Anime & Manga > Rocky Joe
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Autore: innominetuo    13/03/2016    10 recensioni
Joe Yabuki ritorna sui suoi passi, dopo un anno di dolore e di rimpianto. La morte di Tooru Rikishi lo ha segnato profondamente. Ma il ring lo sta aspettando ormai da tempo.
E non solo il ring.
…Se le cose fossero andate in un modo un po’ diverso, rispetto alla versione ufficiale?
Storia di pugilato, di amore, di onore: può essere letta e compresa anche se non si conosce il fandom e quindi considerata alla stregua di un'originale.
°°°°§*§°°°°
Questi personaggi non mi appartengono: dichiaro di aver redatto la seguente long fic nel rispetto dei diritti di autore e della proprietà intellettuale, senza scopo di lucro alcuno, in onore ad Asao Takamori ed a Tetsuya Chiba.
Si dichiara che tutte le immagini quivi presenti sono mero frutto di ricerca su Google e che quindi non debba intendersi il compimento di nessuna violazione del copyright.
Si dichiara, altresì, che qualsivoglia riferimento a nomi/cognomi, fatti e luoghi, laddove corrispondenti a realtà, sono puro frutto del Caso.
LCS innominetuo
Genere: Drammatico, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Bianche Ceneri'
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Buio.

Voci in lontananza, sussurrate.

“Ecco… sta riaprendo gli occhi.”

“Piano, fate piano: non muovetegli la testa. Alziamogli le gambe, così il sangue arriva prima al cervello.”

“Joe
… Joe, mi senti? Ragazzo mio, mi farai venire un infarto!”

Mise a fuoco il viso di Danpei chino sul suo, l’espressione che da angosciata andava via via rasserenandosi. Al suo fianco, un anziano signore in camice bianco gli stava misurando le pulsazioni del polso, con aria assorta. “Vecchio… cos’è stato?” farfugliò, a fatica. Non riusciva quasi a muovere le labbra.

“Non parlare, resta giù. Lascia che il medico finisca di visitarti.”

Joe se ne rimase zitto, osservando il medico sportivo del Konaka Club che impartiva a Tange le ultime raccomandazioni. “Direi che per ora sia tutto a posto: occhio, naso e denti non hanno riportato danni, gli è andata di lusso, visto e considerato l’impatto di un pugno ricevuto a mani nude. Per oggi lo faccia riposare. Ecco qui del ghiaccio sintetico per il gonfiore e degli antidolorifici. Consiglio però una radiografia alla mandibola per maggior scrupolo. Non si sa mai.”

“Grazie e scusi tanto per il disturbo… e scusate tutti voi per l’incidente, sono desolato…” Tange non la smetteva di inchinarsi al presidente della palestra Konaka - visibilmente seccato per lo scandalo occorso alla sua palestra - agli allenatori ed ai pugili presenti: al suo solito, Joe non aveva lesinato uno spettacolo dovuto alla sua impulsività, di cui avevano tratto vantaggio i giornalisti sportivi, accorsi al luogo del “fattaccio” come le mosche sono attratte dal miele. Il giorno dopo, infatti, i quotidiani locali avrebbero ritratto in prima pagina la “carezza” di cui Joe era stato gentilmente omaggiato da Mr. Mendoza.

Joe si sfiorò, con cautela, la guancia: gli si stava già gonfiando ed era dura al tatto. Il dolore era inimmaginabile, gli stava trapanando il cervello ad ondate sempre più fitte e impietose: per sua fortuna avrebbe dovuto disputare il suo incontro solo di lì ad alcuni giorni, o anche il più lieve pugno ricevuto da Pinan Sarawaku lo avrebbe fatto impazzire.

Pugile e coach se ne ritornarono in albergo con la coda tra le gambe, dopo essere stati caldamente pregati da Mr. Konaka di “non farsi mai più rivedere da quelle parti”, cosa che provocò in Tange un ulteriore attacco di nervosi inchini. Per il resto della giornata, Joe se ne rimase quindi tappato in camera sua, a leccarsi le ferite. A tratti, si toccava la gota, quasi stupito di avercela ancora, una faccia…

