Anime & Manga > Rocky Joe
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Autore: innominetuo    03/04/2016    10 recensioni
Joe Yabuki ritorna sui suoi passi, dopo un anno di dolore e di rimpianto. La morte di Tooru Rikishi lo ha segnato profondamente. Ma il ring lo sta aspettando ormai da tempo.
E non solo il ring.
…Se le cose fossero andate in un modo un po’ diverso, rispetto alla versione ufficiale?
Storia di pugilato, di amore, di onore: può essere letta e compresa anche se non si conosce il fandom e quindi considerata alla stregua di un'originale.
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Questi personaggi non mi appartengono: dichiaro di aver redatto la seguente long fic nel rispetto dei diritti di autore e della proprietà intellettuale, senza scopo di lucro alcuno, in onore ad Asao Takamori ed a Tetsuya Chiba.
Si dichiara che tutte le immagini quivi presenti sono mero frutto di ricerca su Google e che quindi non debba intendersi il compimento di nessuna violazione del copyright.
Si dichiara, altresì, che qualsivoglia riferimento a nomi/cognomi, fatti e luoghi, laddove corrispondenti a realtà, sono puro frutto del Caso.
LCS innominetuo
Genere: Drammatico, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Bianche Ceneri'
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BANNER-MIO-PER-L-UNICO-DOMANI

Lo sciabordio dell’acqua sul bagnasciuga era una melodia che accarezzava l’orecchio e rasserenava lo spirito.

La brezza marina, profumata di sale, sfiorava, lieve, i corpi sudati, come per ristorarli dalla dolce ora d’amore appena vissuta. Teneramente allacciati, si cullavano a vicenda, senza smettere di sorridersi con le labbra e con gli occhi.

“Sai,” sussurrò Yoko, interrompendo il dialogo muto mantenuto fino ad allora  “sono un po’ triste...”

“Di lasciare Honolulu?” chiese Joe, intrecciando le proprie dita a quelle della ragazza.

“Perché tu no?” rispose lei, inframmezzando le parole con i baci “Che domande faccio: ovvio che tu non veda l’ora di tornare a casa! Ti aspettano degli allenamenti piuttosto intensi, se vorrai mantener fede agli impegni presi.”

Joe sorrise, senza rispondere.

Le ultime ore erano state assai cruciali, per lui. Non solo aveva vinto il suo secondo titolo pugilistico, aggiudicandosi la cintura di campione del Pacifico, ma giusto poche ore prima Yoko gli aveva finalmente comunicato dell’entità degli accordi presi con il campione mondiale: entro la fine dell’anno Tokyo avrebbe ospitato l’illustre boxeur facendogli mettere in palio il suo titolo… contro Joe Yabuki. I diritti di esclusiva del match sarebbero stati di appannaggio esclusivo della joint venture stipulata dallo SBC con la Tele Kappa di Fujita-san.

La giovane era stata in grado di accattivarsi la fiducia di Mendoza, del suo staff e delle autorità consolari del Messico – dato che il campione mondiale era posto sotto l’egida diretta delle autorità del suo Paese – accaparrandosi così un “boccone”, in termini di business, assai prelibato. Naturalmente, l’accordo aveva previsto delle condizioni assai agevolate per Yabuki in termini economici e di ritorno di immagine: sia che avesse vinto o perso, il pugile avrebbe comunque visto crescere a dismisura la sua popolarità, anche a livello internazionale.

Comunque sia, le ultime vittorie contro Kim e contro Sarawaku avevano già contribuito a renderlo famoso ben al di fuori dei confini nazionali: ormai si ritrovava pressoché braccato dai giornalisti e dai fan ovunque si girasse. Con molta fatica, Joe era riuscito a sfuggire alla morbosa curiosità altrui, per poter vivere dei momenti di intimità con la sua donna in quella fatata cornice di paradiso terrestre.

“Beh… direi allora di non sprecare tempo in inutili chiacchiere…” mormorò infine Joe, stringendo la giovane a sé e percorrendole il collo con le labbra, facendola sospirare.

°°°°°°

Narita, aeroporto internazionale.


