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Autore: Vanilla_91    18/03/2016    4 recensioni
Dal testo:
Questo piccolo altarino di freddo e lucido marmo, con su impresso la sua foto e il suo nome, mi aiuta a ricordare che gli ultimi quattro anni non sono stati solo il frutto della mia fantasia, la memoria vivida di un incantevole incubo.
Gioia e dolore, disperazione ed euforia, vita e morte, mischiate in un mix così potente ed esplosivo da non poter esser contenuto in un arco temporale così breve.
[...]
Se volete conoscere la mia storia, mettetevi comodi e allacciate le cinture, sarà un viaggio turbolento tra emozioni intense e contrastanti.
Le vite di InuYasha e Kagome non potrebbero intrecciarsi in un momento più sbagliato.
Sullo sfondo di un ranch in rovina, il dolore e la voglia di ricominciare, accomuneranno due persone così diverse.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Kikyo, Miroku, Sango | Coppie: Inuyasha/Kagome, Inuyasha/Kikyo, Miroku/Sango
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Il tramonto del sole segnò la fine dell'ennesimo giorno di lavoro.
Piantai la pala, sbilenca ed arrugginita, nel terreno, tirando un sospiro di sollievo.
Il sudore mi aveva incollato i capelli al viso e riuscire a spostarli senza sporcarmi anche in volto fu difficile.
Erano stati quindici giorni intensi e faticosi, ma mi stavo abituando a quel ritmo frenetico.
Fissare il cielo, dipinto dei colori scarlatti del tramonto, mi ispirò pensieri che già mi avevano assillato.
Sorprendentemente, vivere e lavorare al ranch Higurashi non mi dispiaceva.
Eravamo stati accolti in modo cordiale e cortese. La signora Higurashi, una donna strana e silenziosa, si era mostrata estremamente disponibile. E nessuno aveva dimostrato pregiudizio o diffidenza nei nostri confronti.
Nessuno, tranne quella ragazzina fastidiosa che non faceva che assillare la madre e crearmi problemi.
Era altera, presuntuosa e dispensava tiepidi sorrisi solo alla cugina e all'addestratore che le stava sempre dietro.
A me e soltanto a me, riservava il suo lato peggiore.
Ogni giorno mi ero ritrovato a spalare il letame che mi costeggiava le caviglie, a strigliare cavalli, a trasportare carichi pesanti e a svolgere i compiti più ingrati.
Il suo sguardo disgustato non mi aveva mai abbandonato.
Era sempre lì, pronta ad umiliarmi, rimproverarmi e correggermi con i suoi modi da maestrina dispotica.
Sperava di vedermi cedere, era facile intuirlo, ma non le avrei dato questa soddisfazione.
Mi aveva etichettato come un “figlio di papà”, basandosi solo sul mio cognome e su ciò che da altri aveva sentito.
Non mi importava della sua opinione, né della sua approvazione, ma ero deciso a dimostrarle che non ero chi lei credeva.
Ero stanco delle persone saccenti che mi giudicavano, pensando di conoscere il mio passato.
Lei non sapeva nulla di me.
Sbuffai, scocciato dai miei stessi pensieri.
La sola cosa di cui avevo bisogno era una bella doccia, che mi permettesse di togliermi di dosso la puzza acre di sudore mischiato a sterco che offendeva il mio stesso naso.
Riposi gli attrezzi, che necessitavano di una manutenzione urgente, e mi avviai lungo il sentiero.
