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Autore: Enedhil    20/03/2016    1 recensioni
È il primo Marzo dell'anno 3019 della Terza Era della Terra di Mezzo. La notte è scesa su Minas Tirith e il nuovo Re di Gondor, dall'alto delle mura, è in attesa di quell'alba che darà inizio al suo regno. Ma non è solo. Al suo fianco, come sempre, l'amico che l'ha accompagnato fino a quel momento e che, ancora una volta, gli terrà la mano ricordando con lui il loro passato, prima che il nuovo giorno cominci.
[Prima parte della serie "Dall'Oscurità Alla Luce"]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aragorn, Eomer, Legolas, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dall'Oscurità Alla Luce'
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~ 3 ~

Gara finita!” esclamò Legolas con una certa soddisfazione nella voce quando vide Gimli crollare a terra dopo l'ennesimo boccale di birra. Chinò la testa con un sorriso in segno di saluto in direzione di Éomer, il nipote del Re di Rohan, che ancora lo stava fissando divertito, e fece qualche passo per allontanarsi. Cercò di raggiungere la porta per uscire ma in quella direzione, come un po' in tutto il salone, i cavalieri avevano creato una specie di capannello attorno ai tavoli e ai piedi di essi. Ormai ubriachi o esausti, molti di essi si erano seduti o distesi dove capitava rendendo difficile il passaggio mentre altri, ancora in forze, si dilettavano in nuove sfide a chi beveva di più o nel racconto molto animato di divertenti eventi passati.
L'elfo scrutò davanti a sé come se dovesse decidere come meglio agire per lasciare quel luogo. Non sentiva la stanchezza ma voleva restare un po' solo per riprendersi dopo tutti gli avvenimenti accaduti in quei giorni. Il suo spirito aveva bisogno di ritrovare la tranquillità e tutto quel baccano, quelle risate e quelle grida non lo aiutavano e forse, in fondo, sentiva il lieve effetto di quella birra nel corpo. Niente che potesse annebbiargli i sensi come per tutti quegli Uomini, anzi, ma forse proprio nel profondo, qualcosa di diverso lo distingueva.
Dopo un momento decise di proseguire, scavalcando le gambe di alcuni uomini distesi davanti a lui ma quando l'impresa sul pavimento divenne più ardua, salì con passo felino sulla panca al suo fianco dove erano seduti in maniera scomposta due cavalieri, la schiena rivolta contro il tavolo e nelle mani due boccali mezzi vuoti. Li superò entrambi lentamente e con passo felpato, come se fosse un gatto che si insinua tra oggetti preziosi sinuosamente senza nemmeno sfiorarli, ma al passaggio, abbassò lo sguardo su di loro quasi temesse una qualche reazione. Notò l'espressione sui loro visi mentre con gli occhi lo seguivano passo passo come se fosse un'attrazione mai vista e non poté fare a meno di sorridere nel percepire un qualcosa simile a dei pensieri lascivi e a emozioni contrastanti, in quel momento di confusione dovuto alla birra e all'euforia della serata.
Si guardò attorno prima di scendere dalla panca, come se cercasse qualcuno tra la folla e intravide Éowyn, la Dama nipote di Re Theoden, non molto distante, che parlava proprio con l'uomo che stava tentando di individuare.
Aggrottò le sopracciglia come se quel fatto lo avesse in qualche modo infastidito e scese di nuovo sul pavimento, lanciò un'ultima occhiata in quella direzione e uscì dal salone, iniziando a percorrere con estrema lentezza i corridoi del palazzo.
Non passarono che pochi momenti quando percepì una presenza alle proprie spalle, non così vicino da sentirlo fisicamente ma era ben conscio che qualcuno, dal fondo del corridoio, stava percorrendo i suoi stessi passi, così rallentò ancora di più ed esclamò:
Non credi che sia inutile questo gioco? Non si è mai visto un Uomo battere in agilità e discrezione un Elfo. Perché mi stai seguendo?”

Io non sono un semplice Uomo.”

Legolas sorrise e si fermò, continuando però a dargli le spalle quando sentì i suoi passi avvicinarsi.
No, tu sei Aragorn, figlio di Arathorn ed erede al trono di Gondor!” ripeté quelle parole come quel giorno ormai lontano a Granburrone ed udì una debole risata da parte dell'amico che ora l'aveva raggiunto.

Te ne prego... non anche questa sera!” ribatté Aragorn fermandosi dietro di lui e, chinandosi in avanti per raggiungergli l'orecchio, gli sussurrò: “Buh!”

L'elfo alzò un sopracciglio perplesso, lanciandogli un'occhiata con la coda dell'occhio.
Oh... sono terrorizzato!” mormorò, fingendo un tono preoccupato. “Dovrei fuggire lontano da qui ora?”

L'uomo scosse la testa ridendo e lo affiancò, incrociando le braccia sul petto. Lo osservò un istante rendendosi conto nuovamente di quanto l'amico sembrasse fuori luogo in quel posto con quell'abito che sembrava adatto a un ricevimento e non a una serata tra cavalieri ubriachi.
Non stai mai al gioco,” mormorò sorridendogli e gli passò per la mente un altro pensiero come poco prima, nel salone. Pensò di nuovo a quanto la bellezza immortale dell'elfo non potesse essere paragonata a nessuno lì dentro, se non, forse, a quella aggraziata e al tempo stesso forte della Dama di Rohan, ma anche in quel caso il confronto non sarebbe stato alla pari. Legolas aveva quella luce che poteva intimidire anche le tenebre più impenetrabili e quei tratti maschili ma al tempo stesso dolci e affascinanti in grado di confondere e ammaliare.

