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Autore: TaliaAckerman    03/04/2016    2 recensioni
L'ultimo atto della saga dedicata a Fheriea.
Dubhne e Jel si sono finalmente incontrati, ma presto saranno costretti a separarsi di nuovo. Mentre la minaccia dal Nord si fa sempre più insistente, un nemico che sembrava battuto torna sul campo di battaglia per esigere la sua vendetta. Il destino delle Cinque Terre non è mai stato così incerto.
Dal trentaquattresimo capitolo:
"Dubhne si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e ricordò quando, al suo arrivo a Città dei Re, l'avevano quasi rasata a zero.
- Quando ero nell'Arena... - mormorò - dovevo contare solo su me stessa. Un Combattente deve imparare a tenere a bada la paura, a fidarsi solo del proprio talento e del proprio istinto. Non c'è spazio per altro.
Jel alzò gli occhi e li posò su di lei - E che cosa ti dice ora il tuo istinto?
- Sopravvivi. "
Se volete sapere come si conclude il II ciclo di Fheriea, leggete!
Genere: Azione, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
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Anche se a pelle avrebbe desiderato precipitarsi dalla parte opposta, pronta a combattere, Dubhne seguì Claya. Le doleva ogni singola parte del corpo, specialmente la schiena, che aveva sbattuto sullo scheletro della scala d'assedio. Strizzando gli occhi, che continuavano ad appannarlesi, Dubhne e la sua compagna si lasciarono alle spalle la zona calda, addentrandosi nel reticolato di tende.
- Trova una guaritrice e fatti dare una sistemata - fece Claya asciutta dopo alcuni minuti, fermandosi. - Hanno già un bel da fare ma credo che troveranno tempo per la Ragazza del Sangue.
Lei represse il fastidio e assestò alla donna di fronte a lei una pacca sulla spalla. - Grazie per avermi tirata fuori dai guai.
- Di niente. Ma devo andare, il nostro comandante sta radunando gli uomini - fece per voltarsi, poi aggiunse:- Credo che anche... Come si chiama? Quel Jack Cox... credo che ti stia cercando. Quando hai finito ti conviene raggiungere i tuoi compagni.
Claya si allontanò. A Dubhne venne in mente che avrebbe potuto chiederle di Portjie: doveva essere lì anche lei. Sempre che non fosse già stata uccisa.
La giovane rimase immobile per alcuni istanti, poi si avviò nella direzione opposta a quella che Claya le aveva indicato. Non aveva alcuna intenzione di lasciare che una guaritrice mettesse le mani sulle sue ferite. Ne aveva ricevute di peggiori e quasi sempre se l'era cavata senza bisogno di cure, o addirittura medicandosi lei stessa.
Piuttosto, la ragazza si apprestò a cercare Jack. Doveva ammettere che era piuttosto sollevata all'idea che fosse ancora vivo.
Lo trovò pochi minuti più tardi, accomodato su una panca, gli occhi socchiusi, una guaritrice che, accanto a lui, gli stava cospargendo uno strano unguento sulla fronte sanguinolenta.
- Dubhne! - esclamò l'uomo nel vederla, fermando dolcemente il braccio della ragazza e allontanandolo da sé. - Ho finito poco fa di fare il conto dei morti e dei feriti. Pensavo fossi morta.
- E io pensavo che tu fossi in città, ormai. Che cavolo è successo? Perché non abbiamo proseguito?
- Sono gli ordini dall'alto - rispose Jack imperturbabile, finendo da solo di spalmarsi la pasta trasparente sulla ferita. Fece un cenno alla guaritrice che gli passò una benda. - Ho ricevuto disposizioni affinché tornassi qui, per ora.
- Ma siamo appena arrivati! - inveì Dubhne. - Insomma, abbiamo aperto una breccia, dobbiamo tentare il tutto per tutto adesso.
- Smettila di fare la bambina capricciosa. Sei noiosa quando fai così. A proposito - le fece cenno di avvicinarsi. - Dammi una mano con questa fascia.
- Fatti aiutare da lei - ribatté la ragazza sarcastica, alludendo alla guaritrice. Poi si voltò, senza aspettare la risposta di Jack.
