrebbe dovuto accogliere Oscar con profonda costernazione e palese turbamento, invece reagì come se l’avesse vista solo il giorno prima, come se non si fosse mai allontanato da lei, ed erano mesi che non si vedevano. Così credevo. Non dissimulò in alcun modo alcun sentimento, né emozione e la cosa mi riempì di sgomento e paura.

All’improvviso, tutto fu chiaro, e non tentai di costruire inutili spiegazioni. Il senso di tutto era lì, davanti a me, ed era limpido e semplice; ingannare me stessa con interpretazioni fantasiose e inverosimili era futile e stupido, un’offesa alla mia intelligenza.

“Quando sei arrivata?”

“Sono giunta ad Etretat diverse settimane fa, prima che morisse tuo marito, e per un motivo che puoi bene immaginare…”

Diretta come il solito, Oscar non girava mai attorno alle questioni, ma le affrontava di petto.

“André… sei qui per lui…” Non era una domanda. Oscar annuì semplicemente.

“E conosci anche Tristan…” constatai guardando quest’ultimo, solo perché non osavo incontrare gli occhi di André, eppure li sentivo su di me.

“Il giorno del funerale, abbiamo avuto modo di presentarci.” Ammise Oscar, senza la minima reticenza.

Allora mi rivolsi al mio amico.

“Me lo avete tenuto nascosto…” dissi, senza riuscire a nascondere il tono accusatorio.

“Perdonatemi, contessa. Non volevo crearvi ulteriori turbamenti, in un momento già particolarmente delicato per voi; solo oggi, parlando con vostra sorella, comprendo quanto lo foste…”

Scettica, guardai Oscar alla ricerca di spiegazioni che lei si affrettò a darmi.

“Mentre ti aspettavo, ho spiegato a Tristan com’è morto in realtà tuo marito; confesso che i miei sospetti sono caduti anche su messieur De Laundes, avendo scoperto per sua stessa ammissione che è innamorato di te.”

“Sono sospetti infondati! – Risposi con veemenza. - Tristan non può aver fatto nulla di male; quel giorno eravamo fuori a cavallo, lui mi ha accompagnata, ma non si è fermato alla villa, e non ha avuto contatti con Leopold. Questo posso confermarlo.”

Oscar assunse un’aria circospetta, la sua mente parve inseguire un ricordo lontano, che a me restava ignoto, ma che forse André conosceva.

“Prendo per buona la tua versione… - mi concesse - però, ho fatto delle indagini e ho scoperto cose che devi sapere Danielle.”

 

Oscar mi raccontò tutto, nel dettaglio.

 

Fu clamoroso scoprire come Leopold si era procurato il veleno, e questo implicava che avesse avuto intenzioni delittuose. Verso chi, era impossibile scoprirlo. Quello era un segreto morto con lui, ma l’idea mi procurò un brivido. C’erano solo due persone che Leopold poteva voler colpire; una ero io, e il pensiero che mio marito mi odiasse al punto di volermi morta, mi pareva terribile; l’altra persona poteva solo essere André, e all’improvviso ricordai l’ultimo alterco avuto con lui, proprio quella sera, e le sue parole di spregio verso il mio segretario.

In sostanza, a giudizio di Oscar, le ipotesi sulla morte di mio marito si riducevano a due soltanto.

“Ma allora, questo significa che…” balbettai, scivolando su una delle poltrone, atterrita e sconvolta da quello che iniziavo ad intuire.

“Sì, Danielle. Sono convinta che il veleno era destinato ad André, che Leopold credeva il tuo amante; se escludiamo l’opera intenzionale di qualcuno, eventualità che sembra molto più difficile, c’è la possibilità che il conte lo abbia assunto per errore, resta da capire come… - Oscar fece una pausa ed emise un sospiro, prima di riprendere con tono enfatico, portando una mano chiusa alla fronte. - Io ringrazio il cielo che quella notte Andrè l’abbia passata con me; il pensiero di quello che sarebbe potuto accadere, mi fa star male in un modo che non riesco a dire… Lo capisci Danielle? Ho rischiato di perdere l’uomo che amo… e che mi ama…”

Sentii la pena nella sua voce; era uguale alla mia.