Sono stato al gioco fino ad ora come voleva Gimli,” rispose Legolas, aggrottando però le sopracciglia nel momento in cui incrociò gli occhi dell'amico e, per un istante, si bloccò come in ascolto. “E non mi sono tirato indietro.”

Lo so, ti ho visto,” ribatté Aragorn alzando le spalle, guardandolo però incuriosito dalla sua espressione. “Ma non è la stessa cosa, non ti avrebbe mai battuto!”

Tu non mi hai visto,” sussurrò allora l'elfo, ricominciando a passeggiare lungo il corridoio. “Stavi parlando con Éowyn.”

Sì, stavo anche parlando con lei ma quello non mi ha impedito di guardarti.”

Percepì i passi dell'amico che lo seguivano di nuovo così proseguì.
Non darle false speranze, non ne ha bisogno... ed anche tu non hai bisogno di tutto questo. Il tuo cuore appartiene ad Arwen e sarebbe ingiusto nei confronti di entrambe questo tuo illusorio interesse nella sua persona.”

Aragorn restò un attimo sbalordito da quelle parole come se non ne comprendesse il significato, così lo affiancò di nuovo, camminandogli accanto.
Perché mi stai dicendo questo? Non ho interesse per Éowyn nel modo a cui ti sei riferito.” Deglutì, sapendo bene che, in fondo, anche se solo per pochi istanti, lo aveva pensato. Lei poteva restargli accanto come Arwen non avrebbe mai potuto. “Ad ogni modo, Arwen ha lasciato queste Terre e ha raggiunto il vostro popolo al di là del Mare. Quello che mi lega a lei resterà per sempre nel mio cuore come un sogno... intenso e bellissimo ma pur sempre un sogno. Sarebbe così sbagliato cercare altrove la felicità?”

Menti a me e a te stesso, Estel,” sussurrò con una punta di sconforto Legolas, voltandosi verso di lui per guardarlo ancora negli occhi.“Non conosci cosa è avvenuto da quando siamo partiti e il mio cuore mi dice che la vostra storia non è ancora terminata.” Alzò una mano e con la punta delle dita sfiorò il medaglione che l'uomo aveva al collo. “Dovresti continuare a credere in quello che porti ogni giorno con te.”

Aragorn abbassò lo sguardo sulla sua mano e sospirò profondamente.
Ú iston na nad estelion. (Non so più a cosa credere.)”

Estelio na le. Estelio na nin, (Credi in te stesso. Credi in me,)” gli rispose dolcemente l'elfo, alzando la mano sulla sua guancia. “Radathach i 'lass, mellon nîn. (Troverai la felicità, amico mio.)”

L'uomo restò a lungo perso nei suoi occhi come se solo in quel modo potesse ritrovare il sostegno che gli era venuto a mancare. Avrebbe voluto dire centinaia di cose che gli affollavano la mente ma, ad ogni suo pensiero, era come se ottenesse un sorriso in risposta da parte dell'amico, così si limitò a fare un cenno col capo e a stringerli con forza la mano che ancora indugiava sul suo petto.
Non servivano altre parole, se non quelle per tornare ad un discorso più leggero e più adatto a quella nottata di festeggiamenti.

E quindi hai battuto Gimli senza concedergli la rivincita? Non è corretto.”

Legolas gli sorrise e portò le mani su di sé come a volersi sistemare la tunica celeste con fare altezzoso.
Sono in grado di battere lui o chiunque altro in qualsiasi rivincita mi venga riproposta!”

Ecco qui il principino di Bosco Atro!” esclamò Aragorn, squadrandolo da capo a piedi con un sorrisino divertito. “Potresti battere chiunque ma non me!”

Ti ho visto ubriaco più di una volta dopo solo pochi boccali, dovrei temerti?”

L'uomo scosse lentamente la testa e iniziò a indietreggiare facendogli cenno con la mano di seguirlo.
Non una gara a chi beve di più... ma a chi resta in piedi!”

Legolas socchiuse le labbra leggermente stupito ma poi annuì e si avvicinò a lui, seguendo i suoi movimenti mentre l'uomo proseguiva all'indietro, fino a sussurrargli sulle labbra:
Ti farei finire a terra anche con una mano sola.”

E allora provaci... anche se credo che...”
Aragorn non fece in tempo a terminare la risposta che vide l'amico superarlo di scatto e partire in corsa lungo il corridoio, svoltando l'angolo che portava alla stanza concessa ai Compagni da Re Theoden.
Scoppiò a ridere e lo seguì, facendo il possibile per raggiungerlo, ma quando questo avvenne, l'elfo era già al centro della stanza con le mani sui fianchi, lo sguardo deciso e il portamento fiero della sua razza.
Come sapevi che avrei proposto di venire qui?” gli chiese ancora incuriosito mentre richiudeva la porta alle proprie spalle.

L'ho visto nei tuoi occhi,” rispose candidamente Legolas mentre osservava ogni singolo movimento dell'amico come se lo stesse studiando per scovare i suoi punti deboli, anche se già li conosceva fin troppo bene.

Tu guardi troppo nei miei occhi!” mormorò Aragorn facendo qualche passo per pararsi davanti a lui, lasciando solo una breve distanza tra loro. “Dovrei fare attenzione a quello che mi passa per la mente.”

Dovresti... ma non puoi farlo.”