Mai in vita sua aveva ricevuto un colpo così devastante: ed era anzi arcisicuro che Mendoza non avesse neppure scaricato sul suo viso tutta la forza di cui fosse capace, essendosi solo limitato a mostrargli il suo signorile “disappunto”… un po’ come quando si scaccia pigramente con il dorso della mano un insetto sin troppo fastidioso e assillante. Né Tooru, né Carlos lo avevano mai colpito in un modo così chirurgico e perforante, pur essendo stati dei pugili dalla potenza indiscutibile. Mendoza apparteneva davvero ad un’altra categoria. Joe non sapeva se detestarlo o ammirarlo: si sentiva combattuto da sentimenti contrastanti. Ammise con se stesso di aver forse esagerato con la sua insistenza nei confronti di Josè, riguardo all’infelice affissione della famigerata locandina: magari la colpa di ciò non era di Mendoza stesso ma solo degli organizzatori dei suoi incontri… Quell’uomo così riservato, silenzioso, misurato nelle parole e nei gesti doveva essere, per forza di cose, estraneo a certi atteggiamenti ignobili: ora Joe se ne rendeva pienamente conto. Mendoza era semplicemente troppo superiore, e rispetto a chiunque nel pugilato, per abbassarsi ad umiliare un antico avversario ormai sconfitto: questo Joe lo stava ora comprendendo appieno, dato che a mente fredda si riesce a ragionare meglio.

Un po’ imprecando, un po’ lamentandosi, si decise finalmente ad alzarsi dal letto, quando sentì bussare alla porta.

“Ecco… lo immaginavo. Hai saputo e adesso sei qui per farmi la ramanzina, giusto? Un po’ come ai vecchi tempi del riformatorio…” brontolò lui.

Yoko lo ascoltò, seria, sfiorandogli la gota gonfia e nerastra con la punta delle dita. Joe si permise il lusso di osservarla per qualche secondo, prima di scostarsi per lasciarla entrare. Yoko faceva riposare lo sguardo, così vestita di un pallido celeste. E poi… solo lei sapeva toccarlo senza procurargli nessun dolore.

“Perché, servirebbe forse a qualcosa? Farti la ‘ramanzina’, intendo.” fece notare lei, con tono pacato.

Con un unico gesto fluido sciolse i capelli dal foulard di seta con cui li aveva avvolti e protetti, essendo arrivata in cabriolet, facendo così emanare tutto d’intorno un fresco sentore di acqua di colonia. Si sedette compostamente sul bordo del letto e aprì le braccia, per invitare Joe a raggiungerla.

°°°°°°

La sera dopo, al Palazzetto dello Sport in centro città…


“Signore e signori, ho l’onore di presentarvi questo straordinario incontro!” iniziò lo speaker, elegantemente vestito in smoking estivo “All’angolo rosso, eccolo disputare per la quindicesima volta il suo titolo il campione dei campioni, il finora imbattuto…Mr. Josè Mendoza!”

Scoppiarono roboanti applausi: il pubblico era in delirio come alla vista di una star del cinema o della musica internazionale: sul ring piovvero mazzi di rose dai fan impazziti dalla gioia di poter finalmente ammirare da vicino il loro idolo indiscusso. Complimenti, auguri e tifo entusiasti vennero pronunciati in varie lingue, poiché oltre che dagli Hawaiani la folla degli spettatori era composta anche da moltissimi turisti appassionati di boxe di tutto il mondo. Non mancavano neppure le numerose ammiratrici della maschia bellezza del messicano.

“Sei il migliore, il migliore!”

“Vai Josèèèèèè!!!”

“Vinci, Mendoza, facci impazzire!”

“Sei bellissimo!”


“Accidenti quanto la fanno lunga” bofonchiò Joe, tappandosi le orecchie all’ennesimo scoppio di voci, dato che pure il campione locale Sam Iaukea, nientemeno che il terzo nella classifica internazionale, fu omaggiato di un tifo assordante.

“Eh, d’altronde stasera Mendoza mette in palio il suo titolo: questo casino è il meno che ci si possa aspettare. Porta pazienza, su, adesso inizia il match.” osservò Tange, quietamente. “Facciamo bene attenzione a quale pugno di Iaukea Josè possa essere sensibile: ci sarà senz’altro utile.”

“Di certo, IO sono stato sensibile ad uno dei suoi.” chiosò Joe, sarcastico.

“Umpf, e la colpa di chi sarebbe? Taci, vah, che è meglio e guarda!” borbottò Tange.

Joe masticò tra sé e sé un paio di imprecazioni, per poi scorrere con lo sguardo le prime file degli spettatori alla ricerca della sua Yoko. Fedeli come sempre al loro patto di gestire il legame che li univa in totale riservatezza, in pubblico continuavano ad evitare con cura di farsi vedere insieme, incontri di boxe compresi. La individuò seduta in prima fila, accanto ad una bella signora dai boccoli biondi che poco prima era stata presentata dallo speaker nientemeno che come Mrs. Mendoza. Le due donne, già a vedersi da lontano, rappresentavano due mondi diametralmente opposti: eppure, sapevano godere l’una della compagnia dell’altra, chiacchierando amabilmente tra loro.