Le parole di Oscar giunsero alle mie orecchie come fossero quelle incomprensibili di un’ estranea, ma il dolore che mi causarono fu lancinante e profondo, quasi insopportabile. Sentii la gola pizzicare.

Volevo piangere, ma forse l’orgoglio, forse Tristan che mi osservava serrando i pugni, m’impedì di farlo; ricordo di aver alzato uno sguardo vacuo su André, e quello che lessi in quegli occhi verdi, pieni d’ansia e sofferenza, fu la conferma esatta d’ogni parola. Il suo dolore era sincero, come furono sincere le sue parole, che non bastarono a consolarmi di un amore che non mi era mai appartenuto, e il mio cuore lo sapeva da tempo.

“Mi dispiace tanto, Danielle. Non ho mai voluto ingannarti, ma se ti ho illusa in qualche modo, ti chiedo di perdonarmi…”

La sua voce mi giunse mesta e la mia rispose rassegnata, svuotata d’ogni energia.

“Dunque, la ami ancora… non hai mai amato altri che lei, vero?”

Mi ero alzata di fronte a lui e lo afferrai ad un braccio, come se volessi scuoterlo. Ma non mi mostrai fragile. In realtà, volevo disperatamente essere forte, quanto bastava per poterlo lasciare andare. Mai avevo affrontato prova più difficile.

“Dio sa se ho tentato, Danielle, ma nel mio cuore non v’è posto per altro; io appartengo ad Oscar, e lei a me. Niente può opporsi a questo e ora lo sappiamo entrambi.”

E gli occhi di André nella stanza cercarono quelli di Oscar, e li trovarono. Mi bastò cogliere quel dialogo muto tra loro per capire quanto fossi estranea, esclusa dal loro legame. Tra me e Andrè non sarebbe mai stato così. Inorridita, mi staccai da lui, mi avvicinai di un passo verso Tristan, che sembrava sul punto di volermi abbracciare; al centro della stanza, mi guardai attorno come fossi circondata su tutti i fronti, e non sapessi dove andare a rifugiarmi. Allora vidi André avvicinarsi ad Oscar, tenderle la mano che lei accolse nella sua con una stretta possessiva.

Non ci fu nulla di più eloquente.

Nulla di plateale.

Rimasi immobile, lì in mezzo alla stanza, ad assorbire la verità che non mi faceva sconti. E accadde un fatto strano; mi scese addosso e nello spirito uno strano senso d’accettazione, che non sembrava appartenermi, ma che in qualche modo mi dava pace.

Tristan si avvicinò, stravolto e preoccupato per la mia reazione, ma io lo fermai con un gesto semplice e fermo della mano. Esteriormente non mostrai alcun’esitazione, ma la mia anima era in bilico tra quiete e tempesta.

“Non preoccupatevi per me, amico mio. Sto bene e sono abbastanza forte da poter accettare la verità. Dopotutto, voi mi avevate già messa in guardia, e io ora non posso fingere di non averlo saputo…”

“Danielle, io… sono qui…” sussurrò soltanto, e avvertii il suo rammarico di non poter fare o dire di più. Lo guardai; la sua vicinanza, la discrezione e l’empatia che mi dimostrava bastò a darmi coraggio. Sarebbe stato poco dignitoso lasciarmi andare alla disperazione, la lasciavo per dopo. L’amarezza era inevitabile e mi scivolava sul cuore e sulle labbra, ma dovevo berla tutta fino all’ultima goccia. Un giorno avrei saputo trasformarla in miele, ma il frutto di quel raccolto era ancora acerbo e non potevo coglierlo.