Avevano già battibeccato diverse volte. E Dubhne doveva ammettere che discutere con lui aveva un 'che di accattivante. Ogni volta che una discussione tra lei e Jack terminava si sentiva seccata, certo... ma con un mezzo sorriso sulle labbra, anche.
Ma queste ragazze non parlano mai? si chiese passando accanto ad un'altra guaritrice, china su un ragazzo steso a terra. Il loro comportamento era curioso in effetti. Quasi tutte giovanissime, poco più che ragazzine, disposte a stare a contatto con le più raccapriccianti ferite pur di dare il loro contributo alla causa ariadoriana o, forse, a qualcosa di più generale, un ideale votato all'assistenza e alla vicinanza a chi soffriva o era in punto di morte.
Niente di più lontano da ciò che avrebbe potuto provare Dubhne, insomma.
Le guaritrici occupavano alcune tende nella zona del campo più lontana dalle mura di Hiexil, ma l'infermeria era in un luogo diverso, più vicino, in modo che i feriti gravi non dovessero essere trasportati a lungo prima di giungervi. Dubhne non vi aveva ancora messo piede e, personalmente, se avesse dovuto farlo, avrebbe preferito fosse il più tardi possibile.
Dubhne passò accanto alle tende dove aveva incrociato Neor il giorno prima e, istintivamente, si chiese che fine avesse fatto. Il desiderio di chiedergli notizie riguardo il mondo dei Combattenti era ancora forte dentro di lei, così la ragazza decise di aspettare lì per un po', nella speranza di incontrarlo nuovamente.
Seduta sull'erba, dopo aver chiesto in prestito una benda ad una guaritrice - che aveva risposto alla richiesta con un "ecco" sommesso e un piccolo sorriso - Dubhne trascorse il tempo tentando di lucidare alla meglio la lama della scimitarra, strofinando via il sangue e i brandelli di pelle che vi erano rimasti appiccicati.
Quando alla fine vide Neor, miracolosamente tutto intero e nemmeno troppo sporco di sangue, venire verso di lei, rinfoderò la propria arma e si alzò.
- Vivo per un altro giorno, eh? - gli domandò ironica.
- Direi di sì - rispose lui con una scrollata di spalle. - Ormai mi è capitato di pensarlo parecchie volte. Ma tanto... - le scoccò uno sguardo obliquo. - Noi ci siamo abituati, non è così?
Dubhne annuì. Poi, cercando di superare il lieve imbarazzo che l'aveva avvolta, esordì:- Senti... Neor... lo so che noi non dovremmo essere amici. So che - si schiarì la voce - la mia compagna Claris ti ha buttato fuori dai Giochi e tutto il resto, ma... - lo guardò negli occhi. - Cerca di capirmi. Città dei Re mi manca da impazzire. E volevo, insomma...
- Capisco, capisco - la interruppe l'ex Combattente. - Che cosa vuoi chiedermi?
Si sedettero nuovamente.
- Come mai sei qui? Non hai vinto i Giochi, com'è che Peterson ti ha lasciato andare?
- Mi aspettavo che me lo chiedessi - rispose Neor, passandosi distrattamente una mano fra i sudici capelli neri. Aveva ricominciato a piovere. - Quando il Gran Consiglio ha deciso di far intervenire l'esercito delle Cinque Terre, sono state redatte alcune leggi speciali - spiegò. - Persino al palazzo Cerman è arrivata la notizia che chiunque, schiavo o uomo libero, avrebbe potuto arruolarsi nell'esercito delle Cinque Terre. Io sono stato un Combattente per tanto, troppo tempo. Era la mia occasione per andarmene e l'ho colta.
- È venuto qualcun altro con te?
- Un paio di persone. Peterson era furibondo quando gli ho detto che intendevo lasciare la squadra.
Dubhne provò una fitta di infantile soddisfazione a quella notizia, e gli chiese i nomi.
- Dei nostri solo Tessel e Jeann. Quelli delle altre squadre non so come si chiamino.
- Claris? - azzardò Dubhne a bruciapelo, speranzosa.
Neor scosse la testa. - Non credo che quella sgualdrina della tua amica avesse molta voglia d arruolarsi insieme a me.
- Una sgualdrina di nove anni più giovane di te che è riuscita a batterti in combattimento - puntualizzò la giovane freddamente.