Un po’ come me e Carlos…” rifletté Joe. Il suo pensiero andava sempre all’amico sfortunato, una volta di più.

Dopo le presentazioni e i preparativi, finalmente scoccò il gong della prima ripresa. I due sfidanti serrarono la difesa, studiandosi a vicenda per qualche secondo. Il primo a scattare in avanti fu Iaukea, bramoso di conquistarsi il titolo a tutti i costi: già durante i convenevoli di rito lo si era visto scalpitare impaziente, come un cavallo che morde il freno. Il suo viso, dai tratti eminentemente hawaiani, era percorso da un lieve tremito, dovuto all’eccitazione. Cominciò con una rapidissima combinazione di jab e di diretti destri, come per “saggiare” Josè, il quale si limitò ad un lieve rolling, in totale imperturbabilità. Sembrava quasi che nulla lo toccasse direttamente, e che fosse su quel ring giusto per passare il tempo. La pacata indifferenza di Mendoza non poté che far innervosire ulteriormente il suo sfidante, che cercò di colpirlo al viso con una sventola: il pugno, tuttavia, andò a vuoto, cosa che lo fece sbilanciare e finire alle corde. Josè non si mosse: rimase ad attenderlo all’esterno, senza pensare minimanente di avvantaggiarsi della posizione assunta da Iaukea.

“Vamos, muchacho” lo incitò.

Irritato dall’aplomb ostentato dal campione, Iaukea imprecò nel suo dialetto, facendoglisi nuovamente incontro, e riuscendo a colpirlo al volto con un poderoso gancio sinistro. Seguì tutta una serie di diretti e di ganci al corpo e al viso, che Josè subì passivamente, senza fare una piega.

“Accidenti… oltre che essere uno stilista puro, sa pure incassare molto bene!” osservò Tange, ammirato.

Joe taceva, il mento tra le mani.

“Il momento sta per arrivare. È solo una questione di secondi.” pensò.

Intanto, sul ring, la sequenza di colpi a Josè pareva non finire più. Yoko si voltò a guardare Shirley, con espressione preoccupata: l’americana le rispose con un sorriso sereno, intuendo il muto messaggio dell’amica. “Tranquilla: lui sa quello che fa. Sempre. E poi ci ho fatto l'abitudine, ormai.”

“Ti ammiro… io non so se riuscirei a rimanere così tranquilla.” mormorò Yoko. No: non avrebbe mai smesso di stare in ansia, tutte le volte che avesse visto Joe sul ring. Non le sarebbe passata, la maledetta ansia. Mai.

In tutta risposta, Shirley le strinse la mano, con sincero trasporto.

“¡Hey, hombre, ahora es mi turno!” sibilò il campione, con un sorrisetto.

Iaukea non fece neppure in tempo a tradurre mentalmente le parole di Josè, che questi gli sferrò un gancio ed un diretto al volto: dopodiché si voltò per recarsi al suo angolo.

“Mr. Mendoza, non lasci il match!” lo ammonì l’arbitro.

“L’incontro è finito.” gli replicò l’altro, in inglese, additandogli col mento Iaukea che crollava al tappeto con un secco tonfo. La conta non fu necessaria.

Il pubblico esplose, in delirio. Joe balzò in piedi, esultante: una luce selvaggia gli bruciava negli occhi scuri. “Ti attendo su quel fottuto ring, Josè… presto o tardi…”

Due pugni: un gancio e un diretto. Due soli pugni avevano distrutto un promettente ragazzone dalle spalle taurine. E così, per la quindicesima volta, Josè Mendoza era ridisceso dal ring con la sua smagliante cintura da titolato del mondo.

°°°°°°°°

In una calda ed afosa serata di Honolulu…

Finalmente arrivò anche la data dell’incontro di Joe contro Pinan. Gli organizzatori delle confederazioni pugilistiche avevano pensato di far allestire il ring in un teatro all’aperto: al centro della scena, quindi, in luogo dei consueti drammi teatrali e di concerti di musica sinfonica, si sarebbe svolto un ben diverso spettacolo.

Uno spettacolo che, a volte, porta la morte sulla scena, e non per finta.

Il mare non era lontano: la brezza serotina portava con sé profumi salmastri, mentre le luci della città si accendevano, in attesa della notte.