Mi rivolsi nuovamente ad André, sempre al fianco della donna che amava, non come un’ombra, ma come suo compagno di vita, sicuro e solido. Li vedevo insieme, e lo comprendevo senza possibilità d’errore. Nulla avrei potuto contro un amore così grande; ero partita sconfitta in partenza.

“Ti ringrazio André per l’onestà dei tuoi sentimenti; posso solo dirti che se Leopold fosse riuscito davvero a farti del male, non me lo sarei mai perdonato… anche nei tuoi confronti, Oscar…- dissi rivolgendomi a lei, - credimi, non ti ho mai voluto male, ma tante cose non le avevo capite…”

“Lo so Danielle; anch’io ho dovuto comprendere cosa avevo nel cuore, e tu, in fondo mi hai aiutata, portandomi via chi avevo più caro…” mi rispose, stringendo ancor di più la grande mano di André, che guardò dritto negli occhi.

“Già, che strani percorsi che fa l’amore; ci trascina con sé, ci fa smarrire e ritrovare… - conclusi, con tono quieto e malinconico. - Ora resta da far chiarezza sulla morte di mio marito, e allora tutti i pezzi di questa storia andranno al loro posto… e tutte le persone coinvolte in questo dramma torneranno alle loro vite.”

La Normandia con le sue coste bianche e abbacinanti battute dai venti, era stata teatro di una lotta, luogo in cui erano confluiti i sentimenti di tutti noi; la mia definitiva resa di fronte ad un destino che non era in mio potere cambiare, si compiva così.

 

 

La verità era lì sotto i nostri occhi, ed era più semplice di quanto potessimo credere.

Era banale e tragica.

Ridicola quanto uno scherzo partorito da un destino beffardo.

Non c’era nessun assassino misterioso, né alcun nemico nell’ombra, ma solo un uomo livido di rancore che si riteneva offeso nel suo onore d’aristocratico, caduto vittima del suo stesso gioco perverso.

 

La servitù era già stata interrogata a suo tempo, ma sempre quella mattina, scoprimmo nuovi dettagli parlando con Ninette e un’altra giovane cameriera del mio palazzo, Costance, una fanciulla appena diciannovenne che lavorava per i Recamier da un paio d’anni. La sua famiglia era di Etretat e mi era stata raccomandata come una ragazza educata, ma sveglia e lesta nel suo lavoro.

Quella sera fu Costance a portare la brocca dell’acqua avvelenata nella stanza di mio marito.  Scoprimmo esterrefatti che prima di assolvere la sua incombenza, la ragazza aveva notato il conte allontanarsi svelto dalle cucine; ricordava che sul tavolo era rimasta la brocca di vetro con l’acqua destinata ad André, per la notte, e Oscar concluse che probabilmente il veleno era stato aggiunto proprio lì.

Il conte non aveva calcolato l’imprevisto della sorte, e il successivo scambio fatale.

Qui era entrata in gioco Ninette che aveva quasi dimenticato l’episodio successivo di quella sera. La mia cameriera personale, nel frattempo giunta in cucina dalla porta sul retro, non aveva incontrato Leopold; sollecita, aveva preso proprio quella brocca dimenticata sul tavolo, con senso pratico aveva travasato l’acqua contenuta in una caraffa di prezioso cristallo cesellato, e svelta l’aveva piazzata tra le braccia della giovane cameriera che entrava dall’ingresso affacciato sul corridoio.

“Costance, prima di tutto, porta questa nella camera del signor conte, che vuole già ritirarsi per la notte. Meglio non contrariarlo, e già pare di cattivo umore; fai presto, e poi torna qui che ci sono altre mansioni per te.”

Costance così fece, naturalmente ignara di tutto; non sapeva nulla del veleno e non conosceva i piani di Leopold, ma quando dai nostri ragionamenti comprese cosa era accaduto e come lei ne fu coinvolta, scoppiò in un pianto dirotto irrefrenabile davanti a tutti i presenti.