Alloggiavo in una sorta di dependance, lontano da tutti gli altri.
La bassa e piccola costruzione di legno era fredda, spoglia o malandata.
Probabilmente un tempo era stata usata come cantina, o qualcosa di simile.
Non avevo dubbi sul fatto che l'idea di “sistemarmi” in un posto tanto inospitale e lontano dagli altri alloggi fosse stata della ragazzina, ma non me ne curavo.
Senza saperlo, la piccola idiota mi aveva fatto un gran favore.
Starmene solo con me stesso, avere un piccolo buco tutto mio, era proprio ciò di cui avevo bisogno.
Prestai maggior attenzione allo spazio che mi circondava quando sentii dei nitriti poco lontani.
Chi diavolo poteva essersi spinto in un posto tanto isolato al calare del sole?
Il timore che qualcuno si fosse perso, o peggio fosse stato disarcionato, mi spinse ad inoltrarmi nei fitti boschi che costeggiavano e delimitavano il ranch.
Mi bastò superare qualche cespuglio incolto prima di individuare il cavallo, che pascolava placido e tranquillo.
Era impensabile supporre che fosse giunto fin lì, sellato, senza che nessuno l'avesse notato.
Cos'era accaduto? Dov'era il suo cavallerizzo?
Mi avvicinai maggiormente, intenzionato a recuperare l'animale.
Mi paralizzai, quando sentii la sua voce e ciò che vidi mi lasciò impreparato.
Le caviglie sottili erano ancora immerse nell'acqua del lago in cui mi ero imbattuto pochi giorni prima.
Kagome era lì, nuda, come il giorno in cui era venuta al mondo.
Mi accovacciai dietro l'albero più vicino, per il timore di essere scoperto, ma i miei occhi non abbandonarono la sua figura.
Non era ferita e pareva totalmente a proprio agio.
I capelli neri, resi più lisci che mai dall'acqua, erano una massa nera che le contornava il viso e le ricadeva giù per la schiena.
Era esile e perfettamente proporzionata.
Il seno non troppo grande, la vita stretta, i fianchi affusolati e le gambe lunghe..
Bagnata e tremante era talmente bella da non aver nulla da invidiare ad una modella.
Il vento, l'acqua, o forse il freddo della sera ormai vicina, le avevano reso i capezzoli turgidi.. era impossibile rinunciare ad una visuale tanto invitante.
Seppur antipatica, quella ragazzina era una vera bellezza.
Un'unica cosa odiavo di lei, la strana e detestabile sensazione che il suo sguardo, sempre corrucciato, mi provocava. Mi turbava e non riuscivo a digerire la cosa.
Mossi un piede, per trovare un equilibrio migliore, e, come avviene in ogni dannatissimo film nei momenti di più alta suspance, mi ritrovai a calpestare un gruppetto di rami rinsecchiti.
Probabilmente la ragazzina non si sarebbe accorta di nulla, se il suo cavallo non avesse cominciato ad agitarsi e nitrire in mia direzione.
-Chi c'è là?- urlò, tentando di coprirsi alla meglio.
Se mi avesse scoperto mi sarei ritrovato in grossi, grossissimi guai.
La piccola bisbetica mi odiava già da sé, non aveva bisogno che io le fornissi ulteriori motivazioni.
Il tempo che le occorse per rivestirsi, lo sfruttai per dileguarmi.
Mi inoltrai maggiormente nella vegetazione, scegliendo un percorso dissestato e esageratamente lungo, ma che almeno mi avrebbe tenuto lontano da quella bellissima furia.