- È andata così. Me ne sono fatto una ragione.
- Io non credo - ghignò Dubhne.
Infastidito, Neor fu rapido a cambiare discorso:- Non avevi altre domande da farmi?
Dubhne ci pensò su un attimo, e alla fine chiese lentamente:- Come sta Malcom?
Le sarebbe parso ingiusto non chiedere di lui. Dopotutto, che le piacesse o no, era anche a lui che doveva la propria fama. Lui, che l'aveva strappata ai Farlow, che l'aveva catapultata in un mondo per lei sconvolgente, che aveva discusso e urlato contro di lei così tante volte che ormai Dubhne ne aveva perso il conto.
- Non posso esserne sicuro, ma mi è sembrato molto preoccupato, l'ultima volta che l'ho visto. Lo sono entrambi, lui e Peterson; questa guerra, il fatto che alcuni Combattenti abbiano abbandonato la squadra per arruolarsi... significa lavoro in più, fatica in più, denaro in più da pagare.
Certo... Dubhne annuì. Potrei sempre tornare io nella squadra...
- Ed Ellison Pets? Era ancora nella capitale quando te ne sei andato?
Neor scosse la testa. - Ha lasciato la città poco dopo la fine dei Giochi. Credo che quest'anno sia determinata a mettere su una squadra decisamente più competitiva dell'anno scorso.
Dubhne fu sicura di percepire una punta di nostalgia nel tono di voce dell'ex Combattente. La ragazza sorrise, avvertendo per l'ennesima volta qualcosa di simile al rammarico per non essere rimasta a Citta dei Re con Claris, Xenja, Illa e tutti gli altri...

                                                                            ***

Le battaglie si susseguirono senza sosta nelle giornate successive.
I soldati ariadoriani, le cui fila erano state incrementate dall'arrivo dei membri dell'esercito delle Cinque Terre, avevano constatato che, una volta aperta una breccia, guadagnare altro terreno sarebbe stato incredibilmente più difficile.
Per giorni Dubhne combatté all'interno della città senza risparmiarsi; non aveva impiegato molto tempo per fare propria quello stile di vita. Per quanto i ritmi fossero serrati, la ragazza era certa di star reggendo bene la mole di fatica, il dolore per tutte le ferite che si era procurata, la tensione che a volte che la sorprendeva nel cuore della notte.
In quel periodo si era ritrovata a pensare a Jel Cambrest più volte di quanto si sarebbe potuta aspettare. Tra le fila ariadoriane si trovavano anche una manciata di maghi, e nel vederli combattere a proprio fianco lei non aveva potuto fare a meno di ricordare il giovane Consigliere dall'aria provata che aveva conosciuto a Città dei Re.
Perché continuava a pensare a lui? Che cosa poteva avere di tanto speciale da averla colpita?
Fu ponendosi queste domande che Dubhne, il sesto giorno dopo il suo arrivo a Hiexil, si avviò verso la zona di battaglia con la scimitarra appoggiata su una spalla.
Anche se il tempo era decisamente migliorato negli ultimi due giorni, spesse masse di nuvole continuavano a spostarsi nel cielo cariche di pioggia, e momenti di insperato sereno si alternavano a improvvise correnti gelide che spesso portavano con sé brevi precipitazioni.
Metà del campo era scossa da influenza e crisi di tosse, ma Dubhne no. Il clima impossibile delle colline in cui era cresciuta l'aveva plasmata a sopportare piuttosto bene anche le condizioni più strane o avverse.
Mentre lei e i soldati "riposati" davano i cambio a chi aveva combattuto nella notte, la giovane incrociò Neor e Claya e li salutò con un cenno del capo.
Alla fine non aveva avuto bisogno dell'aiuto di Claya per scoprire che fine avesse fatto Portjie. Dubhne aveva trovato il suo corpo per caso, scorgendolo tra le pile di cadaveri ammassate sotto le mura di Hiexil. Un piccolo tuffo al cuore l'aveva colta nel vedere quella ragazza dall'aria così innocente morta e dimenticata. Per un attimo aveva pensato di chiedere l'aiuto di Claya per trasportarla lontana dal campo di battaglia e seppellirla, ma poi si era detta fosse meglio di no.
