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Autore: aoimotion    02/04/2016    12 recensioni
1 - Più la guardava, più Nick si stupiva di quanto Judy Hopps fosse piccola.
5 - Nick tirò indietro le orecchie, leggermente offeso. «Le tue insinuazioni mi feriscono, Judy. Quale agente di polizia darebbe la colpa agli altri per la propria malasorte?»
11 - Nel buio, una voce a lei terribilmente nota sussurrò parole divertite ad un soffio dal suo orecchio. Judy si voltò di scatto e tentò di acciuffare le tenebre, ma ottenne solo di sbilanciarsi e finire col muso per terra.
«Nick!» gridò, al colmo della misura. «Vuoi darci un taglio, sì o no?»

13 - «Tu mi farai morire» le disse, sorridendo appena. «Sei una minaccia per la mia sanità mentale, Carotina.»
16 - Ma intanto le sue zampe erano già corse al telefono con l’urgenza di chi, annegando nell’oscurità, cerca disperatamente l’interruttore della luce.
20 - «È proprio questo il punto» le disse. «Che tu non capisci. Fino all’ultimo secondo, fino all’ultimo istante, tu non capisci.»
[Post-film] [I'm nothing but furry trash]
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Judy Hopps, Nick Wilde
Note: Raccolta | Avvertimenti: Furry
Capitoli:
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~Volpe & Coniglio~
16 - Telefonata


 
 



Note dell'autrice:
Temo che molti di voi abbiano fatto un po' di confusione nell'interpretare questa storia - complice anche il fatto che EFP non permette di dare visibilità a certi tipi di tag - perciò lo ribadirò qui sperando che così risulti chiaro a tutti: questa è una raccolta di one-shot. Significa che i capitoli sono tutti completamente (o quasi) slegati tra di loro, fatta eccezione per quelli che io stessa ho indicato come legati da un filo conduttore. Perciò, ad esempio, ciò che è successo nel capitolo precedente è una parentesi a sé, un what if, un chiamatelo_come_volete.txt e pertanto questo capitolo che vi apprestate a leggere NON tiene conto di ciò che è successo (Nick ubriaco etc etc). Per tale motivo ogni capitolo ha un'impostazione diversa, un diverso modo di vedere e affrontare il loro rapporto; l'unica variabile fissa, diciamo così, è che tutte queste storie sono comunque collocate dopo gli avvenimenti narrati nel film.
Parentesi 2: in questo capitolo sono presenti miei personalissimi headcanon, come penso vi accorgerete strada facendo. Non escludo che in futuro possano cambiare, ma per ora prendeteli così.
Parentesi 3: ho provato ad adottare uno stile più "ad impatto" rispetto a quello che uso di solito, spero che risulterà di vostro gradimento! <3 Detto ciò... buona lettura~
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Nick riemerse dall’incubo come se il suo corpo fosse appena risalito a galla da un mare scuro e profondo. Le sue zampe si aggrapparono disperatamente alle lenzuola, mentre il petto si alzava e si abbassava al ritmo esasperato del suo terrore. Gli occhi, solitamente così abili ad indagare il buio, saettarono ciechi per tutta la stanza, cercando i resti di quella visione che gli aveva strappato via l’anima come un pezzo di stoffa consunta.
Non c’era niente. Erano solo lui e quelle quattro mura erose dal tempo e dall’incuria, lui e l’abisso gelido dei suoi più oscuri e primitivi terrori. Nicholas Wilde annaspò nelle tenebre di quella casa vecchia e pregna di ricordi, che erano come foto ordinatamente sistemate in un album ingiallito che nessuno era più lì per sfogliare.
«Era solo un incubo» si ripeté la volpe. «Solo un incubo, solo un incubo, solo un…»
Ma intanto le sue zampe erano già corse al telefono con l’urgenza di chi, annegando nell’oscurità, cerca disperatamente l’interruttore della luce.
 
