Film > Pirati dei caraibi
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Autore: Minga Donquixote    04/06/2016    1 recensioni
«Sei incredibile!» Si lamentò lei, tornando a sedersi sul pavimento e afferrandogli una mano. «Vuoi pure che ti racconti una fiaba per bambini?»
Cutler la guardò minaccioso e strinse forte la mano, facendola gemere di dolore. «Sei insopportabile.» le sibilò.
«Faccio del mio meglio.» ribattè lei, testarda.
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Era sicuramente un incubo il posto in cui era capitata la giovane Eris Gallese. Parrucche incipriate, lotte di pirati, dannati corsetti e no docce saponate.
Quando non si studia la storia, ci si trova impreparati.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Norrington, Lord Cutler Beckett, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2. Partite a scacchi
 
La giornata era stata parecchio stressante. La ragazza non aveva fatto altro che urlare e disperarsi, tanto che era quasi riuscita a distruggere la sua collezione di tazzine da tea dell’Oriente.
Dopo quel momento di terrore puro, Cutler aveva deciso di farla spostare in un luogo dove non potesse nuocere né a cose né a persone.
Non era stato complicatissimo gestirla.
Bastò darle un dolcetto che quella si stabilizzò rimanendo silenziosa per tutto il tragitto.
«Immagino che la giornata vi abbia provata» le aveva detto, tentando di liberarsene il prima possibile.
«In realtà no. Sai…una giornata in una stanza con solo due sedie non è il massimo del divertimento… »
Che c’è? Era certamente il miglior posto per non rischiare di veder in frantumi qualche vaso antico o qualche quadro in tela.
«Posso uscire sta sera?»
Beckett alzò un sopracciglio e la guardò male. «Uscire per andare dove?»
«Non lo so. Volevo vedere il porto» tirò  le labbra in un’espressione da cucciolo bisognoso e si piegò appena, le mani giunte davanti al petto a mo’ di supplica.
Il Lord incrociò le gambe e la guardò attentamente.
«Sapete, ho l’innata capacità di capire con che tipo di persona mi sto confrontando eppure con voi non riesco ancora a percepire nulla.»
Eris parve dapprima confusa, poi il viso si aprì in un’espressione maliziosa, guardando il più basso con aria di chi la sapeva lunga.
«Beh, devo ammettere di avere un caratterino niente male-»
«E quindi sono giunto alla conclusione che probabilmente siete soltanto pazza» sogghignò osservando come il suo sguardo spavaldo si tramutasse in odio.
«Sbaglio o è la seconda volta che mi dai della pazza, oggi?»
Cutler piegò la testa da un lato mantenendo il sorrisetto di scherno perennemente sulle labbra fine.
«E quando è stata la prima volta, di grazia?»
«Te l’ho letto negli occhi quando sono scoppiata in lacrime»
«Ah, quindi credete di leggere anche nella mente, adesso. State solo rafforzando l’idea che mi sono fatto di voi, Miss»
Eris sbuffò e si alzò di scatto avvicinandosi velocemente al Lord, che era seduto pochi passi più in là.
L’uomo parve tendersi come una corda di violino all’improvviso movimento e la mano tornò per la seconda volta sull’elsa fredda ma nuovamente la minaccia non arrivò.
Una mano fu tesa prontamente davanti alla sua faccia, uno sguardo determinato nelle iridi scure.
«E’ Eris. Eris Gallese. Smettila di chiamarmi Miss, è imbarazzante»
Il signore assottigliò lo sguardo e prese la mano in una delle sue portandosela alle labbra.
La ragazza, guardando la mano avvicinarsi al viso di lui, fu presa dal panico e la ritirò velocemente guardandolo imbarazzata.
«Che fai?»
«Suvvia, cercavo soltanto di essere il buon gentiluomo che sono. Credevate che vi avrei stretto la mano? Non siete certo un uomo.»