Man mano che si avvicinava all'interno della città Dubhne avvertì il battito cardiaco accelerare. Le capitava sempre, ormai vi ci si era abituata.
Controllò che Jack fosse ancora davanti a lei - le piaceva combattere con i comandante a proprio fianco - poi oltrepassò il passaggio che conduceva in città e si preparò a combattere.
- Questa volta li costringiamo ad arretrare! - udì esclamare un soldato ariadoriano che aveva il volto coperto di sangue ma acceso da un sorriso fiducioso.
Gli alleati delle Cinque Terre avevano costruito alcune barricate che delimitassero il suolo cittadino che erano già riusciti a riconquistare. Dall'alto delle mura adiacenti a quel perimetro, gli arcieri sorvegliavano le mosse dei Ribelli nella zona nemica e, per quanto fosse possibile, coprivano i fanti che tentavano di avanzare. L'azione era concentrata in quell'area; molti dei Ribelli che occupavano la città erano concentrati lì. Per quanto quei Nordici combattessero con ferocia, accecati dalla fede nella loro causa, la superiorità numerica dei loro nemici cominciava a farsi sentire. Ariadoriani e truppe delle Cinque Terre potevano combattere dandosi il cambio più volte e su più fronti, mentre era palese che per i Ribelli contenere anche solo quel fronte stava diventando complicato.
Dubhne scavalcò la prima barricata e si unì a coloro che già combattevano per le strade di Hiexil.
- Non toccate gli Ariadoriani! - sentì qualcuno esclamare per l'ennesima volta mentre si faceva largo a colpi di scimitarra.
La confusione era tanta: gruppi di cittadini inermi tentavano di scappare dalla zona di battaglia, ma gli stessi Nordici li respingevano. Anche senza che Jack glielo spiegasse, Dubhne aveva compreso la tattica diversiva dei Ribelli: nascondersi fra gli alleati delle Cinque Terre e nel frattempo usarli come scudo. Confondere i soldati ariadoriani e indurli ad uccidere i propri stessi concittadini.
La ragazza agguantò una bambina che sedeva singhiozzando in un angolo, riparandosi il volto con le braccia, e se la tirò dietro, spingendola poi verso la zona controllata dagli ariadoriani.
- Corri! - le gridò. - Va' da quella parte e sarai al sicuro!
Forse la piccola le rispose qualcosa, ma Dubhne non riuscì ad udire le sue parole. Era tornata a volgersi verso le schiere nemiche, e aveva ripreso a combattere.
Un paio di volte si ritrovò fianco a fianco con Jack, menando colpi di scimitarra vicino a lui e combattendo in coppia.
- Grazie per il tuo aiuto, ma non ne ho bisogno!- esclamò la giovane con irrisoria freddezza mentre con un calcio atterrava un Ribelle e lo finiva trapassandogli il torace.
- Controllo che tu non ti faccia ammazzare, Ragazza del Sangue - ribatté l'uomo con un sorriso abbassandosi e schivando un fendente nemico. - Sei una rappresentante importante per le nostre truppe...
Nonostante stesse faticando parecchio, lei rise. Più nemici abbatteva, più si sentiva esaltata. Forse il soldato che l'aveva superata mentre si dirigeva in città aveva avuto ragione nel sostenere che quel giorno qualcosa si sarebbe smosso.
Gli ariadoriani avanzavano, stavano prendendo terreno. Dubhne abbatté diversi nemici mentre tentava di spingersi ancora più avanti.
- Venite! - gridò ai compagni più vicini a lei. - Avanti, che ce la facciamo!
Lo spettro di un sorriso era ancora disegnato sul suo volto, quando ad un tratto qualcosa cambiò.
Per un attimo a Dubhne parve che l'aria fosse fatta più intensa, più pesante. Un violento colpo di vento quasi la costrinse a terra. Tutti, ariadoriani e Ribelli, sembrarono immobilizzarsi.
Per diversi lunghi istanti, Dubhne avvertì nel proprio respiro irregolare l'unica fonte di rumore sulla scena. Cercò Jack con lo sguardo e lesse nei suo occhi lo stesso momentaneo senso di smarrimento che provava lei stessa.
