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Autore: eliseCS    30/05/2016    2 recensioni
Per "festeggiare" il fatto di aver finito gli esami ho deciso (invece di cominciare a concentrarmi sulla tesi) di cominciare a pubblicare questa ff che ho per le mani da un po' di tempo.
Dopo quella sui fondatori e quella su Draco e Astoria la new generation non poteva certo mancare, quindi eccola qui.
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Una ragazza comincerà a scoprire le sue potenzialità in modo alquanto singolare.
Ricordi torneranno pian piano a galla.
Una profezia (forse, l'autrice è ancora un po' indecisa al riguardo)
E ovviamente non si può chiedere ai Potter di restare fuori dai guai, no?
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[...] Non sapeva che invece quello era stato solo l’inizio, come non sapeva che quella crisi era in qualche modo collegata a quello che uno strano bambino dai capelli scuri e spettinati le aveva detto diversi anni prima dietro la siepe di un parco giochi.
Per Elise quello strano incontro era ormai diventato un vecchio ricordo sbiadito e senza importanza, nulla più di un insolito e confuso sogno.
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Un piccolo assaggio dal prologo
Buona lettura
E.
(Pubblicata anche su Wattpad)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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9 - Dubbi
 
 
 
La luce di quello che poteva essere un raggio di sole che cadeva proprio sul suo viso la fecero svegliare.
O forse era stata quella stranissima sensazione di sentirsi osservata?
Aprì gli occhi cautamente sbattendo più volte le palpebre per mettere a fuoco l’ambiente che la circondava, e il suo sguardo incontrò quello di un paio di occhi scuri incorniciati da una folta chioma di lunghi capelli rossi che contraccambiavano l’occhiata con curiosità.
Un attimo di silenzio e poi…
“Mammaaaa! Si è svegliata!” esclamò la ragazza alzandosi dalla sedia avvicinata al letto su cui era rimasta seduta fino a quel momento, uscendo dalla stanza.
 
Elise represse una smorfia: era come la prima –e ultima- volta che si era presa una sbronza. La testa le rimbombava incredibilmente, e anche il minimo suono le sembrava amplificato in modo esagerato. Dopotutto era quasi sicura che quella ragazza non avrebbe mai potuto avere una voce così acuta.
Se non altro non le veniva da vomitare…
 
Lo scricchiolio del pavimento di parquet la avvisò del rientro della rossa: aveva in mano una tazza fumante, ma dopo averne intravisto il contenuto non riuscì a trattenere un’espressione disgustata: adesso sì che le veniva da vomitare.
Rifiutò i tentativi della ragazza di metterle quella tazza tra le mani per farla bere: quella roba verdina e gorgogliante lei non voleva neanche sapere cosa fosse. E poi non avrebbe mai bevuto una cosa così neanche se fosse stata Julia ad offrirgliela, figuriamoci un’estranea!
“Bevila e vedrai che ti sentirai meglio!” esclamò ad un certo punto la ragazza riuscendo, non si sa come, a mettergli la tazza tra le mani.
Elise sentì la sua testa percorsa da una nuova fitta.
“… basta che la smetti di parlare…” borbottò tra i denti, e trattenendo il respiro buttò giù quella roba tutta d’un fiato.
Con sua grande sorpresa scoprì che non era poi così male: aveva un leggero sapore di menta, e mano a mano che continuava a bere la sensazione di rimbombo che aveva provato fino a quel momento nella sua testa aveva cominciato a dissolversi progressivamente, fino a lasciarle la mente del tutto limpida e sgombra.
“Te l’avevo detto che ti saresti sentita meglio” la rimproverò bonariamente la rossa con tono indulgente, la sua voce perfettamente normale.
“Scusa” arrossì lei “è che non sono ancora abituata a…”
 
A cosa?
 
Di sicuro non a quello che si trovava intorno a lei in quella stanza.
Il rosso era il colore predominante: i mobili, i muri tappezzati di poster, il copriletto su cui era seduta… C’era talmente tanto rosso in quella stanza che ti faceva venire caldo solo a guardare.
Una strana scopa era appoggiata nell’angolo tra l’armadio e il muro e fissate alla parete sopra la scrivania, con delle puntine da disegno, c’erano delle bandierine rosse e oro con la scritta ‘Grifondoro’.
Non avrebbe saputo dire se fosse rimasta più sorpresa dal fatto che le persone all’interno dei poster si muovessero salutando le due ragazze nella stanza o dal sentirsi dire: “Cosa stai guardando impicciona!” da un indignato specchio appeso al muro sopra una mensola mezza nascosta dietro la porta quando era rimasta per qualche secondo a fissare il suo riflesso.
Aveva tutti i capelli in disordine ed era più pallida del solito –il che era tutto dire visto che lei non riusciva ad abbronzarsi neanche andando al mare-.
 
