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Autore: Hatsumi    11/04/2009    2 recensioni
Jonathan e Christian sono per tutti la coppia perfetta. Balle. La perfezione non esiste, è solo illusione. Lacrime, dolore, risentimento. Su questo scenario la coppia "perfetta" crolla, non esiste più. E di fronte a ciò entrambi pensano se sia possibile sopravvivere dopo la rottura di un rapporto di interdipendenza durato quindici anni. Come riusciranno ad andare avanti senza il reciproco sostegno? E' difficile chiedere scusa, imputare la colpa ad uno dei due, ma riuscendoci è davvero abbastanza, si può davvero tornare indietro?
***VI INVITO INOLTRE A LEGGERE EVENTUALI "AVVISI" in testa ai capitoli. Grazie e buona lettura. ***
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Jonathan & Christian'
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!!! AVVISO !!!! (Relativo ai primi capitoli)
Ehi, sì dico proprio a te!
Vedo che hai deciso di aprire la mia storia e di questo ti ringrazio. Voglio però farti presente che il testo che stai per leggere è parecchio datato (prima metà 2009) e che ne esiste ora versione migliorata, riveduta e corretta. Lascio a te scegliere se continuare a leggere questa versione (che qui su EFP rimarrà così com'è) oppure scoprire dove puoi leggere la nuova versione (accompagnata da contenuti "speciali").
Se preferisci proseguire qui ti auguro BUONA LETTURA, in caso contrario, scorri fino ad arrivare in fondo a testo. GRAZIE!




3. Memories (Ricordando)

Morgan sbadiglia.

E’ l’ora di arte e come sempre sta ascoltando Kyle alla cattedra che spiega alla classe il suo ultimo lampo di genio. Adora le esposizioni grafiche dell’amico ma quella in particolare gliela sta mostrando da quasi in mese.  E’ una rappresentazione sulla globalizzazione.

Geniale.

Un po’ meno se si è costretti a vederlo ogni santo giorno per un mese intero.

-Abbiamo di fronte di nuovo una A+!

Esclama la professoressa, facendo compare un sorriso sulle labbra di Kyle che ritorna al posto con la sua tavola da disegno.

-Eccellente come sempre eh?!
Chiede Morgan.

-Certo! Avevi ragione a dirmi che è geniale Morgan.
Morgan sorride.

-Beh adesso mi devi un premio però!

Morgan appoggia entrambe le braccia sul banco e vi poggia sopra il capo, leggermente inclinato verso destra, per osservare meglio Kyle. L’ha visto strano nelle ultime tre settimane. Non ha parlato molto di sé, ha lasciato sempre che fosse lei a parlare e raccontare. Non che la cosa le dispiaccia, certo, però è strano e raro che Kyle si limiti ad ascoltare.

Ha i capelli arruffati quel giorno Kyle.  Probabilmente non li ha nemmeno pettinati. Si è limitato a passare una mano veloce tra quel suo disordinato cespuglio castano e ha deciso che poteva bastare.
Dopo Kyle è il turno di altri due ragazzi. Morgan osserva  l’amico mordersi il labbro inferiore durante l'esposizione di Anthony Edwards, che presenta un lavoro sullo stesso tema di Kyle, altrettanto brillante. Tra i due c’è sempre stata una certa rivalità scolastica. Morgan inoltre é  segretamente convinta si piacciano.

Non ha mai capito nulla delle preferenze sessuali di Kyle. Fisicamente è un ragazzo molto delicato, viso sottile e stretto, quasi scavato, labbra molto carnose e di un piacevole colore rosato, occhi sottili, lunghi e poco infossati e mani da pianista, con dita lunghe e affusolate.  

Per quello che sa non è mai stato con nessuno, ragazza o ragazzo che sia. Si conoscono dalle scuole elementari e non ha mai dimostrato particolari preferenze.

-Kyle, cosa ne pensi del lavoro di Tony?

Chiede, cercando di suscitare una qualche reazione in Kyle che continua a fissare il ragazzo torturandosi il labbro, ancora poco ed inizierà a sanguinare.

-Penso che sia dannatamente buono …

Ammette a denti serrati.  Morgan sorride. Dice sempre così dei lavori di Anthony.

All’intervallo Kyle e Morgan, come di abitudine, si siedono su una panchina nel cortile della scuola, collocata ai piedi di un albero, per parlare.

