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Autore: the dreamergirl    19/03/2016    3 recensioni
[Post Mockinjay - Pre pilogo - Everlark]
La storia è ambientata dopo il ritorno di Peeta nel Distretto 12. Ho immaginato come avrebbero potuto reagire Peeta e Katniss al ritorno di Gale nel Distretto 12.
Dalla storia:
Peeta mi accompagna alla porta ma prima di aprirla si avvicina a me, mettendo le sue mani sulle mie spalle. Mi sta guardando negli occhi con un’intensità perforante quasi volesse imparare a memoria il mio viso. Poi lentamente fa salire le sue mani sul mio collo e poi sul mio viso. Questo semplice gesto fa esplodere in me tanti piccoli brividi che partono dal punto in cui le sue mani hanno toccato la mia pelle e si irradiano in tutto il corpo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Gale Hawthorne, Katniss Everdeen, Nuovo personaggio, Peeta Mellark
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Suzanne Collins; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro
 
 
 


 

(Ri)nascita

 
 


POV Katniss



- Tu mi ami. Vero o falso?-
Il mio corpo vibra al suono di questa domanda. Mi giro lentamente verso di lui. Voglio incontrare i suoi occhi e che lui legga nei miei. Sono stanca di scappare. Basta nascondersi. Basta avere paura.
Con tutta la determinazione che riesco a trovare, pronuncio: - Vero –
Quando questa parola si libra nell’aria, sento anche il mio cuore innalzarsi, raggiungere quote che non aveva mai fatto prima.
Peeta mi guarda intensamente. Forse cerca di scorgere in me un dubbio, un’esitazione, ma non trova niente. Non può trovare niente, perché tutti i mie dubbi sono volati via con il mio Vero.
Lui racchiude il mio volto fra le sue mani. Sento il suo calore sulla mia pelle. Il suo profumo di pane e cannella si confonde a quello del mare. Inebriandomi.
Lui fa lentamente incontrare le nostre labbra, che quando si sfiorano tremano, felici di ritrovarsi nuovamente unite. Un brivido mi attraversa la schiena.
È un bacio dolce ma intenso. Le sensazioni che ho provato sulla spiaggia nell’arena non sono niente a confronto di quelle che sto provando adesso. Sento partire tutto l’amore che ho per Peeta dal mio cuore e giungere fino alle mie labbra, suggellandosi in questo bacio, che sa di eterno.
Voglio perdermi fra le sue labbra.
Sento sul mio viso il calore degli ultimi raggi di sole, che stanno dicendo addio a questa giornata. Una giornata che non vorrei finisse mai. Non mi importa se la notte ci sta per avvolgere o se il freddo ci raggiungerà.
Non avrò mai freddo se accanto a me ci sarà Peeta.
 
Peeta si stacca lentamente da me e appoggia la sua fronte alla mia. Fa un respiro profondo. Mi sta guardando intensamente. I suoi occhi brillano di una luce che non gli avevo mai visto prima.
È felice e io con lui.
- Non mi sembra vero – sussurra sulle mie labbra.
- Lo è. Questa volta lo è per davvero – gli rispondo.
Lui sorride e mi dà un bacio sul naso. Poi mi prende per mano e mi fa alzare.
- Vieni. Devo mostrarti una cosa –
Continuando a tenermi per mano mi trascina per le vie del distretto.
Incontriamo diverse persone che lui saluta. Molti sono sorpresi di vedermi insieme a lui, alcuni ci sorridono vedendoci mano nella mano.
Peeta mi riporta al Villaggio dei vincitori. Immagino che mi stia portando a casa di Annie ma in realtà si ferma nella casa accanto.
- Benvenuta a casa mia – dice aprendo la porta.
Quindi è qui che ha vissuto in questi mesi? Qui dove si è rifugiato.
Mi guardo attorno. È una bella casa, calda e accogliente.
- Devo andare a prendere una cosa. Mi aspetti qui?- mi chiede gentilmente.
Io annuisco e osservo la sua schiena mentre sale le scale che portano al piano di sopra.
Rimango in piedi al centro di questa stanza. Mi sento un’estranea che ha invaso la casa di una persona sconosciuta. Il Peeta del Distretto 4. Allontano da me questi pensieri. Il distacco da Peeta mi è stato utile per capire davvero i miei sentimenti.
Mi giro attorno e su una parete vedo tantissime fotografie appese. Mi avvicino per osservarle meglio.
In una foto ci sono Annie e Johanna sorridenti. Johanna ha la mano sul pancione di Annie. Ha uno sguardo dolce, uno sguardo che non le ho mai visto prima.
Osservo un’altra foto, in cui ci sono tutti. Roland, Lily, Jo, Annie e Peeta. Sono sdraiati in un giardino. Credo sia quello di Annie. Sorridono, sembrano felici.
Ci sono tantissime altre foto. I soggetti sono gli stessi. Mi soffermo su una in particolare. È Peeta in spiaggia. È seduto sulla sabbia e fissa il mare. Sembra assorto nei suoi pensieri.
 
