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Autore: Mary P_Stark    28/05/2016    2 recensioni
1803. Yorkshire. La guerra infuria, in Europa, e Napoleone Bonaparte non nasconde le sue mire nei confronti della ricca Inghilterra. Christofer Harford, figlio cadetto del Conte Spencer, viene costretto dal padre a maritarsi prima della partenza per la guerra. Le imposizioni non sono mai piaciute al rampollo di casa Spencer, che mal sopporta l'ordine, e finisce con il rendere vittima la dolce e docile Kathleen, sua moglie contro ogni aspettativa. Le privazioni della guerra e la morte prematura del conte Harford richiamano in patria un Christofer distrutto dal dolore, che si ritrova ad affrontare non solo la morte del conte, ma anche una donna che non riconosce essere sua moglie.
Perché la nuova Kathleen è forte, non si piega alle avversità e, soprattutto, sa tenere testa al marito come mai aveva fatto prima della sua partenza. Ma cosa l'ha cambiata tanto?
Christofer è deciso a scoprirlo, così come è deciso a redimersi dalle sue colpe come marito. Ma nubi oscure si addensano all'orizzonte, minando la possibilità dei due coniugi di conoscersi, di instaurare un vero rapporto.
Saprà, Christofer, difendere la moglie da questo pericolo ormai alle porte e, nel suo cuore, potrà trovare spazio anche per l'amore?
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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20.
 
 
 
 
 
Ben sapendo che, a quell’ora, l’avrebbe trovata nella sua stanza, al fianco di quella della moglie, Christofer andò praticamente a colpo sicuro.

Non era ancora del tutto certo di quello che avrebbe detto a Bridget, ma non voleva procrastinare quel discorso alla mattina seguente.

Tra i suoi incontri al Ministero della Guerra e i preparativi per la festa da lady Jersey, l’indomani non avrebbe avuto tempo alcuno.

No, doveva parlare con Bridget in quel momento, anche se non era propriamente consono all’etichetta.

O al semplice buon gusto. Ognuno doveva scegliere per conto proprio, se voleva ricevere le attenzioni di qualcuno.

Per lo meno, chi di loro poteva permetterselo.

Dopo essersi schiarito la voce, perciò, bussò alla porta della sua camera e, a mezza voce, asserì: “Bridget, sono Christofer. Potresti aprirmi?”

Il conte udì immediatamente il suo sospiro soffocato, un po’ di trambusto e, infine, la porta si aprì, offrendogli la vista della sua giovane domestica.

Subito, i ricordi gli tornarono a diversi anni prima quando, solo sguattera in cucina, era stata solita recuperarlo in giardino, tra le lunghe ombre della notte.

Era stata testimone della sua ira, del suo lento disgregarsi, del suo mutare da scapigliato e divertente ragazzino a giovane nobile freddo e distante.

Ma mai con lei. Mai con la piccola Bridget, con cui aveva giocato da bambino, e che lei aveva rappezzato nella segretezza della stalla, lontano dagli occhi della famiglia.

Ora, gli apparve frastornata e sorpresa, i capelli ricoperti da una candida cuffietta e le gote vagamente arrossate dall’imbarazzo.

“Puoi uscire un istante? O posso entrare io?” le domandò, sorridendo appena.

“Oh, beh, beh… ecco… entrate. Entrate pure” balbettò la ragazza, allargando lo specchio della porta per permettergli di entrare.

Nella stanzetta brillava una singola candela, e la finestrella che dava sulla strada – le cui imposte erano aperte – lasciava entrare sufficiente luce per non inciampare.

Christofer notò i suoi effetti personali sul piccolo tavolino da toeletta, i nastri per i capelli arrotolati accanto alla spazzola, e sorrise.

“L’alloggio va bene? Fino a ora, queste stanze erano state usate solo dalla dama personale di mia madre, per cui non so se…” iniziò col dire Christofer, subito interrotto da Bridget, che sorrise appena.

“Sono perfette, Vostra Grazia. Ma non penso mi abbiate cercata per questo, vero?”

Lui rise un poco, scuotendo il capo e, nel passarsi una mano sulla nuca con fare dubbioso, mormorò: “Sto cercando di capire come dirti una cosa, senza per questo apparire impiccione o maleducato.”