 

 

Non riuscivo a spiegarmelo e soprattutto non riuscivo ad accettarlo.
Diciassette dannatissimi giorni erano trascorsi e nessuno dei miei tentativi aveva dato frutti.
Loro erano ancora tutti lì, ben visti e ben voluti.
Soprattutto lui, InuYasha Taisho, con il suo carisma e con quello stupido ed arrogante sorrisetto sempre stampato in volto era riuscito a guadagnarsi anche l'affetto di mia madre.
Era la mia spina nel fianco.
Le avevo tentate tutte, ma non avevo avuto risultati.
Lui non si era arreso. Aveva lavorato sopportando ogni incarico, ogni critica e ogni richiamo.
La cosa che più mi faceva rabbia, era l'essere costretta ad ammettere le sue abilità e la sua tenacia.
-Riuscirò a trovare il suo punto debole.- mugugnai a denti stretti.
-Kagome, ma mi stai ascoltando?-
-No, Sango, ho la testa altrove.- fui costretta ad ammettere.
Mia cugina sospirò, regalandomi un'occhiataccia.
C'erano tante cose alle quali pensare, eppure il mio pensiero pareva, irrazionalmente, correre sempre lì.
-Ascolta, sono giorni che rimandi questi impegni. Kizura è nuovamente in ferie, quindi la contabilità, la gestione delle prenotazioni e tutta quest'altra roba noiosa tocca a noi. Tuttavia, se non mi aiuti, non finirò mai.-
Sbuffai, per la ramanzina ben meritata.
Impiegammo l'ora successiva cercando di valutare il modo migliore per impiegare e suddividere il poco introito mensile. Comunque la girassimo, non c'era modo di far quadrare entrate ed uscite.
-Di questo passo non andremo lontano. Abbiamo bisogno di manovalanza, ma non possiamo permetterci di pagare gli operai. I tetti delle stalle minacciano di cedere da un momento all'altro, il fieno è stantio e Koga, da solo, non può certamente occuparsi di tutti i cavalli.- ammisi, con amarezza.
Il ranch appartenuto alla mia famiglia da diverse generazioni era sul punto di crollare e non c'era nulla che io potessi fare per impedirlo.
-In mezzo a tanta negatività c'è anche una nota positiva.-
-Davvero?- domandai, incredula.
-Abbiamo ricevuto una prenotazione, una domanda di alloggio da un ottimo cliente.-
-Sarà uno scherzo.-
-Non direi! L'intera somma dovuta è già stata saldata.-
Mi avvicinai maggiormente al preistorico computer, per constatare con i miei stessi occhi.
-Deve esserci un errore! Che motivo avrebbe un riccone di venire qui? E perché pagare tutto ancor prima di essere arrivato?-
-Non lo so, ma questi soldi sono una manna dal cielo. È possibile che questa volta i Kami abbiano deciso di essere dalla nostra parte.-
I Kami? Avevo smesso di credere nell'esistenza divina da un po'. Se davvero esisteva un'entità superiore, perché aveva permesso che una simile sciagura si abbattesse sulla mia famiglia?
La ben conosciuta sensazione di oppressione mi attanagliò il cuore. Il dolore era ancora troppo crudo e forte, ogni volta che ci ripensavo.
-Devo andare.- mormorai.
Troppo affaccendata per notare il mio cambiamento d'umore, Sango si limitò ad annuire.
Una bella galoppata era ciò di cui necessitavo per sfuggire al mio malcontento.
-Kagome, aspetta! Ci sarai stasera, vero?-
-Stasera?- chiesi, colta alla sprovvista.
-Davvero te ne sei dimenticata? È il compleanno di Koga. Stasera ci vediamo tutti al Barry's , in città. È per passare un po' di tempo insieme.-
Il compleanno di Koga..come avevo potuto dimenticarlo?
Quella stessa sera, tre anni prima, ero diventata donna tra le sue braccia.
Le paure, l'ansia, tutto era svanito rapidamente, sostituito dalla dolcezza dei suoi gesti e dall'amore che stupidamente avevo creduto eterno.
Le candele profumate, le lenzuola sgualcite, i sospiri, le risate e la felicità avevano lasciato troppo velocemente il posto alla tragedia che ci aveva colpiti solo pochi mesi dopo.
Da quel momento, da quando Sota se n'era andato, nulla aveva avuto più lo stesso sapore, la stessa importanza.
-Ci sarò.- mi limitai a sussurrare, prima di correre via.

 

 

