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Autore: SilviAngel    14/04/2016    4 recensioni
Dal testo
Solo quando Jace e Clary se ne andarono, l’immortale si avvicinò, silenzioso come un gatto, permettendo al cacciatore di avvertire la propria presenza al suo fianco.
Alec si voltò e quasi annegò nel sorriso aperto e innegabilmente felice del nascosto.
MALEC
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Terza ONE SHOT della serie.
Essendo giunta a trattare di momenti successivi a quanto mostrato nel tf, ci tengo a precisare che quanto segue è un prodotto di fantasia, non vi sono spoiler dei libri.

Buona lettura

FIRST NIGHT
Tutto era crollato rovinosamente in poco tempo, infrangendosi contro quella che appariva essere la schiacciante vittoria di Valentine.
Jace – pur con la consapevolezza che i suoi gesti dovessero essere letti alla luce delle minacce a cui erano sottoposti i suoi amici – aveva seguito il padre attraverso un portale, lasciando dietro di sé solo dolore e lacrime.
Alec era riuscito per un soffio a fermare la corsa di Clary, prima che questa sparisse – e si perdesse – nel limbo di un portale sconosciuto, ma dopo quel gesto era, come tutti del resto, entrato in completa apatia, muovendosi come un automa verso il parcheggio sotterraneo e salendo poi sul furgone di Simon.
Clary aveva pianto in silenzio per un po’ ma, appena rientrata all’Istituto era stata travolta dall’iniziale entusiasmo di Luke per il ritrovamento del Libro Bianco e, seguendo Magnus e gli altri, aveva raggiunto la stanza dove era stato collocato il corpo ancora addormentato della madre.
 
L’incantesimo fu meno eclatante di quanto i presenti probabilmente si fossero aspettati e, senza effetti sfolgoranti, semplicemente l’aura che avvolgeva Jocelyn si assottigliò, per poi scomparire del tutto.
Magnus aveva adempiuto al proprio dovere e non volendo intralciare gli abbraccia tra i presenti, arretrò lentamente, fino a sparire sullo sfondo.
Aveva quasi abbracciato l’idea di andarsene via alla chetichella, quando vide accanto all’armeria Alec seduto su un ripiano sgombro mentre la sorella gli accarezzava i capelli, mormorando al suo orecchio.
Lo stregone non aveva conoscenza diretta e reale di cosa potesse dire perdere in quel modo il proprio parabatai, ma ricordava pienamente i discorsi degli shadowhunter con cui aveva intrecciato la propria vita in passato.
Era distruttivo, nel profondo e in modo assai doloroso.
Doveva fare qualcosa per il suo angelo e così, Magnus si avvicinò fino a quando la sua presenza non venne captata da Isabel che, sollevando il viso, gli regalò un sorriso stanco e tirato.
Ella capì che Alec avesse bisogno di conforto e per questo decise di lasciarlo in buone mani, in fondo anche lei aveva perso le tracce di un fratello e aveva bisogno di leccarsi le ferite. Così, senza dire neppure una parola, Isabel  si allontanò facendo un piccolo cenno del capo a Magnus, spingendolo silenziosamente a prendere il suo posto, cosa che prontamente lo stregone fece.
“Come stai?” domandò a mezza voce l’immortale.
“Come vuoi che stia?” rispose acido e arrabbiato Alec “Non so dove sia, non so perché abbia agito così e-”
“Ha agito così per salvarci la vita, fiorellino”
“Lo so!” quasi urlò lo shadowhunter, attirando su di sé gli sguardi incuriositi di alcuni shadowhunters presenti “O almeno la mia parte cosciente lo sa. È l’altra parte che”
“Che non vuole accettarlo? Senti, so che può sembrare il momento meno opportuno, ma ti va di uscire da qui? Di lasciarti alle spalle l’Istituto per qualche ora? Penso che questa sera nulla potrà essere fatto. Il Conclave deve decidere come agire. Ciascuno di voi deve assorbire le novità e poi, domani, vedremo di capire anche grazie a Jocelyn cosa sarà meglio fare”
“Tante belle parole, ma dove posso andare? Non voglio di certo girovagare tutta la notte per New York” disse rapido e con voce sottile Alec, prima che Magnus lo interrompesse.
“Ti fidi di me?” lo stregone lo spiazzò completamente con questa domanda e quando vide la sua mano aperta di fronte a sé, in attesa e a palmo in su, guardò a destra e a sinistra e con un gesto istintivo e forse incosciente, vi posò sopra la propria.
“Non te ne pentirai” disse il figlio di Lilith, aprendo un portale nel bel mezzo dell’armeria nell’istante esatto in cui Alec pronunciava con tono divertito “So che me ne pentirò”
Shadowhunter e nascosto sparirono in un attimo e l’unica testimone fu Isabel, che sospirando sollevata, si incamminò verso gli altri, sperando di avere anche lei un pizzico di fortuna.
 