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Nel cuore della notte, da qualche parte nella fitta Downtown, un cellulare squillò e una coniglietta si rigirò brontolando dall’altra parte del letto.
«No…» un rantolo afflitto sfuggì alle sue labbra, mentre sotterrava la testa sotto il cuscino nel tentativo di ignorare quella malefica melodia.
Ma non smetteva, non smetteva, non smetteva e probabilmente non erano neppure le tre del mattino ma magari poteva essere un’emergenza o qualcuno era morto o magari– «… ‘onto.»
«… Ehm.»
«Eh?» Judy fece lo sforzo immane di aprire un singolo occhio. «Chi parla? Che succede? Eh?»
«Carotina…?»
«Ah.» Judy si rigirò a pancia in su, straziata da un sentimento che il sonno rendeva indecifrabile ma che aveva il sapore dell’odio profondo. «Nick, sei tu… sono le tre del mattino…»
«Veramente sono le due» precisò lui. «E un minuto.»
«Buonanotte.»
«No, Aspetta! Aspetta aspet–»
Click. Judy lanciò il proprio dispositivo mobile in un angolo della stanza – avrebbe avuto tempo a sufficienza per pentirsene, all’indomani – e tornò a bearsi del calore delle sue coperte.
Appena un secondo, o forse un minuto, o un’ora, o un’altra vita dopo, il telefono ricominciò a cantare la sua esasperante melodia. Judy allungò le zampe nel vuoto, salvo poi ricordarsi vagamente di aver scaraventato il proprio smartphone da qualche parte – abbastanza lontano da non poterlo raggiungere da sdraiata, ma abbastanza vicino da logorarle i nervi con sua suoneria.
Alla fine, la coniglietta non poté far altro che trascinare le sue stanche membra fuori dal tepore del proprio giaciglio.
«Nick, ti rendi conto che sono le due del mat–»
«Le due e tre minuti, adesso.»
«Ora chiudo.»
«No no no no no!» supplicò la voce all’altro capo. «Scusa, non volevo essere… logorroico
«Cos’è questa vocina tenera?» Judy sbadigliò e si stropicciò pigramente le palpebre. «Hai avuto un incubo, per caso?»
«Io? Ma va’.»
«Mh.»
«… Cioè, forse sì.»
«Ecco.»
«Ecco cosa?»
«Ecco cosa spinge Nick Wilde a chiamarmi nel cuore della notte.»
«Beh.» C’era una nota di profondo risentimento in quel “beh”, un malanimo che la volpe non si era data pena di occultare – non che avesse importanza, in effetti. E poi era Nick, suvvia. Cosa ci si poteva aspettare?
«Non dirmi beh» lo rimbeccò Judy. «Avanti, racconta a questa coniglietta del brutto sogno che ha afflitto la tua acuta mente.»
«Avverto un lieve sarcasmo da parte tua, Carotina.»
«Sarcasmo? E perché dovrei, in fondo stiamo solo conducendo una conversazione perfettamente normale. Alle due del mattino
«Se per te il sonno è più importante della salute mentale del tuo partner…»
Judy rise. «Non essere sciocco» gli disse, addolcendo il tono della voce. «C’è ben poco che possa considerare più importante di te, Nick.»
 
