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Autore: TaliaAckerman    08/04/2016    3 recensioni
L'ultimo atto della saga dedicata a Fheriea.
Dubhne e Jel si sono finalmente incontrati, ma presto saranno costretti a separarsi di nuovo. Mentre la minaccia dal Nord si fa sempre più insistente, un nemico che sembrava battuto torna sul campo di battaglia per esigere la sua vendetta. Il destino delle Cinque Terre non è mai stato così incerto.
Dal trentaquattresimo capitolo:
"Dubhne si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e ricordò quando, al suo arrivo a Città dei Re, l'avevano quasi rasata a zero.
- Quando ero nell'Arena... - mormorò - dovevo contare solo su me stessa. Un Combattente deve imparare a tenere a bada la paura, a fidarsi solo del proprio talento e del proprio istinto. Non c'è spazio per altro.
Jel alzò gli occhi e li posò su di lei - E che cosa ti dice ora il tuo istinto?
- Sopravvivi. "
Se volete sapere come si conclude il II ciclo di Fheriea, leggete!
Genere: Azione, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
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Gala Sterman uscì presto quella mattina, avvolta nel mantello del Consiglio, la spilla dorata ancora fieramente appuntata sul petto nonostante fossero passati giorni dall'ultima volta in cui si era recata ad una riunione.
La strega attraversò le vie Grimal diretta verso il centro, tossendo. L'ultimo periodo era stato caratterizzato da frequenti sbalzi di temperatura; giorni di caldo afoso tipici della fine estate dello Stato dei Re si erano alternati a giornate di forte vento e acquazzoni che non avevano ottenuto altro risultato che procurarle un fastidioso raffreddore.
Guardandosi intorno, Gala cercò di scacciare i brutti pensieri. Non riusciva a trovare altro modo per definirli: dal giorno del funerale di Camosh il suo umore era peggiorato ulteriormente e la sua serenità definitivamente incrinata.
Il testamento del suo vecchio maestro era stato reso noto pochi giorni prima e, nonostante Janor le avesse lasciato la quasi interezza dei suoi averi, inclusa la sua abitazione, Jel si era offerto di ospitarla in casa propria per qualche giorno. Gala se l'era aspettato, ma aveva rifiutato. Non voleva appesantire ulteriormente Lys di lavoro, e poi non le sembrava giusto: aveva quasi sedici anni ormai, e il suo tutore era appena morto. Doveva cominciare a sbrigarsela da sola.
La ragazzina continuò a camminare, mentre poco a poco le vie della città andavano rianimandosi. Non aveva una vera propria destinazione; ormai era diventata una consuetudine per lei compiere passeggiate, a volte anche lunghe ore, completamente da sola. Una sola volta era riuscita a farne una anche in compagnia di Jel, ma erano passati diversi giorni da allora.
Gala aveva pensato che, nei giorni immediatamente successivi al loro ritorno a Grimal, l'amico avesse raggiunto il limite della freddezza nei suoi confronti, ma in seguito aveva scoperto di essersi sbagliata: tranne che per un paio di fugaci occasioni, il giovane non le aveva quasi rivolto parola. Non lo faceva con cattiveria - o, almeno, Gala sperava fosse così - quanto piuttosto per una sorta di disagio curiosamente nato nel momento in cui si erano riuniti agli altri Consiglieri. Era come se, terminato il loro viaggio, le differenze fra i loro ruoli e le loro personalità fossero nuovamente venute in superficie, aspetto che durante il viaggio di ricerca delle Pietre era a tratti venuto meno. Questo, aggiunto certamente alla mole incredibile di affanno che appesantiva ogni membro del Consiglio in quei giorni.
C'erano stati momenti in cui Gala si era sentita in colpa per il proprio momentaneo disinteresse. Per tutti quei giorni aveva schivato le varie riunioni con delle scuse, una più labile dell'altra. L'ultima, che utilizzava ormai da tre giorni, era quella di avere la febbre alta e difficoltà nel respirare. Onestamente non le importava del fatto che, se qualcuno l'avesse vista camminare tranquillamente all'aperto, la sua copertura sarebbe miseramente crollata.
La ragazza si spinse fino alla piazza centrale di Grimal, sempre suggestiva e curata, e guardò in direzione del palazzo centrale. Chissà se Jel si trovava già là dentro...
Immediatamente si sentì terribilmente ridicola. Lo vuoi sapere? Vacci anche tu! Riprendi il tuo posto, fatti vedere da tutti gli altri...
Ma qualcosa dentro di lei resisteva. Avvertiva una sorta di risentimento verso il mondo dei Consiglieri: lei e Jel avevano attraversato mezzo mondo per riuscire a recuperare quelle dannate Pietre, erano stati inseguiti da due maghi al soldo di Theor, avevano affrontato una battaglia a campo aperto... e tutto ciò che quegli uomini così sapienti e navigati erano riusciti a fare era stato lasciar morire Camosh.
Ma in realtà non era solo questo. C'era anche dell'altro, qualcosa di più intimo, e la ragazza lo sapeva. Gala non era sicura di riuscire a reggere. Aveva pensato, una volta terminato il viaggio, di poter essere capace ad affrontare qualunque cosa, ma ora... ora si sentiva più debole e sperduta che mai.
Frustrata, la strega voltò le spalle al palazzo e si avviò a grandi passi verso casa.
Trascorse la mattinata come aveva fatto con tante altre in quei giorni. Terminò di mettere a posto gli ultimi averi di Camosh che ancora erano stati lasciati in disordine e lesse distrattamente alcune pagine di un libro che da prima della viaggio non riusciva a terminare. Provò a dormicchiare e si fece un bagno caldo nell'ampia vasca che aveva opportunamente riempito d'acqua riscaldata con la magia. Alla fine consumò un po' della zuppa di cavolo che aveva preparato la sera prima, raggomitolata sulla poltrona foderata in satin di Camosh.
Probabilmente dormì per diverse ore - Gala lo realizzò solo in seguito - perché quando si accorse dei colpi alla porta fuori il sole aveva già cominciato a calare.
- Jel? - azzardò a mezza voce la strega, speranzosa.

