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Autore: Alessia Krum    07/05/2016    1 recensioni
Acquamarina aveva continuato a vedere immagini, immagini brutte e spaventose, che non avrebbe mai voluto vedere. Acqua poteva pensare e vedere quelle figure, ma non stava né dormendo, né era svenuta, non era sveglia e non poteva svegliarsi. Voleva vedere e capire che cosa stava succedendo. Vide un villaggio, un piccolo villaggio sormontato da un castello. Il paesino sembrava tranquillo, ma fuori dalle mura si stava svolgendo una feroce battaglia. Persone con la pelle blu e le pinne combattevano con tutto quello che avevano e una grande speranza contro eserciti interi di mostri viscidi, squamosi e rivestiti da armature pesanti che mandavano bagliori sinistri. La battaglia infuriava. Per ogni mostro abbattuto, morivano almeno due uomini. Poi Acqua vide un uomo, protetto da un cerchio di mostri, che sembravano i più potenti e i più grossi. Quell’uomo aveva un qualcosa di sinistro e malvagio. Indossava un pesante mantello nero e continuava a dare ordini e a lanciare fiamme ovunque.- Avanti, Cavalieri, sopprimete Atlantis e l’oceano intero sarà mio! –
Genere: Fantasy, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 10
Guarigione
 
Max era sdraiato sul letto, e attendeva paziente stringendo i denti mentre Olimpia finiva di spalmargli uno strano unguento sulle ferite e terminava di fasciarle. Diceva che era una crema miracolosa, che aveva sempre funzionato nel giro di pochi giorni, anche se all’applicazione bruciava molto. Comunque Acqua era preoccupata lo stesso. Olimpia chiese a lei e a Corallina di uscire per lasciare che Max si riposasse.
- Ma è tardissimo! È quasi ora di cena! - esclamò Corallina. Acqua sbiancò.
- Come ora di cena? Devo assolutamente tornare sulla Terra! -
- No…di già? Uffa… - per evitare di sentire una serie di commenti interminabile, Acqua tagliò corto.
- Ciao, cugina, ci vediamo domani. -
- Ciao! - Acqua salutò con la mano e sparì.
 
***
 
Il mattino seguente, Acqua era stanchissima. Doveva ancora abituarsi a dormire solo due o tre ore al giorno, altrimenti non sarebbe riuscita ad andare ad Atlantis. E poi, quelle ultime ore erano state diverse dal solito. Smise di cucire il vestito sgualcito di Kate e si affacciò alla finestra. Sapeva che era ancora molto presto, ma non vedeva l’ora di vedere Max. Sperava con tutto il cuore che stesse meglio, averlo visto in quella condizione era stato davvero molto brutto. Ma doveva fidarsi del magico unguento della zia, di sicuro lei sapeva quello che doveva fare. E poi Corallina le aveva detto che molte volte Max si era procurato delle ferite combattendo, ed era sempre guarito perfettamente. Tutti questi motivi in realtà dovevano rassicurarla, ma lei non faceva altro che pensare a quando lo aveva creduto spacciato, in mezzo ad un’ondata di nemici grandi e possenti. Per distrarsi cercò di pensare a qualcos’altro, ma le venne in mente solo la fantastica sensazione che aveva provata rivedendo, con gli occhi della statua, i tempi felici di Arkàn. Per un attimo le mancò il respiro. Era stata una cosa fortissima, ma non riusciva ancora a spiegarsi perché lo aveva fatto. Aveva pensato di chiederlo alla zia, ma quando l’aveva vista, era troppo preoccupata per Max. Ecco di nuovo che il suo pensiero faceva un giro in tondo, tornava sempre per pensare a lui. E, per smettere di continuare a farlo, intonò un’allegra canzoncina che non ricordava molto bene, ma le sembrava quella più adatta al momento.
 
***
 
Finalmente il tanto atteso suono del campanello arrivò. Erano passate alcune ore. Acqua le aveva trascorse passando da un lavoro all’altro, ma con la testa sulla Luna. Anzi, su Atlantis. Si fiondò alla porta e la aprì in tre secondi netti. Max era lì, sorridente e tranquillo come sempre. Solo che aveva due strane fasciature su una gamba e su un braccio.
- Come stai? - gli chiese.
- Bene. E la tua caviglia - Acqua se l’era già dimenticata.
- Bene, bene. Comunque la mia caviglia non è niente in confronto a quello che hai fatto per me. Non potrò mai ringraziarti abbastanza. -
- Per così poco? - 
- E tu lo chiami poco affrontare un’orda di nemici grossi il doppio di te quando sapevi benissimo che non ce l’avresti potuta fare? -
- Beh, non proprio, ma sei stata tu a fare la maggior parte. -
- In che senso? -
- Come in che senso? Non vorrai dirmi che ho avuto le traveggole quando ho visto i vortici! Quelli che hai generato tu con i tuoi poteri per mettere a terra tutti quei Cavalieri. - 
- Sono stata io? -
- Sì. E credo che non potrai mantenere la promessa che mi hai fatto. Dovrai subito iniziare a frequentare la scuola del tempio, soprattutto per i corsi di magia. É già la terza volta che usi i tuoi poteri senza accorgetene e, secondo me, questo significa che sei pronta. Non possiamo aspettare ancora. Andrò a parlare con la signora De Orchis e domani inizierai i corsi. -
- Sei sicuro? - Acqua non stava più nella pelle.
- Certo. Anzi, vado subito. -
- Ma non è notte ora? - 
- Sì, ma tanto ormai stiamo tutti svegli. - Max si girò e fece per andare via, ma Acqua lo fermò:
- Aspetta, ti devo ancora dire una cosa. Hai presente la statua del dio che abbiamo visto ad Arkàn? - Max annuì. - Beh, quando l’ho vista…è come se ci fosse stata una forte attrazione. Ti può sembrare strano, ma… -
- Non mi sembra strano…sei stata mezz’ora a fissarla! - Acqua arrossì.
- E poi…ho visto dai suoi occhi. Ho visto quando tutto era ancora bello e luminoso, i bambini che giocavano, le madri che chiacchieravano… Come te lo spieghi? -
- Questo non me lo spiego. Non mi sembra che sia successo in passato. Molte persone hanno visitato le rovine, per lo più spedizioni di uomini e soldati, ma nessuno aveva mai fatto una cosa simile. Nemmeno tua zia… Glielo chiederò, magari lei sa qualcosa in più. -
- Ok, ciao! -
- Ciao. - Acqua rientrò, ma poi si accorse che non aveva in mano nessuna busta, quindi si affacciò alla porta e urlò a Max, che era ancora in fondo alla stradina:
- E la posta, che fine ha fatto? - lui si girò e, ridendo, le rispose:
- Scusa, sono un po’ distratto! -
- Solo un po’? - Dopo che la ragazza ebbe appoggiato sul tavolino le pochissime lettere, tornò a cucire il vestito, ma, involontariamente, zoppicò un poco e la madre, che era appena arrivata, lo notò.
- Che cosa ti sei fatta alla caviglia? - le chiese.
- Oh, niente, ho solo messo male il piede. - rispose lei, cercando di essere il più convincente possibile. Ma, come la prima volta che aveva raccontato una bugia, le sembrò di non essere creduta.
   
 
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