Proseguì senza pensare completamente alle proprie parole ma quando udì quelle dell'elfo sentì una strana sensazione lungo la schiena, quasi temesse che l'amico avesse potuto realmente leggere nei suoi occhi i pensieri di quella notte.
Vide nuovamente un sorrisino divertito sulle sue labbra e cercò di liberare la mente.
Allora... che vinca il migliore!”

Di sicuro vincerò,” bisbigliò Legolas prima di fargli cenno con entrambe le mani di farsi avanti.

Aragorn lo osservò intensamente per qualche momento poi di colpo si avventò su di lui, iniziando così quella lotta amichevole che non era intenzionato a perdere. Conosceva fin troppo bene le doti dell'elfo, l'agilità e la forza, e per vincere avrebbe potuto solo puntare sulla leggerezza del suo corpo.
Più volte tentò di afferrarlo per spingerlo lontano nella speranza che perdesse l'equilibrio in uno dei giacigli preparati a terra ma dopo pochi istanti, Legolas gli era di nuovo addosso con le braccia strette attorno al suo collo mentre con le lunghe gambe tentava di farlo cadere a terra. Quella battaglia impari ma, fino a quel momento, stabile, continuò a lungo nel silenzio, ad eccezione dei respiri rapidi dei due contendenti e alle deboli risate quando uno dei due finiva in qualche posizione scomoda. Fino a quando l'uomo si ritrovò per l'ennesima volta con l'amico dietro le spalle che gli teneva il braccio destro piegato attorno alla gola, la mano posata su quello sinistro che era fermo sul lato della sua testa mentre la mano dello stesso stringeva i capelli scuri sul suo capo.

Arrenditi Estel!” gli bisbigliò Legolas tentando di insinuare il ginocchio tra quelli dell'uomo per fargli perdere la stabilità. “Non ne uscirai sveglio da qui!”

Oh, vuoi farmi perdere i sensi con questa... presa? Che illuso!” lo schernì l'uomo nonostante faticasse a tenergli testa in quel momento, vista anche la stanchezza che iniziava a farsi sentire “Non mi stai neanche facendo il... solletico...” rilassò però i muscoli lasciandosi andare contro di lui e appena sentì la presa allentarsi ne approfittò. Si voltò di scatto verso di lui, cingendogli la vita con entrambe le braccia per rialzarlo da terra.
Sei finito!” gli bisbigliò sulle labbra soddisfatto nel vedere l'espressione sgomenta sul suo viso e cercò di fare qualche passo per trovare il punto giusto dove lasciarlo cadere, bloccarlo con la schiena al pavimento e vincere la lotta.

Aragorn!” esclamò l'elfo, aggrappandosi alle sue spalle. “Non è corretto così!” Tentò di divincolarsi al principio, ma poi si arrese e lanciò un'occhiata alle proprie spalle per vedere dove stava per finire. Non fece però in tempo, perché dopo alcuni passi sentì l'amico barcollare e la sua imprecazione prima di ritrovarsi a terra, per metà su uno dei giacigli sul pavimento, poco distante dalla parete di pietra, con tutto il peso di Aragorn sopra di sé e un dolore alla schiena per il colpo subito.
Questo... non è divertente,” gemette, stringendo gli occhi per qualche istante, ma quando li riaprì si rese conto che l'amico gli aveva prontamente protetto la testa, mettendogli una mano sotto di essa per impedire che nella caduta colpisse il pavimento.

Ti chiedo scusa. C'era un cuscino lì in mezzo... non l'avevo visto. Ti senti bene? Mi dispiace.”

La voce balbettante e piena di apprensione di Aragorn lo fece sorridere. Aveva ricevuto colpi ben peggiori in battaglia e ne aveva anche inferti di molto più violenti ma non era mai stato il suo amico a provocarglieli e da un lato gli faceva piacere tutta questa sua preoccupazione per una minima caduta come quella, così lo lasciò scusarsi ancora per qualche momento prima di fermarlo.

Sul serio, Legolas... non avevo intenzione. Perdonami. Ti sei fatto male?”

Io no. Solo la mia schiena e tra poco le mie costole se continui a schiacciarmi col tuo peso!”

L'uomo deglutì e si rialzò leggermente dal corpo dell'amico, lasciando scivolare via la mano da sotto la sua nuca per adagiarla dolcemente sulle coperte sotto di loro.
Mi dispiace davvero. Non volevo... è stato...”

L'ho compreso Estel!” lo interruppe allora Legolas sorridendogli. “Non me l'hai mai detto così tante volte da quando ci conosciamo, ti credo!”

Aragorn tirò un sospiro di sollievo e accennò a sua volta un sorriso.
Beh, per fortuna c'era il giaciglio di Gandalf ad attenuare la caduta.” Si mise lentamente in ginocchio, ancora chinato però verso l'elfo sotto di lui che seguì il suo movimento rialzando la schiena.

La mia forse... per la tua ci ho pensato io.”

Rise debolmente all'esclamazione del compagno ma quando fece per appoggiare la mano sinistra sulle coperte per rialzarsi sentì la mano di Legolas bloccargli con forza il braccio per impedirglielo.
Lo guardò negli occhi sorpreso da quel gesto e su quel viso così vicino al suo, fino a poco prima radioso, vide calare un velo di terrore.
Cosa?”

C'è qualcosa di malvagio qui,” mormorò debolmente l'elfo come per non farsi sentire, lo sguardo fisso in quello dell'amico ma all'erta, quasi stesse in ascolto di una voce indefinita. “Domande che ardono in attesa di risposte.” Aggrottò le sopracciglia. “Pensieri maligni cercano di insinuarsi in una cortina di nubi che ne mascherano la vera essenza.” Socchiuse le labbra, pronunciando alcune parole silenziose, come se lui stesso non riuscisse a riconoscerle e infine con un sibilo aggiunse: “Il velo è caduto.”

