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Autore: 9Pepe4    09/05/2016    11 recensioni
Il Maestro Qui-Gon Jinn non ha nessuna intenzione di prendere un nuovo apprendista… Ma l’incontro con Obi-Wan Kenobi, un Iniziato di sette anni, potrebbe cambiare le cose.
Peccato che il passato, in un modo o nell’altro, trovi sempre la maniera di fare lo sgambetto al presente.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Obi-Wan Kenobi, Qui-Gon Jinn, Yoda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 17 – Rivelazioni

Nell’udire quel richiamo, Qui-Gon trasalì e prese visione del pericolo nel giro di un istante. Riconobbe subito Heri, e le fece sfuggire il blaster dalle mani con un gesto.
Appena in tempo.
Ma il suo legame con la Forza era tuttora disturbato, e lui non fece in tempo a disarmare l’uomo che era entrato correndo dietro Obi-Wan. Ci fu un lampo, ed un contraccolpo tale da scaraventare il bambino in avanti, facendolo cadere sul pavimento.
Ci fu un grido, e Qui-Gon si sentì raggelare. Avrebbe voluto correre immediatamente accanto ad Obi-Wan, ma i droidi continuavano ad incalzarlo – ne abbatté uno, e raccolse le proprie energie per far volare ai propri piedi anche il blaster dell’altro uomo.
Con la coda dell’occhio, vide Heri scavalcare la pila di casse e correre verso il proprio complice… per poi colpirlo con un pugno in piena faccia, con tanta forza da farlo incespicare all’indietro e crollare a terra.
Qui-Gon si liberò anche degli ultimi droidi, quindi disattivò la spada laser e guardò attorno per un momento: non sembravano esserci altre minacce, e il suo primo indiziato giaceva ancora a terra, coprendosi il naso sanguinante.
Heri, dal canto suo, era andata ad inginocchiarsi accanto al bambino ferito, e non sembrava sapere dove mettere le mani.
Qui-Gon si affrettò nella sua direzione, stringendo una mano sulla propria cintura sino a farsi sbiancare le nocche. Prestò appena orecchio ai gemiti della ragazza – «mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace» – e si inginocchiò accanto a lei.
Obi-Wan giaceva a pancia in giù, la guancia schiacciata contro il pavimento lurido. Era stato colpito alla spalla destra, come denotava la macchia rossa che si stava allargando sulla stoffa chiara. Era cosciente, ma i suoi respiri erano brevi e spaventati.
«Mi dispiace». La ragazza sembrava sull’orlo delle lacrime.
Qui-Gon si protese verso il bambino, toccandogli la tempia, e gli occhi grigio-azzurri di Obi-Wan saettarono su di lui. Per quanto impauriti, erano lucidi e focalizzati. L’uomo cercò di rivolgergli un sorriso incoraggiante, e con enorme cautela lo sollevò e lo attirò nel proprio grembo.
Obi-Wan strizzò gli occhi e premette il viso contro i suoi abiti. Stava forse cercando di nascondere le lacrime che gli avevano rigato le guance?
L’uomo accattonò quel pensiero e si rivolse alla ragazza. «C’è un centro medico?» le chiese con una certa urgenza. «Dove posso portarlo?»
Lei lo fissò ad occhi sbarrati. «Io… non ci sono centri medici, non…»
«Heri» annaspò il ladro, tirandosi sui gomiti, una mano ancora sul volto.
Se non altro, questo sembrò riscuoterla. La ragazza si girò di scatto verso di lui, la paura che s’infiammava e diventava rabbia. «Sta’ zitto, Hafli! Sta’ zitto. Se provi a scappare ti sparo nel fondoschiena».
Né Qui-Gon né l’altro uomo emisero un fiato. Di certo, nessuno dei due puntualizzò che la ragazza era tecnicamente disarmata, e non avrebbe potuto sparare proprio per niente.