Bridget sgranò un momento gli occhi, a quelle parole, chiedendosi perché il suo padrone si prendesse simili scrupoli.

L’attimo seguente, però, comprese. Christofer Spencer non era come il padre, non lo era mai stato sebbene, per un certo periodo, avesse temuto per lui e il suo futuro.

La sua nobiltà d’animo era stata quasi soffocata da una famiglia che non lo aveva mai meritato – con le eccezioni evidenti di lord Wendell e la contessa madre.

L’arrivo di lady Kathleen lo aveva riportato indietro, mostrandole nuovamente il giovane con cui era cresciuta, pur se in due mondi assai differenti, anche se così vicini.

“Perché non mi dite cosa vi turba tanto, milord?” gli propose lei, sistemandosi meglio l’orlo della vestaglia.

“Vorrei solo essere sicuro che tu abbia compreso bene cosa voleva fare mia moglie, parlandoti di William” ammise a quel punto il conte, vedendola sobbalzare leggermente.

“Oh” mormorò soltanto la giovane, avvampando.

“Non desiderava affatto che tu ti allontanassi da William, tutt’altro” sottolineò Christofer, arrischiandosi a poggiare una mano sulla spalla della ragazza.

Era insolito, per non dire rarissimo, che vi fosse una simile familiarità con i propri domestici, ma Christofer ne aveva avuto a sufficienza anni addietro, di quella distanza.

Il conte era affezionato alle persone che lavoravano per lui e, se il padre era stato l’uomo che tutti avevano conosciuto, non per questo desiderava seguirne le orme.

“Siete molto gentile a preoccuparvi per me, Vostra Grazia, ma io…”

Interrompendola, Christofer strinse la mano sulla spalla della ragazza e disse con maggiore veemenza: “Non mi sono dimenticato quando mi sistemavi i lividi che mio padre mi lasciava, o i segni del frustino che Kenneth si divertiva a scaricarmi addosso quando ero un bambino troppo curioso, e lui solo un borioso idiota.”

Bridget ristette zitta dinanzi al conte, e scorse nei suoi occhi quell’antico dolore, quella rabbia cresciuta negli anni e che lui aveva trasformato in uno scudo.

Sì, rammentava anche lei i suoi lividi, lasciati sul suo volto dai ceffoni del padre.

Per questo, il giovane cadetto degli Spencer era sceso così spesso al vicino villaggio per ubriacarsi.

Per questo, era spesso fuggito dalla villa, trovando conforto nel calore umano di nobildonne che, per motivi diversi o forse simili, si erano perse al pari suo.

Per questo, Christofer Spencer, conte Harford ora si stava preoccupando per lei.

Perché era passato attraverso l’inferno, ne aveva subito la sferza bruciante, e sapeva cosa volesse dire soffrire.

E non desiderava che altri soffrissero.

“William Knight e io non saremo mai una coppia compatibile, per quanto l’idea sarebbe splendida di per sé” ammise la giovane, arrossendo suo malgrado.

“E perché mai pensi questo?”

“Gli sono troppo inferiore, milord. Lui merita una donna acculturata, bellissima e di natali ben più nobili del mio” ammise con onestà Bridget, sospirando leggermente.

Christofer la fissò incredulo, esalando: “E tu pensi di non corrispondere a questo quadro? Sei la figlia di un vicario, perciò sei di onorevole discendenza, sai leggere e scrivere, cosa che so con certezza, e sei una ragazza molto bella. Ergo, qual è il vero problema?”

Bridget rimase in religioso silenzio e il conte, accigliandosi leggermente, borbottò: “Devo arrivarci da solo, Bridget? Non sono famoso per essere un esperto di dilemmi da risolvere.”

Lei sorrise appena, a quel commento, e Christofer aggiunse: “Giuro che, se fossi realmente tuo fratello, ti sculaccerei. Perché devo…”

E lì si bloccò, sgranando gli occhi. Possibile che…

“Stai pensando a cosa vorrebbe dire, se tu e lui vi sposaste? De facto, saresti imparentata con mia moglie… e con me. E’ questo a turbarti?”

“William potrebbe essere riconosciuto dal padre. Non sarebbe il primo figlio illegittimo a essere dichiarato erede di una fetta del patrimonio del genitore. E cosa avrebbe da portare con sé, se mai avvenisse ciò? Una moglie indegna di lui… e di voi tutti” mormorò sconsolata Bridget, scuotendo il capo.