_________
 

«C’è ben poco che possa considerare più importante di te, Nick.»
Boom. E di colpo non esistevano più né il sopra né il sotto, né la destra né la sinistra, e non c’era più un cuore ma solo una roba che minacciava di sfondargli la cassa toracica a suon di colpi e l’improvvisa carenza di ossigeno nella stanza mentre l’incubo regrediva ad un puntino microscopico perché il resto della mente e dell’anima era impegnato a sciogliersi per quelle parole e a crogiolarsi nel piacere e nel calore e nel– «“Ben poco”, hai detto? Così mi offendi, Carotina. Chi osa concorrere per il primo posto sul podio del tuo affetto?»
«Ah, non saprei. La mia famiglia, il mio lavoro, Gazelle…»
«Gazelle?»
«Gazelle è bellissima» replicò Judy. «Bellissima.»
«Ne bastava uno solo, grazie.»
«E bravissima.»
«Sì, ok, dacci un taglio.»
«No. E comunque stai tergiversando, come al solito. Cosa hai sognato di così spaventoso da spingerti a chiamarmi a quest’ora, volpe ottusa che non sei altro?»
«Non scrivere mai un libro su come convincere la gente a parlare, non ne venderesti neanche una copia.»
«E tu non scrivere mai un libro su come risultare simpatici, non te lo pubblicherebbero neanche.»
«Coniglietta acuta.»
«Dimmi qualcosa che non so, Nick. Per esempio, del tuo incubo.»
Nick serrò la mascella per contenere il flusso di sentimenti, pensieri e parole che stavano minacciando di esplodere fuori come fuochi d’artificio. Si passò una zampa sul petto, risalì sul volto, poi dietro le orecchie, poi giro largo e giù di nuovo sul petto, cercando di liberarsi di quell’urgenza impellente di gridare, di tuffarsi dentro il telefono per arrivare dritto da lei e stringerla e abbracciarla e intrecciarsi a lei e riempirla di baci e di morsi e di un milione di altre cose che non avevano né nome né forma.
«Nick?»
«L’ho sognata.» La verità gli sfuggì infine dalle labbra, facendosi plateali beffe dei suoi sentimenti. «Mia madre… l’ho sognata.»
«Nick.» La voce di Judy cambiò; divenne più bassa, e note di dispiacere vibrarono in essa fin dentro le sue orecchie. Nick soppresse un brivido e strinse involontariamente la presa sul cellulare.
La voleva lì, con lui. Aveva bisogno di lei, del suo calore, della sua dolcezza, dei suoi grandi occhi viola che lo guardavano fin nel profondo dell’anima. Lei avrebbe curato le sue ferite, accarezzato le sue cicatrici, abbracciato il dolore che sentiva dentro fino a farlo suo.
Fino a farlo loro.
Perché Judy era così, era così e basta, e Nick poteva solo chinare il capo e dire grazie; grazie alla vita, al destino, al ghiacciolo Jumbo, a qualunque cosa li avesse fatti incontrare.
‘Dove sarei, ora, se non ti avessi conosciuto?’
La domanda muta risuonò tra le pareti di quella casa, pareti che il tempo aveva reso gialle e cariche di ricordi, come foto sui muri ritraenti un passato così remoto da far persino dubitare della propria esistenza.
 