Venivo qui per sentirti vicina
 
Le parole che Peeta mi ha detto poco fa mi ritornano in mente. Mi stavi pensando in quel momento Peeta?
Stavi pensando ad un’altra spiaggia? Al momento in cui ho capito di aver bisogno di te.
Guardando queste foto mi sento derubata di questi attimi felici che avrei potuto vivere anch’io con il mio dolce ragazzo del pane.
Quanti momenti assieme abbiamo perso così stupidamente? Quanti tuoi sorrisi mi sono persa, Peeta?
Non permetterò mai più che accada. Non ti lascerò mai più andare via.
Distolgo lo sguardo da questa foto e ne scorgo un’altra che attrae la mia attenzione. È una foto di Lily sorridente. A guardarla così non sembra una persona che abbia sofferto tanto. La stacco dalla parete per osservarla meglio.
Cerco tracce di sofferenza nei suoi occhi ma non le trovo. Sarà il perdono incondizionato il suo segreto?
Anch’io ho provato a perdonare. Ho perdonato Gale. Ho perdonato mia madre.
Mi rendo conto che l’unico perdono che non riuscirò mai a concedere del tutto è quello per me stessa. Nonostante la conversazione con Lily, nonostante quella sensazione di sollievo che ho provato e nonostante quello che ho pensato in quel momento, so che una parte di me non riuscirà mai a perdonarsi del tutto.
Come posso perdonarmi per le morti che ho causato, per le vite che ho spezzato, per aver lasciato che Prim morisse? Come posso perdonarmi per essere l’assassina della sorella di Lily?
Sento passi pesanti scendere le scale ma non mi volto. Non voglio che Peeta mi veda così, che capisca il buio che mi porto dentro in netto contrasto con il sole di questo distretto e con le persone con cui ha condivi gli istanti felici ritratti in queste foto.
I passi di Peeta si dirigono in un punto imprecisato della stanza, sta armeggiando con qualcosa.  Quando finisce, lo sento avvicinarsi a me fin quando non è il suo calore ad avvolgermi. Mi circonda con le sue braccia e appoggia la testa nell’incavo del mio collo. La sua guancia sfiora la mia. Sento il suo respiro nel mio orecchio. Mille brividi mi percorrono il corpo. Peeta allunga una sua mano, fino ad incontrare la mia. Quella che ha la fotografia di Lily. Prende la fotografia e la toglie gentilmente dalle mie mani, posandola sul mobile che è vicino a noi. Mi fa voltare dolcemente verso lui. Abbasso il capo. Non ho il coraggio di guardarlo negli occhi, non voglio che il grigio cupo dei miei occhi contamini il limpido azzurro dei suoi.
Lui, però, fa incontrare i nostri occhi, sollevando il mio mento. Vedo preoccupazione sul suo volto, sta cercando di leggermi dentro. Lancia uno sguardo fugace alla fotografia, sembra capire.
- Katniss se lei è riuscita a perdonarci, non credi che potremmo provarci anche noi?- fa una piccola pausa e aggiunge - A perdonarci intendo- mi dice scostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
- È giunta l’ora di lasciare andare via i fantasmi del passato. Ora che siamo finalmente assieme so che niente è impossibile. Ci vuoi provare con me?- mi chiede speranzoso.
So che ha ragione come so che se c’è lui con me posso farcela, posso provare a lasciare andar via anche quella parte di me che non riesce a perdonarsi per il passato. Non so se ci riuscirò ma di sicuro ci proverò. Per questo annuisco e sussurro: - Insieme- prima di buttarmi fra le sue braccia.