No. Sarà solo qualcuno del palazzo che viene a darmi una strigliata per il mio comportamento irresponsabile...
Rassegnata all'idea di dover sostenere una pesante e noiosa conversazione con un qualche attendente o membro minore del Consiglio, la ragazza si alzò e andò alla porta. Il ricordo del giorno in cui Lys era venuta da lei per dirle di Camosh tornò nella sua mente indesiderato, e regalò a Gala una spiacevole stretta allo stomaco.

Si schiarì la voce. - Chi è? - domandò.

- Ho bisogno di parlare con te, Gala.

Possibile? si chiese la ragazzina riconoscendo proprio quella voce. Aprì la porta.
Davanti a lei c'era nientemeno che il maestro Anérion.

- Maestro!- Gala si affrettò a chinare il capo in segno di ossequio. Proprio in quel momento si rese conto che la tunica che indossava era ornata da due piccole macchie di zuppa proprio sul petto. - A che cosa devo questa visita?

- Niente di grave se è quello che temi, mia cara - fece Anérion in tono rassicurante.

Gala lo fece entrare. Si sentiva a disagio; non le era mai capitato di rimanere sola con un Consigliere del suo rango. Escluso Camosh, ovviamente.
Tentando di grattar via con le unghie le macchie di unto dai propri vestiti, fece strada al proprio ospite fino al salotto. Sollevò immediatamente la ciotola della zuppa dal tavolino e con la magia la ricollocò nella credenza. La laverò più tardi.

- Accomodatevi - disse gentilmente al maestro Anérion, ma senza riuscire a guardarlo. Gli aveva indicato la poltrona più piccola, quella che fino a poco tempo prima era sempre stata occupata da lei.
Lei invece si tenne quella di Camosh.