Eris si tese appena sotto lo sguardo tagliente di lui, quasi intimorita. Non aveva mai visto due occhi così freddi e chiari eppure così pieni di segreti e orrori che lei nemmeno immaginava. Ardeva un fuoco in quegli occhi di ghiaccio. Un fuoco che difficilmente sarebbe stato spento…eppure…
«Mi dispiace. Non sono abituata a questi usi. Mi piacerebbe semplicemente stringerti la mano e conoscerti meglio»
«Conoscermi meglio?» ghignò apertamente portando la mano destra a stringere quella dell’altra. «Che audace proposta»
La mora si trovò nuovamente ad arrossire ma riuscì a trovare il sorriso.
«Non c’è nulla di audace, solo che…mi piaci»
Il sorriso strafottente lasciò velocemente le labbra di lui e la guardò come se avesse detto una parolaccia. Qualcosa che probabilmente non si sarebbe mai aspettato.
«Cosa?»
Le mani ancora strette tra loro.
«Ho detto che mi piaci, c’è qualcosa che non va?» era confusa. Forse non avrebbe dovuto dirlo? Cosa c’era di male dopotutto? Era la pura verità. Era uno dei personaggi che si è trovata ad adorare all’interno della saga. Non capiva cosa ci trovasse di così strano…
Ma poi, guardando lo sguardo stralunato dell’uomo e il leggero rossore, appena percettibile eppure presente, sulle gote le fecero intuire che probabilmente lo aveva inteso in modo sbagliato.
«Oh, ehm…no, non intendo “piacere” in quel senso…intendo come…beh…sei un personaggio ben caratterizzato…hai i tuoi buoni motivi per essere crudele…sei scaltro e-» si fermò guardando Beckett che aveva un cipiglio terribilmente confuso.
«Personaggio ben caratterizzato? Cosa pensate che sia, un personaggio di un libro?» domandò con una nota di sarcasmo nella voce.
“Beh, in realtà lo sei…più o meno…”
«N-No, certo che no. E’ perché sono terribilmente stanca, non c’è altra spiegazione» ridacchiò stupidamente portandosi la mano, ora libera dalla stretta, tra i capelli.
«Si, certo, comprendo perfettamente. E’ stata una giornata davvero spossante. Immagino siate affamata» Lord Beckett si alzò in piedi e passeggiò verso la porta, ignorando il fatto che la ragazza fosse rimasta bloccata dov’era.
«Io…probabilmente è da questa mattina che ti causo problemi…» si ritrovò a dire la giovane, guardando l’adulto girare appena lo sguardo verso di lei. «Non sai nulla di me…hai solo assistito al mio silenzio. Sei rimasto da solo in una stanza con qualcuno che consideri pazzo. Non hai fatto domande, mi chiedo perché. So perfettamente di essere irritante…»
Cutler non era poi così male come se lo era immaginato. Certo, era il solito bastardo pronto a fare del sarcasmo alla minima occasione ma non era stato certamente una compagnia spiacevole.
Non era poi nemmeno tanto orribile, in effetti. Quegli occhi chiari la ipnotizzavano ogni volta. Era uno sguardo davvero bello, il suo. Eppure così tremendamente distaccato, lontano dall’essere raggiunto.
«Ho supposto che probabilmente svegliarvi in un posto che sicuramente non conoscevate poteva provocarvi un’instabilità mentale. Per questo mi sono trattenuto dal fare domande ma non si faccia false illusioni.» girò il pomello della porta e lasciò che si aprisse lentamente. «Non mi fido di voi. Nascondete qualcosa più grande dell’oceano. Vi si legge chiaramente in viso»
Eris non si fece intimorire di nuovo da quello sguardo tagliente. Decise che con quell’uomo era meglio lottare ad armi pari. Non mostrare alcun tentennamento.
«Probabilmente quello che vi dirò rafforzerà solo l’idea che vi siete fatto di me» finse riverenza lasciandosi scappare un sorrisetto.