-Non posso credere che abbia dato anche a lui il mio stesso voto!

Dice Kyle, notando Anthony nel cortile, mentre gioca a football con un paio di amici.
Morgan sorride.

-Andiamo, hai detto tu che era un buon lavoro, no?

Kyle sbuffa seccato, senza distogliere lo sguardo dal ragazzo.

-Ha solo tanta fortuna …

Qualche secondo dopo, la stessa palla con cui un attimo primo stava giocando Anthony, arriva in direzione di Morgan e Kyle,  colpendo quasi in faccia il ragazzo, che tempestivamente la afferra.
Anthony inizia a correre in direzione dei due.

-Tutto bene?

Chiede,  ansimando per la corsa.

Kyle annuisce col capo e gli porge la palla. Mentre Morgan lo attacca.

-Fai un po’ di attenzione a dove lanci le cose Tony!

-Ho detto che mi dispiace, non l’ho fatto apposta. Scusatemi.

Spiega Tony, con gentilezza. Kyle non dice nulla.

-Non ti ho fatto niente, vero?

Kyle fa cenno di no. Nonostante la palla sia arrivata in direzione del suo viso, la più inviperita è Morgan, che si alza in piedi, cercando il confronto con Anthony.

-Voi  della squadra di football vi credete i padroni del giardino soltanto perché pensate che tutti vi amino!

Morgan  detesta profondamente la squadra di football da quando uno dei ragazzi della squadra di cui si era invaghita si è preso gioco di lei pesantemente, facendole credere di esserne innamorato, quando invece i suoi interessi erano ben differenti.

Kyle sorride guardando la piccola ed esile Morgan confrontarsi con Anthony, di almeno una ventina di centimetri più alto di lei e quasi tre volte più grosso.  

-Mi dispiace Morgan, ma ho chiesto scusa, cos’altro devo fare?!

Chiede lui, un po’ seccato dal comportamento della ragazza.

-Basta dai Morgan, non si è fatto male nessuno. Lascia stare …

Esclama Kyle, interrompendo la discussione tra i due.

-Grazie.

Dice Anthony, tornando a giocare con i suoi amici. Morgan torna a sedere vicino a Kyle, accavalla le gambe e tiene le braccia conserte. Sul  suo viso una strana espressione, dovrebbe essere irritata ma Kyle la trova semplicemente buffa.

-Morgan …

La ragazza si gira verso l’amico con tono seccato.

-Che c’è?!

Improvvisamente Kyle si avvicina e le schiocca sulla guancia un bacetto, rapido ed innocente che la fa arrossire di colpo, togliendole quell’espressione finto-seccata e dandole un’aria ancora più buffa. Kyle scoppia a ridere ma questa volta lei non ha il coraggio di ribattere.

***

-E quindi non si è nemmeno presentato per prendere le sue cose?

Domanda Ronald, collega di Christian.

-No.

Risponde lui, intento a sistemare gli appunti per la lezione che ha preparato su due piedi pochi minuti prima. Ronald si siede sulla cattedra, vicino agli appunti di Christian e inizia ad osservarlo incuriosito. Lo trova molto distratto ultimamente, è già la terza volta in due settimane che si dimentica di preparare una lezione e che gli tocca rimediare in pochi minuti tra un cambio d’ora e l’altro. Si chiede cosa stia passando per la testa del collega in quel periodo.
Raccoglie un foglio a caso tra appunti di Christian ed inizia a leggerlo o meglio, tenta di decifrarlo. Christian ha una scrittura del tutto illeggibile, disordinata, confusa, un po’ come sul suo carattere.

-Winckelmann e la teoria dell’imitazione … com’è che le tue classi stanno sveglie e le mie no? Io insegno arti cinematografiche, mentre tu la noiosissima storia dell’arte .

Christian non gli da ascolto, è troppo impegnato a leggere e sottolineare. Gli restano solo pochi minuti e deve riuscire a rendere quei suoi appunti confusi e vaghi un discorso concreto che possa avere anche un minimo senso. Sa già di non farcela e si prepara mentalmente ad improvvisare, pregando che non gli venga fatta una domanda che lo porti fuori tema.

-Tuo figlio sta con te?

Christian alza la testa.

-Chi?

Ronald porta gli occhi al cielo.

-Kyle! Sto parlando di Kyle! Quanti figli hai scusami?

