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Autore: TheDoctor1002    07/04/2016    3 recensioni
Artemis conosce il mare. Lo ha solcato in lungo e in largo quando era in marina, vi ha disseminato terrore una volta cacciata e ancora oggi, dietro l'ombra del suo capitano, continua a conoscerlo.
Il suo nome è andato perduto molti anni fa: ora è solo la Senza-Faccia. Senza identità e senza peccati, per gli altri pirati è incomprensibile come sia diventata il secondo in comando degli Heart Pirates o cosa la spinga a viaggiare con loro. Solo Law conosce le sue ragioni, lui e quella ciurma che affettuosamente la chiama Mama Rose.
Ma nemmeno la luce del presente più sereno può cancellare le ombre di ciò che è stato.
Il Tempo torna sempre, inesorabile, a presentare il conto.
"Raccoglierete tutto il sangue che avete seminato."
//
Nota: trasponendola avevo dimenticato un capitolo, quindi ho riportato la storia al capitolo 10 per integrarlo. Scusate per il disguido çuç
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Corazòn, Donquijote Doflamingo, Eustass Kidd, Nuovo personaggio, Pirati Heart
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 9: La Terra dei Santi

Gli spessi ricci della donna comparvero improvvisamente sulla soglia dell'officina, affacciandosi timidamente.
"Shachi, hai un momento?" chiamò piano.
Il suo compagno a stento la sentì: la sua voce era coperta dallo stridio del ferro e calde scintille inondavano la maschera da saldatura.
Appena lui sollevò il volto, riconobbe i tratti morbidi e le lentiggini di lei e le sorrise, accantonando gli attrezzi del suo lavoro.
"Ikkaku, benvenuta!" La salutò "Posso esserti utile?"
"A dire il vero, si" ammise, entrando nella stanza facendo slalom tra i lunghi metri di cavi che si snodavano sul pavimento spoglio "Vedi, stavo leggendo il giornale e ho notato una notizia strana."
La ragazza gli passò un articolo fresco di stampa, la cui carta era ancora liscia e i caratteri di un nero vivido e lucido.
Shachi strinse gli occhi, man mano che scorrevano tra le righe "Non è possibile" sussurrò "Voglio dire, un evento del genere dovrebbe averlo previsto!"
"Sai com'è mama-Rose" sospirò Ikkaku "nemmeno lei può vedere ogni cosa. Spero solo che vengano a saperlo in tempo..."
"Certo, sarebbe un bell'inconveniente, ma sono certo che la notizia sarà già arrivata a Marijoa"
Lei sembrò rincuorata e sfoderò uno dei sorrisi più genuini e sollevati che Shachi avesse mai visto "Già, hai ragione. Ti lascio al tuo lavoro. Oh, a proposito!"
Shachi le rivolse un ultimo sguardo, osservando l'oggetto che gli porgeva e nascondendo poi il volto tra le mani.
"Non è possibile." Sospirò "Che ha quella donna di sbagliato?"
"Non ne ho proprio idea" rise lei uscendo e rigirandosi ancora la maschera di Artemis tra le mani "ma certamente deve essere stata parecchio nervosa per dimenticarsela. Dici che riusciamo a spedirgliela?"
"Nah, sono sicuro che si è già arrangiata...ma, dannazione, com'è possibile?!"