- Ebbene - esordì l'uomo di fronte a lei sedendosi lentamente. - Come ti ho detto non ho per te alcuna cattiva notizia, fortunatamente. Anzi, sono qui per farti una proposta.

Nonostante avvertisse il morale praticamente sotto i piedi, Gala sentì la propria curiosità crescere.

- Ma dato che si tratta di una faccenda di un certo spessore, forse questo non è il momento più adatto - Anérion la guardò di sottecchi. - Mi dispiace per i tuoi problemi degli ultimi giorni.

Alla ragazzina parve di cogliere un pizzico di ilarità nel tono del Consigliere. Doveva sapere della sua finzione. Tutti a palazzo dovevano averlo intuito, ormai. Chiusa in casa per un po' di febbre in un momento precario come quello? Era ridicola.

- Non preoccupatevi - rispose, sperando che il maestro decidesse di sorvolare sull'argomento. - Ora mi sento meglio. Di che si tratta?

- Dammi pure del tu, Gala - fece Anérion in tono paterno, e ancora una volta la strega si sentì lievemente infastidita.

Crede di essere Camosh. Crede di poter essere uguale a lui. Di potermi trattare come una bambina.

Con un sospiro, Anérion continuò:- Come saprai, a seguito della scomparsa del maestro Camosh un seggio del Consiglio è rimasto vacante. Mi chiedevo se tu fossi ancora interessata a continuare la tua carriera politica.

Gala accolse quelle parole con una sorta di stretta allo stomaco. Aveva atteso anni nella speranza di poterle udire, un giorno. Diventare un vero e proprio Consigliere. Era questo che, da quanto aveva capito, Anérion intendeva.

- Ecco... - rispose esitante. - Voi mi fate un grande onore, ma...

- Non ti avevo detto che potevi darmi del tu? - sorrise l'uomo, e per un attimo il suo volto cosparso di rughe parve distendersi in un espressione che suggeriva una sorta di affetto.

Gala rifletté. La prima frase che la sua mente era riuscita a formulare nel sentire le parole del maestro era stata "Non sono pronta per questo".
Aveva quindici anni. Poteva ammetterlo o no, poteva concedersi a migliaia di quelle frasi spavalde da adulta, ma prendersi un impegno così grande, e proprio in quel momento della sua vita così drammatico e incerto... Sicuramente se avesse accettato non le sarebbe più stato permesso prendersi un'intera settimana di astinenza dalle riunioni.
Eppure, un'altra parte si sé, la stessa che l'aveva spinta a seguire Jel nella sua impresa a tutti i costi, le insinuo il dubbio. E se l'unico modo per scacciare quell'odiosa sensazione che ormai da settimane la affliggeva fosse stato calarsi ancora di più nel proprio ruolo? Forse un maggiore impegno e le maggiori responsabilità di una vita da Consigliere l'avrebbero aiutata a sentirsi di nuovo al proprio posto nel mondo. Dopotutto, aveva trascorso diversi giorni nell'ozio e nell'apparente tranquillità ma, se anche la cosa non l'aveva danneggiata, di certo non le aveva giovato.
E poi c'era quella sorta di orgoglio mai sopito, quel desiderio di mettersi alla pari con Jel, di dimostrare a tutti quanto realmente valesse...

- Gala Sterman...?

Gala tornò alla realtà con un sussulto e si ritrovò a fissare il volto serio del maestro Anérion. L'uomo stava ancora attendendo una sua risposta.

- Io... io...

Smettila di blaterare e assumiti le tue responsabilità! Di' qualcosa!

- Io non posso accettare - le parole uscirono spontanee dalla sua bocca prima che lei potesse fermarle. Codarda. Codarda, codarda, codarda.

- Oh - il Consigliere non riuscì a non far trapelare un poco di delusione. Era evidente non si fosse aspettato una risposta negativa.