Come sempre, Yoko era arrivata un po’ in anticipo, per prepararsi, mentalmente ed emotivamente, all’ennesima prova di Joe. Neppure stavolta era sola, però: Shirley e Josè erano seduti al suo fianco. Lo speaker fu lietissimo di presentare al pubblico l’illustre ospite, che aveva accolto volentieri l’invito ad assistere al match della serata con in palio ben due titoli: quello asiatico, difeso da Yabuki, e quello del Pacifico, difeso da Sarawaku. Arrivarono i due pugili, accompagnati dai reciproci staff: oltre che da Danpei, infatti, Joe godette del supporto di un preparatore atletico e di un secondo resisi diponibili dal Maui Boxing.

Il pubblico li accolse entusiasta e curioso di vedere in azione il giovane di Tokyo che giorni addietro era già finito al tappeto… però fuori dal ring. Oltre agli applausi non mancarono quindi i fischi di dileggio, all’indirizzo di Joe.

“Ehi, jap! Ti duole il faccino?”

“Passata la bua? Ahahahahah!”

“Ce la fai stasera a difendere il titolo? Mi sa di no!”


Joe sorrise, sarcastico, limitandosi a dare un’occhiata fuggevole al suo avversario, appena salito sul ring. “Cavoli, ma quanto è lungo costui?!” notò, alludendo all’altissima statura di Sarawaku “Ma è un pugile o un cestista? Bah…”

“Eh, te lo avevo detto che è molto alto, anche più di Kim… per questo ti raccomandavo di perfezionarti nelle sventole!” andava brontolando Tange, mentre finiva di massaggiargli le spalle.

Nel frattempo, Josè Mendoza, invitato dal presentatore a salire sul ring, si recò subito dal più titolato, per augurargli buona fortuna. Offrì a Joe la sua mano, in segno di pace e di rispetto. Joe fissò gli intensi occhi neri in quelli blu mare del campione, senza dar cenno di volergli porgere la mano. I due rimasero a fissarsi in silenzio, per alcuni secondi.

“Joe… cosa aspetti a stringergli la mano?” lo incitò Tange, rosso dall’imbarazzo. Niente da fare: proprio come ai vecchi tempi quando in ballo c’era Tooru Rikishi, ora Joe non sapeva tenere un contegno adeguato con quello che ritenesse essere il suo unico, vero avversario. Dentro e fuori dal ring.

Il più giovane finalmente mosse la mano e Danpei trasse un sospiro… ma il suo sollievo durò poco. Joe sollevò in alto la destra, mostrando a tutti l’indice e il medio. “Al secondo round ti sbatterò a terra quello spilungone. Hai capito Josè? Visto che siamo all’aperto non voglio che ti buschi un raffreddore… e quindi questo match non durerà dodici riprese, ma solo due.” sbruffoneggiò.

La folla accolse ridendo e motteggiando la spacconata del giapponese, mentre Yoko scuoteva il capo, sconsolata. “Ma cosa ti prende, accidenti…”

Josè non battè ciglio: non un solo muscolo del suo bel viso si mosse. Si limitò ad afferrare il polso destro di Joe, per quindi costringerlo a stringergli la mano. “Buena suerte.” gli disse pacatamente. Joe digrignò i denti. Quell’uomo era inscalfibile, porca miseria!

Finalmente scoccò la prima ripresa e Joe, dimentico – come sempre… - delle raccomandazioni di Danpei di essere prudente e di studiare l’avversario, gli si scagliò contro. Pinan non faticò a tenerlo a distanza, aiutato dai lunghissimi arti: lo scostò da sé col palmo per poi colpirlo con un poderoso gancio sinistro. Barcollando, Joe finì alle corde, basito e sempre più nervoso. Per i minuti rimanenti sprecò molte energie con colpi a vuoto, non riuscendo mai a colpire Pinan: l’allungo di questi lo destabilizzava. Per fortuna risuonò il gong. Il pubblico lo sbeffeggiò, non senza cattiveria.

“Cosa cavolo fai, jap? Scacci le mosche?”

“Idiota, come hai preso il tuo titolo, lo hai pagato?”

“Buuuuu!!”


Gli sfottò degenerarono ulteriormente dopo la fine del secondo round, anche perché Joe era finito letteralmente seduto per terra, complice un poderoso diretto destro di Pinan. Sul ring piovvero oggetti di vario tipo, e sia Joe che Tange rischiarono di essere colpiti da bottiglie e lattine, nonostante i severi moniti dell’arbitro e dello speaker rivolti agli spettatori.

“Scusami, vecchio. Sono stato un coglione. Ora però mostra al pubblico tre dita, fammi questo favore…”

“Eh? Ricominci con le cazzate?” gli urlò Tange, esasperato.

In tutta risposta, Joe gli afferrò il polso, piegandogli mignolo e pollice e sollevandogli il braccio. “Scusate! Scusate tutti! Vi faccio un’altra promessa! Questo sarà l’ultimo round!”