Artemis starnutì di punto in bianco, interrompendo per un attimo il suo estenuante ciclo.
"Visto? Hai preso freddo." La rimproverò Law.
Lei, d'altro canto, riprese a tracciare lo stesso percorso tra la specchiera e la parete opposta. Osservò con espressione perplessa la maschera che lui le aveva portato e l'avvicinò al volto per qualche istante, solo per riprendere quella logorante routine dopo pochi secondi.
"Farai il solco, a furia di continuare" sospirò "Si può sapere che hai?"
"Ho che non è la mia!" Sbottò Artemis.
"La Kitsune è l'unica maschera che ho trovato in tutta la città. Se non ti va bene, puoi sempre metterti gli occhialoni con cui sei arrivata."
Artemis si fermò, guardò prima gli occhiali dalle lenti tonde e rossastre posati sul comò, poi Law e il muso di volpe dipinto a bei tratti rosso vivo sulla mezza maschera bianca, infine scosse con convinzione la testa "No, no, sono troppo esposta!"
"Avresti dovuto pensarci prima di lasciare la tua a casa. Come hai fatto a dimenticartela?"
"Che ne so? Speravo che le lenti fossero sufficienti. E ho messo in valigia quel che serviva e basta, non ha senso portarsi scorte inutili."
"Hai messo in valigia un numero esiguo di cambi estivi. Se non fosse stato per me non avresti neppure una felpa o qualcosa di caldo."
"E con ciò?" Chiese risentita, gettandosi sul letto della minuscola stanza d'albergo "Dobbiamo andare a Punk Hazard, è un'isola tropicale!"
"Non sei previdente" la rimproverò "e se dovessimo andare anche altrove?"
"Mi sarei arrangiata, come sempre"
Il Chirurgo sospirò ancora, aprendo una delle valigie e lanciando verso Artemis una sorta di giacca da camera.
"Non mi serve, adesso."
"Sì che ti serve, hai starnutito."
Lei strinse gli occhi, infilando la vestaglia più per far finire quella disputa che per vera convinzione.
"Non sono raffreddata." Concluse e, detto ciò, uscì in terrazzo, lasciando che il suo sguardo spaziasse sulla città.
Quando Law la seguì, lei aveva indossato la maschera e stringeva tra le dita una sigaretta con fare nervoso.
"Scusa, non sono in me. È che manca così poco e sono così nervosa. Ho paura di finire per rovinare tutto."
"No, tu non hai paura di rovinare tutto." La corresse "Tu hai paura di ritrovare il tuo passato seduto a quel tavolo, non è così?"
"Anche" ammise. "Loro potrebbero non riconoscermi, ma io conosco loro e mi basta. Ho bisogno di bere qualcosa, qualcosa di forte e che mi dia abbastanza coraggio."
"Ho visto un locale che non pareva male, tornando dal centro. Ti va bene?"
Lei sorrise appena e prese il braccio che Law le offriva "Andata, dammi un secondo per vestirmi."

-//-//-//-

Quando Artemis guardò verso lo specchio, questo le ritornò l'immagine di una figura slanciata, le gambe coperte da un vestito lungo e aderente abbastanza da farne intuire le forme, la pelle ambrata del petto ben più esposta di quanto non volesse e un'espressione vagamente infelice.
"Fufufu" rise deliziato il suo accompagnatore, sollevandosi dallo stipite al quale era appoggiato, avvicinandosi a lei e affondando il viso nella nuvola di capelli argentei che le circondava il volto.
"Non mi piace, quest'abito" si lagnò lei, cercando di sistemare le pieghe in modo da nascondere il seno "è troppo...troppo, ecco."
"Io trovo ti stia benissimo" respirò il Joker contro il suo collo, spostandole le mani intente a coprire tutti quei brandelli di pelle scoperta per poi lasciare scorrere le sue lungo la schiena nuda fino a raggiungere la vita.
"Perché nascondere un dono simile? La natura non ti ha certo donato queste curve affinchè tu le disprezzassi, non credi?"
Quasi istintivamente, Artemis si irrigidì in risposta a quelle attenzioni, scivolando via dalla presa di lui che rise ancora.
"Nervosa, colombina mia?" La apostrofò con il suo strafottente sorriso a smuovergli il volto.
Lei distolse lo sguardo, uscendo sul balcone e prendendo una boccata della fresca aria di Marijoa, tanto diversa da quella concessa ai comuni mortali.
La città era in fermento, la convocazione era davvero importante e i cittadini aspettavano trepidanti l'arrivo degli altri Shichibukai, pronti per accogliere anche Doflamingo sotto il loro nome.
Lui la raggiunse subito, appoggiando i gomiti sul parapetto e dando le spalle al panorama per concentrarsi su di lei.
"Sono personalità molto importanti, è normale che sia un po' in agitazione." Si giustificò Artemis freddamente, mantenendo lo sguardo sul selciato diverse decine di metri sotto la balconata e calcolando mentalmente quanto male avrebbe potuto fare, se avesse deciso di gettarsi.
"Ma non hai nulla da temere, colombina mia: ci sono io con te. Ti sarò sempre accanto, tutto il tempo e, se qualcuno avesse commenti da fare...fufufu, troveremo il modo di rispondere loro a tono, non credi?"
Lei forzò un sorriso. "Come sempre." Aggiunse, ricambiando un veloce bacio a fior di labbra, ma era certa non ci sarebbe stato bisogno di ricorrere a quel genere di misure: nessuno osava mai sparlare della Regina Bianca.