- Mi dispiace - si affrettò a schermirsi Gala. Il disagio e l'umiliazione erano tornati ad avvolgerla. La ragazza se li sentiva colare addosso come cera bollente. - Non credo di essere idonea a ricoprire un ruolo del genere. Insomma, Camosh, lui... e voi ... siete, ecco...

- Non c'è problema. Lo capisco - Anérion si alzò, ma non pareva affatto arrabbiato. - Forse avrei dovuto aspettarmelo. Si tratta di un grandissimo impegno, forse troppo per una ragazza della tua età.

Gala sapeva che in teoria la reazione del maestro avrebbe dovuto rassicurarla, ma le sue parole comprensive non fecero altro che incrementare la sensazione insopportabile che la ragazza sentiva ardere nel petto, confermando tutti i dubbi su cui si era interrogata in quella manciata di secondi di riflessione.

- In ogni caso rispetterò la tua decisione. Avevo pensato, dopo tutto ciò che hai fatto durante la ricerca delle Pietre, che tu meritassi almeno la mia considerazione. Ma non importa. Troverò qualcun altro di adatto a questo ruolo.

- Siete - eh-ehm - sei sicuro che non rappresenti un problema?

- Sicurissimo - il mago le sorrise con aria quasi complice. - In ogni caso tu... prenditi ancora del tempo per riflettere. Concorderai quando dico che e una questione delicata, impossibile da liquidare in così poco tempo.

- Ma certo. Vuoi, vuoi che...? - fece per alzarsi e riaccompagnarlo alla porta.

- No grazie. Faccio da solo - Anérion fece un segno di diniego. - Ma... - aggiunse ammiccando. - Tu pensaci.

- Lo farò - mentì Gala sforzandosi di mantenere un tono di voce dignitoso. - B-buona serata.

- Vorrei tanto potesse essere così, mia cara - ribatté lui stancamente. - Ma purtroppo non nutro più molte speranze.

Gala guardò il maestro Anérion allontanarsi, avvolto nell'impeccabile tunica dorata che distingueva il maestro dello Stato dei Re dagli altri Consiglieri. Quando udì la porta chiudersi pesantemente, seppe di essere rimasta nuovamente sola.
Ancora sorpresa per le parole che Anérion le aveva rivolto, la ragazzina tentò di rimettere in ordine il salotto mettendo via i piatti usati e spazzolando le poche briciole dalla poltrona e dal pavimento.
Si cambiò d'abito, lasciando il mantello e la spilla abbandonati su una seggiola nella sua stanza. Scelse una camicia pulita e indossò un paio di brache di velluto, poi si mise in ordine i capelli con la spazzola che usava da quando era bambina. Era da parecchio che non curava il proprio aspetto, ma quella volta voleva fosse diverso. Aveva bisogno di parlare con Jel, e non intendeva farlo indossando un mantello sporco di unto e gli abiti che usava ormai da giorni.
Si infilò gli stivali e fece per mettere mano alla maniglia della porta d'ingresso, poi si fermò, come colta da un'idea. Corse in camera e afferrò la spilla dorata del Gran Consiglio. Mentre usciva di casa se la mise in tasca.
La casa dove Jel abitava con la madre non era molto distante da quella d Camosh, perciò Gala non impiegò più di un quarto d'ora per raggiungerla a piedi. Il fatto che Anerion avesse trovato il tempo di venire da lei le suggeriva che le riunioni, almeno per quel giorno, fossero terminate, motivo per cui suppose ci fosse la possibilità che anche Jel fosse già rincasato.
Una volta giunta davanti alla sua porta, la ragazza si prese qualche istante per riflettere su ciò che avrebbe detto all'amico; poi si fece coraggio e bussò.
Come aveva previsto, fu Lys a venire ad aprirle. La madre di Jel Portava i fini capelli viola raccolti in un elegante chignon; sembrava francamente più distesa e a proprio agio rispetto al giorno in cui era venuta a casa sua per darle notizia del ritrovamento del cadavere di Camosh. Ironia della sorte, si ritrovo a pensare Gala. La sua situazione non aveva fatto altro che peggiorare da quel giorno.