Ora più lucida, Heri tornò a guardare il Maestro Jedi. «Potete portarlo a casa di Fja Larr» disse, in tono deciso.
«Come?» chiese Qui-Gon, accigliandosi.
«Sua suocera» rispose la ragazza. «È un’ottima guaritrice, tutti vanno…»
L’uomo non attese nemmeno che lei concludesse la frase, e si alzò in piedi. «Voi due venite con me».
Ancora accovacciata a terra, la ragazza lo guardò da sotto in su e parve esitare. Forse aveva appena ricordato in che guaio era coinvolta. Tuttavia, annuì e si mise in piedi a propria volta. Si diresse verso il suo complice, afferrandolo per il gomito ed aiutandolo ad alzarsi, per poi strattonarlo verso Qui-Gon ed Obi-Wan.
«Lo avevo avvertito» borbottò Hafli, il sangue che gocciolava dal naso rotto. «Gli avevo detto che se apriva la bocca lo avrei colpito».
Qui-Gon ricambiò con uno sguardo freddo, ed attirò il bambino più vicino al proprio petto. Era quasi certo di aver sentito un tremito sotto quelle parole, ma non si sentiva incline alla comprensione.
«Ti ho detto di stare zitto, Hafli» sbottò Heri, la voce vibrante di rabbia. Poi, senza lasciare la presa su di lui, si rivolse a Qui-Gon: «Da questa parte».
L’uomo la seguì, decidendo di sorvolare sul fatto che sapeva già dove abitava Fja Larr. Non pensava che lei avrebbe provato a scappare, a questo punto, ma poteva anche darsi che rimanesse soltanto perché voleva aiutare Obi-Wan.
Fuori pioveva ancora, e l’uomo mosse impacciatamente il proprio mantello per coprire il bambino.
Obi-Wan rivolse il viso – pallido e sudaticcio – verso di lui, schiudendo gli occhi, e Qui-Gon gli accarezzò la guancia con un dito.
«Resisti, Padawan» gli sussurrò. «Ci siamo quasi».
Mentre camminava dietro a Heri ed Hafli, cercò di fare un po’ di pressione sulla ferita, ma desistette di fronte agli involontari gemiti di dolore del bambino.
Qualche minuto più tardi, suonarono alla porta di casa Larr, e fu la moglie dell’artista ad aprire.
«Heri?» chiese, fissando il tecnico. E poi, ancora più interdetta, quando notò il resto del gruppetto: «Maestro Jinn?»
Qui-Gon si fece avanti, mostrando il bambino che rabbrividiva contro il suo petto. «Vostra madre è in casa?»
Maya Larr fissò Obi-Wan ed impallidì. «Sì» disse, e si fece da parte. «Venite».
Il gruppetto non se lo fece ripetere due volte – Hafli pareva un po’ riluttante, ma non oppose resistenza quando Heri lo trascinò con sé – e la donna li guidò verso il soggiorno, chiamando: «Madre, hai un paziente!»
La donna anziana si trovava sul divano dove Qui-Gon l’aveva vista per la prima volta, e guardò verso di loro con uno sguardo attento e penetrante.
«Datemelo qui» ordinò.
Il Maestro Jedi si fece avanti, e depositò con attenzione Obi-Wan sulle ginocchia della donna. Quest’ultima gli sfilò qualche strato d’abito con estrema attenzione. Quando il bambino rimase a schiena nuda, Qui-Gon poté finalmente vedere la sua ferita con chiarezza.
Era uno squarcio tra la scapola destra e l’attaccatura del collo… Non era una ferita superficiale, ma nemmeno troppo profonda.
Grazie alla Forza, Hafli non doveva avere una gran mira: aveva colpito il bambino solo di striscio. O forse era stato intenzionale, forse non aveva voluto ferirlo troppo gravemente…
«Maya» disse la vecchia, «prendi le mie cose ed una bacinella d’acqua».