Christofer sbuffò irritato, replicando scontroso: “Tu vali mille volte lord Barnes, poco ma sicuro, perciò ti ordino di accettare la corte di William. E niente storie.”

La giovane lo fissò basita, e mormorò: “Mi… ordinate?”

“Visto che fai la testarda, dovrò impormi finché non capirai da sola che William è non solo adatto a te, ma che tu sei adatta a lui” dichiarò lapidario il conte, ghignando soddisfatto.

Bridget sbatté le palpebre, seriamente confusa e Christofer, addolcendo il tono di voce, aggiunse: “E’ quello che un buon fratello farebbe. Inoltre, te lo devo. Mi hai rattoppato davvero troppe volte, perché io non faccia questa piccola cosa per te.”

“Sapete di essere un prevaricatore e un despota?”

“Ne sono consapevole, sì” assentì il conte, notando lo sguardo caldo di Bridget. Non era infuriata con lui, dopotutto, pur se si era impicciato alla grande di una cosa che non lo riguardava.

“E che state condannando William a fare la corte a una donna di bassa estrazione sociale?”

Sbuffando, Christofer replicò: “Se William è un condannato, penso che si farebbero condannare in tanti, Bridget.”

Lei rise appena, a quel commento, e assentì più tranquilla.

“E sia, allora. Visto che siete il mio padrone, non posso certo rifiutare un vostro ordine.”

“Bene, vedo che ci siamo capiti” dichiarò soddisfatto l’uomo, tutto sorridente.

“Ma riterrò voi responsabile, se William sarà infelice.”

“Dubito succederà, ma accetto le tue parole. Sarai padrona di darmi tutte le colpe, se malauguratamente mi fossi sbagliato nel consigliarti” assentì il conte, avviandosi poi verso la porta.

Nell’uscire, si volse a mezzo e aggiunse dolcemente: “Non pensare mai, Bridget, che il letto in cui si nasce crei la grandezza di una persona.”

“Voi siete una grande persona, indipendentemente dal letto in cui siete nato” mormorò Bridget, sentitamente.

Christofer non disse altro, uscendo dalla stanza con il cuor leggero e un sorriso sulle labbra.

Forse, dopotutto, aveva pagato almeno in parte il suo debito con Bridget.
 
***

La villa di lord e lady Jersey era sontuosa, illuminata a giorno grazie alle mille e mille candele accese ogni dove.

Decine di carrozze stavano facendo la spola innanzi alla scalinata d’ingresso, per poter far accedere in pompa magna gli invitati al banchetto.

Lo splendore dell’abitato, poi, faceva concorrenza a uno dei giardini urbani più belli di Londra, di cui lady Jersey non mancava di vantarsi.

Data la bella stagione, ampi padiglioni erano stati aperti sugli ampi prati, perché parte del buffet venisse servito all’esterno.

Spumeggianti fontane erano attorniate da timidi pavoni che, intimoriti dalle troppe persone presenti, tendevano a scappare – e aprire le loro code a ventaglio – quasi a ogni respiro.

Alcuni invitati, divertiti da questo loro comportamento, non mancavano di disturbarli, creando così situazioni ai limiti del ridicolo.

Tra uccelli starnazzanti e dame scioccate da improvvisi attacchi di volatili, il giardino era divenuto, invero, quasi un parco dei divertimenti.

Non che lady Jersey non se lo aspettasse. Forse, anzi, lo aveva desiderato.

Sventolando il ventaglio dinanzi al viso, Sarah Villiers si volse non appena una delle sue amiche le sussurrò all’orecchio.

Infine, i conti Spencer erano giunti e, come aveva richiesto ai suoi valletti, vennero subito accompagnati al suo cospetto.

Approvando la scelta con silenzioso apprezzamento, lady Jersey ammirò il leggero abito color pesca della contessa, che faceva risaltare il candore della sua pelle, senza risultare sfacciata.

Da una donna sposata – e in stato interessante – non poteva pretendere di più.

Christofer, con un posato ed elegante abito blu notte, dalla giacca in raso e i pantaloni al ginocchio su calze in setoso color panna, si inchinò, mormorando: “Siamo davvero lieti di essere potuti venire, lady Jersey. Come sempre, noto che le vostre feste sanno essere le più sontuose. Almack’s dovrebbe enumerarvi tra le sue patronesse, se avessero un minimo di buon senso.”

