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Autore: TaliaAckerman    20/03/2016    2 recensioni
L'ultimo atto della saga dedicata a Fheriea.
Dubhne e Jel si sono finalmente incontrati, ma presto saranno costretti a separarsi di nuovo. Mentre la minaccia dal Nord si fa sempre più insistente, un nemico che sembrava battuto torna sul campo di battaglia per esigere la sua vendetta. Il destino delle Cinque Terre non è mai stato così incerto.
Dal trentaquattresimo capitolo:
"Dubhne si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e ricordò quando, al suo arrivo a Città dei Re, l'avevano quasi rasata a zero.
- Quando ero nell'Arena... - mormorò - dovevo contare solo su me stessa. Un Combattente deve imparare a tenere a bada la paura, a fidarsi solo del proprio talento e del proprio istinto. Non c'è spazio per altro.
Jel alzò gli occhi e li posò su di lei - E che cosa ti dice ora il tuo istinto?
- Sopravvivi. "
Se volete sapere come si conclude il II ciclo di Fheriea, leggete!
Genere: Azione, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
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L'indomani, come previsto, il battaglione di Dubhne partì alla volta di Hiexil lasciandosi il campo di Harrel alle spalle.
Cinquecento uomini scarsi, tra i soldati ariadoriani e le reclute dell'esercito delle Cinque Terre, ai quali si aggiungevano guaritrici e gli scudieri dei vassalli importanti.
Le colline che separavano Harrel e Rosark da Hiexil erano tondeggianti, quasi sinuose, coperte da un soffice strato d'erba che ormai cominciava ad ingiallirsi. Durante il tragitto Dubhne ebbe modo di osservare quel paesaggio fino ad allora sconosciuto, imparandone i tratti a memoria.
Vai incontro al tuo destino. Quelle parole le erano ronzate nella mente più volte mentre la ragazza muoveva un passo dietro l'altro, assimilata alla schiera di guerrieri che procedevano verso Nord. Andare incontro al proprio destino. Lo aveva fatto altre volte. In effetti si poteva dire che si fosse battuta con esso continuamente, fin da quando era piccola. Fin dal giorno in cui aveva abbandonato i suoi genitori per seguire il signor Tomson nella sartoria di Célia.
Andare in guerra sarebbe stata solo un'altra tra le già numerose avventure, e disavventure, che avevano caratterizzato i suoi diciassette anni di vita.
Due giorni dopo la loro partenza dal campo di Harrel, la sagoma di una città si profilò finalmente davanti a loro tra le colline, e i fumi e il clamore che si levavano da essa, evidenti anche da quella distanza, bastarono per rendere Dubhne perfettamente consapevole di ciò che la attendeva.
La giovane sentì diverse persone intorno a lei parlare di accampamenti amici poco distanti dalla città, al che si domandò dove sarebbero stati collocati. Si erano portati da Harrel le tende e tutto il necessario per sistemarsi, ma dubitava sentitamente che avrebbero potuto scegliere autonomamente la posizione più adatta. Probabilmente Jack avrebbe dato disposizioni affinché si unissero a qualche altro campo.
Man mano che si avvicinava a Hiexil, una coltre di odori investì il battaglione, odori che a Dubhne, risultando irrimediabilmente familiari, riportarono alla mente ancora una volta il mondo dei combattimenti di Città dei Re. Una mescolanza micidiale di sangue, sudore, paura, che andava intensificandosi sempre di più. Alcuni soldati si coprivano il naso con una mano, altri ridacchiavano, altri parevano ansiosi di arrivare a destinazione.
Sinceramente, Dubhne sperava di poter cominciare a combattere al più presto.
Quando a separarli da Hiexil non rimase che un basso rilievo, furono ben visibili fila e fila di tendaggi, in mezzo ai quali spiccavano le bandiere con i colori dell'Ariador: un Letjak dorato su campo di un blu zaffiro.
I vari comandanti di compagnia cominciarono a dispensare direttive su come disporsi ma, vista la confusione generale che era andata creandosi, Dubhne ne approfittò per lasciarsi alle spalle molti compagni e addentrarsi nell'accampamento.
Mentre passava tra le tende guardandosi intorno e spingendosi in punta di piedi per vedere aldilà, verso Hiexil, alcuni uomini la additarono. I commenti si levarono sporadici, come sempre. Dubhne si diverti nel sentire i modi in cui veniva chiamata.