È qui che voglio sempre stare, qui che voglio provare a vivere una vita migliore, fra le braccia di Peeta.
Sento le sue mani accarezzarmi la schiena e i suoi baci sui miei capelli. Come ho potuto vivere in questi mesi senza provare queste sensazioni che mi fanno sentire finalmente viva?
Peeta scioglie delicatamente il nostro abbraccio.
- Allora vuoi vedere quello per cui ti ho fatta venire qui?- mi chiede sorridendo.
Io annuisco.
Peeta mi conduce dall’altro lato della stanza dove si trova un cavalletto e al di sopra del quale c’è un quadro.
All’inizio sembra una copia esatta del quadro che Peeta ha a casa sua nel Distretto 12 e che io spesso ammiravo. Poi però mi accorgo che non è lo stesso momento. Io e lui non siamo vestiti come nell’arena e a guardarla bene quella non è la spiaggia dell’arena. Non si intravede in lontananza la cornucopia e nemmeno uno dei raggi che da essa si irradiavano per il lago salato dove si trovavano le postazioni iniziali dei tributi. No è la spiaggia del Distretto 4 questa, ora la riconosco dagli scogli che intravedo sulla destra di Peeta nel quadro. Io e lui diamo le spalle all’occhio dell’osservatore nel dipinto, i nostri sguardi sono puntati verso il mare. Un mare tinto con i colori del tramonto. Le nostre mani sono appoggiate sulla sabbia e sembrano sfiorarsi. Peeta ha dipinto uno dei momenti più belli della mia vita, uno di quei momenti che mi porterò per sempre nel cuore. Ma come è possibile? È accaduto solo pochi minuti fa.
Mi giro verso Peeta sorpresa.
Lui alza le spalle e mi sorride:- L’ho sognato qualche settimana fa. Era un sogno così bello che ho voluto riprodurlo su tela. Non avrei mai immaginato che si sarebbe realizzato. Evidentemente il mio inconscio non ha mai rinunciato a un noi – dice arrossendo impercettibilmente.
Noi. Una parola che fino a qualche giorno fa, qualche ora fa, mi terrorizzava. Adesso mi sembra bella come un fiore in primavera, come il pane appena sfornato, come gli occhi di un bambino, come la rugiada su un filo d’erba. Bella come i nostri nomi pronunciati assieme. Katniss e Peeta. Non più gli sfortunati amanti del Distretto 12 ma due semplici ragazzi che si amano.
Mi avvicino a Peeta e poggio le mie mani sul suo petto. Faccio incontrare le nostre labbra. All’inizio è un bacio dolce, un po’ come quello che ci siamo dati sulla spiaggia ma carico di nuovi significati. Non c’è più solo la consapevolezza di amarci reciprocamente ma la certezza che da adesso in poi condivideremo una vita assieme, perché non saremo semplicemente io e lui, saremo noi.
Peeta affonda la mano fra i miei capelli e approfondisce il nostro bacio. Le mie mani vagano sul suo petto e la sua schiena. Un fuoco estraneo si impadronisce dei miei sensi, mi fa desiderare sempre di più questo contatto. Mi sento quasi sopraffatta da questa fame. Fame di Peeta.
All’improvviso sentiamo la porta d’ingresso spalancarsi e vediamo Johanna Mason precipitarsi nel salone dove io e Peeta ci troviamo. Al suo ingresso ci stacchiamo bruscamente.
- Meno male, siete qui – dice sollevata.
Ci guarda un attimo, ma non fa nessuna battuta sul modo in cui ha trovato me e Peeta avvinghiati. Non è da lei. Sembra preoccupata.
- Annie – dice- sta per avere il bambino!-
 