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Judy si morse il labbro inferiore; brividi spiacevoli serpeggiarono lungo la sua schiena come vipere meschine pronte a ghermire la loro preda.
Era impotente. Semplicemente, dannatamente impotente, e quel pensiero le avvelenava l'anima, la corrompeva, la dilaniava.
«Nick.» Il nome venne fuori come una supplica, una preghiera, una scusa, una promessa. «Oh, Nick…»
«È tutto ok, Carotina. Sono ancora vivo.»
«Non è ok» sospirò Judy. «È…»
«È ok» insistette. «Davvero, sto bene.»
«È colpa mia» proruppe lei, e nel dirlo una lama di dolore le attraversò il petto da parte a parte. «Se solo non ti avessi–»
«Carotina…»
«–detto di tornare a casa–»
«Ehi. Ehi.»
«Perdonami» sussurrò contro la cornetta. «Nick, perdonami…»
«Non ho chiamato per sentirmi porgere delle scuse da te.»
«Ma…»
«“Ma” un corno. Smettila di delirare, altrimenti vengo lì e ti faccio passare la voglia di dire cavolate.»
«Vorrei che tu lo facessi» si ritrovò a dire, parole che in qualche modo erano sfuggite al sapiente setaccio della mente. «Vorrei… che tu lo facessi.»
Silenzio giunse in risposta. Judy tese le orecchie e ascoltò, cercando quella voce che può essere udita solo quando nessuno parla, la voce del cuore che trova spazio solo quando il mondo tace.
«Potrei farlo» borbottò la volpe all’altro capo del telefono. «Sarebbe da svitati, ma potrei farlo. Potrei farlo davvero.»
 «Fallo.»
«Non tentarmi.»
«Fallo» ripeté Judy, e non sapeva fino a che punto non lo intendesse davvero. «Non stare, non… non stare lì, dove io non posso vederti. Dove non posso proteggerti
«Non devi proteggermi.»
«Non devo, infatti. Voglio
«Non dovresti volere.»
«Ora sei tu quello che dice cavolate, Nick.»
«Mi adeguo a te, Carotina.»
Lei non avrebbe voluto che accadesse, ma non poté impedirlo.
Non poté impedire alle lacrime di accumularsi agli angoli dei suoi occhi, non poté impedire alla voce di tremare, non poté impedire alle orecchie di abbassarsi sotto il peso della tristezza che l’aveva appena schiacciata.
Non poté impedirsi di sentire il dolore di Nick, di diventarne parte, di diventarne vittima.
Non poté; e giacché non poté, Judy disse due semplici parole:
«Sto arrivando.»
E cominciò a correre.
 
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Nick si era imposto di non crederci.
Lei non sarebbe arrivata, quella notte; lo avrebbe richiamato a momenti per dirgli che stava scherzando, che si era sbagliata, che il sonno le aveva annebbiato la ragione, perché Judy non poteva davvero correre da lui alle due del mattino per un motivo stupido come quello e se lo avesse fatto lui in che modo avrebbe potuto mantenere il controllo di sé di fronte a quella creatura bellissima che correva a salvarlo perché non riusciva proprio a farsi gli affari suoi che accidenti a lei Nick l’avrebbe presa e–
Il cellulare, ancora saldamente stretto nella sua zampa, cominciò a vibrare. Nick prese la chiamata al secondo squillo: «Carotina, non–»
«L’indirizzo è quello che mi hai dato l’altro giorno, vero?»
«Stai venendo qui?»
«È quello o no?»
«Car– Judy, per l’amor del…» Nick si lasciò cadere sul letto. Non voleva sorridere, non doveva sorridere, eppure le sue labbra continuavano a tendersi verso l’alto come se una mano invisibile gliele stesse tirando su a forza. «È quello. E comunque sei fuori di testa, sappilo.»
«Dieci minuti e sono da te. Non morire nel frattempo, ok?»
‘Sono già morto, tanto tempo fa.’ «Farò del mio meglio.»
 