Sua figlia si affrettò ad obbedire, ed era appena scomparsa in corridoio quando Fja Larr fece il proprio ingresso. «Chi…?» Si arrestò di colpo. «Maestro Jinn? Ma che…?»
Notando il bambino sulle ginocchia della suocera, parve rimanere un istante senza parole.
«È… è un piccolo Jedi?» chiese, allungando il collo. «Che cosa gli è successo?»
«Colpo di blaster» rispose Qui-Gon, cupamente.
Fja Larr parve impressionato. «È molto grave?» Aveva un’aria preoccupata, ma non si avvicinò ulteriormente. Forse non gli piaceva la vista del sangue.
«Nah» rispose sua suocera, passando una mano gentile tra i capelli umidi di Obi-Wan. «Solo un colpo di striscio, fortunatamente».
In quel momento, Maya Larr fu di ritorno, e depositò una bacinella d’acqua ed una cassetta marrone sul tavolino davanti alla madre.
La guaritrice prese una garza dalla cassetta e la inzuppò, e a quel punto Fja Larr sembrò finalmente notare anche Heri ed Hafli.
«Heri» disse, con una certa sorpresa, «avevamo un appuntamento?»
Qui-Gon vide le spalle della ragazza afflosciarsi. Sembrava essere conosciuta in casa Larr – ma effettivamente, dato che era il tecnico migliore di Nihilo, doveva essere ben conosciuta in tutta la cittadina.
«O siete qui anche voi per essere ricuciti? Quel naso mi sembra messo male».
«Gliel’ho rotto io» disse Heri, in tono monocorde.
Le sopracciglia bionde di Fja Larr schizzarono verso l’alto. «Oh. Ti ha importunata?»
«No, è mio fratello» rispose la ragazza, lo sguardo basso. «Non siamo qui per rattopparlo. Siamo qui perché… Siamo stati noi a rubare le tue opere».
Ci fu un momento colmo di tensione, e l’unica che non alzò lo sguardo fu la guaritrice, ancora intenta a pulire la ferita di Obi-Wan.
Poi il bambino emise un piccolo lamento, e Qui-Gon si inginocchiò accanto a lui. «Va tutto bene» gli mormorò. «Va tutto bene».
«Mi dispiace» disse Heri, in tono miserabile, chiaramente rivolta ai coniugi Larr.
Ci fu un altro momento di silenzio. «Quindi…» disse infine Fja Larr. «Sei stata tu a disattivare i miei sistemi di sicurezza».
«Già».
Qui-Gon stava ancora guardando Obi-Wan, e notò che aveva le labbra screpolate.
Ma certo. Col sangue che aveva perso, doveva essere disidratato… perché non ci aveva pensato prima?
D’istinto, fece per alzarsi, ma quella mossa parve allarmare Obi-Wan: il bambino, infatti, spalancò gli occhi e fece per allungare un braccio.
La guaritrice lo tenne fermo e rivolse un’occhiata accigliata a Qui-Gon, che si era bloccato, e parve capire subito le sue intenzioni. «Fja» chiamò, «potresti prendere un bicchiere d’acqua per il bambino?»
Qui-Gon la guardò con gratitudine, tornando ad accovacciarsi, e dopo un momento i passi di Fja Larr si allontanarono.
«Forse voi dovreste venire nella stanza degli ospiti» disse Maya Larr, in tono controllato, «finché non riusciremo a contattare il Corpo di Polizia di Omnia».
«Ho oscurato il segnale» affermò Heri. «Le comunicazioni non funzioneranno per un po’. Volevo… La cosa doveva permettere ad Hafli di scappare domani».
Distrattamente, Qui-Gon pensò che le sue supposizioni si erano rivelate esatte. I suoi ladri avevano intenzione di usare un’astronave di linea come via di fuga.
E le parole di Heri svelavano finalmente il motivo del malfunzionamento delle comunicazioni.
«Dovrai mostrarci come porre rimedio alla cosa» fu la replica di Maya Larr, e ci fu un po’ di trambusto mentre la donna guidava Heri ed Hafli in un’altra parte della casa.