Impiegò alcuni secondi per capire, poi se ne rese conto. Anche se prima di quel momento aveva avuto un contatto quasi nullo con essa, comprese di trovarsi in prossimità della Magia. Una magia che non aveva nulla a che fare con quella di Jel o con quella dei maghi che davano manforte all'esercito delle Cinque Terre.
In quel momento la Combattente ebbe paura. Un terribile presentimento la avvolse.
Alcuni secondi dopo, la ragazza vide in lontananza la barricata ariadoriana esplodere. All'istante i Ribelli attorno a loro si rianimarono e ripresero a combattere, cogliendo alla sprovvista coloro che ancora non riuscivano a capacitarsi di ciò che stava succedendo.
Dubhne si riscosse appena in tempo per parare il fendente di un guerriero che si era avventato su di lei. Le loro lame si incrociarono diverse volte prima che la ragazza riuscisse ad ucciderlo.
Ma qualcosa di irrimediabile era successo, Dubhne lo sentiva. Non aveva tempo per soffermarsi a guardarsi alle spalle, ma dalla direzione da cui era venuta, dove in teoria dovevano trovarsi i suoi alleati, provenivano grida, esplosioni e tonfi sordi.
Ho detto alla bambina di andare da quella parte. Ho detto alla bambina...
Un attacco di nausea la colpì all'idea di aver involontariamente mandato un'innocente incontro alla morte, mentre i suoi compagni d'armi cominciavano a cadere o a fuggire, uno dopo l'altro. Battevano la ritirata.
Ritirata... ma per dove? Da quello che aveva intuito i Ribelli dovevano averli colti alle spalle. Ma come poteva essere? Come potevano avere così tanti uomini?
Ma soprattutto, a chi apparteneva quella incredibile e sovrannaturale forza che aveva avvertito un attimo prima?
- Ritiratevi! - gridava Jack tentando di salvare il salvabile. - Ritiratevi! Tornate all'accampamento! Andate VIA!
No! Un moto di rabbia scosse le membra di Dubhne. Non era arrivata fin lì per tornare ad essere una codarda che fugge davanti al pericolo. Non aveva nessuna intenzione di ritirarsi, che fosse Jack o chiunque altro ad ordinarglielo.
Se quella sarebbe stata la sua fine, allora avrebbe fatto in modo fosse una grande fine.
Invece di tentare di tornare indietro insieme agli altri, la giovane mulinò la scimitarra e tornò nella mischia. Vedeva Ribelli ovunque, mentre gli unici ariadoriani che continuavano ad attorniarla erano morti... o in procinto di esserlo.
Mentre continuava a combattere, Dubhne si sentiva vicina alla morte come raramente in vita sua, e per diverse volte fu sicura di essere giunta alla fine della propria strada.
All'improvviso, sentì una mano afferrarle il braccio.
- Vieni via, Dubhne!
Era Jack. Sembrava sfinito; con il volto coperto di sangue, ansimava come non mai. Ma Dubhne si divincolò con forza, affondando la sua lama nel corpo di un avversario.
- Non intendo scappare come una codarda, Jack! - ringhiò. - Va' via, se hai così tanta paura di morire!
Ma Jack Cox era un uomo adulto dalla fermezza non in discussione, e non era abituato a farsi mettere i piedi in testa. La attiro a sé con la forza, strappandola dalle grinfie dei Nordici. - Tu vieni con me, ora. Non ti lascerò qui a morire.
- Sei un codardo! Un fottuto codardo! - urlò Dubhne mentre l'uomo la trascinava via. Non permettergli di farlo! È la tua vita!
Mollò una gomitata negli stinchi di Jack e si liberò dalla sua presa. Era spinta da una rabbia feroce. Non poteva tollerare che qualcuno le imponesse qualcosa in quel modo; il braccio di Jack serrato attorno alla sua vita le aveva ricordato in modo incontrollabile il signor Tomson che la strappava a forza dall'abbraccio di sua madre.
Ma Dubhne era un'adulta adesso e non avrebbe mai più permesso a nessuno di farle una cosa simile.
Ignorando la rabbia di Jack, tornò ad affrontare un nemico dopo l'altro. Sentì le lame dei Ribelli che le aprivano ferite su braccia e gambe. Una spada le disegnò anche un lungo taglio su un fianco.