Quando Alec uscì dal turbine violaceo del portale – aveva sempre odiato utilizzarli, pur riconoscendone l’assoluta utilità – si ritrovò al centro del loft di Magnus, mentre il padrone di casa, ancora tenendolo per mano, lo spronava a seguirlo.
Senza interrompere il contatto, il nephilim si lasciò condurre fino al lucido divano scuro e, quando Magnus richiamò a sé la propria mano, sentendo la stanchezza calare con forza sulle sue spalle, Alec si accasciò sui cuscini.
“Ti va un drink?”
Il giovane rispose sovrappensiero di sì.
L’attenzione del figlio dell’angelo era interamente concentrata sulla propria mano, ora vuota – pericolosamente e dolorosamente vuota – ammise silenziosamente a se stesso. La sensazione di protezione e sostegno che gli aveva donato la semplice e gentile stretta delle dita del nascosto era qualcosa che non avrebbe mai pensato di provare. Qualcosa che riteneva impossibile e assurda.
Come poteva un gesto così banale avere un tale potere, una tale forza?
Alla fine dei conti, ad Alec non interessava trovare una risposta, ciò che voleva era avere indietro ancora e di nuovo quella sensazione.
Completamente perso nei suoi pensieri, sobbalzò quando lo spazio accanto a sé venne occupato e gli venne messo tra le dita il lungo stelo di un bicchiere.
Il cacciatore prese un sorso del cocktail e, ringraziando il pace che li avvolgeva, prese un respiro e, lento ma sicuro, andò alla ricerca della mano di Magnus stringendola nella propria.
Lo stregone si meravigliò del coraggio mostrato dal giovane, rimanendo comunque in silenzio e iniziando a carezzare con il pollice il dorso delle dita di Alec.
 
A smuovere la situazione, giunse una piccola bomba di pelo bianco e grigio che, balzando sul divano, si avvicinò annusando circospetta quelle mani intrecciate che veloci si separarono.
“Hai un gatto?” la voce divertita e curiosa di Alec ruppe il silenzio.
“Le serate sono lunghe”
“Pensavo non facessi altro che passare da una festa a un’altra” ribatté il ragazzo.
“Adoro la vita mondava, ma anche quella potrebbe venirmi a noia se ne abusassi, quindi spesso, mi ritrovo disteso su questo divano a sorseggiare un ottimo cognac mentre osservo fuori dalla finestra e, in quelle serate, Presidente Miao è un’ottima compagnia”
Il gattino inizialmente aveva dato il bentornato al proprio padrone, strusciandosi lungo la sua coscia, ma ben presto se ne era andato alla scoperta dell’intruso presente e nonostante l’iniziale diffidenza, pochi attimi dopo già era a zampe all’aria felice dei grattini che stava ricevendo sulla pancia.
Apparentemente senza motivo, all’improvviso, Presidente si rimise in piedi e senza degnare i presenti di un miagolio di commiato, se ne andò.
“Gatti” disse sospirando Magnus mentre Alec tornò a convogliare la sua attenzione sul poco liquido rimasto nel suo bicchiere, per svuotarlo poi del tutto e abbandonarlo sul basso tavolino davanti al sofà.
 
Lo stregone non sapeva bene cosa dire o cosa fare, timoroso di sbagliare e far scappare quel ragazzo fragile e forte al tempo stesso e alla fine decise che valesse comunque la pena rischiare.
“Vedrai che la notte aiuterà tutti a chiarirsi le idee e domani-” le parole gli morirono in gola, sopraffate dal gesto inaspettato compiuto dallo shadowhunter.
Alec aveva annullato la distanza che lo separava dall’immortale, accoccolandosi – per quanto fosse realisticamente possibile vista la sua statura non indifferente – al suo corpo, appoggiando il capo sul petto dell’altro.
“A-Alec” balbettò sorpreso il nascosto.
“Per favore” udì provenire dal corpo infagottato contro il suo e, avvolgendogli le braccia attorno alla schiena, lo tenne ancora di vicino a sé.
 