“Allora, quand’è che atterra l’aereo di zio Joe?” brontolò Saki, per la ventesima volta, puntellandosi sui piedini per cercare, inutilmente, di vedere un po’ meglio. C’era una tale folla di gente nell’area arrivi, che quasi non si scorgevano i tabelloni dei voli, specialmente quando si è ancora “alta come soldo di cacio”, come la apostrofò Chukichi, meritandosi così una zoccolata sul muso. Nishi sorrise, sollevando in aria la bambina per mettersela seduta a cavalcioni sulle ampie spalle, cosa che le fece emettere dei gridolini di soddisfazione, dato che, accomodata così in alto, poteva finalmente avere una visuale perfetta di tutto ciò che le stava intorno.

Anche lui non vedeva l’ora di rivedere Joe: negli ultimi tempi non si erano più visti per i reciproci impegni, e questo non andava bene, proprio per niente. Joe era per Nishi quanto di più vicino potesse essere ad un fratello: e tra fratelli ci dev’essere vicinanza, condivisione. Soprattutto quando si hanno delle belle notizie da comunicare.

Poco distante da lui e dai bambini, Noriko, che Nishi covava teneramente con lo sguardo, teneva costantemente d’occhio i tabelloni degli arrivi. “Eccolo… è atterrato proprio adesso. Ormai manca pochissimo, Saki.” precisò la ragazza in tono dolce, voltandosi a sorridere alla piccola. Il suo nuovo taglio di capelli, un caschetto morbido ed ordinato che le sfiorava le spalle, le valorizzava moltissimo le dolci curve del viso e la linea delicata del collo.

Nishi non smetteva di accarezzarla con gli occhi, cosa che aveva provocato più di una gomitata nei fianchi tra i monelli, che se lo additavano a vicenda, ridacchiando sotto i baffi… cosa, di cui, ovviamente non si accorgevano i diretti interessati.

In attesa di poter finalmente rivedere Joe, il ragazzo non faceva che pensare e ripensare a quella che era stata la serata più importante della sua vita.

°°°°°°

(flashback) - Diversi giorni prima, esattamente l’indomani della partenza di Joe e di Danpei per le Hawaii…


Non se lo era saputo spiegare neppure lei, come mai avesse ceduto al misterioso impulso di varcare la soglia del nuovo negozio di parrucchiere del quartiere doya-gai*, per dare, così, un bel taglio netto alle due lunghissime trecce che per anni le avevano sfiorato la vita. Poche ore più tardi, Noriko era ritornata al suo emporio, salutandolo come se niente fosse. Nel vederla, Nishi si era quasi fatto cascare un’intera pila di cassette di frutta sui piedi, da tanto era rimasto sorpreso. Con un colpo di bacchetta magica, una signorina distinta e affascinante aveva preso il posto della ragazzina di sempre. Una volta finito l’orario di negozio, Noriko gli aveva chiesto di fare insieme due passi, prima che calasse il buio. Dopo aver chiacchierato del più e del meno, passeggiando fino ad arrivare al parco Tamahime Koen, ecco che, di punto in bianco, la fanciulla si era voltata verso il ragazzo e, con un unico movimento pieno di grazia, si era sollevata sulle punte dei piedi per riuscire a posargli un bacio lieve sulle labbra.

Al poveretto era parso di toccare il cielo con un dito…

E se lo era preso, quel bacio, restituendolo con tutta la tenerezza di cui era capace. Fu un momento, il loro, bellissimo nella sua semplicità.

Lo sguardo di Nori si era posato su di lui, risplendendo di una luce calda e dolce.

“Sposiamoci, Nishi.” gli aveva sussurrato, ancora stretta a lui.

“C-cosa? Cosa hai detto, Nori?” Nishi si era sentito molto confuso. Mai, neppure nei suoi sogni più arditi, aveva osato immaginare di sentire da Nori simili parole. “Ma… ne sei sicura?”

“Sì.” aveva risposto lei, in tono tranquillo.

Per qualche minuto Nishi se ne era rimasto zitto, a braccia conserte. Noriko quasi non osava respirare, paventando di udire la domanda che sapeva essere in arrivo.

“Dimmi la verità, piccola.” Il gigante buono le aveva preso gentilmente tutte e due le mani, racchiudendole in una stretta calda e rassicurante. “Sei ancora innamorata di Joe?”