“Vieni?”
Non se n’era neanche accorta, ma la ragazza con i capelli rossi la stava pazientemente aspettando facendole segno di seguirla.
Si alzò cautamente, assicurandosi che l’ambiente circostante non cominciasse a girare, e quando fu sicura di essere sufficientemente salda sulle gambe si apprestò a seguire la rossa fuori dalla camera.
 
 
Apprese così che l’abitazione dove si trovava dovesse avere due piani, visto che il corridoio su cui si era ritrovata dava sbocco, oltre ad alcune porte chiuse, ad una rampa di scale che scendeva verso il piano inferiore.
Finite le scale si trovò in un altro corridoio: verso il fondo c’era quella che doveva essere la porta d’ingresso, un’altra porta lasciava intravedere una cucina piuttosto moderna arredata in bianco e infine un’altra porta a vetri colorati che segnava l’ingresso al salotto.
Era una stanza abbastanza grande, ma non abbastanza da risultare dispersiva, e anche lì predominava il bianco.
Appoggiati su una delle due pareti più lunghe c’erano due mobili: uno più grande, alto quasi quanto una persona, ospitava due ante, un paio di cassetti e due vetrinette da cui facevano bella mostra diverse foto e soprammobili vari. L’altro, più basso, forniva appoggio ad un grande televisore a schermo piatto.
Di fronte alla tv, disposti a L, erano posizionati due divani in pelle, e in centro allo spazio lasciato libero un tavolinetto in cristallo a base quadrata.
Più a destra, verso il fondo della stanza, vicino alla parete con le finestre, un tavolo con il ripiano in vetro e l’anima di metallo era attorniato da alcune sedie, bianche, e sopra esponeva un bel vaso dall’aria antica con un bel mazzo di fiori colorati all’interno.
 
Entrando nel locale Elise notò che i posti sui divani erano praticamente tutti occupati.
Come le due ragazze entrarono i presenti si girarono nella loro direzione e così la bionda potè vedere chi c’era.
Ovviamente aveva riconosciuto Julia anche da dietro, e i capelli ricci di Dan erano pressochè inconfondibili, ma c’erano anche un altro ragazzo, tremendamente simile a James a parte che per gli occhi verdi, e una signora dai capelli rossi, che sembrava avere pressappoco la stessa età di Diana, con lo sguardo preoccupato.
Nel vederla Elise pensò di sentire qualcosa sbloccarsi in lei… era possibile che quella signora le fosse familiare?
 
La prima a rompere il silenzio che si era creato fu Julia: “Finalmente bella addormentata! È quasi un’ora che aspettiamo, stavamo cominciando a preoccuparci…”
“Stavamo?”
“Oh sì…”
“Io comunque sono Lily. Lily Luna Potter” la rossa interruppe Dan che aveva cominciato a parlare. Se non altro adesso poteva smetterla di pensare a lei chiamandola ‘ragazza’.
“e questo è mio fratello Albus Seve…”
“Guarda che so presentarmi da solo” la interruppe il moro. “E comunque puoi chiamarmi semplicemente Al” concluse poi mentre la scrutava da capo a piedi.
Dan cercò di alleggerire la tensione riuscendo finalmente a prendere la parola: “E colei che ci ha gentilmente messo a disposizione la casa e il salotto è la signora Potter, la madre di Lily, Al e…”
“Dov’è James?” esclamò di punto in bianco Elise interrompendo di nuovo Dan.
Si era subito accorta della sua assenza, ma non se n’era preoccupata: era verosimilmente finita in una casa i cui abitanti possedevano tutti una bacchetta magica, guarire la ferita che i due mascherati al parco avevano inferto a James sarebbe stato una bazzecola.
 
Questo era quello che aveva pensato all’inizio, ma evidentemente le espressioni tese e preoccupate sui volti dei presenti lasciavano presagire tutt’altro.
 