Christian torna con la testa sui suoi fogli e ricomincia a scrivere. La sua mano corre veloce sul blocco ma non è sicuro di star scrivendo quello che veramente vorrebbe, ha quasi paura a rileggere quel testo. Si ripromette di preparare la prossima lezione la sera stessa, prima di andare a letto, ond’evitare la fatica di quel momento.

-Kyle sta con me.

Risponde, dopo qualche secondo.

-Non ha nemmeno cercato di contattare lui? Bel padre.

Christian sospira. Ha quasi finito.

-Senti Ron, non lo so. Non so niente e non voglio sapere niente. Se non ti scoccia preferirei non parlare di Jonathan anche in accademia, va bene?

Ronald scende dalla cattedra e si avvicina alla porta.

-Va bene, va bene. Vorrà dire che me lo racconterai stasera al Candice.

Christian spalanca gli occhi.

-Al Candice? Cielo sono dieci anni che non metto più piede in quel posto!

Esclama mettendosi le mani tra i capelli.

-Hai bisogno di qualcosa che ti tenga occupato …

Dice Ronald, facendo l’occhiolino.

-Oh no Ron. L’ultima cosa che mi serve adesso è il sesso con uno sconosciuto in un bar. Preferisco starmene a casa a guardare la televisione o leggermi un libro.

Ronald fa una smorfia.

-Oh no, ti sbagli. Stasera ti passo a prendere alle dieci. Fine della discussione.

***

- Posso comunque confermale che si tratta di una patologia alquanto comune e facilmente risolvibile. Tuttavia la mia analisi è soltanto qualcosa di superficiale, quello che intendiamo scoprire sono i motivi di questa patologia, che dobbiamo curare.

L’uomo di fronte a Jonathan non replica.

-Bene. Detto questo, ci vediamo giovedì prossimo?

Chiede, prendendo in mano l’agenda. Un’agenda nera, nuova di zecca, acquistata la settimana precedente.  Segna nella settimana successiva alle ore tredici il nome “Arthur Collow” poi si alza, stringe la mano al suo paziente e lo osserva uscire dalla porta dello studio.

Non appena quest’ultima si chiude, Jonathan si abbandona sulla poltrona di pelle nera su cui è seduto, lasciando cadere le braccia sui braccioli foderati e scivolando lentamente lungo lo schienale.
E’ venerdì e quella per lui è stata una settimana parecchio intensa,  diversi incontri, numerose visite e un sacco di soldi spesi per scarpe e completi da lavoro. Continua a rimandare il giorno in cui dovrà andare a prendere le sue cose. Christian gli ha dato del vigliacco, del codardo e il suo atteggiamento attuale inquadra perfettamente quei due aggettivi. Preferisce spendere ogni giorno più delle metà dei suoi guadagni pur di dover affrontare nuovamente il suo sguardo.

Pensando a lui non riesce a togliersi di mente quel bel viso, che lo strega da sempre,  rigato dalle lacrime e ogni volta che apre il primo cassetto a sinistra della sua scrivania in ufficio, non può fare a meno di avvertire un tuffo al cuore, nel vedere la foto ancora incorniciata di lui e Christian abbracciati. E' rimasta per otto anni nello stesso angolo di quella scrivania, un poco inclinata in modo che potessero vederla sempre oltre a lui anche tutti quelli che entrassero per un motivo e per l’altro nel suo ufficio. Da quasi un mese sta in quel cassetto. Ve l’ha gettata lo stesso Jonathan in un momento di disperazione.

Sospira.

Con i polpacci fa forza sulla sedia rotata muovendola delicatamente a destra e a sinistra mentre osserva davanti a sé le due librerie piene di libri di psichiatria.

“Psichiatria infantile”.

 Un’epigrafe vistosa e dorata appare su un listello bordeaux, è l’unica scritta che riesce a distinguere chiaramente anche senza portare gli occhiali. Collega il libro a Kyle e tempestivo tasta nel taschino della giacca per vedere se il ragazzo ha risposto almeno ad uno dei suoi messaggi. Afferra impaziente il cellulare ma nota, con non poco sconforto, che lo schermo è vuoto.

Appoggia il telefono sulla scrivania e sospira di nuovo.

Gli fa male, veramente male. Nemmeno suo figlio vuole più sapere nulla di lui. Si sente incredibilmente solo, come mai si era sentito. Si ritiene disgustoso, deplorevole. Le uniche persone che abbia mai amato in vita sua gli hanno voltato le spalle e la colpa non può che attribuirla a se stesso.