- Gala - Lys sembrava sinceramente felice di vederla. - Cerchi Jel, immagino.

- In effetti sì - rispose lei con un sorriso, o almeno sperò che la smorfia che le si era disegnata in viso vi assomigliasse almeno lontanamente. - È in casa, al momento?

- Non è ancora arrivato, ma dovrebbe essere qui a momenti. Rimane a palazzo quasi tutto il giorno, ma di solito riesce a tornare a casa per cena.

Jel, il devoto e capace Consigliere, che si fa ancora preparare il pasto da sua madre...

- Io sto uscendo, ma se vuoi lo puoi aspettare dentro - riprese la donna gentilmente.

Gala notò solo in quel momento che Lys indossava un lungo abito di broccato blu notte. Era evidente fosse in procinto di andare da qualche parte.

- Sei sicura non sia un problema per te? - chiese la strega per sicurezza.

- Ma certo - Lys sorrise. Poi le poggiò una mano sulla spalla. - È da parecchio che non ti vedo con Jel. E lui mi ha detto che questa settimana non c'è stata traccia di te a palazzo.

- No - ammise Gala mesta. - È vero. Ma è... - si schiarì la voce. Parlare dell'argomento le risultava terribilmente difficoltoso. Un groppo alla gola le si presentava ogni volta che lo affrontava. - È un periodo particolare per me.

- Vorrei tanto poterti aiutare - Ancora un sorriso colmo di gentilezza.

Per pochi istanti, Gala riuscì a sentirsi leggermente meno sola, ma fu una sensazione effimera. Rivolse a Lys un cenno di saluto e guardò la donna allontanarsi. Non aveva idea di dove potesse starsi recando. Sapeva che Lys era una donna fragile, ancora segnata dalla morte prematura del padre di Jel. Erano passati anni da quel giorno ma, per quanto lei ne sapeva, la donna non aveva mai visto nemmeno l'ombra di un altro uomo con cui costruirsi una nuova vita. Il suo rapporto con Jel doveva essere forte, anche se inconsueto: anche se Jel non glielo aveva mai detto apertamente, Gala aveva intuito che dalla morte di suo padre esso si fosse leggermente deteriorato. E aveva sempre notato la delicatezza, quasi la freddezza che trapelava spesso dagli atteggiamenti che assumevano l'uno verso l'altra.

La ragazza entrò in casa e si richiuse la porta alle spalle. Ricordava bene la dimora di Jel. Vi aveva trascorso così tanti momenti, fin dall'infanzia. Pomeriggi trascorsi a guardare ammirata Jel che si esercitava con semplici incantesimi, ridendo, parlando spensieratamente di qualunque cosa venisse loro in mente.
Il divario tra lei e Jel era sempre stato invalicabile, si rese conto in quel momento Gala con amarezza. E non si trattava solo della differenza d'età. Lei non... non sarebbe mai riuscita in ciò che il mago aveva realizzato. Dove lui era saldo e lucido, lei si scopriva sempre più fragile, quasi indifesa. Jel era entrato nel Consiglio non molto tempo dopo la morte di suo padre, mentre proprio pochi minuti prima lei aveva rifiutato la possibilità che il maestro Anérion le aveva offerto. Mentre Jel si destreggiava tra i suoi numerosi doveri da Consigliere, che cosa era riuscita a fare lei? Rimanere per giorni praticamente chiusa in casa, senza muovere un dito per quella che, fino a poco tempo prima era stata la sua stessa causa.
Tenendo a freno il forte desiderio di prendere a calci qualcosa, Gala rimase seduta sul comodo sofà nel soggiorno. La casa di Jel era sempre ordinata ed elegante, ma anche fredda, notò la ragazza stupita.
Non molto tempo più tardi, la serratura della porta d'ingresso scattò annunciando il rientro di Jel. Gala si rialzò immediatamente, non volendo farsi trovare lì stravaccata dopo giorni in cui lei e l'amico non si erano nemmeno parlati.
Jel si stava levando il lungo mantello nero di dosso quando si rese conto della sua presenza.