-//-//-//-

Quando Law tornò con il vassoio in mano, l'espressione sul viso di Artemis era già completamente diversa.
Era seduta a gambe incrociate su uno dei bassi divanetti della veranda e gli ultimi raggi del sole estivo di Marijoa sembravano dipingerla come un dettaglio su una tela.
Lui posò i due drink sul tavolino, passandole poi quello più ambrato mentre lei gli sorrise rilassata.
"Ha aiutato, sai?"
"Non ne hai ancora bevuto un sorso"
"No, non parlo del rum" spiegò assaggiandolo "parlo in generale. È la terza volta che torno qui e non mi ero mai resa conto di quanto questo posto fosse incantevole. Beh, non che abbia avuto molte occasioni di godermelo."
Non poteva certo darle torto: un basso parapetto verniciato di bianco era l'unica separazione tra loro e la città, parecchi metri sotto di loro: le minuscole case e le vetrine dei negozi iniziavano ad illuminarsi appena delle luci artificiali che si spandevano a macchia d'olio sull'intero panorama, fino alla costa oltre la quale si intravedeva a tratti l'oceano violaceo che avevano appena lasciato.
"Hai ragione, qui non è affatto male" commentò lui, sedendolesi accanto "ma c'è sempre un dettaglio a rovinare l'idillio. Sul bancone ho visto un'edizione straordinaria del giornale: sembra che Kuzan e Sakazuki si siano dati battaglia. Indovina dove?"
"Una delle prime isole del Nuovo Mondo, non troppo distante e nominalmente disabitata." Sospirò lei "Questo rallenta le cose. Farò dei sopralluoghi e, appena avremo abbastanza notizie da muoverci, lasceremo Marijoa."
Uno strano fermento parve diffondersi intorno a loro e, poco dopo, un cameriere si avvicinò al loro tavolo.
"Sono desolato, signori" esordì "ma sono costretto a chiedervi di lasciare la veranda."
"E per quale ragione?" Chiese Law con sorprendente freddezza, alzando appena lo sguardo.
Pur di non incrociare i suoi occhi, il ragazzo chinò il capo "È giunto Saint Charloss, signore, e ha comunicato il suo desiderio di trascorrere del tempo qui. Saremo lieti di ospitarvi nuovamente in futuro. A nostre spese, ovviamente."
Law fece per ribattere, ma Artemis fu più svelta di lui "Scuse accettate" sorrise pacatamente "Lasceremo la veranda al più presto."
"Mille grazie, signorina, siete incredibilmente ragionevole." Rispose il cameriere evidentemente sollevato, allontanandosi dal loro tavolo.
"Lascia perdere" fece lei, invitando il Chirurgo a seguirla fuori "Giocano in casa, non ci conviene creare rogne. Soprattutto non ora, futuro Shichibukai: potrebbero mandare in fumo tutto con un solo cenno. Ci godremo la serata da qualche altra parte."
Lui scosse appena le spalle, neppure completamente convinto e sbuffò appena.
"Forse quel Kidd non aveva tanto torto, alle Sabaody."
All'improvviso, lei gli assestò una gomitata tra le costole e abbassò appena la testa.
"Non è il luogo per certi commenti." Sibilò mentre lui la imitava.
Riuscirono a scorgere appena il bavero della lunga tonaca bianca: appena Charloss li superò, la donna tornò in posizione eretta, rivolgendogli uno sguardo con la coda dell'occhio.
Sul suo volto, erano ancora visibili i segni di un intervento.
"Mi sarebbe piaciuto vederlo in diretta" rise sommessamente uscendo "pagherei qualsiasi cifra per vedere le vostre facce quando Wonder-boy ha scagliato quel pugno."

"Stai fermo un secondo, dannazione, fatti guardare!"
Lo bloccò a stento sulla porta della loro stanza d'albergo.
Lui, in risposta, allargò appena le braccia.
"Mi avrai controllato almeno una dozzina di volte solo negli ultimi cinque minuti!" Borbottò, spostando alcune ciocche di capelli corvini con le dita.
"Già, e questa cravatta non vuole saperne di stare al suo posto."
Commentò Artemis, stringendo la seta scura di qualche centimetro.
Law la riallargò immediatamente facendo fare ad indice e medio il giro del colletto.
"Tu, piuttosto, chiuderai mai quella giacca?"
"Non credo" ammise lei, facendo una piroetta e rimirando la stoffa rossa e le nuvole dorate cucite sulla sua haori "Dà un'aria rilassata ma elegante al tutto. Sta piuttosto bene, se vuoi il mio parere."
"Perchè tu puoi avere un'aria rilassata e io devo portare questa cravatta infernale?"
"Pfft, ti prego, dottorino! Sei l'ospite d'onore." Sentenziò lei, stringendogli nuovamente il nodo "Nessun ospite d'onore ha un'aria rilassata!"
Con uno sbuffo infastidito, Law chiuse la porta della stanza dietro di loro e subito si incamminarono verso il palazzo reale.