Partecipare a quella stupida festa, forse era stata la peggiore delle decisioni che avevo preso durante quei giorni.
Il senso di oppressione non mi aveva abbandonato, rendendo il mio umore ancora più cupo.
-Che ne dici, Kagome..ti andrebbe un altro drink?-
-No, Koga! Ti ringrazio..-
I brindisi, le chiacchiere, le risate e il gran baccano mi stavano rendendo nervosa almeno quanto l'insistenza di Koga.
E per finire, a rendere la serata peggiore di quanto già non fosse, c'era lui..l'odioso No Taisho. In compagnia di una civettuola e tinta biondina non faceva che sorridermi sornione.
-Quando gli altri saranno andati via, potremmo andare a fare una passeggiata, se ti va. Potremmo passare un po' di tempo insieme, parlare di..-
-Di cosa, Koga?- lo interruppi -Gli unici argomenti che ci accomunano riguardano il ranch.-
-Kagome..-
-Credevo di essere stata chiara. Non costringermi a ripeterlo ogni volta: tra noi è finita!-
La sua mascella si serrò, segno che la mia risposta non doveva essergli piaciuta.
-Se solo la smettessi di essere così stronza, le cose potrebbero..-
-Tornare come prima? Era questo che stavi per dire? Nulla potrà essere più come prima, Koga. Io sono cambiata, tu sei cambiato e quello che c'era tra noi è morto due anni fa, insieme a mio fratello!- esclamai.
Ferirlo era doloroso anche per me, ma non avevo alternative. Illuderlo non aveva senso e nella mia vita non c'era più posto per Koga, non nel modo in cui lui voleva, almeno.
-Torno a casa.- sussurrai, indossando il cappotto.
-Che cosa? Ma siamo appena arrivati.-
-Non sono dell'umore adatto per partecipare ad una festa.-
-Hai intenzione di tornare a piedi, Kagome? Non posso mollare tutti e riaccompagnarti.- esclamò, infastidito.
-Non ti ho chiesto di farlo. Tornerò a piedi. Camminare mi servirà a schiarirmi le idee.-
In un gesto fulmineo afferrò la mia mano, stringendola con forza.
-È notte, Kagome. Potrebbe essere pericoloso.-
-So badare a me stessa.- replicai.
-Ti prego, resta!- chiese, con maggiore veemenza.
Lo allontanai, costringendolo a mollare la presa.
-Buon compleanno, Koga!-

 