Il Palantír,” bisbigliò Aragorn, spalancando gli occhi quando si rese finalmente conto di cosa stesse parlando e posò lo sguardo alla loro sinistra, su quell'oggetto che, nella caduta, era stato urtato e in parte scoperto dalla protezione nella quale lo stregone lo aveva avvolto.
Istintivamente spinse di lato Legolas per allontanarlo e, con un movimento rapido, afferrò la coperta e la ripose completamente su quella spia del Nemico della quale erano venuti in possesso.
Poi, col respiro rapido come dopo una lunga corsa, si voltò nuovamente verso il compagno che era rimasto adagiato su un fianco con le mani strette sulle coperte sotto di lui e la testa china.

Legolas?” gli accarezzò la nuca, sfiorando con le dita i capelli intrecciati e lo sentì annuire. Si sentì di nuovo in colpa per aver permesso che l'amico percepisse quelle emozioni negative e si chiese se, in qualche modo, avessero influito su di lui e sul suo spirito o se invece la sua luce lo avesse in qualche modo protetto. E come se l'avesse pronunciato ad alta voce, udì la sua risposta.

Sì, è stato solo un attimo, non l'ho toccato,” mormorò Legolas, facendo dei profondi respiri. “Ora è passato, non preoccuparti. Non ha alcun potere su di me.” Rialzò la testa e gli sorrise per rassicurarlo. “E non è colpa tua, non hai fatto niente e non è accaduto niente!” Vide l'uomo spostarsi davanti a lui, restando accosciato, e passarsi le mani sul viso con un sorriso però ancora teso e allora allungò la mano verso di lui. “Avanti! Non hai ancora vinto!”

Aragorn cercò di scacciare quei pensieri che continuavano ad affliggerlo. Nonostante sapesse che il compagno avesse ragione, c'era sempre quella parte che lo faceva temere di sbagliare ogni cosa, ma doveva concedere un po' di riposo al proprio spirito o non sarebbe andato lontano.
Sì, l'ho fatto!” ribatté “Sei finito schiena a terra.”

Ma non hai contato fino a cinque!”

L'uomo notò lo sguardo di sfida nei suoi occhi e non se lo fece ripetere. Gli afferrò la mano alzata con la propria, strattonandolo verso di sé mentre con l'altro braccio gli cinse la schiena per voltarsi e trascinarlo lontano da quel lato della stanza. Udì un lamento ma lo ignorò e si posizionò al suo fianco, spingendolo nuovamente a terra mentre incrociava le dita con le sue, palmo contro palmo di entrambe le mani, per costringerlo a tenere la schiena sul pavimento.

Ti prego, Aragorn!” esclamò l'elfo, ridendo e sottostando per qualche momento a quella posizione. “Così è fin troppo facile! Non hai trovato di meglio per battermi?”

Aragorn strinse gli occhi per ribattere ma appena notò che l'elfo stava per muovere le gambe e scivolare via, si spostò subito sopra di lui mettendosi tra le sue ginocchia e premendo il corpo contro il suo per impedirgli quel movimento.
Uno! Io non credo sia così facile adesso. Due! Che cosa dici?”

Legolas spalancò gli occhi lievemente sorpreso ma, per niente sconfitto, strinse più forte le mani dell'uomo posate ai lati della sua testa
Dico che... hai già provato prima così e non ha funzionato!” gli mormorò divertito sulle labbra senza allontanare lo sguardo dal suo come se volesse tenerlo incatenato per impedirgli di notare la sua prossima mossa. “Non mi batterai stando tra le mie cosce... sono più forte di te!”

L'uomo sorrise a quella provocazione senza spostarsi minimamente e continuando a contare.
Tre. Ma tu sei ancora sul pavimento e io sopra di te... questo significa che...” non riuscì però a terminare la frase che sentì le ginocchia del compagno stringersi sui suoi fianchi con forza.

Tu parli troppo!” esclamò l'elfo mentre incrociava le caviglie dietro la sua schiena, cercando di far forza col bacino per costringerlo a rialzarsi, ma si rese conto che l'amico era ancora troppo concentrato sulla sua presa per riuscire a ribaltare le posizioni, così dovette trovare un'alternativa.

Quattro! E tu sei troppo principe per sconfiggere un ramingo in una lotta corpo a corpo!” ribatté Aragorn, stringendo i denti per resistere alle sue spinte che, nonostante tutto, erano abbastanza forti da farlo barcollare “Ci sono stati tempi in cui mi procuravo da mangiare in questo modo ed ero imbattibile!”

Ti procuravi il cibo stando semplicemente sopra agli uomini?” gli chiese l'elfo con un sorrisino. “Non era molto difficile allora.” E a quel punto gli venne in mente come farlo distrarre dalle sue intenzioni.

Intendevo lottando!” esclamò l'uomo ridendo. “Ma ad ogni modo, se non sbaglio, siamo arrivati al...”

Davvero credi che io sia più attraente della nipote di Re Theoden?”

Quella domanda lo lasciò allibito e gli provocò un'ondata di imbarazzo che gli fece perdere, per un istante, la fermezza di quella posizione che prontamente Legolas ribaltò.

Con un colpo di bacino, l'elfo spinse il compagno di lato e, senza lasciargli le mani, ora ferme ai lati della testa dell'uomo, si mise a cavalcioni su di lui, sorridendo divertito dall'espressione sgomenta sul suo viso e dalle guance tinte di un leggero rosso vivo.