L’immagine del ragazzo che veniva scaraventato contro il tronco dell’albero attraversò la sua mente come una scarica, seguita subito dopo da quella del taglio sanguinante che avevano rinvenuto sul petto del ragazzo nei pochi secondi di tregua che avevano avuto prima che i due individui tornassero alla carica.
Ricordava distintamente che il ragazzo respirava ancora, però a fatica. Che fosse…?
No, Elise si rifiutava di crederlo.
 
“Come…sta?” domandò con voce tremante aspettando con non poca paura la risposta.
“Sono momentaneamente riusciti a farlo smettere di sanguinare” rispose la signora Potter, la voce sofferente. “Però il taglio non ne vuole sapere di rimarginarsi e rischia di riaprirsi da un momento all’altro. Abbiamo contattato diversi Medimaghi ma non sono riusciti a fare nulla, sembrava la prima volta che vedevano una ferita del genere. Qualsiasi incantesimo lo abbia colpito… noi non conosciamo la cura” concluse.
 
“Posso vederlo?” domandò ancora la bionda, un’idea che lentamente cominciava a farsi strada nella testa: se lei era davvero come le persone che li avevano attaccati, forse sarebbe potuta riuscire a trovare un modo per risolvere la situazione, anche se in fondo in fondo dubitava che la signora l’avrebbe lasciata avvicinare al figlio dopo quello che era successo… dopotutto era tutta colpa sua.
“Immagino di sì” rispose invece la signora, sorprendendola. “Da quello che mi è stato detto tu potresti essere l’unica a fare qualcosa…”
Il tono rassegnato che aveva usato per parlare fece deglutire la ragazza, dandole al tempo stesso una determinazione che non pensava di avere: avrebbe salvato James, glielo doveva.
 
Dopo un istante di teso silenzio la signora si alzò dal divano e fece segno ad Elise di seguirla, incamminandosi fuori dalla sala.
“È nella sua camera. I Medimaghi hanno detto che magari avere un ambiente familiare intorno avrebbe potuto aiutare… sono ritornato al San Mungo per consultarsi con alti colleghi e torneranno il prima possibile”
 
Le fece strada su per le scale lasciandola poi davanti a una delle porte chiuse del pianerottolo.
“Ti prego… salvalo”
Fu un sussurro, al punto che quando Elise si girò la signora Potter aveva già ricominciato a scendere le scale lasciando la ragazza a domandarsi se quella disperata richiesta non fosse solo frutto della sua immaginazione.
 
 
Questa volta l’hai combinata davvero grossa Elise…
 
Pensò la ragazza una volta rimasta sola appoggiando la mano sulla fredda maniglia della porta.
 
Certo, come se fosse stata davvero colpa mia… sono stati i due tizi del parco…
 
Però se avessi ascoltato James e non l’avessi scansato per avvicinarti forse tutto questo non sarebbe successo…
 
La corresse una fastidiosa vocina nella sua testa.
La ragazza dovette ammettere che aveva ragione: se non si fosse lasciata ammaliare a quel modo forse James sarebbe stato ancora tutto intero…
Se, se, se…
Sospirando si decise finalmente ad aprire la porta.
 
La stanza in cui entrò assomigliava terribilmente a quella della sorella, contava però molti più poster e stemmi, e quando entrò chiudendosi l’uscio alle spalle qualcosa di vagamente simile ad una noce dorata con le ali le sfrecciò incontro costringendola a scansarsi per non prendersela in un occhio.
La cosa che subito catturò l’attenzione di Elise fu però che nella stanza James non era solo: qualcuno era infatti seduto sul letto di fianco al ragazzo, il busto proteso sopra il suo petto e una mano ad accarezzargli il viso.
 
La sconosciuta alzò gli occhi da James nel sentire la porta chiudersi, per quanto Elise avesse cercato di fare piano.
 
“E tu chi diavolo sei?”













Buon lunedì a tutti!
Lo so che questo capitolo è corto e noioso, ma purtroppo anche i capitoli di passaggio servono  u.u
Ora, siccome sono buona e gentile (e visto che anche il prossimo è sempre un po' di passaggio) potrei forse pensare di pubblicare il prossimo capitolo già domani.
Forse.
Alla prossima
E.

 
   
 
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