«Mi metta alla prova, Miss Gallese»
Passarono interminabili secondi di terribile silenzio. Un semplice gioco di sguardi fino a quando un uomo dalla faccia solcata da cicatrici comparve davanti alla porta aperta.
«Mio Signore, il cuoco mi ha mandato a chiamarvi. La cena verrà servita a breve.»
Lo sguardo del nuovo arrivato si posò su Eris che rabbrividì. Lo riconobbe. Era senza ombra di dubbio quel tizio macabro.
Alla parola cena però qualcosa si mosse in fondo allo stomaco della ragazza. Cena. Cibo. Fame.
Poteva quasi avvertire l’odore fin da lì su.
«Grazie, Signor Mercer. Avverti il cuoco che anche il nostro ospite gradirebbe cenare.»
Con la stessa fretta con cui era comparso, quello scomparve non lasciando minima traccia del suo passaggio.
«Non dovete avere paura di Ian, Miss. Non le farà alcun male» sorrise Beckett guardandola con la coda dell’occhio mentre quella manteneva ancora lo sguardo sul punto in cui Mercer era comparso. «A meno che io non lo ordini, si intende»
“Ah, si? Cerchi di intimorirmi, piccolo diavolo? Beh, sappi che ci stai riuscendo benissimo!”
«P-Paura, io? Pff. N-Non sai con chi hai a che fare!» e anche il tentativo di sembrare spavalda era andato a farsi fottere con la voce tremolante.
Lord Beckett sembrava estremamente divertito. La presenza del suo assassino l’aveva intimorita più che essere in una stanza da sola con lui.
Probabilmente non aveva abbastanza cervello da capire che era più pericoloso qualcuno che usava le parole come arma rispetto a qualcuno che si dilettava in omicidi. A volte uccidono più le parole di un insulso pezzo di ferro.
Probabilmente era stupida. Non c’erano altre spiegazioni. Pazza e stupida. E lui odiava gli stupidi. Troppo facili da manipolare, troppo facili da rompere.
Lasciando correre i pensieri si ritrovò a sondare il suo corpo senza decenza. Indossava ancora quella veste di lino che le copriva le forme. Non era magra. No, aveva fianchi piuttosto pronunciati, un viso infantile e gambe imperfette. Nel complesso non era male ma mancava di eleganza e finezza.
Molto improbabile inoltre che fosse davvero un pirata. La pelle era di un bianco quasi perlaceo e non c’erano segni evidenti di battaglie affrontate, da quanto poteva vedere.
I capelli marroni e lisci le scendevano ai lati del viso e i due occhi tremendamente scuri circondati da lentiggini appena evidenti erano magnetici.
I vestiti con cui era giunta, poi, erano decisamente anormali e quelle scarpe…che ora indossava orribilmente sotto la veste erano di qualche materiale che lui non riusciva a individuare.
Eris, sentendosi osservata, si schiarì la gola e guardò Beckett con uno sguardo spaurito.
«Beh, si…in effetti sono parecchio affamata ma…non so, potrei riavere i miei vestiti? Mi sento a disagio con questa…cosa…» sancì guardandola malamente.
Cutler ridacchiò. «Quella è una veste da notte, Miss Gallese»
«Quello che è!» sbuffò incrociando le braccia al petto. Quell’uomo o la considerava infantile o addirittura stupida.
«Dirò alla domestica di casa Swann di venire in vostro soccorso» sogghignò facendo per andarsene.
«Beckett!» lo richiamò lei azzardando un piccolo passetto avanti.
Quello rimase fermo sul posto, dandole ancora le spalle.
«Io…Beh…Grazie direi.» sospirò e l’unica cosa che l’uomo fece prima di andarsene fu un piccolo cenno con la testa bianca.

«NON VOGLIO QUEL VESTITO!»