- Gala! - esclamò apparentemente sorpreso. - Che ci fai qui?

- Tua madre mi ha detto che potevo entrare... - rispose lei. - Sono qui da pochi minuti.

- D'accordo - il mago gettò il mantello su una seggiola e si lasciò cadere su una poltrona, di fronte a Gala. Si passò una mano sugli occhi, strofinandoseli stancamente.

- Come stai? - gli chiese Gala. È lui che dovrebbe chiederlo a me!

- Mi sento uno straccio - ammise il giovane mentre si toglieva gli stivali. Appoggiò la schiena sul morbido tessuto della poltrona. - Non so da quanto tempo è che non riesco più a dormire come si deve... - alzò lo sguardo su di lei. - Tu come stai?

Gala scrollò le spalle, mentendo più a se stessa che a lui in realtà. Se da una parte moriva dalla voglia di confidare al Consigliere ciò che era successo quel pomeriggio, dall'altra aveva paura del giudizio che Jel avrebbe potuto formulare una volta saputo che lei si era tirata indietro. Per il momento tentò di svicolare.

- Ho visto tua madre uscire - buttò lì. - Dove stava andando?

- Lady Miserys dà un ricevimento in onore di sua figlia, stasera. È promessa da anni a un nobile di Chexla e oggi celebrano il fidanzamento - Il giovane alzò gli occhi al cielo e concluse:- Ovviamente non avevo nessuna intenzione di andarci. Ma a mia madre farà bene vedere altre persone, è da secoli che non si dedica a un po' di vita mondana.

- Ma certo... - Gala annuì.

Jel le lanciò uno sguardo obliquo. Pareva aver intuito che qualcosa non andava. - Come mai sei qui, Gala?

- Oggi è... è successa una cosa.

- Bene! - lo sguardo del giovane mago si fece ancora più cupo - Anch'io ho qualcosa di cui parlarti.

- Ecco, io credo che nulla di quello che mi dirai potrà peggiorare la mia situazione - ribatté Gala. Si sentiva vicina alle lacrime, come spesso le accadeva in quei giorni. Dire a Jel la verità le sarebbe costato più del previsto... - Proprio oggi è venuto a trovarmi il maestro Anérion e...

- Credo che Sephirt sia ancora viva - la interruppe Jel.

A questo Gala non era preparata. Per alcuni istanti fu sicura di non aver capito bene. Non era possibile: Sephirt era morta, l'aveva pugnalata lei stessa. Aveva visto il suo corpo senza vita steso sul lastricato delle vie di Tamithia...

- Come fai a saperlo? - fu tutto ciò che riuscì a biasciare infine.

- Ne parlano tutti, anche a palazzo. Corre voce che tra le fila dei Ribelli si nasconda un demone. Una creatura dalla rara potenza magica, una strega rossa che porta i colori del Nord. Ti ricorda qualcuno?

Sephirt, maledizione...

- Volevi peggiorare la situazione? Ce l'hai fatta - disse la ragazza in tono grave tornando a sedersi e affondando nella stoffa imbottita del divano. - Sephirt viva... - ripeté a bassa voce. - Quindi sei sicuro che sia lei?

- Quasi sicuro. Ieri mi è giunta la notizia che l'assedio di Hiexil è stato spezzato. Le truppe ariadoriane erano vicinissime a riconquistare la città, ma poi... sono giunti rinforzi da Qorren. A loro comando c'era lei. Dicono che sia bastato il suo intervento per indurre alla fuga i nostri alleati... Le notizie dal fronte sono frammentarie, ma tutte concordano sul fatto che sia terribilmente pericolosa. Giovane, fredda, senza pietà. La chiamano demone per via del pallore. Dicono non abbia più un anima.

- Credi... credi che Theor, o qualcun altro, sia riuscito a salvarla?