Rimasero abbracciati scomodamente e stretti l’uno all’altro sul divano, per molto tempo, fino a quando il crepuscolo non cedette definitivamente posto alla sera.
“Hai fame?” domandò sottovoce il padrone di casa “Potrei fare apparire qualunque cosa tu voglia. Sono uno stregone dopotutto”
“No, grazie” rispose Alec, senza accennare a mutare la sua posizione.
“Ok” e accarezzando dolcemente la schiena del cacciatore, lasciando scivolare su e giù le lunghe dita, Magnus aggiunse “Allora che ne dici di spostarci?”
“Perché?”
“Per stare più comodi, solo per stare più comodi” il padrone di casa rispose con fare rassicurante al viso preoccupato che si era sollevato dal suo petto.
Alec annuì, rimettendosi a sedere composto e dopo aver accettato di nuovo la mano dello stregone, si lasciò guidare attraverso l’appartamento, fino a giungere davanti ai battenti socchiusi di una porta scorrevole.
Un solo attimo di tentennamento attraversò il corpo dello shadowhunter che si irrigidì impercettibilmente.
“Voglio solo togliermi di dosso un po’ di chincaglieria” spiegò, agitando le mani e facendo tintinnare anelli e catenelle “e fare in modo che tu possa distenderti e riposare”
Magnus riuscì nel suo intento e portò il figlio dell’angelo oltre la soglia, abbandonandolo poi nel mezzo della stanza per spostarsi verso un fornitissimo mobile da toletta.
 
Alec lo seguì curioso e notò che semplicemente stava liberando il proprio corpo dai gioielli. Inaspettatamente, sentì il desiderio di occuparsi in prima persona di quella stramba incombenza perchè voleva vedere Magnus senza tutti quegli ornamenti e voleva essere lui a toglierglieli uno per uno.
Arrivatogli alle spalle, lo voltò per averlo esattamente di fronte e, senza dire una sola parola, prese tra le proprie una delle mani di Magnus. Iniziò a sfilare gli anelli, poggiandoli poi uno dopo l’altro in una colorata ciotola di terracotta smaltata, probabilmente di origine peruviana.
Via via che la ciotola si riempiva le mani apparivano nella loro nuda bellezza con lunghe e curate dita e unghie laccate di scuro. Per ultimo il cacciatore tirò via una piccola armatura che terminava con un artiglio – di cui aveva avvertito la piacevole presenza mentre, accoccolato allo stregone, si godeva le sue carezze – e che copriva l’intero dito indice della mano destra.
Magnus amava davvero molto i gioielli e, terminato con gli anelli, Alec dovette dedicare le sue attenzioni prima ai bracciali e poi alle collane. Portò le dita a sfiorare il collo dello stregone per togliere anche i numerosi fili di metallo e ciondoli che ricoprivano il petto dell’immortale.
Lo stregone sollevò il viso dopo aver piegato in avanti il capo per facilitare i movimenti di Alec e, osservando l’attenzione e l’impegno con cui il suo ospite si stava prendendo cura di lui, decise di protrarre quel momento, mettendo nelle mani ora libere un piccolo flacone di liquido trasparente e alcuni dischetti di cotone.
“Cosa?”
“Non vuoi avere il piacere di vedermi senza alcuna difesa? Mi hai già privato dei miei gioielli, non vuoi cancellare anche i glitter?”
 
Vedere Magnus.
Vedere lo stregone senza artifici di alcun genere.
Era una proposta troppo allettante e stuzzicante e Alec la accettò senza battere ciglio.
“Perché non usi la magia?” chiese il nephilim imbevendo il cotone.
“Perché alla fine è noioso fare tutto con la magia. Il tempo non è un problema per me, ma devo comunque fare in modo che passi e, se ricorressi sempre ai miei poteri, la noia mi assalirebbe”
“Noia. Hai usato più volte questa parola. È per noia che…” iniziò a dire, senza avere poi il coraggio di continuare.
“Non pensarlo nemmeno per un attimo, Alexander. Non è di certo per noia che mi piaci”
Rassicurato da queste semplici parole e dallo sguardo sincero del figlio di Lilith, Alec tornò al proprio compito “Cosa ci devo fare con questo ora?”
Magnus chiuse gli occhi “Devi passarlo, in modo delicato, ovunque ci sia del trucco, il ché sta a significare praticamente su tutto il viso”
 