-//-//-//-

"Congratulazioni per il suo ingresso, signor Donquixote" esordì Sengoku, emergendo dalla densa folla danzante che occupava il centro della sala.
Il Grand'Ammiraglio porse un calice di champagne al nuovo Shichibukai e chinò appena la testa per posare un leggero bacio sul dorso della mano di Artemis "spero di poter rubare la vostra dama per un ballo"
Lui le rivolse un'occhiata, sorridendole, e lei ricambiò quello sguardo di intesa "Se acconsente, io non ho nulla in contrario"
Artemis già immaginava che non potesse essere altro che un pretesto per una conversazione privata, così come lo era stato diverse altre volte in passato.
Trovava curioso che il Joker ancora non si fosse insospettito di tutte quelle scuse, ma certamente quella distrazione le tornava utile.
"Come potrei rifiutare un invito tanto galante?" replicò con un leggero inchino.
"Faccia attenzione a non sciuparla, Grand'Ammiraglio!" Si raccomandò Doflamingo, ma non ricevette risposta: i due vennero subito inghiottiti dalla fiumana di abiti e chiome riccamente acconciate, bagnati dalla luce dorata dei lampadari che rifulgevano le fiamme delle candele come gocce di fuoco.

"Immagino sappia già perché l'ho sottratta al suo accompagnatore" sussurrò Sengoku, la voce appena percettibile rispetto alle languide note delle viole e dei violoncelli.
"Ho già ricevuto la comunicazione del Gorosei" replicò seria, senza neppure sforzarsi di amalgamarsi agli altri ballerini, senza neppure forzare un sorriso "Farò di meglio la prossima volta."
"Non farà, De La Rose: farete. È imperativo che conosca una persona. Ci sta già attendendo fuori dalla sala, nei giardini."
"Qual è il suo nome?"
Il Grand'Ammiraglio non poté non ridacchiare a quella domanda "È meglio che prima lo veda con i suoi occhi, mi creda."
Con quelle parole, la musica finì ed un'altra sinfonia prese il posto di quella vecchia.
Prima ancora che un vivace valzer cominciasse ad agitare di nuovo gli instancabili ospiti, i due sgattaiolarono verso le ampie vetrate che conducevano all'esterno, tuffandosi nella notte più nera.
La sola Luna permetteva di individuare i contorni indistinti delle statue marmoree e delle siepi ben potate.
In quella calma, emerse dalle ombre la sagoma di un uomo molto alto, dalla corporatura simile a quella di Doflamingo o forse appena più esile e con indosso l'austera divisa dei Marines.
Si avvicinò ad Artemis e rivolse un cenno di reverenziale saluto a Sengoku, il quale posò lui una mano sulla spalla con fare quasi informale.
"De La Rose, le presento il suo futuro collaboratore: Donquixote Rocinante."
Nonostante la luce fosse scarsa, fu evidente il pallore che colse la ragazza.
"Non è possibile" sussurrò lei "Donquixote..."
"Il fratello di Doflamingo" completò il giovane, costretto dalla sua altezza a guardarla dall'alto al basso "Sì, sono io."
Un silenzio quasi tombale cadde sulla conversazione, finché lei non riprese il pieno controllo di sè.
Non c'erano dubbi che fosse un Donquixote, ogni tratto del suo viso sembrava urlarlo, ma c'era qualcosa in lui che in Doflamingo non aveva mai visto.
Umanità, forse.
Empatia.
Era come se cercasse di leggerle dentro, come se con un solo sguardo stesse provando a creare un legame.
Fin da quel primo istante, ad Artemis risultò chiaro che Rocinante era diverso da chiunque avesse mai incontrato e che difficilmente avrebbe mai potuto incontrare qualcuno a lui anche solo vagamente simile.
"Non ho bisogno di un collaboratore, Grand'Ammiraglio." Concluse lei "So cavarmela: sebbene la missione sia complessa riuscirò a gestirla da sola."
"Non ne dubito" replicò con freddezza "Ma Rocinante è uno dei nostri uomini più fidati e i suoi precedenti legami potrebbero accelerare le cose. Non le sto chiedendo se vuole essere affiancata, De La Rose: è un ordine. Sono certo che imparerete a fare squadra."
Riservando un ultimo sorriso ai suoi pupilli, lasciò la conversazione e il giardino per ritornare nell'affollata sala da ballo.
I due rimasero a scrutarsi senza dire una parola per diversi secondi, finché Rocinante non ruppe il silenzio.
"Quindi ecco la Regina Bianca di cui si parla." Affermò, esitando appena e incrociando il suo sguardo solo per brevissimi istanti.
"Sembra che la mia fama mi preceda." Sospirò Artemis.
"Già, è così." Confermò l'altro.
Il vago distacco nella sua voce le diede un leggero brivido.
Sembrava impossibile: nulla era mai riuscito a farla esitare.
"Immagino dunque tu abbia già un'idea su di me."
Lui parve riflettere, infine scelse di accendersi una sigaretta.
"Fai il tuo lavoro con dedizione, ma pare che il tuo fine giustifichi ogni mezzo. Sei entrata talmente nella parte da spingere persino me a dubitare di Sengoku, quando mi disse che eri dei nostri. Se non me l'avesse assicurato lui, ti avrei scambiata per una di loro."
Un mezzo sorriso le accarezzò il volto: era la stessa espressione che aveva più volte mostrato ai trafficanti d'armi quando era giunto il momento di far capire loro che la famiglia Donquixote non scherzava mai con le questioni d'affari.
"Se parli così, dubito che Sengoku ti abbia detto tutto su di me. E, francamente, spero davvero sia così. Tuttavia, se ha scelto di mandarti a Spiders Mile sono l'ultima persona a poterne discutere, come hai potuto constatare. C'è solo un patto che voglio fare con te."
"Di cosa si tratta?"
"Ho un mio metodo di lavoro." Spiegò lei con tono aspro "Ho impiegato anni a costruirmi la reputazione che ho e per nessuna ragione al mondo manderò tutto alle ortiche, tantomeno per te. Devi fare il tuo lavoro? Fallo pure, ma vedi di non intralciare o mettere in discussione il mio. D'accordo, soldatino?"
Con il più candido dei sorrisi, si voltò verso la sala da ballo, senza nemmeno lasciare lui il tempo di rispondere.
"Spero non me ne vorrai a male, ma ho promesso a tuo fratello che sarei sparita per il solo tempo di un ballo. Ci rivedremo all'inferno, Rocinante."