- Ragazza del Sangue...

- Bambina prodigio...

- Ragazzina...

- Assassina...

E alla fine, in modo completamente inaspettato... - Ehi, Dubhne!

La ex Combattente si voltò sorpresa verso l'uomo che aveva parlato. Non poté non riconoscerlo, così come non avrebbe mai potuto dimenticare i volti più significativi della trentaquattresima edizione dei Giochi Bellici. E comprese all'istante a cosa si fosse riferito Jack quando aveva menzionato un compagno di squadra di Jackson.
Davanti a lei, perfettamente identico a com'era apparso durante il combattimento con Claris, c'era Neor.
Per pochi attimi la ragazza fu troppo stupita per realizzare appieno la cosa poi, automaticamente, dimenticandosi di trovarsi davanti ad un ex avversario, allungò la mano e strinse quella del Combattente davanti a lei.
In quel momento non le importava che appartenesse alla squadra di Peterson Cambrel: era come lei, veniva dal suo stesso mondo, era qualcuno di familiare, a suo modo.
Neor pareva essere in parte divertito e in parte compiaciuto della reazione che lei aveva avuto nel vederlo, ma rispose alla sua stretta, con un cenno del capo che significava rispetto, quella specie di solidarietà che si va a creare quando due persone della stessa risma si ritrovano insieme in un ambiente estraneo.
Dopo che l'iniziale smarrimento fu svanito, Dubhne si rese conto che un milione di domande le aveva affollato la mente.

- Sei qui - disse solo, alla fine. - Come?

Neor rise. - Potrei volgere la stessa domanda a te, in effetti.

Dubhne avrebbe voluto parlargli, porgli una miriade di domande; era avida di sapere, avida di chiedergli di Citta dei Re e di Malcom, di Cambrel, di come potesse lui trovarsi a Hiexil quando in teoria avrebbe dovuto essere ancora nella capitale con gli altri Combattenti...
Ma dovette avere pazienza.

- Dubhne! - la voce di Caley la distrasse dai suoi pensieri. Si voltò e vide la figura asciutta del secondo in comando che le si avvicinava. - Dubhne, che ci fai qui? Dobbiamo sistemarci, ora, devi rimanere con il battaglione. Poi potrai andare dove ti pare.

- Devo andare - disse tornando a rivolgersi a Neor. - Come ti ritrovo?

- Questo accampamento è più piccolo di quanto non sembri - sorrise l'ex Combattente. - Ma non ti aspettare che mi sbottoni troppo con te. Non dopo quello che hai fatto passare alla mia squadra...

Lo stomaco di Dubhne si contrasse piacevolmente nel sentire quelle parole, così come quasi tutte le volte che qualcuno faceva riferimento, in modo più o meno lusinghiero, a ciò che lei aveva compiuto durante i Giochi.

Caley era già sparito nella direzione da cui erano venuti, ma Dubhne decise comunque di fare come le era stato detto. Dopotutto avrebbe avuto tempo dopo per parlare con Neor. Al peggio, se non avessero avuto altre possibilità, lo avrebbe ritrovato al proprio fianco in battaglia.

Ancora piacevolmente stordita dal bizzarro incontro, Dubhne si affrettò a tornare da dove era venuta.