“Sì.” Noriko gli aveva scrutato la profondità degli occhi. “Non voglio mentirti, non te lo meriti. Io lo amo ancora e credo che difficilmente smetterò di amarlo.” aveva sospirato “Joe… è come una malattia che ti entra sotto la pelle e di cui non ci si può liberare. Mai. Lui è così. Fa questo effetto a tutti coloro che lo conoscono: non si rimane indifferenti all’aura speciale che trasmette di cui sono sicura che sia pure inconsapevole. E tu che sei suo amico da tanto tempo dovresti saperlo benissimo, Nishi.” aveva proseguito, in tono tranquillo, senza smettere di guardarlo negli occhi. “Però so di volerti un bene immenso e di voler costruire una famiglia con te. Solo con te. Posso giurarti una cosa, Nishi,” al che Noriko, liberate gentilmente le mani da quelle del ragazzo, gli aveva accarezzato le gote, con tenerezza. “Ti giuro che se anche un domani Joe dovesse venire da me, io non lo vorrei mai e poi mai per marito.”

“Nori… tu lo sai, vero, che Joe è innamorato di un’altra?” le aveva chiesto poi Nishi, aggrottando le sopracciglia e sforzandosi di non piangere, di rabbia e di tenerezza, insieme.

“Una volta Danpei si è lasciato sfuggire qualcosa a proposito, anche se poi ha cercato di minimizzare… Ho capito benissimo di chi si tratta. E ti dico un cosa: io non la invidio affatto. E lo sai perché?” Nishi scosse la testa, sempre più confuso. “Una sera Joe ed io ci parlammo… fu quando mi diede il benservito. Ti ricordi? Tu poi ci raggiungesti per riaccompagnarmi a casa. Ero distrutta, Nishi.” Sospirando, Nori si era andata a sedere su una panchina. Nishi l’aveva raggiunta a testa bassa e rimanendo in piedi, senza quasi fiatare per non interromperla. “E non solo e non tanto perché… sì, insomma, perché mi aveva confessato di non essere innamorato di me, scusandosi per il bacio che mi aveva dato. Rimasi sconvolta per ciò che poi mi confidò.” Il tono della fanciulla si era fatto via via più sommesso. Per non lasciarsi sfuggire neppure una parola, Nishi le si sedette accanto, racchiudendole una manina tra le sue. “Joe mi fece un discorso strano, ed ogni volta che ci penso non posso fare a meno di piangere.”

Era stato come se con tutto il suo essere avesse rifiutato, ancora una volta, una verità tragica: due limpide lacrime, infatti, le avevano percorso le gote pallide.

“Che cosa ti disse, tesoro mio?” Abbracciandola, le aveva fatto posare la testa sulla propria spalla, dandole dei baci leggeri sulla fronte.


“Non dimenticherò mai, finché avrò vita, le sue parole. La sua voce era così triste, Nishi, mentre mi diceva che lui non voleva essere come gli altri… che non voleva starsene a bruciare lentamente, ma che desiderava bruciare di una fiamma rossa ed accecante, finché non sarebbero rimaste solo delle bianche ceneri…”

A questo punto la ragazza si era messa a singhiozzare forte, seguita da Nishi, sconvolto e preoccupato a sua volta. Sapeva da sempre che il suo amico Joe custodisse gelosamente un suo intimo tormento; ma non avrebbe mai immaginato che potesse essere così profondo. Così devastante.

Joe… il suo migliore amico, il fratello di sempre. Sua croce e delizia sin dai tempi del riformatorio.


Era destinato, quindi, a perderlo per sempre?

“Lo capisci ora, Nishi? Capisci cosa vuole essere, Joe?” aveva ripreso la ragazza, poi, una volta che le lacrime le avevano dato un po’ di requie, mente Nishi annuiva, annichilito. “Per questo provo compassione per la disgraziata che lo sta accompagnando, inconsapevole, nel suo cammino di autodistruzione. Ed è per questo che io voglio sposare te.” Discostandosi un poco, Noriko aveva racchiuso il viso di Nishi tra le sue mani sottili “Io voglio vivere, Nishi. Ecco, io preferisco la luce calma e dolce di una candela che brucia lentamente in una atmosfera ricca di amore e di affetto, piuttosto che ritrovarmi presto da sola a far scorrere della cenere bianca tra le mie dita. Perché è questo che dovrà aspettarsi, la signorina Shiraki, presto o tardi. E soffro già per lei… più di quanto tu possa immaginare…”

“Ho capito, piccola. Sposiamoci presto e cominciamo a vivere. Insieme.”