 
 
POV Peeta
 


Johanna è qui di fronte a noi e sembra sconvolta.
- Jo ma come è possibile? Doveva partorire fra due settimane- dico incredulo.
- Lo so ma sta di fatto che le si sono rotte le acque e adesso è in ospedale -  dice tutto d’un fiato.
-  Ma quando? Come?- le chiedo ancora sorpreso dalla notizia.
- Poco dopo la vostra sceneggiata, mentre io, Lily, Roland ed Annie mangiavamo la tua torta al cioccolato, ottima fra parentesi, ad Annie le si sono rotte le acque. L’abbiamo subito portata in ospedale e una volta lì mi sono accorta che avevamo totalmente scordato di prendere la borsa di Annie per il parto – dice indicando la borsa che ha in mano e che non avevo notato -  Prima di ritornare in ospedale, ho deciso di passare da te per vedere se eri in casa. Avevo ragione e fra l’altro sei anche in ottima compagnia vedo – dice lanciando uno sguardo divertito a Katniss che risponde a quella provocazione con uno dei suoi soliti sguardi truci.
- Hai fatto bene. Veniamo con te- le dico lanciando uno sguardo a Katniss che annuisce.
Quasi corriamo lungo il tragitto verso l’ospedale. La mia mano è ben ancorata a quella di Katniss. Ho la paura irrazionale che se la lasciassi, mi scivolerebbe via dalle mani.
Quando arriviamo nel reparto maternità troviamo Lily e Roland nella sala d’attesa. Lily lancia uno sguardo alle mie mani intrecciate a quelle di Katniss e mi sorride complice.
- Allora come sta Annie?- chiedo.
- Ciao anche a te Peeta – dice Roland ridendo.
- Scusate. Ciao a tutti. Ora mi puoi dire come sta Annie?- chiedo un po’ irritato un po’ divertito dai modi di fare di Roland.
- Sta bene. C’è mia madre con lei. Il dottore ha detto che è ancora presto per il parto. Mi sa che ci vorrà tutta la notte – dice.
- Possiamo andare da lei? – chiedo.
- Può entrare solo una persona alla volta, massimo due. Io e Lily ci siamo già stati. Vai tu così puoi anche portarle la borsa con le sue cose e permetterai a mia madre di uscire un po’ da quella stanza – mi risponde.
- Perfetto – gli dico, poi poso il mio sguardo su Katniss che sembra un po’ preoccupata: - Vuoi venire con me?- le chiedo.
Lei scuote la testa e mi dice: - Vai tu-
Sono un po’ deluso dalla sua risposta ma cerco di non farlo vedere. Sono costretto a lasciarle la mano e una stupida, folle paura mi invade. Vorrei chiederle di restare con me, di non andare via ma so che la mia richiesta sembrerebbe ridicola. Per questo le poso un bacio sulla fronte e mi dirigo verso la stanza di Annie.
Quando entro trovo Annie sdraiata sul letto con addosso il camice tipico dei degenti in ospedale. Accanto al suo letto, seduta su una sedia, c’è la signora Cresta.
- Peeta – esclama Annie felice di vedermi.
- Annie. Come stai? – le chiedo.
- Abbastanza bene – mi risponde con i suoi modi dolci.
Mi rivolgo alla madre di Roland: - Starò io un po’ con Annie. Se vuole uscire un po’, non c’è problema –
La signora Cresta lancia uno sguardo ad Annie per assicurarsi che stia bene e poi annuisce verso di  me e mi ringrazia.
Quando rimaniamo soli io ed Annie, mi avvicino al suo letto. Le scosto alcune ciocche di capelli dal viso e lei mi ringrazia con lo sguardo.
All’improvviso una smorfia di dolore compare sul suo volto. Io le prendo la mano e lei ricambia la stretta in maniera decisa e forte. Lentamente rilassa la sua mano nella mia.
- Scusa. Era una contrazione ma adesso è passata –
- Non ti preoccupare. Puoi usare la mia mano ogni volta che vorrai – le dico.
- Grazie Peeta –
Rimaniamo in silenzio. Ogni tanto una contrazione sorprende Annie e lei torna a stringere la mia mano.
All’improvviso dopo una contrazione abbastanza forte Annie mi sussurra: - Ho paura –