                                                                                      ***

La mattina della battaglia si preannunciava uggiosa e fredda. Costanti folate d'aria gelida sferzavano i volti dei soldati, insinuandosi nelle loro divise, attanagliando loro le ossa. Una pioggerella fine cadeva ad intermittenza su di loro, a volte più simile al nevischio.
Ripensando al calore provato durante le ultime sessioni dei giochi, Dubhne si chiese come fosse possibile che il clima fosse cambiato così repentinamente. Erano passate alcune settimane, l'estate non era nemmeno propriamente finita... Certo, Hiexil era più a Nord di Città dei Re, più vicina ad Amaria che a Tamithia, eppure Dubhne ancora non si capacitava di vedere già la neve.
I Ribelli si sono portati con loro anche l'inverno del Nord... aveva sentito dire da uno dei suoi commilitoni, parole che avevano suscitato nella ragazza un lieve brivido. Anche se Hiexil era una città ariadoriana, Dubhne aveva l'impressione che tutti loro avrebbero giocato in casa dell'avversario e, qualcosa glielo suggeriva, secondo le loro regole.
Quando il battaglione era arrivato, l'assedio era iniziato ormai da diversi giorni. Si combatteva di giorno, si sorvegliavano le mura di notte. L'esercito ariadoriano era numeroso e ben organizzato, ma tra le sue fila Dubhne aveva colto stanchezza, scoraggiamento. Anche parecchio nervosismo. Dubhne sapeva che anche Qorren, un'altra importante città ariadoriana, era stata conquistata dai Ribelli subito dopo Hiexil, quando già gli ariadoriani era impegnati a tentare di contrastare i Nordici. Da quello che era riuscita a scoprire durante la permanenza ad Harrel, la ragazza aveva dedotto che le autorità ariadoriane dovessero aver richiesto più volte un ausilio al Consiglio, ma senza ottenere il risultato ottenuto. Solo dopo la conquista di Qorren la situazione aveva cominciato a smuoversi.
Mentre si stringeva il corpetto di cuoio e le stringhe degli stivali, Dubhne si osservò con attenzione il dorso della mano destra. Non tremava. Non le tremava mai nell'Arena. Eppure aveva paura in quel momento, non in misura eccessiva, ma ne aveva. Era da settimane che non rischiava la vita. Contando che durante i Giochi lo aveva fatto sì e no ogni due giorni, avrebbe dovuto farci nuovamente l'abitudine.

- Dubhne? - una testa bionda spuntò dai lembi che celavano l'ingresso della tenda. Era Caley. - Stiamo andando. Jack vuole la compagnia pronta a combattere.