“Non si disperi, signorina. Nessuno l’accusa di nulla.” La incoraggiò Oscar, ma la ragazza pareva inconsolabile.

Ninette più dura e smaliziata, fu dispiaciuta e costernata per l’accaduto, che l’aveva vista protagonista involontaria. Per quanto turbata, non si lasciò prendere dallo scoramento e circondò le spalle della giovane cercando di calmarla. Io rassicurai Costance che la ritenevo innocente, e che la vicenda poteva definirsi solo un tragico incidente e nessuno della servitù poteva esserne responsabile.

“Misericordia divina! Come potevamo immaginare?” disse Ninette, stringendo Costance in lacrime, tra le sue braccia materne.

 

Non c’era niente altro da scoprire.

Tutto era stato spiegato e io volevo solo chiudere per sempre quella questione spinosa e dolorosa. Imposi a tutti i testimoni il silenzio e il segreto sulla vicenda; soprattutto non volevo che arrivasse parola all’orecchio dei miei figli, neppure in futuro. Mi sembrava legittimo e sacrosanto preservare il ricordo del padre, e volevo impedire che fosse sporcato dalla maniera meschina e indegna in cui si era chiusa la sua vita.

Congedai le cameriere, mentre io mi prostravo stanca sul canapè del salotto. Tristan si era accostato a me come volesse darmi sostegno con la sua sola presenza. Oscar e André erano in piedi, un poco distanti, l’aria apprensiva, in attesa di una qualche mia reazione; forse temevano che i nervi mi cedessero. Nessuno parlò, e nella stanza scese uno strano silenzio, e una quiete quasi irreale.

Mi sentii provata, svuotata da tutte le emozioni vissute, dalle verità rivelate, messe a nudo quasi in modo impietoso. Il cielo intravisto dietro i vetri delle finestre mi sembrava troppo azzurro e limpido, in contrasto col mio umore cupo e triste. Il coraggio veniva meno e io stato cedendo alla forza disperata delle lacrime che premevano dietro i miei occhi celesti per liberarsi. Avevo una disperata voglia di piangere e sfogarmi, ma non volevo farlo davanti a testimoni; anelavo la solitudine, che diventa compagna necessaria e indispensabile in alcuni momenti particolari della nostra vita. Così alzai appena lo sguardo in un punto qualsiasi dell’ambiente, ma senza in realtà guardare nessuno.

“Credo che non ci sia altro da aggiungere a tutto quello che è stato detto oggi. Per favore, ora vorrei restare sola, ho bisogno di riflettere. Andate via, vi prego…”

Oscar si mosse per prima, André forse indugiò un attimo in più.

“Prima di lasciare la Normandia, verremo a salutarti, Danielle. Per favore, ricorda che restiamo sempre sorelle.” Mi disse con tono lieve prima di lasciare la stanza, seguita dal suo attendente, che si voltò un istante a guardarmi.

“Grazie di tutto, e arrivederci, Danielle.”

Io non ebbi la forza di rispondere.

Tristan era ancora seduto di fianco a me e sembrava indeciso, oltre che molto combattuto. La sua mano afferrò una delle mie e la strinse un momento.

“Vi prego, Tristan…” Lo supplicai, con un filo di voce.

Si alzò e fece qualche passo verso la porta, ma non la raggiunse. Si bloccò con i pugni stretti lungo i fianchi; era di spalle e non potevo vedere il suo volto, ma avevo l’impressione che tremasse. Si voltò e tornò indietro; si sedette di nuovo accanto a me. Poi il suo braccio sinistro mi circondò le spalle.

“Tristan… io non…”

Scossi la testa, incrociai i suoi occhi e le parole morirono in gola; aveva uno sguardo carico di dolcezza e comprensione che forse non gli avevo mai visto. Puntò i suoi occhi nei miei, mentre con l’altra mano sollevava il mio viso verso il suo, e per un attimo credetti di annegare dentro un’emozione troppo grande.