Ho un brivido a questa affermazione, perché in realtà anch’io ho paura che qualcosa possa andare storto.
Non posso però mostrarmi spaventato davanti ad Annie.
- Annie andrà tutto bene. Sarai bravissima e te la caverai – le dico.
- E se succedesse qualcosa al bambino?- mi chiede.
- Non succederà niente al tuo bambino – le dico per rassicurarla – Ricordi quando abbiamo ascoltato assieme il bambino muoversi?- le chiedo poi.
Lei annuisce, sorridendo al ricordo.
- Bene. Fra poche ore lo vedremo di persona. Non percepiremo solo il suo movimento tramite le nostre mani ma lo potremo vivere con tutti i sensi. Sarà un bambino bellissimo –
Annie mi stringe la mano non per via del dolore ma come ringraziamento.
- Vorrei che Finnick fosse qui, che potesse vedere suo figlio. Nostro figlio – mi dice mentre una lacrima le scivola lenta lungo la guancia.
Sento una fitta al cuore. Non dovrei esserci qui io, accanto ad Annie. Doveva esserci Finnick. Lui meritava di essere qui in questo momento. Meritava di conoscere suo figlio, di passare tanti momenti belli con la sua famiglia.
So per certo però che lui non è del tutto andato via. Sarà sempre accanto alle persone che ha amato. Come Prim, i miei genitori, i miei fratelli e tutte le persone che hanno perduto la propria vita per un mondo migliore.
- Annie, Finnick è sempre accanto a te, anche in questo momento. Lui veglierà sempre su di te e su vostro figlio. Vivrà sempre nel tuo cuore, perché quando si ama così intensamente, così profondamente, quando si è toccati da  un amore così intenso da travalicare i limiti dello spazio e del tempo, come l’amore che Finnick nutriva per te, non si rimane mai soli – le dico con il cuore.
- Grazie – mi dice commossa, accarezzandosi la pancia prima di afferrare repentinamente la mia mano a causa dell’arrivo di un’altra contrazione.
Nel frattempo arriva un dottore che mi fa uscire dalla stanza per visitare Annie. Nel corridoio incontro Johanna assieme alla madre di Roland, sopraggiunte per darmi il cambio.
Quando mi reco in sala d’aspetto trovo solo Roland stravaccato su una sedia.
- Dove sono Katniss e Lily? – gli chiedo.
- Lily è dovuta tornare a casa, Katniss credo sia andata a trovare sua madre –
Lo ringrazio con un cenno per l’informazione e mi dirigo verso il reparto in cui è ricoverata la madre di Katniss.
Sulla soglia della camera della signora Everdeen osservo Katniss seduta sulla sedia accanto al letto della madre, le sta accarezzando la mano mentre la signora Everdeen dorme.
Mi avvicino lentamente a lei e le poggio una mano sulla spalla.
Lei alza il viso su di me e fa un debole sorriso.
- Ehi – sussurra – Sono venuta a controllare come stesse mia madre – aggiunge.
- Hai fatto bene – le dico facendo con la mano una lieve pressione sulla sua spalla per rassicurarla.
Lei si alza piano e indica la porta. Ci dirigiamo entrambi verso il corridoio.
- Come sta Annie?- chiede.
- Bene –
Lei mi guarda con occhi preoccupati e so a cosa sta pensando. Sta provando la stessa paura di Annie, la mia stessa paura che qualcosa possa andare male. È la paura di persone che hanno perso troppo e che si aspettano il peggio dalla vita. Questa volta però non sarà così, andrà tutto bene.
È a causa di questa paura che non è voluta venire a trovare Annie, ora lo so, lo capisco e mi sento così stupido per aver avuto paura per un attimo che si stesse allontanando da me.
Le prendo le mani e le stringo con le mie portandomele al petto.
La guardo fisso negli occhi: - Katniss andrà tutto bene. Annie e il bambino staranno bene –
- Come fai ad esserne certo?- mi chiede.
- Lo so e basta. Ti fidi di me? –
Lei mi sorride e annuisce.
- Allora non avere più paura e vieni con me – le dico trascinandola verso il reparto maternità.
 