Erano rimasti a lungo così, abbracciati strettamente su una panchina, nel parco giochi ormai deserto.


°°°°°°

“Eccoli… eccolo! Zio Joeeeee!!!”

Joe e Danpei non fecero quasi in tempo a sollevare la mano in segno di saluto, che si videro letteralmente travolti dagli amici del quartiere. I monelli scaraventarono a terra il loro idolo, quasi soffocandolo con i loro abbracci.

“Ahia, ahia! Fate piano! Accidenti quanto pesate, ragazzi… non sarete mica ingrassati, in mia assenza?” Tra uno scappellotto ed un buffetto, Joe riuscì finalmente a divincolarsi dalle prese dei birichini, ridendo divertito. Non resistette, però, alla tentazione di sollevare in alto la sua prediletta: “Eccola qua, la mia principessina! Ho portato un mucchio di regali, a te, a tutti!”

La piccola squittì felice, allacciando le braccine al collo del ragazzo con fare possessivo. “Quanto mi sei mancato! Adesso non parti più, vero?” gli chiese, mettendo il broncio.

“No Saki-chan, per ora direi proprio di no! Ho tante cose da fare qui!” le rispose, posandola delicatamente a terra, dopo averle scoccato un tenero bacio sulla guancia.

Seguirono le pacche amichevoli tra lui e Nishi, felici di ritrovarsi, dopo tanto tempo.

“Sei stato grande alle Hawaii… di più, anzi, amico mio!” balbettò Nishi, profondamente commosso e compiaciuto delle vittorie di Joe.

Questi si commosse a sua volta, nel vedere le lacrime sincere di Nishi. Il suo buon, vecchio amico di sempre… quanto gli era mancato! “Grazie. Che bello rivederti. Ho tante cose da raccontarti, magari davanti ad un bel boccale di birra ghiacciata! Che ne dici?”

Non appena gli si fece avanti Noriko, però, Joe rimase letteralmente a bocca aperta. “Cavoli, Nori… stai benissimo! Sembri più adulta, così.” disse lui, facendo cenno ai suoi capelli.

“Grazie Joe, e bentornato.” Noriko gli si inchinò con grazia. “Siamo tutti molto orgogliosi di te.”

“Ehi, ehi, quante formalità… così mi confondi…” arrossì lui, togliendosi il berretto e grattandosi il capo.

Nel frattempo, pure Danpei faticava a destreggiarsi tra tutti gli amici più anziani del quartiere, già mezzi ebbri di primo mattino, che lo tempestavano di domande e di complimenti. Ormai, il poveretto era stato prenotato per un giro interminabile di bevute ad altissimo tasso alcoolico e in nessun modo avrebbe potuto esimersi, pena dispetti a non finire… Mai offendere gli ubriachi!

I giornalisti sportivi, che avevano atteso pazientemente l’arrivo di Joe per immortalarlo con le loro foto e per cercare di rivolgergli qualche domanda, vennero messi letteralmente in fuga da quel folto e scalcagnato gruppo di persone malvestite e dall’alito pesante di cipolla e sakè, che reclamavano gelosamente il campione come di loro esclusivo appannaggio.

Una volta arrivati tutti alla palestra del Ponte delle Lacrime, Joe e Danpei rimasero commossi per i numerosi cartelli colorati di “bentornato”, affissi un po’ ovunque, financo sugli stentati alberelli piantati sul lungofiume, ed inneggianti al nuovo titolo guadagnato da Joe. Le brave massaie di Namidabashi avevano allestito un sontuoso banchetto sul prato adiacente alla palestra, dato che in quest’ultima lo spazio non era sufficiente a contenere tutti gli ospiti e dato che la palestra nuova non era ancora stata ultimata dagli operai. Una moltitudine di tovaglie colorate erano state distese per terra per un gigantesco pic-nic, con tanto di quel cibo da poter arrivare a sfamare mezza Tokyo: da alcuni giorni il piccolo supermercato del buon Hayashi era stato preso amorevolmente d’assalto dalle signore del quartiere per “festeggiare adeguatamente quel caro ragazzo”, come avevano pomposamente dichiarato all’indirizzo di Joe. Venne pure acceso un rudimentale barbecue, per arrostirvi carni e pesci.