L'aria gelida della notte mi avvolse totalmente, lasciandomi un inaspettato senso di tiepido benessere.
Restare sola con me stessa era ciò di cui necessitavo.
Tremai leggermente a causa della bassa temperatura.
L'idea di camminare per quasi 2 Km nel buio della notte su una stradina semi-deserta non mi entusiasmava, ma in fondo me l'ero voluta.
-Sarei potuta venire a cavallo. Che senso ha avere un ranch di proprietà se poi sei costretta a tornare a piedi perché hai deciso di dar buca al tuo ex-fidanzato motorizzato?- mormorai a me stessa, per smorzare il silenzio talmente intenso da essere assordante.
Quando un faro illuminò la strada, accecandomi, un brivido mi corse lungo la schiena.
Ero stata sciocca e imprudente.
Il rombo di un motore in avvicinamento mi riempì le orecchie, rendendomi ancora più agitata.
Quando, infine, il veicolo si fermò a poca distanza, il cuore mi balzò in gola.
-Allora hai davvero scaricato lo stalliere. Mi era parso di vederlo un po' nervosetto.-
Nell'udire quella voce odiosa, la paura fu subito sostituita dal sospetto e dalla rabbia.
-Che accidenti ci fai tu qui? Non dovresti essere a scopare con la biondina ?-
-Non mi piace vincere facile. Sei forse gelosa? Non sarai andata via di corsa per questo..-mi schernì.
Kami, quanto lo odiavo!
-Ho di meglio da fare che starmene qui a parlare con te.- sibilai, voltandomi e riprendendo a camminare.
-Hai intenzione di tornare a piedi al ranch?-
-Sempre meglio che restare in tua compagnia. Visto il tuo passato, il buio potrebbe indurti a losche idee. Del resto, non sarai mica finito in carcere per aver rubato caramelle?!-
Lo sentii ridacchiare.
Che fosse un sadico che trovava piacere nell'essere offeso?
Sordo alle mie parole, spense la moto e mi affiancò, trainando il veicolo.
-Hai intenzione di pedinarmi?- chiesi, irritata.
-Tranquilla! Posso assicurarti che non sono un assassino.- esclamò divertito.
-Puoi risparmiare il fiato. Non crederei comunque alle tue parole.-
-Quanta acidità! Il tuo stalliere dovrebbe aiutarti a sfogare tutto questo stress. Sei sempre così nervosa..-
Le sue insinuazioni, il tono derisorio e l'atteggiamento spavaldo mi portarono immediatamente all'esasperazione.
-Chi credi di essere per parlarmi in questo modo? Tu non sei niente, nessuno! Sei solo uno stupido figlio di papà troppo annoiato dalla sua vita perfetta. Non mi conosci, non puoi giudicarmi!- strillai.
Scorsi una scintilla di disappunto attraversare i suoi occhi scuri, ma il suo tono restò calmo, seppur privo di ironia.
-Non è la stessa cosa che hai fatto anche tu? Ti sei arrogata il diritto di giudicarmi, di considerarmi merda supponendo di conoscere tutto di me in base a quanto letto sui giornali. Forse non siamo così diversi, Kagome!-
Le sue parole, pronunciate con tanta schiettezza, mi lasciarono inebetita. Era vero? Sì, era tutto dannatamente vero.
Provavo rancore verso lui, verso tutti quelli come lui, perché li consideravo fortunati.
Perché per Sota era stato diverso? Perché con lui la vita era stata un giudice tanto severo e inclemente?
Lui una seconda possibilità non l'aveva avuta.
Chinai il capo, incapace di mantenere quel contatto visivo e sotto il peso di sentimenti tanto forti e contrastanti.
-Senti, forse io non sono un assassino, ma questo non mi sembra il posto più adatto per una discussione. Torniamo a casa, ti do un passaggio.- suggerì, con tono mite e conciliante.
Annuii, desiderosa solo di far ritorno a casa.
-Tieni questo! La notte è fredda e stai tremando.-
Con estrema delicatezza, e facendo attenzione a non toccarmi, depositò il suo giubbotto sulle mie spalle.
Montò sulla moto e attese pazientemente che io salissi, goffamente, dietro di lui.
Il viaggio fu veloce e silenzioso. Parcheggiò dinnanzi al ranch e attese che io scendessi prima di spegnere il motore.
Il silenzio perenne, non più coperto dal frastuono della moto, mi creò disagio.
La rabbia era svanita e io mi sentivo colpevole, imbarazzata. Le parole premevano come un enorme macigno sul mio stomaco, desiderose di uscire...ma perché pronunciarle era così difficile?
-Tieni pure la giacca. Se non deciderai di bruciarla, potrai restituirmela domani.- proferì, spezzando il silenzio.
-Senti, No Taisho, forse ho sbagliato a giudicarti in maniera così dura.- mormorai.
-Stai forse ammettendo di aver sbagliato? Potrei uccidere per la felicità.-
Il sarcasmo trasudava esplicito nella sua voce.
-Questo significa che non sarò più costretto a spalare letame tutto il giorno?-
Lo fissai di sbieco, infastidita.
-Su, su, scherzavo! Non essere così permalosa. Forse ho sbagliato anche io a giudicarti, Kagome.-
-Non prenderti tutta questa confidenza! Ammettere di essere stata affrettata nel mio giudizio non fa di te un mio amico. Continui a non piacermi, No Taisho.-
Sorrise, spavaldo, quasi come se le mie parole fossero state un complimento.
Rimontò in sella, continuando a fissarmi con aria superiore e divertita.

-Chissà, questo potrebbe essere il principio di un'amicizia. Del resto sei decisamente più carina quando sorridi.- mormorò prima di allontanarsi nel buio della notte.


NOTE DELL'AUTRICE:
Dopo non so più nemmeno quanto tempo, è arrivato il secondo capitolo :)
Le cose avvengono velocemente, ma si tratta di un capitolo di passaggio che mi serviva solo per sottolineare un piccolo punto di confronto tra questi due. Kagome, del resto, non sembra intenzionata a rendere le cose facili a questo scanzonato InuYasha.
Se vi va, sarei felice di conoscere il vostro parere.
Un grazie doveroso a Serena, che mi aiuta sempre con i suoi saggi consigli.
Alla prossima :D

   
 
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