 
 
POV Katniss


 
Il contatto con la mano di Peeta mi rassicura. Quando si è allontanato da me per andare da Annie mi sono sentita sopraffare da una paura cieca. Ho ricordato le volte in cui alcune donne, venute da mia madre per partorire non ce l’hanno fatta a causa di alcune complicazioni, o volte in cui il bambino è nato morto. Non voglio che questo accada ad Annie e al suo bambino.  Al bambino di Finnick. Loro meritano una vita felice e piena.
Non voglio affrontare altro dolore.
Mi concentro sulle nostre mani intrecciate, la mano di Peeta mi infonde coraggio.
Quando arriviamo nella sala d’aspetto del reparto maternità, troviamo solo Roland.
- Novità?- chiede Peeta.
- Nessuna – risponde Roland.
Ci sediamo accanto a Roland e aspettiamo in silenzio.
Il tempo passa e non sappiamo ancora niente. Ogni tanto arriva Johanna che ci rende partecipe delle ultime visite del dottore. Io sono passata un momento da Annie a salutarla, ma sono andata quasi subito via dopo aver visto la smorfia di dolore sul suo viso causata da una contrazione.
È passata la mezzanotte ormai ma non sappiamo ancora niente.
Mentre siamo seduti qui in silenzio, all’improvviso Roland fa un movimento brusco, toccandosi la fronte con una mano.
- Peeta! Lo avevo completamente dimenticato – esclama.
- Cosa? – chiede Peeta allarmato.
- Ieri pomeriggio ha chiamato il tuo mentore, Haymitch –
Io mi giro sorpresa verso Roland. Haymitch ha chiamato lui? Perché? Come faceva a sapere il suo numero e soprattutto a sapere chi fosse? Dopo qualche secondo collego.
- Era tuo il numero di emergenza di Peeta?- esclamo.
Peeta si gira sorpreso verso di me: - Tu che ne sai del numero di emergenza?- mi chiede.
Sento le mie guance colorarsi lentamente. Avevo chiesto quel numero ad Haymitch per chiedere a Peeta di tornare, per rivelargli i miei sentimenti.
- Me lo ha detto Haymitch – dico fugacemente e per togliermi dall’imbarazzo chiedo a Roland: - Cosa voleva Haymitch?-
- Voleva parlare con Peeta. Quando gli ho detto che Peeta non c’era ha iniziato a chiedermi in che distretto fossimo ma io non gli ho detto niente. Come mi avevi detto tu di fare – dice rivolgendosi a Peeta - Lui non è stato molto gentile a questo punto, ha iniziato a sbraitarmi contro e alla fine si è calmato e ha detto testuali parole: “Dì al ragazzo di smettere di giocare a nascondino, alzare quelle chiappe e prendere il primo treno per il Distretto 4, dove si trova dolcezza perché la madre ha avuto un infarto ed è ricoverata” poi mi ha minacciato che se non ti avessi riferito il messaggio mi sarebbe venuto a cercare e me l’avrebbe fatta vedere!- conclude Roland preoccupato.
Io e Peeta ci guardiamo e contemporaneamente scoppiamo a ridere. Tipico di Haymitch. Oltre all’ilarità che le sue parole mi hanno provocato, sono commossa dal fatto che abbia chiamato Peeta per dirgli di strami vicino. Non smetterà mai di proteggermi.
 - Allora lo chiamerai? Ho davvero paura che possa farmi quello che ha detto – dice Roland a Peeta con aria comica.
- Non credo che lo farò. Che dici Katniss se gli facessimo una sorpresa? Immagina come reagirà quando ci vedrà scendere dal treno mano nella mano?- mi dice divertito.
Queste parole mi riempiono il cuore. Peeta ha davvero deciso di tornare con me al Distretto 12. Avevo paura che nonostante tutto volesse rimanere qui dove ha una vita felice e serena. Ma lui ha detto che tornerà e che vuole fare una sorpresa ad Haymitch. Immagino già la sua faccia quando ci vedrà e sorrido.
- Sarebbe bello fargli una sorpresa – rispondo.
Sentiamo Roland protestare e allontanarsi borbottando qualcosa. Ma noi non lo ascoltiamo perché ci stiamo guardando negli occhi. La frase di Peeta che voleva essere uno scherzo nascondeva in realtà una promessa. La promessa di iniziare insieme una nuova vita nel nostro distretto. La promessa di giorni felici.