Uno. Se lo pensi puoi anche dirmelo, non è certo un'offesa. Due. Come la mia luce che... ammalia. Tre. Oppure che mi trovi dolce e affascinante?” cercò di non ridere quando l'espressione attonita del compagno assunse dei tratti simili al panico. “Quattro. È questo che pensi?” si chinò su di lui per fissarlo intensamente negli occhi. “Ti confondo, Aragorn?” ma poi con un sorriso compiaciuto terminò: “Cinque!”

Aragorn era rimasto immobile da quando si era ritrovato sotto al corpo del compagno, incapace di reagire e di pronunciare una sola parola, troppo imbarazzato e stupito da quello che Legolas gli stava ripetendo. Quei pensieri che lui stesso aveva fatto a cuor leggero, ma che ora, sentendoli pronunciare proprio dalla persona interessata, avevano assunto un peso diverso.
Hai letto la mia mente?” mormorò, allontanando lo sguardo dal suo come per evitare che accadesse di nuovo. “È tutta la sera che lo fai ma sono stato troppo stupido per accorgermene subito.”

L'ho sempre fatto,” rispose sorridendo Legolas, pur percependo qualcosa di diverso nel tono di voce dell'amico. “È solo che riesco a sentire meglio le sensazioni questa notte. Non credo che...”

Non desidero che tu lo faccia!” tagliò corto l'uomo, tentando di liberare le mani. “Non come lo stai facendo ora... e hai vinto, quindi puoi rialzarti!” Non gli diede il tempo di ribattere e lo ripeté nuovamente alzando la voce: “Hai vinto tu, d'accordo? Alzati!”

L'elfo lo guardò confuso, cercando le parole per riuscire a farsi spiegare quella strana reazione da parte dell'uomo ma ad un tratto la porta si spalancò e i due giovani hobbit entrarono nella stanza.

Che state facendo?” esclamò Pipino, avanzando e notando le coperte e i cuscini sparsi in modo disordinato rispetto a come li avevano lasciati.

Era... una gara a chi rimane in piedi,” mormorò Legolas, lasciando le mani del compagno e rialzandosi all'istante per poi dirigersi all'angolo dove aveva lasciato l'abito che indossava sopra la tunica e il mantello dono degli Elfi di Lothlórien.

E suppongo che abbia vinto tu!” disse Merry sorridendo con le braccia conserte mentre osservava Aragorn che, lentamente, si stava rialzando e si andava a sedere sul proprio giaciglio. “Non è stato molto saggio battersi contro un Elfo!”

Una lotta?” esordì allora Pipino, spalancando gli occhi. “Sembra divertente! Facciamola anche noi!” e all'improvviso saltò alle spalle dell'altro hobbit cingendogli il collo.

Pipino! Pipino lasciami!”
Merry si liberò con facilità allontanando l'amico ma poi con un sorriso si avventò a sua volta su di lui, iniziando quella lotta improvvisata davanti agli occhi degli altri due compagni.

Legolas si rivestì in pochi attimi, lanciando delle occhiate ad Aragorn che, però, stava seduto in silenzio a guardare con un debole sorriso i due hobbit. Avrebbe potuto scoprire facilmente cosa lo turbava ma l'amico gli aveva appena chiesto di non farlo, così si mise il cappuccio sulla testa e, seppur con un senso di disagio, lasciò la stanza.

 
~ ** ~ ** ~ ** ~

Aragorn abbassò lo sguardo, imbarazzato a quel ricordo, ma sulle sue labbra si formò un sorriso e mormorò
“Uscisti senza dire una parola.”

“Mi dissi tu di allontanarmi... o sono in errore?” gli chiese Legolas, portando la mano sotto al suo mento per fargli rialzare la testa. “Anche se fossi rimasto, non avremmo avuto occasione di parlare di nuovo da soli in quella stanza... ma se la mia mente non si sbaglia...”

“Venni a cercarti,” lo interruppe l'uomo, guardandolo nuovamente negli occhi. “Passò un'ora o forse di più e all'inizio non pensai di trovarti là fuori. La mia intenzione era quella di prendere un po' d'aria e fumare la pipa per schiarirmi le idee ma ti vidi proprio a qualche passo da me e pensai che non poteva essere una coincidenza.”

L'elfo gli sorrise dolcemente, sfiorandogli il profilo ruvido del mento col pollice.
“Non sono le coincidenze a guidarci, è il Fato... anche se a volte quel confine è sottile.”

 
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Legolas raggiunse l'esterno del palazzo e respirò intensamente l'aria pungente della notte per trovare un po' di sollievo da quella strana sensazione che sentiva. Non comprendeva la reazione improvvisa di Aragorn e il cambio repentino d'umore alle sue parole. Non aveva fatto altro che ripetere ad alta voce un complimento che l'uomo aveva pensato su di lui per portare a suo vantaggio quel gioco, non aveva fatto niente di male ma, da quel che sembrava, Aragorn la pensava diversamente.
Non si rese conto del tempo che passò immerso nei propri pensieri mentre il suo sguardo vagava sulla pianura e le lontane colline che circondavano il palazzo di Meduseld, in quella particolare notte dove le stelle sembravano nascondere parte della loro luce come se anch'esse stessero trattenendo il fiato, in attesa.
Ad un tratto un'onda calda gli attraversò il corpo, scuotendolo dal silenzio in cui si era circondato, e delle parole si fecero strada nei suoi pensieri con prepotenza.