Sarah sorrise dietro il ventaglio e, nell’allungare una mano verso l’uomo per il consueto baciamano, replicò: “E il vostro colloquiare non è affatto cambiato, lord Spencer. Sempre a dispensare complimenti, così come dispensate bellezza a ogni respiro.”

“Troppo generosa” mormorò Christofer, sfiorandole la mano inguantata.

“E voi, mia cara… siete uno splendore autentico” soggiunse infine Sarah, richiudendo il ventaglio per batterselo leggermente su una mano. “Dio mi è testimone, non ho mai visto donna più bella, nelle vostre gentili condizioni.”

“Come ha sottolineato mio marito, siete troppo generosa” asserì Kathleen, esibendosi in una graziosa riverenza.

“Il banchetto inizierà alle undici,… spero che questo non comporti dei problemi.”

“Affatto. Fortunatamente, sto sempre molto bene” replicò la contessa Spencer, sorridendo affabile.

“Ottimo, ottimo. Allora, miei cari, divertitevi. Vi consiglierei di stare attenti ai pavoni nel giardino. Tendono a infilarsi sotto le gonne delle signore” sorrise divertita lady Jersey, allontanandosi dopo un ultimo cenno del capo.

Christofer e Kathleen la guardarono allontanarsi per accogliere altri ospiti e, nell’allungare il braccio alla moglie, il conte mormorò: “Giuro che quella donna diventa più dispettosa ogni anno che passa.”

“Ama divertirsi, immagino” celiò Kathleen, avviandosi col marito verso le porte finestre che davano sul giardino.

La serata era fin troppo piacevole, per passarla al chiuso.

“Lady Jersey adora creare situazioni potenzialmente foriere di disastri, ma il tutto è orchestrato ad arte. Nulla è lasciato al caso. Anche i cosiddetti guai che ha menzionato poco fa, sono del tutto voluti. Niente succede senza la sua supervisione” le spiegò Christofer, avvicinandosi a uno dei padiglioni per prendere due fresche bevande al limone.

Offertane una alla moglie, proseguì dicendo: “Non scherzavo, prima, quando parlavo di Almack’s. Lady Jersey ha un occhio molto attento, e quasi nulla passa sotto il suo naso senza che lei se ne accorga.”

Sorseggiando la bevanda deliziosa, Kathleen mormorò subito dopo: “Allora, potrebbe dirmi chi sono state le tue amanti?”

Christofer quasi si strozzò con la limonata e, fissando sgomento la moglie, esalò: “Come diavolo ti salta in mente un’idea del genere?”

“Pensavi me ne fossi dimenticata?” ironizzò lei, battendogli affettuosamente una mano sul braccio.

Fu gratificante vederlo impallidire leggermente.

“Non scherzare, Kathleen. Non sono certo argomenti da trattare in questa sede e, soprattutto, non in presenza di così tante persone. Credo proprio che…”

Una voce familiare interruppe la difesa spassionata di Christofer che, sentendosi chiamare, volse lo sguardo in direzione di quel suono trillante.

“Non posso crederci! Lord Spencer! Allora è vero che siete tornato vivo dalla guerra!” esclamò una giovane donna bruna, un candido sorriso a illuminarle il bel viso.

“Miss Gordon-Lewis… buonasera. Ebbene sì, non vi hanno ingannato” asserì Christofer, esibendosi in un inchino formale.

“Ne sono compiaciuta, davvero compiaciuta” dichiarò la ragazza, volgendo poi gli occhi blu verso Kathleen. “E voi dovete essere la consorte del nostro Christofer! Non avete neppure idea a quante giovani donne avete spezzato il cuore, mia cara! Io sono Miss Annelyse Gordon-Lewis. Molto piacere di fare la vostra conoscenza.”

Rispondendo alla sua frizzante riverenza con una molto più modesta, Kathleen lanciò un’occhiata curiosa al marito prima di dire: “Kathleen Campbell Spencer, molto piacere. Mi stavo giusto chiedendo se, tra le giovani in età da marito presenti stasera, non vi fosse qualcuna che avesse aspirato alla sua mano.”

“Mia cara…” tentennò Christofer, cercando di chetarne le curiosità.