-//-//-//-

"Questo posto non è cambiato di una virgola" sussurrò sovrappensiero Artemis, lasciando scorrere lo sguardo appena oltre le vetrate.
La sala candida delle riunioni affacciava su un panorama splendido, lo stesso di quando era stata lì quasi sedici anni prima.
Accanto a lei e attorno all'intera circonferenza del raffinato tavolo bianco già le pareva di intravedere volti a lei familiari: per una ragione o per l'altra, aveva avuto modo di conoscere tutti i Sette, prima che molti di questi fossero deposti o rinunciassero al proprio titolo.  
Quasi metà dei posti, tuttavia, risultavano vuoti e dei loro proprietari non restava nulla se non l'eco dei loro nomi, borbottati con sdegno per i corridoi da chi ancora non si capacitava del perchè non fossero lì. 
"Buggy non si è presentato, così come Gekko Moria. E nemmeno Doflamingo è presente." sussurrò Law vicino a lei "Non mi piace, potrebbe avere in mente qualcosa." 
"Lo pensavo anche io, ma ho sentito da alcuni inservienti che la nave dei Donquixote è stata avvistata sulla rotta per Thriller Bark. L'assenza di Moria non può che darmi un brutto presentimento. Buggy, invece, l'avevo contato come assente appena abbiamo ricevuto la lettera. Stranamente, non ha deluso le mie aspettative."
I tre Shichibukai presenti rientrarono dalla veranda quasi ignorandosi l'un l'altro e notarono subito le due figure sedute al tavolo.
Artemis alzò d'istinto la testa, come cercando lo sguardo di Bartolomew solo per abbassare nuovamente gli occhi: ricordava ancora bene quanto poco di lui fosse rimasto a Marineford e poteva appena immaginare come il Governo dovesse aver continuato in quei sei mesi. 
Mihawk rimase impassibile e scostò appena la coda della lunga giacca, sedendosi poi al tavolo e prendendo a tamburellare con le dita un sommesso motivetto simile ad una marcia. 
L'unica a rivolgere loro parola fu l'Imperatrice pirata.
Certo però, il suo sguardo non era meno freddo degli altri. 
"Trafalgar Law" esordì, quasi sforzandosi di trattenere il suo tipico tono di comando "E tu devi essere la Senza-faccia. Ti ho vista in azione, a Marineford."
"Temo non sia il luogo adatto ad una simile conversazione, Hebihime." Rispose Artemis, volgendo la sua maschera da volpe verso di lei "Immagino, tuttavia, che la guerra dei Vertici non sia ciò che più vi interessa: gli occhi di una donna innamorata non mentono mai." 
Un vago rossore salì alle guance dell'imperatrice pirata, la quale distolse lo sguardo quasi sdegnata "Speravo che Rayleigh avesse parlato almeno con voi: non si è degnato di rispondere a nessuna delle mie lettere, quello svergognato."
Artemis non potè trattenere una leggera risata "Immaginavo fosse così. Tuttavia, ha deciso che nessuno potrà immischiarsi nell'allenamento e noi non facciamo eccezione." 
"Se gli fosse capitato qualcosa, sicuramente ce l'avrebbe fatto sapere" intervenne Law con un mezzo sorriso "Consideri il suo silenzio come una buona notizia. Per ora."
Quell'ultima considerazione la fece infuriare non poco e, se fino a quel momento aveva tentato di mantenere la calma, il suo sguardo sembrò emanare lampi di rabbia.
La tempesta, tuttavia, si placò appena le doppie porte bianche si aprirono, permettendo l'ingresso delle uniche due personalità ancora assenti.