'...mi hai colto di sorpresa... mi dispiace... non avevo intenzione di scansarti in quel modo ma... mi hai colto di sorpresa... non avevo intenzione di... risponderti in quel modo... usare quel tono...'

Sorrise, restando immobile in quel punto, e percepì distintamente i passi che si avvicinavano a lui. Si aspettò di udire anche la sua voce quando l'uomo giunse al suo fianco ma quando ciò non avvenne decise che sarebbe stato lui a rompere quel silenzio, senza attendere ancora.
Le stelle sono velate. Qualcosa si scuote ad Est, un insonne malanimo. L'Occhio del nemico si muove.”

Spero di non essere stato io la causa di questo suo interesse con quello che è accaduto poco fa,” disse allora Aragorn, sollevato dal fatto che l'elfo avesse iniziato quel discorso, allontanandolo, almeno in parte, dai pensieri che lo avevano tormentato per tutto il tempo che aveva passato nella stanza da letto coi due hobbit che, interrotti solo dall'arrivo di Gandalf e Gimli, erano stati costretti così a coricarsi per riposare.

Non siamo così importanti per lui,” sussurrò Legolas, lanciandogli un'occhiata e notando che ancora l'amico non lo guardava negli occhi se non per brevi attimi. “Non ancora. La sua ininterrotta ricerca non conosce tregua e oscuri sono i suoi piani... ma il cuore mi dice che i nostri piccoli amici sono incolumi e si stanno avvicinando al compimento della loro Missione.”

'...anche Gandalf l'ha detto...'

Udì quel pensiero nella propria mente e annuì debolmente ma attese in silenzio una qualche risposta che non arrivò, così notò che l'uomo stringeva nella mano la sua pipa.
Hai intenzione di fumare quell'erba qui?”

Decisamente!” ribatté Aragorn, tenendo lo sguardo fisso avanti a sé. “Dovrei forse allontanarmi?”

No, ma non mandare il fumo nella mia direzione.”

Legolas tentò infine di provocarlo con quell'argomento sul quale, decine di volte, avevano scherzato durante la loro conoscenza a Bosco Atro e nei periodi seguenti, quando si mettevano seduti ai piedi di un albero, sotto le stelle, e il ramingo si divertiva a soffiargli il fumo sul viso solo per vedere la sua reazione che, spesso, era quella di obbligare entrambi a un bagno nel lago per togliere di dosso l'odore dell'erba pipa.

Come desideri,” mormorò Aragorn, accennando finalmente un sorriso. “Anche se sarei curioso di vedere come faresti, considerato il fatto che non vedo laghi qui intorno!” Fece per accendersi la pipa ma tentennò, come se quella cosa in sospeso tra loro non gli permettesse di concentrarsi su nient'altro, così riabbassò le mani sospirando. “Ad ogni modo, come ti ho ripetuto ogni volta, il tuo profumo non viene alterato da quello del fumo,” abbassò la voce senza rendersene conto, pronunciando le parole successive con tono basso e caldo, “profumi sempre come l'erba dei tuoi boschi appena bagnati dalla rugiada mattutina, quando i tiepidi raggi di Anor risvegliano i prati in fiore e le foglie verdi degli alberi si scrollano di dosso la notte e danno il benvenuto al nuovo giorno.” Deglutì e girò la testa nella sua direzione, accorgendosi che l'elfo lo stava fissando con un'espressione piacevolmente sorpresa. “Un po' di fumo non può fare altro che renderti solo un po' più...Umano.”

Oh, desideri che sembri più Umano?” replicò Legolas, alzando un sopracciglio.

No,” rispose allora l'uomo, ridendo debolmente e scuotendo la testa con decisione. “Quello che intendo è che... mentre ti osservavo nel salone, riuscivo a capire quello che provavano tutti quei cavalieri nel vederti in mezzo a loro. Tu sei...” cercò le parole e sorrise dolcemente “...sembri uscito dalle fiabe che le madri mortali raccontano ai propri figli prima di metterli a letto la sera e certe volte è come se me lo dimenticassi, perché essere cresciuto con la vostra razza mi ha, in qualche modo, abituato a voi. Ma nonostante questo, delle volte me ne rendo conto e nella mia mente si fanno strada i pensieri che hai scorto poco fa.” Si inumidì le labbra, accennando ancora un sorriso imbarazzato. “Il tuo aspetto è davvero in grado di ammaliare e confondere ma, per quanto mi riguarda, è quello che mi lega a te a farmi riflettere molto spesso. Questa amicizia o come la vuoi chiamare.” Trattenne quasi il fiato cercando di scrutare in quegli occhi blu che lo fissavano ma poi proseguì. “Io tengo a te e penso che troppo spesso le parole restano intrappolate nella mia mente quando vorrei farti capire che...” si passò una mano tra i capelli, spostandoli dalla fronte “...non lo so, solo che non saprei cosa fare se non ti avessi accanto e temo il giorno in cui l'affascinante principe delle fiabe troverà la sua principessa e andrà a vivere per sempre felice e contento nel suo regno.”

Legolas restò in silenzio con gli occhi fissi su di lui come se quelle parole fossero acqua fresca e, con lo sguardo, stesse bevendo da lui dopo una lunga giornata di cammino. Avrebbe voluto rispondergli con tutto quello che celava nel cuore ma forse non sarebbe bastata una sola notte.

E ora, ti prego, dì qualcosa perché mi sento davvero uno stupido!”