Fja Larr fu di ritorno con un bicchiere d’acqua ed una cannuccia, e li passò a Qui-Gon. L’uomo resse il bicchiere mentre Obi-Wan chiudeva le labbra attorno alla cannuccia e succhiava debolmente ma con una certa avidità.
La guaritrice mise da parte le garze insanguinate ed iniziò a preparare con mani esperte un impacco di bacta, che in seguito applicò alla spalla di Obi-Wan.
«Ecco fatto» decretò, e spostò lentamente il bambino dalle proprie ginocchia per farlo distendere sul divano. «Non dovrebbero esserci problemi».
Qui-Gon annuì, e la donna si alzò.
«Tra qualche ora dovrò cambiare l’impacco, ma per adesso può anche dormire. Chiamatemi, se succede qualcosa».
Su quella nota, aiutata da Fja Larr, radunò la cassetta, la bacinella e le garze bagnate, quindi se ne andò col genero.
Rimasto solo con Obi-Wan, Qui-Gon si sedette nel posto lasciato libero dalla guaritrice ed accarezzò cautamente i capelli rossicci del bambino.
«Maestro?» mormorò Obi-Wan, confusamente.
«Sì? Dimmi».
«Pensi che… pensi che resterà… una cicatrice?»
«Non penso proprio» gli assicurò Qui-Gon. «Non con questi impacchi».
Il bambino aggrottò la fronte e cercò di alzare la testa. Poi cambiò idea, probabilmente perché il movimento aveva stirato uno dei muscoli vicini alla ferita.
«Obi-Wan?» chiamò Qui-Gon, gentilmente. «Qualcosa non va?»
Il bambino non rispose subito. «Il Maestro Yoda dice… dice che la prima missione di un Jedi lascia… sempre una cicatrice…»
Qui-Gon inarcò le sopracciglia. Il Maestro Yoda diceva questo agli Iniziati? Rassicurante.
«Ma forse… forse questa non… non è una vera missione» aggiunse Obi-Wan, incerto.
«La è eccome» replicò Qui-Gon, deciso. «Vedi, il Maestro Yoda non parlava di cicatrici nel senso letterale della parola. Voleva soltanto dire che la prima missione di un Jedi non si dimentica mai».
«Uhm» bofonchiò Obi-Wan. «Di sicuro è stata… memorabile».
Qui-Gon si lasciò sfuggire un sorriso, e in quel momento Fja Larr fu di ritorno con qualcosa da mangiare per il bambino. Obi-Wan mangiò qualche boccone, volle un’altra sorsata d’acqua, e poi si addormentò come un sasso.
Il Maestro Jedi rimase a vegliare su di lui, mentre Fja Larr si recava a dire a Jon Tarr dove si trovavano i suoi ospiti e provvedeva anche a recuperare le proprie opere.
Verso sera, la guaritrice si offrì di tener d’occhio il bambino per qualche momento. «Fja vi ha preparato qualcosa da mangiare in cucina. Vi chiamo se il piccolo si sveglia».
Qui-Gon era riluttante, ma alla fine la ringraziò e le cedette il posto. In cucina, trovò un piatto di carne e verdure… E trovò anche Heri, appollaiata su uno sgabello con lo sguardo perso nel vuoto.
L’uomo le si accomodò di fronte, facendola sussultare.
Lei si portò d’istinto una mano a coprire la parte sfigurata del proprio volto, ma poi si rilassò – in parte, almeno.
«Tuo fratello?» chiese Qui-Gon, cercando di assumere un tono casuale.
Un Jedi doveva lasciar andare la propria rabbia.
«Nella camera degli ospiti» rispose Heri. «L’ho chiuso dentro. Avevo bisogno di non vederlo per un po’».
L’uomo pensò che non era l’unica, ma si limitò ad annuire e cominciò a mangiare.