Poco dopo l’immortale avvertì la fresca sensazione del batuffolo bagnato e stette immobile in attesa che quei gesti venissero ripetuti ancora e ancora.
Ci fu solo una piccola pausa – con annesso un probabile cambio di cotone – e il crollo delle difese riprese, concentrandosi questa volta sulle labbra e subito dopo sulle guance e sul viso.
“Ho, cioè penso di aver finito”
La voce indusse l’eterno a riaprire gli occhi e notando lo sguardo di Alec su di sé, il padrone di casa cercò di scherzare, anche se un pizzico di paura galleggiava in superficie “Deluso? Senza i miei gioielli e il mio trucco sono solo, beh, io”
“Sei bello” entrò a gamba tesa Alec, spiazzandolo del tutto.
“Davvero lo pensi? O lo dici solo per timore che lo stregone cattivo ti tramuti in un rospo?”
“Sei bello” ripeté il nephilim senza dare altre spiegazioni e arretrando di un piccolo passo afferrò con entrambe le mani la sottile e quasi impalpabile sciarpa che Magnus aveva mollemente attorno al collo. Lasciando poi lentamente fluire la stoffa su uno dei palmi, la raccolse con l’altro, posandola infine sul ripiano del tavolo lì accanto.
“Alexander, non credo sia il caso di-” l’obiezione del padrone di casa venne però smorzata sul nascere da un semplice dito.
L’indice di Alec si avvicinò – senza però toccarle – alle labbra dello stregone, ripetendo il gesto che tempo addietro quest’ultimo aveva compiuto sul cacciatore.
 
Le mani dello shadowhunter tornarono ben presto al corpo di Magnus e, dopo un seppur breve indugio, si avvicinarono ai bottoni lucenti della camicia.
Le dita dell’immortale si strinsero rapide attorno ai sui polsi e un sicuro e irremovibile “No” riempì l’aria “No, Alexander. Non hai idea di quanto vorrei che continuassi, ma non ora, non oggi. Hai bisogno di riposare e di riacquistare lucidità. Fidati che domani mi ringrazierai”
Tenendo ancora stretto uno dei polsi, l’eterno lo guidò fino al bordo del letto e ve lo fece sedere. Prima che Alec potesse lamentarsi, Magnus si abbassò e, inginocchiato, lo aiutò a togliersi le scarpe per poi ritornare in piedi e spingerlo a coricarsi.
“Riposa” passò con amore e cura le dita tra i suoi capelli scuri “io vado a mettere in sicurezza l’appartamento e torno da te”
 
Magnus impiegò pochi minuti ad innalzare ogni tipo di barriera attorno al proprio loft e quando rientrò nella propria stanza, il nephilim, anche se visibilmente stremato, aveva ancora i suoi magnifici occhi spalancati nella penombra.
Lo stregone si sfilò le scarpe e, imitando la posizione di Alec, si distese su un fianco, con il viso rivolto al centro del letto.
“Cerca di dormire”
“Ho paura” confessò il cacciatore “Ho paura che Jace abbia agito senza pensare e che possa”
“Alec, domani” ripeté ancora una volta, spingendosi in avanti e posando la propria fronte su quella dell’altro.
“Ok”
Come già in precedenza, Alec si fece piccolo piccolo per lasciarsi avvolgere dalle braccia calde e sicure di Magnus e, posando il capo sul suo petto, pregò per avere almeno un paio di ore – sperare in una intera notte sarebbe stato di sicuro eccessivo – senza incubi e cattivi pensieri.
“Alexander” sussurrò dopo alcuni minuti lo stregone “siamo davvero pessimi io e te insieme”
“Perché?” quell’unica parola giunse ovattata e attutita dalla camicia dell’immortale.
“Perché non riusciamo a fare una cosa che sia una fatta bene. Ci siamo baciati prima di uscire insieme. Abbiamo litigato prima di uscire insieme e ora addirittura stiamo passando la notte insieme e ancora non siamo usciti insieme”
“Magnus, dormi”
“Buonanotte, fiorellino”*
“Ma sì” disse tra sé e sé il Sommo Stregone di Brooklyn, “in fondo perché preoccuparsi?” nonostante il mondo fosse in procinto di crollare, lui stava tenendo tra le braccia il suo angelo. Cosa avrebbe mai potuto chiedere di più?
Sperando con tutto se stesso che davvero il giorno successivo avrebbe portato sviluppi positivi, finalmente Magnus si assopì.
 
*Chiedo venia… non voleva essere una citazione canterina, ma così è.
   
 
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