A quella richiesta sorrise e, senza mai smettere di guardarlo, rispose nel modo più dolce e rassicurante che riuscisse a trovare.
Questo principe non ha una principessa e non ne ha bisogno per vivere per sempre felice e contento... e ciò nonostante, l'amore che mi lega a te mi impedirebbe di andare in un regno... lontano lontano.”

Aragorn inclinò la testa di lato perdendosi nei suoi occhi, la cui luce, da sola, gli sarebbe bastata come risposta, e si sentì abbracciato da quel suo sguardo e dalla sua voce, protetto contro ogni dubbio e insicurezza che potevano farlo cadere.
Un giorno la troverai e ovunque tu deciderai di portare la tua dimora, io farò tutto quello che mi sarà possibile e anche di più per...”

Credi davvero di conoscere meglio di me il mio Destino?” lo interruppe l'elfo con una lieve risata. “Ma fa attenzione a ciò che dici, Aragorn di Gondor, perché potrei legarti alle tue parole e se non le rispetterai...”
All'improvviso un'ombra gli offuscò la mente e guardò in lontananza ad Est. Percepì qualcosa avvicinarsi violentemente a loro, una lingua di fuoco squarciare la pallida luce della luna e raggiungerli nel silenzio... una voce infida stava disturbando la quiete all'interno delle mura del Palazzo D'oro.
Spalancò gli occhi e si voltò verso il compagno.
È qui!”

Il Palantír!” sibilò Aragorn con apprensione prima di partire in corsa all'interno, seguito dall'elfo, verso la stanza dove i loro amici stavano riposando.
Spalancò la porta e appena vide quell'oggetto ardente nelle mani di Pipino si precipitò da lui, gettando via la pipa che portava con sé prima di afferrare quell'arma potente e allontanarla dall'hobbit. Nell'istante stesso in cui posò le mani sulla sfera incandescente, sentì lunghe dita infuocate farsi strada nelle sue braccia e raggiungergli la mente, agguantandola per cercare di ottenere delle risposte mentre un'empia voce lo lusingava, promettendogli la realizzazione di ogni più nascosto desiderio. Perse la cognizione del tempo e di ciò che stava accadendo attorno a lui e si sentì sprofondare, come trascinato sotto terra da delle radici invisibili, mentre quelle dita adunche erano diventati dei rami intricati che lo avvolgevano, impedendogli di respirare.
Ma nonostante quell'Oscurità lo stesse attirando in un baratro, continuava a percepire qualcosa che lo tratteneva, impedendogli di precipitare nel nulla e di accettare quelle proposte ingannevoli: una presa forte e costante che l'aveva afferrato come per sostenerlo e allontanarlo dalla perdizione.
Poi un silenzio ovattato, gelido e permanente.
Niente più richieste provocavano la sua mente, solo le tenebre che lo avevano circondato.
E allora sentì un'altra voce, all'inizio debole e indistinta, ma poi sempre più potente e decisa.

Lasto glinn nîn. Tolo dan nan galad. Edro i chin. Awartho i vôr. (Ascolta la mia voce Torna alla luce. Apri gli occhi. Abbandona l'oscurità.)”

Infine una luce squarciò quella tenebra e gli sembrò di guardare dal basso i fitti e intricati rami di un albero secolare, penetrati dai raggi del sole che risplende caldo in una giornata d'estate.
Ed allora, come destato da un lungo sonno, rialzò le palpebre e si ritrovò disteso sul pavimento con Legolas, inginocchiato al suo fianco, che gli aveva posato una mano sulla fronte e lo fissava sussurrando ancora quelle parole.
Fece un profondo respiro e si girò verso di lui, cercando di mettersi seduto e, nell'incrociare i suoi occhi, percepì che l'elfo aveva a sua volta sentito una parte di quell'Oscurità che l'aveva posseduto per quegli istanti che a lui erano parse ore.
Riportò l'attenzione al centro della stanza dove si trovavano gli altri compagni ma tutto stava avvenendo ancora troppo rapidamente, come se in qualche modo i suoi sensi fossero ancora ottenebrati.
Vide Gandalf parlare con Pipino a lungo mentre Merry e Gimli erano vicino a loro con un'espressione allarmata sul viso.
Non riusciva a scorgere il volto dell'hobbit che aveva guardato nel Palantír ma si sentì sconvolto dalla sola idea di quello che l'Oscurità aveva potuto fargli e chiedergli in quei momenti prima del loro arrivo.
Ad un tratto, però, Gandalf si rialzò ed allora incrociò lo sguardo terrorizzato di Pipino e percepì il dolore, la paura e l'agonia alla quale lui stesso era stato sottoposto seppur per un tempo molto più breve.
A distoglierlo da quegli occhi spaventati e colpevoli fu lo stregone bianco che, a quel punto, si avvicinò a lui, chinandosi per mettergli una mano sulla fronte come aveva fatto prima l'elfo e cercando il suo sguardo.

Aragorn... guardami! Lo hai visto? Ti ha parlato?”

Non ha ottenuto risposte da me,” bisbigliò debolmente il ramingo. “Ho solo sentito la sua rabbia per essere stato interrotto.”

Gandalf annuì, fissandolo ancora per un lungo momento prima di rialzarsi e andare a recuperare quell'oggetto che avrebbe potuto provocare immensi danni ma che, forse, aveva dato loro un indizio su quello che poteva essere uno dei piani del Nemico.
È quasi l'alba,” esclamò, rivolgendosi a tutti i compagni prima di tornare al proprio giaciglio dal quale era stato bruscamente svegliato poco prima. “Usate il tempo che vi rimane per riposare, se potete, perché al sorgere del sole andremo ad informare Re Theoden del...” lanciò un'occhiata a Pipino “...folle gesto del nostro amico ed allora, per alcuni di noi, le strade si divideranno.”