«È stata tutta colpa mia» proruppe Heri, dopo qualche istante. «Mi dispiace. È stata tutta colpa mia».
Qui-Gon alzò lo sguardo su di lei. «È stata una tua idea?»
«No, di Halfi, ma…» La ragazza si premette una mano sulla guancia sfigurata. «Ma non è cattivo. Non si è mai comportato così».
Qui-Gon masticò ed inghiottì. «Perché dici che è stata tutta colpa tua?»
«Be’, perché l’ha fatto per me» rispose Heri, abbassando lo sguardo sul tavolo. «Il furto. Noi non… Da bambini non eravamo molto uniti. Un po’ per la differenza d’età – voglio dire, abbiamo due padri biologici diversi…»
Il Maestro Jedi le rivolse un’occhiata inquisitoria.
«Poi io ho avuto l’incidente» continuò la ragazza, sempre senza guardarlo, «e Hafli mi è stato accanto più di tutti. In ospedale, e poi… Poi io mi sono trasferita qui a Nihilo, perché non mi piace stare in mezzo a troppa gente, e ho trovato questo lavoro, e mio fratello mi è sempre venuto a trovare con frequenza. Quando ha saputo di Fja Larr, gli è venuta questa idea. Voleva rivendere le opere e usare il denaro per pagarmi una ricostruzione facciale».
«E tu l’hai aiutato».
«Sì» disse Heri, con voce molto piccola. «Mi sembrava una prospettiva allettante».
Qui-Gon riprese a mangiare. Non poteva biasimare la ragazza, ma ciò non toglieva che si era comportata in modo sbagliato ed aveva violato la legge. In quanto ad Hafli… Faticava molto a provare empatia nei suoi confronti, dato quello che aveva fatto ad Obi-Wan.
«Non pensavo che saremmo arrivati al punto di ferire qualcuno, tantomeno un bambino».
«Stavi per spararmi alle gambe» osservò l’uomo.
Lei non negò. «Mi dispiace, avevo… Volevo solo immobilizzarvi, volevo guadagnare tempo… So che è stupido, ma pensavo che così saremmo riusciti a far scappare Hafli…»
Qui-Gon non commentò, evitando di dirle che se anche fosse riuscita ad imbarcare suo fratello nella prossima navicella di linea, lui sarebbe stato arrestato, perché grazie alla Maestra Yula il suo ritratto era arrivato nelle mani del Corpo di Polizia di Omnia anche con le comunicazioni fuori uso.
«E poi avevo… avevo paura che se fosse stato lui ad occuparsene… ecco… non avrebbe mirato alle gambe».
Qui-Gon non avvertiva con chiarezza le sue emozioni nella Forza, ma poteva sentirle nella sua voce, leggerle sul suo volto. Paura e vergogna e disperazione.
«Hai mangiato qualcosa?» le chiese infine.
Lei lo fissò come se la domanda l’avesse presa in contropiede. «Maya ci ha… ci ha portato un pasticcio». Si morse il labbro. «Non potrò più guardarli in faccia. Lei e Fja… Li conosco da anni, e ora ho tradito la loro fiducia».
L’uomo non rispose. Non spettava a lui decidere se i due coniugi avrebbero mai scelto di perdonare la ragazza.
Senza ulteriori scambi di parole, finì il proprio pasto ed uscì dalla cucina. In salotto, la guaritrice si alzò e lo lasciò sedere accanto ad Obi-Wan.
Il bambino stava ancora dormendo della grossa, quando Qui-Gon vide Fja Larr dirigersi verso l’ingresso.
«Heri ci ha detto dove sta il dispositivo che ha costruito, quello che causa le interferenze» spiegò l’artista, lottando per infilarsi il cappotto. «Vado a recuperarlo, così possiamo disattivarlo e metterci in contatto con Omnia».
Qualche momento dopo la sua uscita, Maya Larr arrivò in salotto, e si accomodò sul divano di fronte a Qui-Gon.