Annelyse, però, colse la palla al balzo e, prendendo sottobraccio Kathleen, asserì con fare da cospiratore: “Io ebbi la fortuna di conoscere vostro marito alla mia prima Stagione, un anno prima del vostro matrimonio… e posso dire che almeno una decina di nobili fanciulle ebbero il cuore spezzato, quando lui non scelse nessuna tra loro.”

“Anche il vostro fu spezzato?” domandò Kathleen, stando al gioco.

Annelyse rise divertita, batté una mano sul braccio della contessa e replicò saggiamente: “Oh, no, mia cara, mai lasciare a un uomo il proprio cuore. Lo userebbe a proprio piacimento, per poi gettarlo all’occasione più propizia. Spero che voi non abbiate commesso questo errore!”

“Il mio cuore è al sicuro, non temete” asserì Kathleen.

“Lasciate che vi presenti un po’ di persone, allora…” dichiarò Annelyse, prima di volgere lo sguardo in direzione di Christofer per aggiungere: “Sempre che voi siate d’accordo, naturalmente.”

“Ma certo, Miss Gordon-Lewis.”

“Così a modo!” rise maliziosa Annelyse, sussurrando poi a Kathleen: “Non era affatto così, qualche anno addietro.”

Christofer osservò impotente le due donne allontanarsi e, con un sospiro, finì di bere la limonata per poi dedicarsi a qualcosa di più forte.

“Hai avuto coraggio da vendere, a lasciare che Miss Gordon-Lewis le facesse da accompagnatrice in mezzo a quel covo di vipere” asserì una voce alle sue spalle, facendo voltare Christofer.

“Anthony… quando l’ho vista, mi si è gelato il sangue” dichiarò il conte, sospirando nuovamente. “Pensavo che avrebbe fatto una scenata, o qualcosa del genere. Come mai il barone non l’ha ancora fatta maritare? Ha vent’anni, che io ricordi. O di più?”

“Ricordi bene, mio caro amico, e a Londra è praticamente uno scandalo vivente, abbigliato con le migliori sete cinesi. Ma, da quel che si vocifera, pare che il barone stia aspettando la preda giusta, se capisci cosa intendo” mormorò Chapman, facendosi servire del whisky scozzese d’annata.

Christofer storse la bocca, replicando: “Se non mi fossi rifiutato strenuamente di farle la corte, sarei stato io, la preda giusta.”

“Ah, sì?” esalò sorpreso Anthony.

“Mio padre andò su tutte le furie, visto quanto era interessato agli agganci politici del barone all’interno del Ministero della Guerra. Lo reputò un buon matrimonio, ma io feci di tutto per evitare Miss Gordon-Lewis… anche se lei non fece altrettanto” gli spiegò Christofer, seguendo con attenzione le figure delle due donne, impegnate in un’allegra chiacchierata con alcune dame.

“Non dirmi che provò a sedurre anche te?” sbottò Anthony, sistemandosi nervosamente il colletto della camicia.

Harford sorrise e chiosò: “Chi non ha sedotto, scusa?”

“Credo nessuno, dai quattordici anni in su” chiosò l’amico, bevendoci sopra.

“Non oso immaginare quello che potrebbe dire a Kathleen. Ora che tutto va così bene, non vorrei che lei rovinasse tutto.”

“Vi amate, no? Non si fatica a capirlo, da come vi guardate” lo rassicurò Anthony, dandogli una pacca sulla spalla.

“Certo che l’amo… ma nulla potrà mai cancellare il fatto che, all’inizio del nostro matrimonio, io sono stato un ben misero marito, per lei. E ora che è incinta, non vorrei che le si instillassero nel cuore dei dubbi.”

Anthony sorrise nel venire a sapere di quella notizia, e si congratulò con l’amico, prima di affermare: “Qualsiasi cosa sia successa tra voi all’inizio, Harford, niente può nascondere l’amore che lei prova per te. Kathleen sa essere una persona di cuore, specialmente con coloro che porta nell’animo con più tenerezza.”

“Lo spero, o stanotte chiederà la mia testa” sentenziò Christofer, facendo scoppiare a ridere l’amico.
 
***

Sdraiato a letto, le candele spente e solo la luce dei lampioni all’esterno a tingere i contorni della stanza, Christofer ammirava la candida figura della moglie.