“Ma finiscila, scemo! Tornatene a casa!”

“Buuuuu!!”


Yoko si massaggiava le tempie, stordita da tutto quel fracasso e indecisa se arrabbiarsi o ridere della follia di Joe.

Allo scoccare del gong, Joe schizzò in avanti come una scheggia impazzita: fu talmente veloce da scostare – finalmente – il lungo braccio destro di Sarawaku, che stava per sferrargli un diretto, con la tecnica del Philly Shell*, creandosi così una breccia nella difesa serratissima dell’altro. Lo raggiunse al volto con una serrata serie di colpi: montante sinistro-gancio destro-montante sinistro. Pinan non ebbe scampo, con un simile martellamento, e non potè che accasciarglisi addosso, per poi scivolare, pian piano, fino al tappeto.

Il pubblico era sbigottito: al 29° secondo quel pazzo di un giapponese aveva battuto il suo avversario.

David aveva atterrato Golia.

“Straordinario, Signore e Signori! Joe Yabuki è ora anche il Campione del Pacifico!”

Gli applausi scrosciarono, come un fiume in piena che distrugge gli argini e gli spettatori che fino a pochi minuti prima avevano ricoperto Joe di insulti, ora lo esaltavano, entusiasti.

Joe sollevò in alto la sua nuova cintura, esultante, per poi togliere di mano il microfono al presentatore. “Scusi, mia dia qua un attimo… grazie. Ehi Josè… Josè Mendoza! Un momento, per favore! Ho una parola per Lei, non se ne vada!”

Mendoza, che in compagnia della moglie e di Yoko si era già alzato per andarsene, si voltò verso il suo interlocutore.

“Oggi ci ho messo più del previsto, ma io mantengo sempre le mie promesse, mi sente? E la prossima volta toccherà a Lei!”

Josè annuì e, fatto un lieve cenno di saluto, si voltò e se ne andò.

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Spigolature dell’Autrice: *v. capitolo II “Preoccupazioni”:

Philly Shell: questo stile di guardia viene utilizzato da chi ha doti da incontrista, come il nostro ragazzo. Per eseguire questa guardia un combattente deve essere molto atletico ed esperto. Questo stile è efficace per i colpi d'incontro, perché permette ai pugili di entrare agevolmente nella guardia avversaria con i pugni migliori da poter sfoderare. La protezione del mento è affidata alla spalla avanzata e, con rapidi movimenti verso l'interno, deve portare fuori bersaglio il diretto destro dell'avversario (nel caso di pugili destrorsi e non mancini).


L’angolo del boxeur:
A chi dobbiamo la boxe moderna? A questo signore qui, Mr. James Figg:


james-figg


Un po’ di Storia…

James Figg (1695 – 1740) è considerato come colui che diede inizio alla fase moderna di questo sport, che deriva dall’antichissimo pancrazio, ammesso alle Olimpiadi già dal 648 a.C. Il suo nome è stato inserito nella “International Boxing Hall of Fame” nel 1992. Nacque a Thame, un villaggio nello Oxfordshire, nel 1695. Alto 1,81 m, pesava poco più di 90 chili, e si dimostrò subito molto abile nelle arti del combattimento corpo a corpo, dopo essersi cimentato a lungo nella scherma. Viaggiava di villaggio in villaggio per dare dimostrazioni di boxe ed organizzare incontri, finché non si recò a Londra ove iniziò ad insegnare le sue tecniche di combattimento. Nel 1719 aprì un'accademia dedicata solo alla boxe, alla quale si iscrissero più di 1000 persone. Sul biglietto da visita dell'ormai popolare James Figg c'era scritto: "Master of the noble science of defence". La boxe che Figg proponeva all'epoca era molto differente da quella che siamo abituati a vedere nei giorni nostri. Si poteva afferrare l'avversario e scagliarlo per terra, erano ammessi i colpi anche quando l'avversario era già atterrato. Non esisteva un ring ben definito, dato che lo spazio adibito al combattimento era definito da una semplice linea disegnata per terra, proprio come avveniva nel citato pancrazio. La boxe era quindi uno sport molto più brutale di quello odierno, ed era consentito l’utilizzo di molte tecniche di atterramento. Figg non può essere considerato un pugile moderno nel vero senso del termine: il suo contributo però fu rilevante per segnare l'inizio della fase moderna del pugilato. La sua scuola sarà un serbatoio di nuovi campioni, uno dei quali era il suo pupillo: Jack Broughton. Sarà colui che nel 1743 scriverà le prime regole fondamentali del pugilato conosciute come il “London Prize Ring rules”. (fonte: Wikipedia)
  
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