-//-//-//-

Il fuggitivo rivolse una rapida occhiata alle sue spalle: neppure un'ombra.
Sembrava fosse riuscito a seminarli, quella rete di cunicoli e passaggi nascosti che aveva scoperto gli era tornata più utile di quanto avesse mai sperato e conduceva direttamente ai piedi del palazzo reale.
Sollevò lo sguardo sull'immensa facciata laterale adornata da colonne e capricci architettonici che rifulgevano d'argento, chiusi tra la luna e il mare nero di Kamabakka.
L'aveva trovata estremamente pacchiana, la prima volta che l'aveva vista, ma ora non poté fare a meno di riscontrare che arrampicarvicisi sarebbe stato un gioco da ragazzi.
Per avere notizie su Nami o Robin avrebbe fatto quello e molto di più.
Tirò un'ultima boccata di fumo dalla sua sigaretta e la spense sotto la suola delle scarpe, prima di iniziare la sua impresa.
Giunto poco sopra la finestra del quarto piano sentì un leggero e sgraziato vociare sotto di sé e il suo cuore perse un battito, riconoscendo le voci dei suoi inseguitori.
"L'avete trovato?" Intervenne uno di loro: il gruppo a cui si rivolgeva era composto da altri tre Newkama.
"Assolutamente no, sembra essersi volatilizzato!" Intervenne una seconda persona
"Quanto tempo fa è stato visto l'ultima volta?"
"Una decina di ore, poco più." Riferì un terzo.
"Allora non c'è ragione di darsi per vinte, ragazze! Ricordate quella volta in cui è sparito per quasi tre giorni?"
"Già, temevamo fosse riuscito a scappare!"
"Impossibile, la Regina non lo permetterebbe mai!"
"La vedremo, maledetti." Imprecò tra i denti, continuando la sua scalata.
Di certo prima o poi sarebbe riuscito ad andarsene, magari sfruttando una delle navi con cui Ivankov partiva per dedicarsi agli affari che gli venivano affidati dall'Armata Rivoluzionaria.
Al sesto piano, il balcone era aperto e le tende chiare si affacciavano, gonfie di aria, accarezzando il parapetto come fantasmi.
Con un balzo, Sanji raggiunse il terrazzo e si appiattì contro la parete esterna, cercando di percepire voci o suoni dall'interno: la stanza pareva deserta.
Aveva già avuto modo di avventurarsi fin laggiù e, sebbene la camera privata di Ivankov fosse il luogo più pericoloso dell'isola, era l'unico modo avesse per reperire informazioni.
Non aveva letto più nulla di rilevante, dopo il messaggio che Luffy gli aveva lasciato a Marineford, tuttavia gli era capitato di scorgere una donna simile a Robin tra le fila dell'Armata Rivoluzionaria, notizia che l'aveva rassicurato non poco.
Come sempre, il giornale era ripiegato sul tavolino di marmo al centro della sala, quasi ad aspettarlo.
Sfogliando velocemente le notizie non riuscì a scorgere nulla che potesse riguardare la sua ciurma, eppure la notizia in prima pagina catturò la sua attenzione al punto da spingerlo a trattenersi, osservando con attenzione le immagini.
"Trafalgar Law entra nella Flotta dei Sette. Marijoa blindata per l'arrivo del Chirurgo. Con lui anche la ricercata da...280 milioni?!" Lesse piano, lasciando che le parole fiorissero in piccoli sussurri sulle sue labbra mentre il suo sguardo era fisso sui due avvisi di taglia: sopra entrambi i nomi, una scritta rossa indicava "revocato".