Si massaggia le tempie con l’anulare e sente scivolare in avanti la fede. Non ha ancora avuto il coraggio di togliersela. E’ il filo che ancora lo tiene legato a Christian, la corda che regge il ponte sul quale si trova e che se venisse tagliata lo farebbe sprofondare nel baratro nero della depressione. Deglutisce, cercando di ingoiare anche quel pensiero che gli  si blocca in gola e che pare non voler scendere.

***
-Promettimi che non andrai a letto troppo tardi Kyle

Ripete Christian per la seconda volta al figlio.

-Si Chris, tranquillo.

Christian è tutto fuorché tranquillo. Non ha alcuna intenzione di uscire, vorrebbe solo potersi infilare pigiama e pantofole e gettarsi sul divano a guardare qualche patetico reality show in attesa di prendere sonno. Cosa più importante, non si sente pronto per tornare in un posto del genere, un posto che gli ricordi così tanto Jonathan.

-Ti chiamo alle 11 e tu per favore vai a letto. Non fare il furbo Kyle perché se quando torno scopro che non stai dormendo io – Kyle continua la frase –“ … non ti permetterò più di stare alzato tardi nemmeno nei weekend.” Ho capito Chris, adesso vai!



Il Candice.

Non ci mette piede da almeno dieci anni eppure guardandolo all'esterno non è cambiato di una virgola. Solito buco, infilato in un palazzo di triste cemento in periferia, con una fiumana di gente di ogni tipo e razza ad attendere di entrare.

Si sente un po’ fuori target Christian, osservando i ragazzi in coda davanti a lui. Ne riesce a scorgere uno che ad occhio e croce potrebbe avere al massimo un anno in più di Kyle, inizia a sentirsi terribilmente vecchio e fuori luogo. Anche l’abbigliamento ha il suo perché in quei posti; pantaloni attillati, magliette trasparenti, di rete o addirittura torsi nudi. Il tutto per mettersi in mostra, per identificarsi come pezzi di carne da vendere a tanto al chilo.

Solo dopo un’ora e mezza di fila, Christian e Ronald riescono ad entrare. Si fanno spazio tra la gente per raggiungere il bar e cercare di accaparrarsi i primi due sgabelli disponibili.
Anche l’interno del locale non è cambiato in dieci anni. Musica assurda, assordante,  odore di sudore, gente bagnaticcia ed eccitata che ti prende a spallate. Per non parlare delle luci. Christian cerca di seguire la nuca corvina di Ronald, cercando di distinguerla tra le altre ed evitando di farsi ingannare dalle luci ad effetto slow-motion.

Arrivato finalmente al bancone si chiede per quale motivo abbia accettato di tornare in un posto del genere.  Ronald è seduto accanto a lui e gli sta parlando ma non riesce a sentire esattamente le sue parole, il volume della musica è decisamente troppo alto. Sullo sgabello alla sua sinistra si siede un ragazzetto, all’incirca ventenne, di bell’aspetto, che sorseggia un bicchiere contenente un liquido azzurrognolo.

Per un attimo rivede il  flashback di se stesso seduto a quello sgabello, dieci anni prima, quando la sua testa era ancora vuota, quando le preoccupazioni erano la metà, quando la sua relazione con Jonathan era appena iniziata e camminava per la strada, si muoveva tra la gente, sempre con il sorriso da ebete sulle labbra, conscio del fatto di aver trovato finalmente la sua anima gemella.  

Ed eccolo anche sul viso del ragazzo quel sorrisino ebete che non vedeva da anni, che invidia profondamente. Cerca di imitarlo ma non ne è capace. E’ sicuro che se si osservasse allo specchio in quel momento i suoi occhi lo tradirebbero, quel sorriso forzato.

-Prendiamo da bere?

Chiede Ronald, avvicinandosi all’orecchio di Christian, quasi urlando.  

Christian fa un respiro lungo e profondo poi accetta ed ordina un cocktail. E' passato ormai il tempo delle ubriacate nei locali, non è nemmeno sicuro di riuscire a reggere un bicchiere di Coca & Havana mezzo vuoto, pieno di cubetti ghiaccio.

-Mohito con ghiaccio.

Dice infine al barista. Non ricordandosi nemmeno del  sapore dell’alcolico.