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La vita è un flusso misterioso, che attraversa le cose e le fa muovere. È una corrente che trasporta con sé il respiro, il pensiero, che dona la presenza nel mondo, che non ha né inizio né fine, anche se ciò in cui fluisce è destinato ad estinguersi, come la fiamma di una candela quando la cera che le dà sostegno diventa un lago trasparente e il filo infuocato ritorna al nulla da cui tutte le cose provengono.
La casa in cui Nick aveva vissuto per tanti anni aveva perduto la luce e il calore, diventando nient'altro che uno scheletro di quello che era in passato. Eppure, tra quelle pareti consumate dall'incuria, i ricordi avevano fatto presa come macchie indelebili e cantavano. Cantavano ciò che era stato e ciò che avrebbe potuto essere, con una voce che era insieme dolore, rammarico e speranza.
Judy chiuse gli occhi ed inspirò profondamente; l’odore dei ricordi le riempì i polmoni e fece crescere il magone che sentiva nel petto.
«È… intensa.»
«Cosa, la puzza di muffa?» Nick sorrise e versò in un bicchiere una generosa dose di succo di carota.
«La nostalgia» rispose lei, seduta al tavolo del soggiorno, zampe fermamente incrociate sul grembo. «Io…»
«Bevi» disse la volpe, porgendole il bicchiere. «Non sarà la migliore delle colazioni, ma non credo che le tue siano molto diverse da questa.»
«Piuttosto dovrei chiederti perché hai del succo di carota nel tuo frigo.»
Nick si strinse nelle spalle. «Non sia mai che un coniglio venga a bussare alla mia porta e io non abbia nulla da offrirgli.»
Judy prese il bicchiere e seguì Nick con lo sguardo mentre andava a sedersi sul divano dall’altra parte della stanza, lasciandosi poi scivolare mollemente contro lo schienale.
Sembrava stanco, molto stanco; di una stanchezza arida e secca come il deserto, tanto che a guardarlo le venne una gran sete, che nessun succo di carota avrebbe mai potuto estinguere.
La sua, infatti, era una sete spirituale. Una sete interiore che doveva soddisfare al più presto, in qualche modo, ma…
Non osava. Semplicemente, non osava.
Ma voleva.
Voleva, voleva, voleva con tutta l’anima colmare lo spazio che li separava, così piccolo eppure così grande da metterle paura. Non più paura, comunque, di quanto gliene mettessero i suoi stessi pensieri.
Si costrinse a rimanere immobile sulla sedia che aveva scelto per lei, baluardo di sanità a cui aggrapparsi per non smarrirsi nel mare di emozioni che la stavano sopraffacendo, e poggiò il succo sul tavolo senza degnarlo di un solo sguardo. «Sono stata incauta» iniziò, scuotendo la testa. «Non ho considerato il carico emotivo, non… sapevo
«Hai solo detto la cosa giusta. Chiunque al tuo posto avrebbe–»
«Ma io non sono chiunque» esclamò Judy, alzando la voce. «Dovrei essere tua amica
«E lo sei» replicò Nick. «Ma questo non significa che tu debba sentirti responsabile delle mie azioni.»
«Ma per colpa mia–»
«Non hai nessuna colpa.»
«Sì, invece!»
«E quale sarebbe? Avermi suggerito di tornare nella mia casa, provare a viverci come un mammifero normale? Sarebbe questa la tua colpa?» Nick si passò una zampa sul volto. «Non vivo più di espedienti, sono un poliziotto adesso. E si è mai visto un poliziotto dormire in un furgoncino sgangherato?»
«Questo non significa nulla.»
«Significa tutto, Judy.» Un ringhio sommesso vibrò dentro la sua gola. «Scusa, non ce l’ho con te. È con me stesso che…»
La coniglietta balzò giù dalla sedia e gli si parò di fronte, incapace di contenere ulteriormente le emozioni di cui era preda.
Lo abbracciò, frenando ogni parola che volesse uscire dalla propria bocca – ed erano così tante, e così piene di qualcosa che lei non sapeva spiegare, che ci avrebbe impiegato un quarto di vita soltanto per metterle in ordine e dare loro un senso.
«E… questo per cos’è?»
«Per il tutto che hai nominato prima.» Judy scrollò le spalle e sorrise. «Non che abbia bisogno di un motivo, in ogni caso.»
«Un motivo conferisce senso alle azioni.»
«Non che abbia bisogno di un senso, in ogni caso.»
«Non puoi semplicemente abbracciare la gente.»
«La gente no» ne convenne lei, «ma te sì. E comunque non mi sembra che ti dispiaccia, visto che non mi stai respingendo.»
«Come potrebbe?» chiese Nick, e la domanda suonava così dolcemente retorica che Judy ne rimase deliziata.
Due zampe molto più grandi delle sue le circondarono la vita e la attirarono a lui. Prima che potesse rendersene conto, la coniglietta si ritrovò supina sul divano con il muso della volpe proprio sul piccolo petto.