“Lasciate che vi abbracci, Danielle, ne avete un disperato bisogno. Non chiedetemi di lasciarvi sola adesso, non potrei farlo.”

Sentii la sua mano posarsi tenera sulla mia nuca e mi guidò contro il suo petto che mi accolse come un rifugio protettivo. E io mi sentii piccola e fragile, e l’argine che aveva trattenuto il pianto, crollò di schianto dentro il cerchio robusto delle braccia che cingevano la mia schiena.

“Oh, Tristan… se soltanto vi avessi ascoltato… avevate capito tutto, e io lo sapevo…”

I singhiozzi diventarono irrefrenabili e non cercai più di trattenerli. Non mi vergognavo di piangere tra le braccia di Tristan, riponevo in lui la massima fiducia. Il mio dolore con lui era al sicuro, come se potesse tenerlo sotto controllo e impedirmi di soccombere.

“Io sono qui per voi… sarò sempre qui per voi, Danielle. Io vi amo per quella forza che avete dimostrato poco fa, mentre affrontavate tutta la verità a testa alta. Siete stata brava e coraggiosa. Piangete e sfogatevi, Danielle. Il dolore passerà… finirà la tempesta che ha messo sottosopra il vostro cuore e tornerà il sole nella vostra vita. Se me lo permetterete, ve ne farò dono io, Danielle. Vivrò per questo.”

“Siete un caro, dolce amico Tristan… Solo un momento… Continuate a stringermi tra le vostre braccia… vi prego…” ma non avrei avuto bisogno di chiederlo.

 

Lentamente il pianto si placò, fino a cessare del tutto.

Stavo bene tra le sue braccia. Le mani di Tristan mi accarezzavano dolcemente la schiena e le spalle, e la sofferenza pareva diradarsi, farsi più fievole, fin quasi a scomparire. Tristan con affetto mi baciò i capelli, ma non scese a cercare le mie labbra e mi sorpresi a pensare che forse non lo avrei respinto, se lo avesse fatto in quel momento. Restai a lungo così, avvolta in quell’abbraccio che dava quiete e calore alla mia anima inquieta e tormentata, un abbraccio che all’improvviso, non so per quale strana magia, sapeva di casa.

 

L’amore di André non era per me.

Quello di Tristan, forse sì. Un giorno, non so quando, magari potrò ricambiarlo.

Si chiudeva così, una parte della mia vita vissuta tra gioia e dramma, di fronte al mare della Normandia.

 

 

 

 

Continua…

 

 

 

Eccomi qui dopo tanto tempo.

Mi scuso per l’enorme ritardo con cui pubblico questo capitolo che doveva venire molto prima, ma la fine dello scorso anno ha coinciso con momenti drammatici della mia vita. È stato davvero un brutto periodo, pieno anche di sofferenza. Non voglio soffermarmi troppo sui dettagli perché non mi sembra la sede, né mi sembra giusto, ma voglia e stimoli per scrivere non ne avevo. Ma ora sono tornata e forse sono un po’ più forte e sono decisa a finire questa storia.

Vi ringrazio per la pazienza e la fiducia che mi avete accordato sempre, per tutto il sostegno che mi avete dato, per gli apprezzamenti che avete avuto per “Spirito inquieto”, per i confronti costruttivi che mi hanno aiutato a risolvere eventuali dubbi che avevo. Manca solo un capitolo oramai, dopo scriverò la parola fine alle avventure di Danielle, Oscar, André e Tristan.

Mi spiace di avere trascurato un po’ il fandom, che ultimamente è davvero ricco di belle storie; se non come scrittrice, tornerò a leggere le vostre ff, ne ho tante lasciate in sospeso che devo riprendere, e che vorrei commentare. Intanto spero che questa prossima conclusione vi piaccia.

Buona lettura e di nuovo mille grazie, ragazze. Siete preziose.

 

   
 
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