Se ne stava in piedi, in ammirazione della luna alta in cielo, una mano a scostare leggermente le tende chiare, l’altra poggiata sul ventre arrotondato.

La serata non aveva avuto intoppi di alcun genere e, quando lady Jersey aveva reso nota la loro prossima gioia, i presenti al banchetto si erano rallegrati per loro.

Quanto fossero state reali quelle felicitazioni, era difficile da stabilire, ma a lui poco importava.

Sua moglie si era divertita, e questo era l’importante.

Il giorno a venire sarebbero andati in un orfanotrofio per conoscerne le condizioni, così da comprendere dove poter intervenire.

Avrebbe anche raggiunto la luna, se lei glielo avesse chiesto.

Nel vederla volgersi per tornare a letto, le sorrise e lei, sdraiandosi al suo fianco, mormorò: “Era così… prima di me? Di noi?”

Christofer accarezzò il tessuto leggero della camicia da notte, all’altezza del ventre, e mormorò: “Feste, balletti e tanta superficialità? Sì, Katie.”

“E ti divertivi?”

“A volte sì, a volte no. Ma ero sciocco ed egoista, all’epoca” scrollò le spalle lui, sorridendole contrito.

“Allora, sono sciocca anch’io, perché mi sono divertita. E no.”

Chinandosi a baciarle la punta del naso, lui le domandò: “In che senso?”

“Beh, era tutto molto affascinante. I colori, la musica, il baluginio delle candele, tutto quello sfarzo. Ma, con il passare del tempo, ho cominciato a chiedermi a cosa servisse tutta quell’opulenza, e così ho smesso di divertirmi. Inoltre…”

Notando la sua ritrosia a parlare, Christofer la incoraggiò con un sorriso e Kathleen, sbuffando, ammise: “Dimmi che non sei andato a letto con Annelyse Gordon-Lewis. Posso perdonarti qualsiasi cosa, … ma lei no.”

Scoppiando a ridere, lui la rassicurò, scuotendo il capo ma, per dovere di cronaca, disse: “Mio padre avrebbe voluto che la sposassi, lo ammetto. Io, però, la reputavo troppo…”

“Invasata? Psicotica? Egoista e vanesia?” buttò lì, Kathleen, scrutandolo con intensità.

“Un po’ tutte queste cose. Ero un giovane uomo che non sapeva cosa farne di se stesso, disgustato dal proprio padre e dai propri fratelli, in lotta con il mondo… ma non mi sarei mai avvicinato coscientemente a lei” ammise il marito, carezzandole l’ombelico attraverso la camiciola.

“Perché ho avuto l’impressione che volesse ferirmi di proposito?”

“Forse, perché lo voleva realmente. Annelyse sa essere molto… dispettosa, quando vuole. E io la rifiutai, a suo tempo. Uno scorno che, credo, non le sia ancora passato di mente” ammise contrito.

“Comunque, mi ha fatto capire chi sono state le tue prede, a suo tempo” ironizzò a quel punto Kathleen, vedendolo avvampare. “Posso dire che, nonostante tutto, hai dimostrato di avere buon gusto. Sono dame assai simpatiche.”

Nascondendo il viso nell’incavo del suo collo, Christofer esalò: “Non perdonerai mai le mie follie giovanili, vero?”

“Se non l’avessi fatto, caro, non staremmo aspettando un figlio” replicò serafica lei, carezzandogli i capelli.

“Ma me la farai pagare perché, all’inizio, sono stato un idiota e un egoista senza ritegno” sottolineò l’uomo, tornando a scrutarla con attenzione.

Kathleen si limitò a sorridere sorniona ma, alla fine, lo baciò sulle labbra e asserì: “Vederti così terrorizzato mi ripaga della tua stupidità iniziale, credimi.”

“Dio sia lodato!” esalò Christofer, abbracciandola.

“Ma…”

“Ma, cosa?” gracchiò a quel punto l’uomo, impallidendo.

Kathleen lo sospinse via, facendolo sdraiare sulla schiena e, dopo essersi tolta la camicia da notte, mormorò maliziosa: “Credo che mi prenderò la mia rivincita su di te, dopotutto, marito. In fondo, un po’ te lo meriti.”

Non sapendo bene cosa aspettarsi, Christofer la vide armeggiare con la sua camicia e, quando l’ebbe aperta sul torace, si abbassò per baciarne lo sterno.