Ci sorridiamo a vicenda, complici di questa consapevolezza.
- Katniss come mai Haymitch ti ha parlato del numero di emergenza? – mi chiede lui con uno sguardo allegro.
Sento nuovamente le mie guance infiammarsi. Abbasso lo sguardo imbarazzata. Improvvisamente la punta delle mie scarpe è diventata molto interessante ai miei occhi.
- Gli avevo chiesto un modo per rintracciarti – gli dico.
- E come mai volevi rintracciarmi? – mi chiede.
Ha capito che sono in imbarazzo ma nonostante questo continua ad interrogarmi. Vuole sapere. Ha bisogno di sapere. Nonostante l’imbarazzo, so che glielo devo. Gli devo delle spiegazioni.
-Vedi io…avevo capito che…- non riesco a dirglielo.
Devo farlo. Per lui. Per me. Per noi.
- Volevo chiederti di tornare….tornare da me – gli dico.
Sento la sua mano sollevarmi il mento. Quando incontro i suoi occhi, sono radiosi. Emanano una lucentezza particolare. Gli sorrido.
- Posso confidarti un segreto?- mi dice sorridendo.
Io annuisco.
- Quando ho dato quel numero ad Haymitch, speravo che lo desse a te e che fossi tu a chiamarmi. Sappiamo entrambi che Haymitch non è bravo a mantenere le promesse e sapevo per certo che se tu glielo avresti chiesto te l’avrebbe dato – dice in tono scherzoso.
Un dubbio però lascia il posto al suo sorriso.
- Come mai non hai chiamato?- chiede un po’ triste.
Forse crede che avessi rinunciato a lui, per questo mi affretto a rispondere: - Ci ho provato ma non mi ha risposto nessuno e subito dopo ho ricevuto la notizia di mia madre – gli dico quasi scusandomi.
- Come non ti ha risposto nessuno? Roland mi aveva assicurato che ci sarebbe stato sempre qualcuno a casa! Avevo dato il suo numero perché il numero della casa in cui sto è quello di Finnick ed ero sicuro che Haymitch l’avrebbe riconosciuto. Non volevo trovarmi Haymitch dietro la porta di casa che mi riportava per capelli nel 12. Non ero pronto a tornare- mi dice in tono di rammarico.
Per un attimo la paura che lui voglia restare qui mi ritorna alla mente. Lui deve leggere qualcosa dal mio sguardo perché aggiunge: - Ora lo so sono. Sono pronto a tornare anche domani stesso, con te – mi dice prima di lasciarmi un leggero bacio sulle labbra.
Nel frattempo vediamo arrivare Roland con sua madre.
- Annie è entrata in sala parto. Sta per avere il bambino. Johanna è entrata con lei – dice il cugino di Annie.
Improvvisamente la tensione provata prima torna tra noi. Stringo forte la mano di Peeta.
Roland inizia a passeggiare avanti e dietro per la sala d’attesa, la madre si siede a qualche sedia di distanza da noi, il viso teso per la preoccupazione.
Dopo non so quanto, non sono in grado di quantificare il tempo in questo momento, vediamo arrivare Johanna.
Indossa una cuffietta e un camice verde. È radiosa.
- È nato. Sta bene. Stanno entrambi bene – dice sorridendo.
Noi in attesa emettiamo all’unisono un sospiro di sollievo. Un secondo dopo scoppia la felicità.
Ci abbracciamo, ridiamo, sorridiamo. È una grande festa.
Quando l’euforia inizia a scemare, iniziamo a sommergere Johanna di domande: quanto pesa? com’è? quando possiamo vederlo?
Johanna risponde con calma a tutte le nostre domande. Per quanto riguarda andare da Annie, ha detto che  lei vorrebbe vederci, nonostante la stanchezza. Dobbiamo sempre rispettare la regala di massimo due persone alla volta. Per primi vanno Roland e sua madre, dopo tutto loro fanno parte della sua famiglia. Lancio un’occhiata a Peeta e lo vedo impaziente di conoscere il piccolo Odair. Anch’io lo sono.
Quando ritornano dalla visita, Peeta mi afferra per mano e mi trascina quasi volando in camera di Annie.
 