Le urla erano ricominciate, a quanto pareva, ma stavolta sembravano adirate piuttosto che lamentose. Cosa decisamente più fastidiosa.
«Sembra proprio che Miss Gallese non sia facile da addomesticare, Signore» osservò Mercer al dì la della porta dove Eris stava facendo un casino tremendo, poggiato contro il muro decorato.
«Verrà piegata anche lei, caro Mercer. Non c’è da preoccuparsi. Dopotutto, è solo una mocc-»
Ma prima che potesse terminare la frase, il viso soddisfatto di Eris comparve sulla soglia, le mani su entrambi i fianchi.
Cutler boccheggiò appena, Mercer trattenne un sorrisetto di scherno e la domestica alle spalle della giovane sembrava tremendamente colpevole.
«Beh, come sto?» domandò con un sorriso a trentadue denti.
«Sbaglio o quello è uno dei miei completi?» riuscì a chiedere il più basso, sapendo già la risposta.
«In realtà si, ma la vicenda è davvero curiosa. Ero andata nella tua stanza per prendere uno spazzolino da denti, che non ho trovato, in compenso invece ho visto un completo sul letto e così ho deciso di prenderlo dato che i miei vestiti sono stati letteralmente bruciati» il sorriso dolce lasciò posto ad uno terribilmente macabro. Era rimasta sicuramente offesa.
Lord Beckett guardò dalla domestica a Eris, come se non capisse. Quella mocciosa era entrata nella sua stanza e aveva requisito il suo vestito migliore per le cerimonie tutta da sola?
Mercer sembrava altrettanto confuso ma decisamente più divertito. La ragazza era leggermente più alta del suo Signore e infatti i pantaloni le rimanevano leggermente corti sulle caviglie.
La domestica di casa Swann invece era tremendamente dispiaciuta. Eris aveva chiesto alla donna di trovare il modo di aprire la stanza del Lord e lei aveva dovuto adempiere poiché la Gallese aveva minacciato che avrebbe strappato il vestito a pezzi in sala da pranzo.
«Beh, cosa sono quegli sguardi cupi? Io ho una fame che non ci vedo!»
Con un sorrisetto soddisfatto salutò la donna dietro di lei e si incamminò lungo il corridoio.
«Dimmi, Mercer. Se la uccido all’istante cosa ne guadagno?»
«Solo una seccatura in meno, signore» ghignò l’altro avvertendo il minore lanciare sguardi adirati alla giovane che gli dava bellamente le spalle, lasciandolo indietro.
«…e ha sbagliato anche direzione»

La cena era servita decorosamente ma le domestiche e i camerieri sembravano decisamente turbati dall’uniforme della ragazza e dal suo modo di mangiare.
Beh, capitela. Svegliarsi in un posto che non si conosce,presumendo di essere in coma perenne e tremendamente sola le aveva fatto venire un certo appetito.
Intanto al Signore, dall’altra parte del tavolo, stavano venendo degli attacchi di panico e di rabbia. Guardava come i pezzi di cibo volavano a destra e sinistra, il pane che sbriciolava sul suo suntuoso vestito.
Quando la cena fu consumata nel totale silenzio (Cutler voleva limitare le chiacchiere temendo che se la ragazza avesse aperto bocca avrebbe sbrodolato sul tutto il suo completo) i due si alzarono dal tavolo e quando Eris si fermò a ringraziare il cuoco quello accennò un sorriso riconoscente.
«Miss Gallese, voglia cortesemente seguirmi in ufficio.»
Era chiaramente un ordine e nonostante la spossatezza che il buon cibo le aveva provocato seguì l’uomo senza fiatare, osservando durante il cammino i diversi dipinti affissi sulle pareti che ritraevano donne e uomini parecchio in carne.
Raccapricciante” pensò la giovane, non perdendo di vista la piccola forma dell’inglese che si portava avanti con una lampada in mano.