Subito, sospirò e fece per carezzarla ma lei, schiaffeggiandolo su una mano, mormorò: “No, mio caro. Tu non potrai fare nulla.”

“Ma non puoi chiedermi tanto!” protestò lui, guardandola negli occhi con aria risentita.

Lei allora si fece seria, e Christofer capì.

Dopotutto, le antiche paure non erano del tutto svanite, anche se lui l’amava, e sapeva di essere riamato a sua volta.

E come stupirsene?

In fondo, la ferita che le aveva inferto era la più profonda tra tutte.

Un cuore innamorato, e sfregiato dall’oggetto del proprio amore.

Christofer, allora, afferrò il copri materasso con le mani e, lappandosi le labbra, mormorò: “Non ti toccherò, né mi muoverò. Fai di me ciò che vuoi. Sarò a tua completa disposizione, come un marito dovrebbe fare.

A quelle parole, Kathleen ansò e, portandosi le mani alla bocca, soffocò un singhiozzo e scoppiò in lacrime.

Il marito, immediatamente, lasciò andare la presa per abbracciarla e, cullandola contro di sé, mormorò: “No, no, tesoro… è giusto così. E’ normale che tu voglia la tua rivalsa su di me…te lo lascerò fare. Davvero.”

“Ma non devo…è ingiusto…” esalò Kathleen, straziata dal dolore. “Dio… cosa stavo per fare?”

“Quello che io feci a te” le ricordò Christofer, sentendosi morire dentro per l’ennesima volta.

Quando avrebbe smesso di sentirsi in colpa per quegli eventi?

Forse, mai.

Kathleen pianse più forte e si strinse a lui come se avesse timore di scivolare via, di cadere in un pozzo senza fondo, senza alcuna possibilità di salvarsi.

Christofer lasciò che si sfogasse, che dilavasse con quelle lacrime l’ultima ombra rimasta nel suo cuore e, baciandole le gote rigate di dolore e sale, mormorò: “Lasciati andare, amore mio. Prendi ciò che vuoi, e non avere timore per me.”

Lei non rispose, si limitò a prendere il suo viso tra le mani e, con inusitata forza e disperazione, lo baciò.

Lo baciò con foga, facendolo sbilanciare e cadere all’indietro, in mezzo ai cuscini.

Presa da una frenesia senza limiti, Kathleen continuò a baciarlo, a carezzarlo, e Christofer la lasciò fare, rimanendo inerte sotto il suo tocco.

Avrebbe preso ciò che voleva, di lui, così che anche l’ultima ferita nel suo cuore  venisse cancellata.

La sentì discendere lungo il suo corpo con carezze sempre più audaci, finché non raggiunse il centro della sua virilità, e lì si fermò.

Si rialzò per guardarlo, gli occhi fiammeggianti di determinazione e, con voce resa roca dalla passione, gli ordinò: “Mi darai piacere, come io ne darò a te. Per sempre. E non ne riparleremo mai più.

Lui assentì e, nell’attirarla a cavalcioni sopra di sé, la penetrò, lasciando che i loro sospiri di sollievo si unissero in un’unica melodia.

Le lasciò campo libero. Fu lei a scegliere come, e quanto. In ogni momento.

E lei lo amò con tutta la passione che sapeva sempre esprimere, cancellando così il suo errore, e dandogli la forza di accettare il suo passato.







Note: Con questo capitolo assistiamo a un altro pezzetto del passato burrascoso di Christofer, cui Bridget è stata testimone diretta, e all'ennesimo tentativo del giovane conte di porre rimedio ai propri errori, e ricompensare coloro che lo hanno aiutato - e sopportato - in passato.
Al tempo stesso, scopriamo nel cuore di Kathleen ancora qualche traccia residua della rabbia provata nei confronti di Christofer, riportata a galla dal comportamento ingannevole e machiavellico di Annelyse.
Kathleen si riscopre ancora arrabbiata col marito - pur amandolo - e, quando se ne rende conto, scoppia in lacrime, ma Christofer non solo la comprende, ma le permette di prendersi la sua rivincita, concedendole così di cancellare per sempre quel ricordo.
Insomma, un capitolo catartico, se vogliamo. Spero vi sia piaciuto.
Alla prossima, e grazie per avermi seguita fino a qui!
  
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