«Ha smesso di piovere» disse, sommessamente. Era rivolta a Qui-Gon, ma stava guardando Obi-Wan con aria quasi rapita.
Il bambino, dal canto suo, continuava a dormire a pancia in giù, una mano ferma accanto alla guancia.
«Vi chiedete… Vi chiedete mai se alcuni di loro incontrano le loro madri? In strada, per caso. Vi chiedete se le riconoscono? E se le madri dei vostri Iniziati riconoscono i loro bambini?»
Qui-Gon aggrottò la fronte, e ricordò l’espressione della donna quando aveva visto gli Iniziati in compagnia della Maestra Yula. «Avete…» Si schiarì la gola. «Per caso un vostro figlio…?»
Maya Larr lo guardò con aria sorpresa, portandosi d’istinto una mano al ventre. «Se è stato preso dai Jedi? Oh… Oh, no. Ma lo preferirei. Almeno vorrebbe dire che lui esiste da qualche parte… No» ripeté. «Non abbiamo figli. Sono rimasta incinta, qualche tempo fa, ma ho perso il bambino».
Qui-Gon portò una mano sulla nuca di Obi-Wan. «Scusate» disse, «ho creduto…»
«Non avete alcun bisogno di scusarvi» lo interruppe la donna, con decisione.
L’uomo abbozzò un sorriso. «Avevate l’aria di aver riflettuto molto sugli Iniziati Jedi».
«È così» asserì lei, e sembrava non rendersene conto, ma continuava a massaggiare piano il proprio ventre. «Vedete, mio marito aveva un allievo, qualche anno fa…»
«Sì» disse Qui-Gon, «credo mi abbiate già accennato a lui».
Maya Larr annuì. «Ecco. Veniva dal Tempio di Coruscant».
L’uomo sbatté le palpebre, sollevando il capo. «Come?»
«Non era un Jedi» si affrettò a chiarire la donna. «Aveva abbandonato l’addestramento. Non era vita per lui, ci ha detto».
Le orecchie di Qui-Gon cominciarono a ronzare, e lui si sentì quasi mancare il respiro. Possibile che…?
«Aveva talento artistico, ed era bravo a mostrare ammirazione verso mio marito». Maya Larr sorrise. «Fja non è mai stato molto in grado di resistere alle adulazioni, e l’ha preso come allievo».
Qui-Gon dovette portare una mano al bracciolo del divano e serrare le dita, imponendosi di mantenere la calma. Non riusciva a pensare ad altro che al suo secondo apprendista, al modo in cui più di una volta aveva tessuto le lodi degli artisti di Nihilo.
«Gli avevo chiesto, una volta, se avesse mai pensato di tornare dai suoi genitori, visto che ormai non era più un Jedi» concluse Maya Larr. «Lui ha risposto che preferiva di no, che pensava sarebbero stati dei perfetti sconosciuti. Mi ha dato molto da pensare».
Qui-Gon forzò una risposta tra labbra quasi insensibili: «Capisco». Tacque un momento, e Obi-Wan si mosse accanto a lui sul divano. «Posso… posso sapere come si chiamava questo ragazzo?»
Nel suo cuore, lo sapeva di già. Non si stupì affatto, quando Maya Larr disse nome e cognome del suo secondo apprendista.
«Lo conoscevate?» gli chiese poi la donna, inarcando un sopracciglio.
Qui-Gon abbassò lo sguardo su Obi-Wan, che stava sbadigliando. «Qualcosa del genere» si sentì rispondere. «Qualcosa del genere».
«D’accordo». A giudicare dal suo tono, Maya Larr doveva aver intuito che non era tutto, ma non insistette. «Vado a controllare Heri» affermò invece – difficile capire se volesse assicurarsi che la ragazza stesse bene o che non scappasse.
«Certo» disse Qui-Gon, rivolgendole un cenno del mento.