Lei esitò. «Nick…?»
«Avrei voluto fare qualcosa per lei» cominciò il partner, quasi sussurrando, come se il parlare lo privasse della forza vitale. «Avrei voluto restituirle ciò che mi aveva dato a costo della sua stessa salute. Avrei voluto donarle un po’ di serenità, quel tanto che bastava a ripagarla dei suoi sacrifici.
Ma… non ho fatto in tempo. Se n'è andata prima che potessi farlo, e… non ho mai potuto dirle addio. Né mai potrò.» La strinse ancora di più, affondò la faccia sul suo pelo e uggiolò, piano, di un dolore sommesso e tristissimo.
Judy gli prese il volto tra le piccole zampe e lo costrinse a guardarla. «Ha fatto ciò che ogni genitore avrebbe ritenuto giusto. Tu non hai colpe.»
«Ne ho» insistette Nick. «La mia colpa più grande è stata aver rifiutato il passato. E se adesso mia madre non è altro che un ricordo, rifiutando il passato ho rifiutato anche lei. Così la ripago per l’amore che mi dato: dimenticandola.»
«Ci sono cose che non si possono sopportare da soli» replicò Judy, appoggiando la propria fronte su quella di lui. «Non è un crimine aver cercato di fuggire dal tuo passato, Nick. Chi ti avrebbe sorretto, se non fossi stato capace di portarne il peso?
Eri solo, hai agito per proteggere te stesso.» La coniglietta gli accarezzò le guance e sorrise: «Adesso non lo sei più.»
Lo sentì sussultare e allontanarsi di scatto da lei. Judy cercò immediatamente i suoi occhi, affinché le dicessero il perché di quell’azione così repentina… ma, nel farlo, ritrovò Nick a compiere il medesimo gesto.
Si guardarono per chissà quanto tempo, immobili rispetto al flusso temporale, sospesi in una dimensione che apparteneva soltanto a loro e che amplificava i loro pensieri fino a renderli quasi udibili l’uno per l’altro.
E poi, senza alcun preavviso, la volpe si sporse verso di lei e le diede un bacio sulla fronte. «Non sei mai a corto di parole tu, vero?»
Judy avvampò e si tirò immediatamente ritta a sedere. Le labbra si dischiusero per dar voce a una protesta, ma le parole si incepparono strada facendo e tutto ciò che uscì dalla sua bocca fu un poco significativo: «Uhm.»
Nick le elargì un sorriso beffardo, ma così subdolamente pieno di affetto che la coniglietta si sentì morire dentro. «Non mi guardare così…»
«Mi chiedi troppo, Carotina.»
«Dico sul serio, non è legale uno sguardo del genere.»
E Judy era seria, mortalmente seria. Non era possibile essere fissati da quegli occhi e contemporaneamente mantenere intatta la propria sanità mentale, non era possibile.
Non era proprio possibile, esattamente come non lo erano le braccia che Nick aveva appena aperto verso di lei. «Vieni qui, stupida bestiolina grigia.»
E lei obbedì, perché non poteva fare altro, e gli gettò le zampe al collo con un’urgenza che aveva radici troppo profonde perché lei potesse darvi un nome.
«Grazie» le disse lui.
«Non ho fatto nulla per meritare gratitudine» rispose Judy. «E sono tuttora convinta che potrei, dovrei fare di più per te.»
«Beh, una cosa puoi farla.» Nick si staccò da lei quanto bastava per guardarla negli occhi e poggiò la punta del proprio naso sul suo. «Per esempio…»
«Non–» il cuore le risalì in gola e minacciò di darsi rocambolescamente alla fuga fuori dalla sua bocca. «Non era questo che intendevo con…»
«Beh, ora lo è.»
«Implicando che–» il respiro le si mozzò senza apparente ragione.
La volpe strofinò appena il muso contro quello di lei. «Sarebbe anche ora che affrontassi le conseguenze delle tue azioni, Carotina.»
«Smettila» miagolò la coniglietta. «Non ho fatto niente per cui dovrei sentirmi in colpa.»
«Davvero?» Le prese una zampina e se la poggiò sul petto. «Senti come batte? Se muoio di infarto prima di raggiungere i quarant’anni, indicherò te come prima indiziata.»
Judy deglutì a vuoto. «E lo farai… da morto?»
«Troverò un modo.»
«La vedo du–» Nick le pose un dito sulle labbra e la zittì.
«Basta parlare» sussurrò a pochi millimetri dal suo viso, «e lasciati baciare.»
«Perché?» riuscì a chiedere, quasi in un singulto, l’aria attorno a loro carica di aspettativa.
«Perché ti amo.»
E a quel punto non ci fu più spazio per le scuse, più spazio per l’esitazione; ciò che rimase fu solo il violento scontro delle loro bocche, i sospiri, il bisogno di completare ed essere completati, il desiderio di possedere ed essere posseduti.
«Anche io» gemette Judy, mentre lui le baciava il collo con urgenza. «Anche io ti amo… Nick–»
 