Da quando si erano sfidati a duello, lei e il comandante ariadoriano si erano notevolmente avvicinati. Non che potessero considerarsi amici , ma era capitato che talvolta si rivolgessero la parola per motivi che non fossero di tipo diplomatico-militare o che non riguardassero altre possibili sfide a duello.
Indagando un po', Dubhne aveva scoperto come Jack fosse diventato comandante del battaglione. L'uomo veniva da Rocca Tarth, un borgo di medie dimensioni sviluppatosi attorno alla fortezza della famiglia Krestan. Lord Yosef Krestan era stato uno dei primi signori ariadoriani a prendere parte alla guerra con gli Uomini del Nord, ma aveva trovato la morte pochi mesi prima sul campo di battaglia. Per alcuni giorni Jack, che da quanto Dubhne aveva capito doveva essere stato un suo uomo di fiducia, nonché capo della sua piccola scorta, aveva assunto il comando a tempo indeterminato delle sue truppe. Con non poco disappunto Jack le aveva raccontato che, in teoria, un altro lord avrebbe dovuto occuparsi di loro, integrandoli alle proprie truppe, ma a seguito di più disguidi la cosa non era andata in porto, e Jack si era ritrovato per le mani l'ingombrante compito di guidare il battaglione e non lasciarlo allo sbaraglio.
Dubhne seguì l'uomo fuori dalla tenda, aggregandosi alla colonna che già marciava verso i limiti del campo. La ragazza continuava a serrare e distendere le dita, sciogliendo le spalle, cercando di concentrarsi su ciò che sarebbe accaduto di lì a poco.
Quando raggiunsero la zona dove già si combatteva, per un attimo Dubhne avvertì la paura avvolgerla, così prepotentemente da annebbiarle la vista; ai piedi delle imponenti mura esterne di Hiexil erano ammassate decine di cadaveri. Dovevano essere sia Ariadoriani che Uomini del Nord, scomposti, sanguinolenti. A più riprese, turbini di frecce lasciavano le mura o le trincee a terra; protetto dagli scudi alzati, un gruppo di soldati a ridosso della porta principale faceva ondeggiare un ariete, che si schiantava sulla superficie di ferro con risonanti boati. Più scale d'assedio erano ancorate alle mura, ma dall'alto i Ribelli respingevano i soldati ariadoriani con frecce e pietre, e i pochi che riuscivano a superare la prima linea difensiva venivano massacrati lassù. Una torre d'assedio distrutta continuava a bruciare, abbandonata poco distante da loro, mentre diverse scale erano state ribaltate all'indietro poco dopo il loro arrivo.
Il gruppo di Dubhne si fece strada verso il centro dei combattimenti facendo attenzione alle frecce dei Nordici che continuavano a bersagliarli. Dubhne vide diversi soldati, sfiniti e sanguinanti che zoppicando si allontanavano nella direzione opposta. Uno di loro si reggeva il gomito, l'osso dell'avambraccio che sporgeva creando un'angolatura innaturale.
Il vociare e le grida erano così forti che Dubhne non riusciva a sentire le parole del compagno più vicino. Un uomo poco distante da lei crollò a terra colpito da una freccia.
Che diavolo devo fare? pensò Dubhne sconcertata, ma durò un istante. La voce di Jack, che aveva cominciato a dispensare ordini con una sorta di lucido furore, la riscosse, e la ragazza sentì l'energia tornare a pervaderla.
Esitò ancora per pochi secondi, poi estrasse la scimitarra e si lanciò verso la scala più vicina. Una freccia le passò sibilando vicinissima al suo orecchio sinistro, ma lei non vi badò; poggiò un piede sul primo piolo, aggrappandosi a quello superiore e aspettando che i soldato davanti a lei procedesse. Era arrivata circa a metà della percorso, quando quello le rovinò addosso, una freccia conficcata in gola. Dubhne quasi mollò la presa, rischiando di cadere anche lei, ma alla fine riuscì a reggersi. Mentre una rabbia che non provava da parecchio si faceva strada in lei, si pulì il sangue che era schizzato in viso e salì gli ultimi metri che la separavano dalla cima, issandosi sulle mura. Menò un fendente deciso sul primo ribelle che le si parò davanti e lo atterrò, ne schivò un secondo e in scioltezza ne trafisse il mandante.
Non aveva più paura. Era come nell'Arena. Era tornata nel suo elemento.
A suo fianco, altri due guerrieri erano riusciti a raggiungere il camminamento che percorreva le mura. Dubhne non li aveva mai visti in vita sua, eppure i tre si muovevano coordinati, parandosi le spalle a vicenda. Mozzò di netto la testa dal collo di un avversario, ma un attimo dopo avvertì una lama inciderle uno sfregio sulla guancia. Per un attimo il sangue le si gelò: una lancia le era passata dannatamente vicina al viso. Per pochi centimetri non le aveva perforato la nuca. La ragazza si voltò e individuò l'uomo che doveva avergliela scagliata contro. Spinse con forza giù dalle mura uno dei Ribelli che la separavano da lui, incrociò la scimitarra con la spada di una altro e alla fine ebbe la meglio. Si lanciò contro il nordico che l'aveva ferita. Questi parò il suo primo attacco, rispondendo con ferocia, e per un attimo Dubhne si ritrovò costretta ad indietreggiare, schivando e parando i suoi colpi alla meglio. Poi, fulminea, si sottrasse ad una violenta stoccata e capovolse la situazione, infierendo su di lui con un fendente in un fianco. Estraendo la scimitarra dalla sua carne fece per prendere un attimo di respiro, ma il grido di una voce conosciuta la riscosse appena in tempo. Si scansò di lato un attimo prima che un nemico la trafiggesse da dietro e restituì il favore conficcandogli la scimitarra in petto. Fece per ringraziare chi l'aveva avvertita e, nel riconoscere la figura di un suo commilitone, gli rivolse d'istinto un gran sorriso.
In effetti sembrava che le cose stessero andando bene, tutto sommato.
Diversi sodati amici, tra Ariadoriani e membri dell'esercito delle Cinque Terre, occupavano quella zona delle mura e, anche se gli uomini con l'ariete non erano ancora riusciti a sfondare i portoni, Dubhne aveva l'impressione che presto quel momento sarebbe arrivato.
Continuò ad atterrare nemici con foga, tornando finalmente a percepire quella sensazione di rabbiosa soddisfazione che tanto le era mancata, sensazione che aumentava per ogni vita che prendeva.
Un paio di volte le parve di intravedere Jack combattere poco distante da lei sulle mura, ma la confusione era troppa perché ne fosse sicura. Altri Ribelli stavano accorrendo per difendere quel tratto di mura. Bianchi di carnagione e di capelli, determinati, ostinati.
Dubhne e gli altri cercavano di farsi largo, di avanzare, ma si stava dimostrando più difficile di quanto fosse parso all'inizio. Dubhne cominciava sentirsi stanca; l'odore di sangue era più forte che mai e la testa aveva cominciato a girarle. Più ferite le si erano aperte sulle braccia e sulle spalle. Trafisse ancora un Ribelle all'altezza dei polmoni.
E poi accadde, così in fretta che la giovane non poté far niente per impedirlo. Avvertì una potente gomitata abbattersi sulla sua schiena, e non ebbe abbastanza energia per mantenere l'equilibrio. Si sbilanciò di lato e, superando il parapetto, ricadde giù dalle mura.