Una volta nell’enorme ufficio, Cutler lo girò e andò a sedersi dietro la scrivania incrociando le dita sotto il mento e fissando intensamente la ragazza.
«Sedetevi pure»
Eris, che era rimasta affascinata da una scacchiera in cristallo distolse lo sguardo in fretta e andò a sedersi su una morbida poltrona.
Quando vi si poggiò si sentì come sprofondare. Non andava bene. Si sarebbe addormentata sicuramente.
«Allora, Miss, stamattina vi ho illustrato il momento in cui siete arrivata all’improvviso e di quando siete stata soccorsa. Ora vorrei sapere il come siete caduta sopra all’Ammiraglio Groves-»
«Oh mio Dio. Sono caduta su Groves? Come sta? Si è rotto qualcosa? Ha riscontrato danni cerebrali? Respira ancora?-»
«L’ammiraglio sta perfettamente bene, Miss» la interruppe irritato. «Però ora risponda cortesemente alla domanda»
Dal tono di voce Eris notò chiaramente la sua curiosità e il suo pretendere una risposta sincera o almeno verosimile.
«Ti ho già detto che non mi crederesti e mi reputeresti una pazza» le rispose semplicemente abbassando il tono della voce in un sussurro.
Chissà poi in che schifo di prigione l’avrebbe ficcata, quel nano malefico.
«E io vi ho detto di provarci» ribatté l’altro.
«D’accordo, ma smettila di darmi del voi. Io non lo faccio, è una riverenza non richiesta»
Dopo essersi agitata un po’ sotto lo sguardo dell’uomo decise che era meglio trovare il coraggio di dirgli tutto senza il minimo tentennamento o l’avrebbe fatta impiccare quella sera stessa.
Si, perché ormai aveva perso le speranze. Sogno, coma o quant’altro lei riusciva a sentire odori, sapori, gioie e dolori. E sicuramente una corda stretta al collo non doveva fare un gran che bene.
«Chiedo venia, Miss Eris.»
IH, SI RICORDA IL MIO NOME!
«Ecco…lo so che è difficile da credere ma sto dicendo l’assoluta verità, lo giuro» quasi pregò guardandolo dritto negli occhi. «Io…vengo da un futuro molto lontano. Dal ventunesimo secolo a dirla tutta»
Non alzò lo sguardo, certa di trovare o un sorriso di scherno o uno sguardo seccato.
«L’altra mattina, a casa mia, è giunto un pacco che aveva il simbolo della Compagnia. L’unica cosa che ho fatto è vedere il suo interno e sembrava immenso. Senza rendermene conto ho sentito un vuoto o probabilmente sono scivolata e caduta. Poi tutto è diventato nero.»
Sospirò e trovò la forza per riportare lo sguardo sull’uomo davanti a se.
«Giuro che non c’entro nulla con i pirati. Quindi non farmi impiccare, non voglio morire giovane!»
Cutler rimase per un momento basito. Ma poi lo sguardo nei suoi occhi si addolcì un poco. Certo, non mentiva.
«Capisco. Beh, lo avevo sospettato. Ho fatto analizzare quelle scarpe e non esiste materiale simile qui. Probabilmente dovevate venire da un mondo che non è quello attuale» si alzò con cautela e si avvicinò ad un tavolino più piccolo in legno su cui erano poggiate bottiglie dei più vari colori. Probabilmente alcool. 
«Dopotutto non è certo una novità. Ho visto cose decisamente al di là di ogni comprensione.»
«Cos-?! Mi credi?!» domandò scioccata, balzando in piedi.
Beckett accennò un sorrisetto mentre versava una modesta quantità di brandy in un bicchiere e poi in un altro.
«Ve l’ho detto, Miss Eris. Il modo in cui vi comportate, il vostro shock al baciamano, il modo di vestire, per non parlare del vostro modo di porvi…non avete nulla dell’attuale società. E io ho viaggiato molto. So gli usi di quasi tutti i paesi del mondo.» le spiegò tendendole un bicchiere di cristallo che lei prese con mani tremanti.