_________
 
 
Se molti anni prima gli avessero detto che un giorno, in quella stessa casa in cui lui viveva – o, per meglio dire, sopravviveva – si sarebbe svegliato nel suo letto abbracciato a una coniglietta, Nick avrebbe riso così forte da sputare i polmoni per terra.
‘Eppure… eccoci qui.’
Judy ebbe un fremito e si rannicchiò ancora di più contro il suo petto. La volpe la strinse di riflesso. «Freddo?»
«Mh» mugugnò lei. «Ho passato di peggio.»
«Come sei romantica
Judy ridacchiò. «Vuoi che lo sia?»
«Non oso pensare a quali battute tireresti fuori dal cilindro.»
«Beh, vediamo… che ne dici di: “Nessun gelo potrà mai lambire la mia pelle, finché tu mi terrai stretta a te”?»
«Ho appena perso dieci anni di vita» le disse Nick, serio. «Non farlo mai più.»
«Non l’avrei rifatto a priori. Sento la carie avanzare minacciosa…» Judy si passò la lingua sui denti e fece una smorfia di disgusto, gesto che – e qui era lui ad essere un vero animale, se ne rendeva conto – mandò a Nick una quantità spropositata di brividi lungo la schiena, brividi che decise di contrastare… leccandole il muso.
La coniglietta squittì di sorpresa. «Nick!»
«Scusa, colpa mia. Anzi, colpa tua.» Ben presto quell’atto si trasformò in un bacio, al quale Judy reagì accucciandosi contro il suo collo, rendendosi così irraggiungibile dalle sue labbra.
«Quanta passione, agente Wilde» rise lei, depositandosi un bacio sul folto pelo.
«Sei tu che getti benzina sul fuoco» replicò Nick, leggermente risentito dal fatto che si fosse sottratta a lui. Eppure, quel risentimento aveva un sapore così delizioso che la sua eccitazione, anziché spegnersi, crebbe a dismisura. «Vorrei mangiarti
«Brr, che paura.»
«Ho così tanta voglia di te che–» Si bloccò e prese un profondo respiro. «Ok, sto cominciando a parlare come uno psicopatico.»
«Non è vero» protestò Judy. «Sei solo un po’… innamorato.»
«Che è più o meno la stessa cosa.»
«Probabilmente.»
«So già che vorrò sbranare qualunque mammifero di sesso maschile ti si avvicinerà per i prossimi sei mesi» sospirò la volpe. «Intendo, vorrò sbranarlo più del solito
«Come sei tenero, Nick.»
«Si chiama “demarcazione del territorio”, tesoro. Non è tenero, è biologico.»
«È tenero» insistette lei. «Tu sei tenero. E io ti amo.»
Un sorriso spontaneo si formò sul suo viso. «Lo so» rispose Nick, accarezzandole le lunghe orecchie mentre le labbra sfioravano appena quella piccola testolina grigia.
‘Ora lo so.’

 
   
 
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