A quelle parole tutti restarono in silenzio. Gimli ritornò al suo letto e fu il primo a riaddormentarsi, mentre Merry prese la brocca con l'acqua e la porse a Pipino, facendogli cenno di berla, poi si distese nuovamente, continuando però ad osservare l'amico fino a quando, a loro volta, presero sonno.

Legolas si era rialzato in piedi e si era appoggiato alla parete come se volesse restare di guardia per vegliare sulla sicurezza dei compagni. Vide Gandalf perso nelle proprie riflessioni mentre scrutava l'incauto hobbit che aveva guardato nel Palantír. Avrebbe voluto chiedergli quali fossero le sue intenzioni per il giorno seguente ma quando il suo sguardo tornava a posarsi su Aragorn, perdeva ogni possibilità di concentrazione.
L'uomo si era rimesso seduto sul proprio giaciglio con le ginocchia piegate e la testa china su di esse mentre, con le braccia, le cingeva quasi volesse raggomitolarsi su se stesso. Ed era immobile, fatta eccezione per le spalle che si alzavano e abbassavano durante i profondi respiri che faceva in continuazione.
L'elfo strinse le labbra come per controllare l'impulso di andare da lui e stringerlo a sé per scaldare quel cuore e quello spirito che erano stati provati dalla più terribile delle Oscurità. Non sapeva se l'amico avesse approvato un gesto d'affetto di quel tipo in mezzo agli altri compagni e sapeva bene che non si erano mai scambiati altro che pacche amichevoli sulle spalle quando erano circondati dagli altri. Aveva imparato che, per gli Uomini, manifestare troppo apertamente l'affetto, era quasi considerato una debolezza ma quella notte, forse, poteva essere fatta un'eccezione visto che poco prima aveva notato la mano di Merry allungarsi per stringere quella di Pipino per confortarlo, prima che entrambi cadessero in un sonno comunque agitato.

Così strinse i pugni e si avvicinò all'amico, mettendosi seduto a gambe aperte dietro di lui, nello spazio che divideva il suo corpo dalla parete. Gli posò le mani sulle spalle, tirandolo indietro debolmente contro di sé e, stranamente, non ottenne nessuna resistenza da parte sua, come se anche lui, in silenzio, non stesse aspettando altro.
Lo fece mettere comodo contro al proprio corpo e ricoprì entrambi con una delle coperte, prima di far scivolare le braccia sotto di essa e stringerlo a sé, ed allora sentì la mano di Aragorn sulla propria; una carezza che continuò a lungo, fino a quando anche l'uomo riuscì a chiudere gli occhi e addormentarsi.
Allora chinò la testa e appoggiò la guancia al suo capo, lanciando un'occhiata verso lo stregone bianco, l'unico oltre a lui ad avere gli occhi ancora aperti. Non sapeva se fosse ancora sveglio o se fosse caduto anche lui in quel sonno tanto simile a quello della sua razza, ma era ben conscio che, ad ogni modo, nella sua infinita saggezza, Gandalf non avrebbe giudicato.

 
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“Rammento un breve sonno senza sogni,” commentò Aragorn, stringendo le labbra con lo sguardo basso. “Una tenebra totale mi avvolse in quelle ore e fui quasi sollevato quando riaprii gli occhi. Ciò nonostante, il tuo abbraccio mi riscaldò lo spirito, impedendomi di sentire il freddo gelido di quella voce crudele che ancora mi penetrava la mente.”

Legolas guardò oltre la sua spalla sospirando. Ricordava quelle poche ore passate a stringerlo e a sentirlo tremare nel sonno e faticava a credere che l'uomo non avesse avuto incubi, ma ricordava anche il momento in cui Aragorn aveva riaperto gli occhi e si era mosso per poter vedere il suo viso. Lo aveva tenuto tra le braccia come un bambino che vuole essere cullato, occhi negli occhi, in silenzio, mentre i primi rumori del mattino iniziavano a giungere alle loro orecchie, fino a quando anche i compagni nella stanza si risvegliarono. Solo allora aveva rialzato lo sguardo verso Gandalf e lo aveva visto accennargli un sorriso.

“Credo... credo di averti rubato più di una notte di riposo in quei giorni,” mormorò il Re di Gondor quando vide lo sguardo dell'amico perso in lontananza. “Sono consapevole che non ne avevi bisogno quanto me ma... non avrei dovuto costringerti a passare le notti al mio fianco.”

Legolas sorrise dolcemente, riportando l'attenzione sull'uomo davanti a sé.
“Non riusciresti mai a costringermi a fare qualcosa contro la mia volontà.” Gli prese le mani nelle proprie, tenendole sopra le sue cosce. “Ogni volta che ti prendo la mano, è perché voglio farlo. Ogni volta che ti abbraccio, è perché voglio farlo. Ogni volta che...” si fermò un istante, socchiudendo le labbra come indeciso se continuare o meno e incrociò i suoi occhi... e subito comprese che l'uomo sapeva bene a cosa si stesse riferendo.
Nessuno dei due aveva bisogno di ricordare qualcosa che era incancellabile nei loro cuori.
Qualcosa di semplice ma al tempo stesso potente; innocente ma in grado di corrompere e portare alla rovina dei sensi se non è dettato da un sentimento puro e incontaminato dal pregiudizio.

 
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