Osservò con attenzione i manifesti dei due: dunque erano loro che avevano salvato Luffy a Marineford.
Erano stati loro a proteggere il Capitano che si era votato a difendere, pirati di una ciurma avversaria.
All'improvviso, una voce dietro di lui lo fece scattare: "Non guardare quelle foto troppo intensamente, Candy-boy: non vorrai sciuparmele."
Senza neppure avere il tempo di pensarlo, Sanji volò veloce come la folgore verso la portafinestra ancora spalancata, ma neppure lui fu lesto abbastanza: il Death Wink della padrona di casa spazzò l'intera camera, facendo sbattere i vetri il cui riverbero risuonò in tutta la stanza.
"N-non mi avrete mai, maledetti Newkama!" Affermò lui con tutta la decisione che riuscì a racimolare, per quanto poca essa fosse "Non ho alcuna intenzione di restare qui, stapur certa che riuscirò a tornare da Nami e Robin. E anche dal mio Capitano."
Lo sguardo di Ivankov si riempì di interesse.
"Perché tutta questa ostilità, Candy-boy? Lo sai che più continuerai a fuggire, più ti daranno la caccia? Non ti lasceranno: stai sicuro."
"Si può sapere per quale motivo insistete tanto? Non voglio diventare un Newkama, sono un uomo tutto d'un pezzo e amo le donne! Non ho niente a che fare con i vostri...trucchi."
La regina strabuzzò gli occhi, scoppiando poi in una risata tanto fragorosa da rischiare di svegliare l'intero palazzo "HEYHAHAHAHA, credi davvero lo facciano per trasformarti in un Newkama? È la cosa più assurda e divertente che io abbia mai sentito: sei uno spasso, Candy-boy! E pensare che potrei fermare tutto con un semplice gesto...MA INVECE NON LO FARÒ! HEEY-HA!"
"Sei pazza, Ivankov." Sibilò Sanji, il cui sangue si era congelato a quelle parole: nessuna prospettiva era peggiore di un giorno in più nell'isola degli Okama.
"Sei proprio un bell'ingrato, lo sai? Pensaci bene: cosa hai ottenuto da questi sei mesi in fuga? Sei riuscito ad entrare nella camera privata di una regina senza che nessuno se ne accorgesse e ora riesci a seminare ed affrontare eserciti di uomini lanciati all'inseguimento! Eri in grado di fare tutto questo, all'Arcipelago Sabaody? Ti dirò una cosa: il tuo te di oggi potrebbe sconfiggere un Pacifista ad occhi bendati. E più il tempo passerà, più i Newkama si faranno agguerriti, più dovrai migliorare: neppure Wonder-boy crederà ai suoi occhi, quando vi ritroverete."
"Tu lo stai...Voi lo state facendo per il mio bene?"
"Frena, adesso cadi nell'egocentrico: ti devo ricordare che il tuo capitano è figlio di Dragon?"
Quella frecciatina fece salire un vago imbarazzo alle guance di Sanji, che sbottò un "Si, certo, Dragon. Ovvio."
"Si può sapere che fai ancora qui? Vai, torna ad allenarti: non sarò così clemente la prossima volta."
Sanji si avviò nuovamente verso la finestra, rivolgendo un ultimo sorriso riconoscente alla figura alle sue spalle.
"Grazie di tutto" sussurrò e, così com'era arrivato, sparì inghiottito dal manto avvolgente della notte.

 

 
   
 
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