La neo-mamma è stesa sul letto, con la schiena appoggiata su alcuni cuscini. In braccio ha un piccolo fagotto. Lo guarda con un amore speciale, un amore che solo una madre è in grado di dare.
Quando sente i nostri passi, Annie alza la testa e sorride. È un’immagine bellissima. Annie emana una luce particolare che offusca la stanchezza del suo volto.
- Ciao – dice piano.
- Ciao – rispondiamo io e Peeta insieme.
- Possiamo vederlo?- chiede timidamente Peeta.
- Certo- risponde dolcemente.
Ci avviciniamo a piccoli passi al letto di Annie. Quando siamo abbastanza vicini, lei porge quel fagottino verso Peeta.
- Vi presento Finnick Peeta Odair – dice Annie sorridendo a Peeta.
Vedo l’emozione e la commozione sgorgare dal viso di Peeta. Guarda prima il bimbo e poi Annie incredulo.
- Io…non..- farfuglia.
È la prima volta che lo vedo senza parole.
- Grazie – alla fine aggiunge.
Annie gli sorride e gli stringe un braccio.
Peeta allunga le mani e  prende in braccio quel piccolo fagotto. Io mi avvicino e osservo quell’esserino. 
Ha il viso arrossato e gli occhi chiusi. Sembra dormire beato. Ha pochi capelli ma sembrano già avere dei riflessi chiari.
Un’emozione indescrivibile mi riempie il cuore.  Provo un affetto smisurato per questa piccola creatura. Il figlio di uno dei miei amici più cari. Finnick. È un esserino così piccolo e fragile che però emana una forza ineguagliabile. La forza della vita, la forza della speranza. È un bimbo concepito in un mondo di oppressione e distruzione, nato in un mondo libero e pieno di fiducia per il futuro.
Guardo Peeta. Sta ammirando con occhi tutti nuovi questo bambino.
Peeta rappresenta per me la speranza e la voglia di vivere e questo bambino ha rafforzato in me questo desiderio mostrandomi quanta vita e rinascita c’è attorno a noi. Quanto bello può essere ancora il mondo.
Accarezzo delicatamente una mano di questo meraviglioso bambino, mentre con l’altra accarezzo la schiena di Peeta che si volta a guardarmi con un sorriso bellissimo.
Lui, la mia speranza e la mia rinascita.
Il mio futuro.
- È bellissimo Annie – mormoro.
Lei mi sorride. È il sorriso di una madre.





Note dell'autrice:


Ciao a tutti. Come sapete avevo deciso di finire la storia con il capitolo precedente ma poi ho pensato che non sarebbe stato giusto non farvi conoscere il piccolo Odair. Spero vi sia piaciuto.


Ringrazio dal più profondo del cuore tutti quelli che commentano la mia storia, mi avete dato la spinta per giungere fino a questo punto. Grazie anche a tutti coloro che hanno inserito la mia storia nelle loro liste e anche a tutti i lettori silenziosi. 
  
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