Joe si sentiva confuso, oltre che molto commosso. Non riusciva quasi a spiccicare parola, proprio come gli era accaduto diversi anni orsono, quando era stato accolto amorevolmente da quella povera, ma brava gente, in un modo assai simile, al suo ritorno dal riformatorio. Da allora, tante cose erano cambiate, sul suo cammino. Fatto e ancora da fare. Ma quella era casa sua e quelle persone erano quanto di più vicino al termine “parenti” egli potesse auspicare. Però… mancava ancora qualcuno, rimasto nell’ombra sin troppo a lungo.

“Scusa, Danpei, io devo allontanarmi un attimo… torno subito.”

“Eh? E dov’è che te ne vai, hic” farfugliò il coach, già con la lingua impastata dall’alcool.

Joe sbuffò, roteando gli occhi verso l’alto e fuggendosene alla chetichella. Erano tutti talmente presi a mangiare a creapapancia e a far scorrere fiumi di sakè da non accorgersi della fuga del festeggiato!

Circa una ventina di minuti dopo, Joe era arrivato davanti ad una certa casa. Al suono flebile del campanello, Hiro Nakamura si era affacciato alla porta, vestito, suo solito, di un inappuntabile gessato grigio. Padre e figlio si scrutarono in silenzio per un lasso di tempo che parve un’eternità.

Il primo a rompere il ghiaccio, al solito, fu lo yakuza.

“Sapevo che oggi saresti tornato. Ma non pensavo che saresti mai passato di qua. Mi stupisci.”

“Già… stavolta sono io, a stupire te. Ad ogni modo, ora sono qui per chiederti se vuoi venire con me in un posto.”

Hiro non se lo fece ripetere due volte. Percorsero il tragitto fino al Ponte delle Lacrime senza scambiarsi una sola parola. Avanzarono fianco a fianco, con lo stesso identico passo elastico e cadenzato, l’uno il perfetto doppio dell’altro.

Quando arrivarono insieme sul luogo della festa, per qualche minuto calò il silenzio tra gli astanti. Uno yakuza è pur sempre un ospite scomodo. Naturalmente tutti gli abitanti del quartiere avevano capito ormai da tempo cosa davvero costituisse, per il loro amato Joe, quel signore azzimato dall’aria poco raccomandabile e ciò sin da quel triste giorno in cui il ragazzo, sofferente per un atroce periodo di digiuno forzato, era stato accompagnato a casa pure da Yoko Shiraki e dallo stesso Hiro Nakamura, oltre che dal buon Tange.

Fu quest’ultimo a risolvere la situazione d’impasse.

Ritrovata di colpo la sobrietà, avanzò verso Hiro e gli diede una bonaria pacca sulla spalla in segno di pace, per poi porgergli un bel boccale di birra ben fredda. “Ce ne ha messo di tempo ad arrivare, eh, Nakamura-san. Ora la festa può finalmente continuare.”

Joe ringraziò Danpei con un sorriso sereno.

Il resto della giornata passò così, fino a notte fonda, tra continui brindisi, eque distribuzioni di regalini e di souvenirs, e resoconti, ripetuti all’infinito, sulle bellezze di Honolulu e sui pugni dati e ricevuti.

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Spigolature dell’Autrice:

*doya-gai: il quartiere dove vivono i nostri amici viene soprannominato "doya-gai", ove la parola “doya” sta per la parola rovesciata di “yado”, che vuol dire albergo, soprattutto nell’accezione di albergo a bassissimo costo per gli operai giornalieri impiegati nel settore dell’edilizia.
(fonte e doverosissimi credits: clicca)

Mi sembrava giusto che il nostro ragazzo venisse adeguatamente festeggiato per la sua ultima vittoria! E poi, lo ammetto: mi mancava Nishi, quel buon ragazzone!

Ma non temete: i guantoni si incroceranno molto presto! Baci,

i.
  
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