- Non vedo come - rispose Jel aggrottando la fronte. - Ma non c'è altra spiegazione possibile. Dopotutto... ti sei accertata che fosse morta, dopo che l'avevi pugnalata?

- No - sussurrò Gala, ricordando solo in quel momento. La nausea la investì con violenza. - Non ho controllato se davvero avesse smesso di respirare.

- Grandioso - fece Jel freddamente. - Dunque anche la nostra ultima possibilità di essercela tolta dai piedi svanisce così.

Mi dispiace, Jel. Avrei dovuto ucciderla quando era il momento, avrebbe voluto dire Gala, ma il suo orgoglio glielo impedì. Piuttosto, dato che dopo quella nuova, pessima notizia, aveva avuto la conferma di quando male si stessero mettendo le cose nella sua vita, si decise a confessare la verità.

- Oggi ho rifiutato un seggio fisso nel Consiglio - mormorò, fissando le assi di legno del pavimento.

Forse le sue parole non ottennero lo stesso risultato plateale di quelle di Jel, ma anche lui parve - per un attimo - sconcertato.

- Hai rifiutato la nomina a Consigliere? Pensavo tenessi molto alla tua carriera politica.

- Ed è così. Cioè, era così - si corresse la ragazza all'istante. - Ma ora... ora è tutto cambiato. Ci siamo immischiati in qualcosa di molto più grande di noi. Lo hai detto anche tu, ricordi? E io... non credo che riuscirò a reggere ancora per molto.

- Pensavo che avessi messo in conto tutto questo. Quanti pericoli abbiamo affrontato durante il nostro viaggio? Quante volte abbiamo rischiato di morire? Eppure hai tenuto duro. Che ti succede adesso? È da giorni che manchi alle sedute del Consiglio. Non ti vedo né a palazzo né in giro. Che fai? Te ne stai rintanata in casa? Mentre - forse è necessario che te lo ricordi - là fuori è in corso una guerra?

- Io non sono te, va bene? - replicò la strega, furente, con le lacrime agli occhi. - Forse tu riesci a sopportare l'idea di aver perso il tuo maestro, di aver girato mezzo mondo inutilmente, di star perdendo la guerra e a continuare a lavorare, mai io... io non posso farlo.

Jel parve sull'orlo di dirle qualcosa, ma poi ci ripensò. Gala lo guardò mentre, in silenzio, si passava una mano fra i capelli ricci, apparentemente ponderante.

- Mi dispiace di non aver passato più tempo con te, in questi giorni - disse infine, tornando a fissarla. - So che ne avresti avuto bisogno, ma è dura anche per me. Senza Camosh nemmeno io ho più una figura di riferimento, nel Consiglio. Sto lavorando praticamente per due e mi sembra di avere la testa che mi scoppia.

Affondò il volto tra le mani. - Come se tutto questo non bastasse, le ricerche del... - s'interruppe, esitante - ... del traditore non stanno dando i frutti sperati. E ora salta fuori che Sephirt è ancora viva e operativa.

Gala avvertì un moto di rabbia, come tutte le volte in cui sentiva nominare l'omicida responsabile della morte di Camosh. Non abeva ben chiaro il perché, ma aveva la sensazione che su quella faccenda Jel ne sapesse piu di quanto non volesse laciar trapelare, e il fatto che non ne avesse mai parlato con lei era uno dei motivi che avevano portato al loro progressivo allontanamento.

- Se non hai più forza di continuare, lo capirò - concluse Jel, e Gala avvertì nella sua voce una dolcezza che non sentiva da tanto tempo. D'un tratto provò il forte e disperato bisogno di abbracciarlo.

- Sapevo che lo avresti fatto - disse invece, senza riuscire a fissarlo in volto. E comprese che quella conversazione sarebbe terminata lì. Senza riuscire a dire altro, la ragazza si alzò e raggiunse l'ingresso.

- Ci vediamo, Jel.

Aprì la porta.

- Ci vediamo, Gala.
  
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