-Allora Chris, com’è tornare alla vita?

Chiede Ronald, sorseggiando il suo drink. Christian ci mette qualche minuto a rispondere, non è certo aver compreso tutte le parole.

-Se tu questa la chiami vita.
-Perché tu come la chiami?

Christian si guarda in giro. Tutta quella frenesia, quella strana adrenalina, quella voglia di divertirsi e nient’alto. Sono sensazioni che è certo non proverà mai più.

-Io la chiamo “passato”.

Ronald sorride divertito.

-Andiamo, dimmi che non ti piacerebbe infilarti nel letto di quel tizio là davanti! Lo vedi, quello appoggiato alla ringhiera?

Christian si gira e cerca di scrutare il soggetto indicatogli da Ronald. Dopo un paio di tentavi lo inquadra. I colori psichedelici delle luci non gli permettono di vederlo chiaramente ma riconosce dalla figura che si tratta di un uomo ben piazzato, probabilmente muscoloso, di quelli che nella testa non hanno che la palestra. I capelli devono essere sono scuri, come il colorito della pelle, ma quello è senza dubbio frutto di sedute al solarium.

-Carino. Il classico pallone gonfiato, ma carino.

Commenta con indifferenza, suscitando una reazione negativa in Ronald.

-Oh andiamo! Come sei noioso! Scommetto che uno così con uno come ti ci sta sicuramente.
-Ron, basta. Non sono qui per questo. Oltretutto quello andar bene ha vent’anni! Quando ti ricordo che ho un figlio di sedici. Se ti piace così tanto fattelo tu. Io sto benissimo qui.

Ronald prende il suo bicchiere, si alza dallo sgabello e dà un buffetto sulla spalla a Christian.

-Chris, ti sei perso una grande occasione. Ci vediamo tra … un’oretta. Divertiti!

Christian osserva l’amico sparire nella folla. Non gli sembra nemmeno di essere realmente in quel posto. Si vede ancora sul suo divano, seduto a guardare un qualche spettacolo televisivo. Qualcosa tipo “Queer As Folk”, con discoteche, bei ragazzi drogati fino al midollo e una generale voglia di portarsi a letto chiunque sia disposto.

E’ tutto così confuso eppure tutti quanti sembrano così ben amalgamati tra di loro, tutti a loro agio, mentre lui se ne sta in disparte sul suo sgabello a sorseggiare poco per volta quel mezzo bicchiere di alcool che ha paura a gettare tutto d’un fiato.  E’ quasi spaventato da quella sensazione di bruciore e di piacere che provoca l’alcool  quando passa di colpo dalle labbra alla gola.  
Alla fine poggia il bicchiere, non del tutto vuoto, sul bancone e si alza. Si fa strada tra la folla e cerca insistentemente l’uscita. Ronald è indubbiamente impegnato e non c’è modo che si accorga della sua assenza. 
E’ da poco passata la mezzanotte, si è persino dimenticato di telefonare a Kyle, è certo che il ragazzo non sta dormendo, è sicuro di trovarlo ancora alzato, incollato al televisore a guardare qualche squallido film d’orrore.

Esce dalla discoteca e prende una boccata d’aria. Fa freddo, è scesa l’umidità e sta iniziando a piovigginare. Si sporge verso il marciapiede e attende l’arrivo di un taxi per tornare a casa.












Continuazione dell'AVVISO in testata:
La novità per HARD TO SAY I'M SORRY per il 2014 è il SITO: APRIMI!



Troverete oltre ai capitoli già presenti su EFP (riveduti e corretti in modo da renderli più coerenti in linea col mio sitle di scrittura attuale), le schede dei personaggi, alcuni approfondimenti, curiosità e partire dal mese di Aprire un PREQUEL di questa storia (che pubblicherò successivamente anche qui).

Che Aspettate? APRITE SUBITO IL LINK!!!!



---> Ta-dah! Ecco il terzo capitolo. Niente da dire sulla storia questa volta. Sto per partire e beh... ho voluto postare comunque in tempo ^.^ Colgo l'occasione per fare gli auguri di Buona Pasqua a chi leggerà questa storia.
E natualmente ringrazio Ytrew_Jezzy per il commento ^^ Se noti errori clamorosi nel testo fammeli pure notare, così posso migliorarmi e non ripeterli :)  

Alla prossima -m-(^o^)-m- <---
  
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