No, NO!

Rovinò su di una delle scale d'assedio, senza riuscire a trovare appigli, e, quando finalmente toccò terra, sbatté così forte la tempia da perdere i sensi sul colpo.




Quando si riebbe, una figura la sovrastava. Due occhi dorati balenarono su di lei.

- Stai bene, Dubhne? - Claya aveva ancora il fiatone. Nell'aria della sera, le ciocche corvine che erano sfuggite alla sua coda le svolazzavano davanti al viso.

- Io... credo di sì - rispose lei, ancora intontita per il duro colpo riportato alla testa. Afferrò la mano che la donna le porgeva e, a fatica, si rimise in piedi. Tutto intorno a lei parve girare vorticosamente e un conato la costrinse di nuovo a terra.

- Avanti Dubhne, devi venire. Sei ferita, non è un buon posto qui. I nostri battaglioni si sono ritirati, per ora.

- Come mai sei qui? - chiese la ex Combattente ansimando. - Pensavo che sareste andati a Qorren.

- Non ho mai detto che saremmo andati verso quella destinazione - fece l'altra accennando un sorriso. Poi si rabbuiò. - Nessuno si è ancora avventurato là. Dicono che un demone i nasconda tra le fila dei Ribelli di Qorren.

- Stronzate - Dubhne sputò per terra e si rialzò, senza l'aiuto di Claya stavolta. - Sono soltanto uomini. E se li fai a pezzi sgorgano sangue come chiunque altro.

- Sono d'accordo. Oggi l'abbiamo dimostrato - la donna sorrise, trionfante. - Mentre eravamo sulle mura alcuni dei tuoi sono riusciti a scendere all'interno della città. Uno di loro veniva da Hiexil ed è riuscito ad aprire dall'interno un'entrata secondaria. Ce l'ha fatta un attimo prima che una freccia lo uccidesse. Sai che significa vero?

Un brivido d'eccitazione percorse la schiena di Dubhne mentre le due si affrettavano ad allontanarsi per tornare all'accampamento. E dire che era arrivata a Hiexil solo il giorno prima.

- Siamo dentro. Siamo in città.








NOTE:

Quanto tempo era che non pubblicavo due capitoli in un mese? Tanto immagino :) Spero che la prima battaglia di Dubhne vi sia piaciuta, finalmente sono riuscita ad inserirla! E a proposito, ringrazio easter_huit e Arya373 che hanno recensito lo scorso capitolo. Grazie mille :3
  
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