Le forze avevano già cominciato ad abbandonarla quando Dubhne vide una donna poco distante da lei. Per un attimo la ragazza pensò che la stanchezza e le ferite le avessero ottuso i sensi, perché le sue mani, strette a pugno, erano avvolte dalle fiamme. Anche i suoi capelli parevano incendiati da luce infuocata. Istintivamente, Dubhne estrasse un pugnale dalla sua cintura e glielo scagliò contro. Alla donna rossa bastò un lieve movimento del capo per deviarlo.
La Combattente la vide alzare lo sguardo su di lei. Quando il rosso dei suoi occhi, acceso da una sorta di gelido furore, incrociò i suoi, Dubhne avvertì una scarica di dolore mai provato prima attraversarle le membra. Piegata in due, vide la strega avvicinarsi a grandi passi verso di lei e in un solo vorticoso istante capì che l'avrebbe uccisa.
Muoio. Questa volta muoio per davvero...
Paralizzata, guardò la strega di fronte a lei muovere le mani velocemente - eppure in modo terribilmente aggraziato - e generare una nuova fiammata, pronta a scagliarla contro di lei. Conscia del fatto che nulla di ciò che avrebbe tentato avrebbe potuto salvarla, Dubhne serrò la stretta sul manico della scimitarra, quando un paio di mani la agguantarono per le spalle, sottraendola al fuoco che stava per abbattersi su di lei.
- Jack, no... lasciami qui... lasciami morire... - la ragazza era troppo esausta anche solo per urlare.
Jack si faceva largo a colpi di spada tra i Ribelli, ma erano troppi, troppi...
Guardandosi indietro, l'ultima cosa che Dubhne vide fu la strega rossa alzare una mano come per richiamare a sé i suoi uomini. I guerrieri del Nord si aprirono in due ali quasi a lasciarli passare e, come in un sogno, Dubhne lasciò che Jack la trascinasse via, oltre la barricata ormai distrutta. Nel superare anche le mura della città, tutto ciò che la ragazza riuscì a vedere intorno a sé furono fumo nero e fiamme.
Visioni scomposte si imposero davanti agli occhi di Dubhne. I suoi genitori che la consegnavano nelle mani di Tomson. Alesha che le diceva addio, il freddo pavimento delle celle della sartoria. L'odore acre e le fiamme che la circondavano nella foresta. Il corpo di Agnes martoriato al centro dell'Arena, I tagli sul viso di Phil, Jackson che rideva di lei e la colpiva ancora, e ancora, e ancora...
- Aiuto - esalò con voce flebile mentre fitte di dolore acutissimo le perforavano le tempie. - Voglio andare a casa. Aiutatemi... vi prego, aiutatemi...
- Resta sveglia Dubhne! - la esortò Jack in tono duro, mentre la prendeva in braccio e se la caricava sulle spalle. - Resisti!
Dietro di loro la ragazza vide decine d Ribelli combattere tra le tende in fiamme di quello che fino a poche ore prima era stato il campo ariadoriano.
Mentre Jack continuava a correre, Dubhne abbandonò il capo sulla sua schiena.
Le parve di vedere la figura di Camlias scrutarla, immobile, in lontananza.
- Madre... - mormorò la giovane mentre calde lacrime le scendevano sulle guance. - Madre... ti prego...
La vista le si annebbiò. Non aveva più forze. Si aggrappò alla propria scimitarra come fosse stata l'ultima cosa a tenerla ancora legata al mondo terreno. Portami via, Jack. portami via.








NOTE:

Buonasera gente, finalmente riesco a pubblicare con un po' di assiduità ^-^ Ammetto che non è stato semplice stendere questo capitolo, soprattutto l'ultima parte (ma dai?!), ma spero che il risultato sia almeno decente. All'inizio avevo un'idea completamente diversa sul come rendere il salvataggio di Dubhne, ma alla fine mi sono fatta trascinare dall'atmosfera angst e il risultato è stato questo.
Per coloro che me l'hanno chiesto, beh, con il prossimo capitolo tornerò a Grimal e lo dedicherò a Gala (e rivedremo anche Jel, quindi :)
Se il capitolo vi è piaciuto, please, lasciatemi una recensione! O anche non vi è piaciuto, ditemi che ne pensate, consigli, ecc...
  
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