I suoi pensieri erano ancora in tumulto. Dunque era questo che era successo al suo secondo apprendista? Era qui che era venuto, dopo aver lasciato Coruscant? Aveva cercato di diventare un artista? E adesso… adesso dov’era?
«Maestro?»
La voce assonnata di Obi-Wan lo riportò al presente.
Qui-Gon abbassò lo sguardo sul bambino. Quest’ultimo cercò di tirarsi su, e l’uomo si affrettò ad aiutarlo a mettersi seduto in una posizione tale da non appoggiarsi alla spalla ferita.
«Ben svegliato» gli disse, sforzandosi di sorridere. «Ti senti meglio?»
«Credo… credo di sì» mormorò il bambino, ma fece una smorfia nel muovere la mano destra, ed usò invece la sinistra per strofinarsi gli occhi.
«Mi fa piacere» disse Qui-Gon, sinceramente.
Obi-Wan mugolò il proprio assenso, poi sgranò gli occhi e lo fissò, lasciando ricadere la propria mano.
«Qualcosa non va?» chiese l’uomo, inarcando un sopracciglio.
«Io…» Il bambino parve chiamare a raccolta il proprio coraggio. «Tu… Prima, tu… Quando mi hai coperto per non farmi bagnare… Mi hai chiamato Padawan».
Qui-Gon sbatté le palpebre, preso alla sprovvista. «Davvero?»
Non lo ricordava… Tornò col pensiero a qualche ora prima, a quando era uscito dalla fabbrica in disuso col bambino ferito tra le braccia. Lo aveva consolato, questo sì, ma l’aveva davvero chiamato Padawan?
«Credo… Credo di sì». Obi-Wan parve vacillare. «È stato un incidente?»
L’uomo non rispose subito. Ancora non ricordava di aver usato quel termine… ma di fronte all’espressione ansiosa di Obi-Wan, decise che non aveva importanza.
«No» disse, con determinazione. «Non è stato un incidente».
Il bambino si limitò a fissarlo con occhi enormi.
«So che te l’ho già chiesto» aggiunse allora Qui-Gon, tendendo automaticamente una mano verso la sua spalla sinistra. «Ma dimmi… vorresti ancora diventare il mio Padawan?»
Gli sembrò quasi una magra offerta, davanti al fatto che questo bambino aveva messo a rischio la propria vita per aiutarlo.
Non dovette nemmeno rimanere sulle spine, però, perché il visetto di Obi-Wan si ruppe immediatamente in un sorriso. «Sì» rispose il bambino, radioso, guardandolo negli occhi. «Sì, Maestro Jinn».
L’uomo sorrise di rimando. Di colpo, si sentì come se tutti i suoi dubbi passati avessero perso peso, alleggeriti dalla gioia dell’Iniziato.
Persino tutte le preoccupazioni e la tensione delle ultime ore parvero dissiparsi.
«Che mi dici?» chiese Qui-Gon, in tono quasi cospiratore. «Cosa ne pensa la Forza?»
«Mmm». Obi-Wan parve rifletterci su. «Immagino potrebbe funzionare».
L’uomo scosse il capo, ma stava ancora sorridendo, e adesso era sinceramente divertito. Sapeva che Obi-Wan sentiva nella Forza esattamente quello che percepiva lui.
Questo era giusto.









Note:
Prima di tutto, ringrazio di nuovo tutti i lettori, perché wow, non mi aspettavo una simile risposta allo scorso capitolo. Grazie mille, davvero!
Ed era mai possibile che Obi-Wan “Finisce Spesso Nell’Ala Dei Guaritori” Kenobi scampasse alla situazione senza nemmeno un graffio? Ovviamente no. Ma forse è stato finalmente ripagato…
Okay, ho blaterato a sufficienza. Questa settimana sarò impegnata con lo studio perché lunedì ho un esame scritto, quindi vi do appuntamento a giovedì 19 maggio :)
Spero che questo capitolo non vi abbia deluso!
  
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