Non poteva crederci. Quell’uomo non aveva fatto una piega. Se ne stava lì, un sorriso appena accennato stampato sulle labbra mentre sorseggiava quel liquido ambrato.
«Parlatemi di questo futuro, Miss. Come sarà? Che genere di evoluzione avrà il mondo? E la pirateria?» poteva quasi essere paragonato a un bambino.
La Gallese si sentì piuttosto imbarazzata, certo gli sviluppi del suo paese di anno in anno li aveva seguiti, studiandoli a scuola, ma sulle altre nazioni non sapeva proprio tutto.
«Beh, ecco. Sicuramente non c’è pirateria…praticamente da nessuna parte»
E in effetti era così. La pirateria come la intendeva il Lord era bella che finita e quasi gli scorse un sorriso soddisfatto e un brillio negli occhi a quelle parole.
«Per quanto riguarda lo sviluppo umano…ci sono soluzioni a malattie che qui vengono considerate incurabili, c’è una politica decisamente più dura e stabile, le donne sono autonome e la vita va avanti serena-»
«Donne autonome? Potete spiegarvi?» domandò aggrottando la fronte e facendosi più attento.
Eris assottigliò lo sguardo. La parola Donna aveva instillato curiosità in quell’uomo così cinico e rispettoso delle regole. Per lui una donna, oltre a dare figli e partecipare a cerimonie solo per compagnia, non poteva fare altro. O almeno era l’idea generale, non solo quella di Cutler.
«La donna ha diritto al voto. Può lavorare. Da impiegata a soldato. Non ci sono più distinzioni di potere tra uomo e donna. Siamo tutti uguali» rivelò senza mezzi termini, facendosi anche un pochino più orgogliosa.
«Che sciocchezza. Il mondo che mi state descrivendo sembra in parte peggiorato» sghignazzò, portandosi di nuovo il bicchiere alle labbra.
«E perché mai? Non pensi che una donna possa essere capitano o Lord come ti definisci tu? Che differenza c’è?» si era adirata oltre il possibile. Studiando all’università di giurisprudenza aveva seguito il caso della donna e il suo progresso nel diritto.
Era incredibilmente offesa da come essa veniva considerata e da come accettava di farsi considerare. Davvero, non capiva. Una società così diversa…
«Per iniziare una donna non può essere nominata Lord, poiché è un titolo prettamente maschile, inoltre una donna non ha certo un giudizio pari ad un uomo, Miss Gallese»
Ah, siamo tornati a Miss Gallese, piccolo scarafaggio.
«Ah, si? E perché mai?» sputò poggiando un po’ troppo forte il bicchiere sulla scrivania liscia.
«Perché, come ho detto, pecca in buon giudizio. Non ha abilità alcune. Non ha certo capacità deduttive che invece ha un uomo. Strategia. Forza.»  la osservò attentamente, affiancando delicatamente il bicchiere dell’altra sul tavolo.
«Molte donne hanno rivoluzionato il mondo al posto dell’uomo. Donne hanno avuto successo laddove gli uomini hanno fallito! Le donne sono persone, non oggetti!»
Cutler si trattenne dal ridergli in faccia. Non aveva fatto nulla se non pronunciare il parere generale eppure quella ragazza si era estremamente irritata tanto da avvicinarsi a lui in modo quasi aggressivo.
Aveva modi certamente pirateschi.
«Su,su, Miss. Non sto assolutamente affermando che la donna sia un oggetto» sospirò sconfitto passandole accanto e avviandosi verso la scacchiera in cristallo che all’inizio aveva adocchiato Eris. «Alle donne piace la condizione in cui si trovano, e perché non dovrebbero? Studiare è faticoso, lavorare lo è altrettanto, pensare…quello è quasi la cosa più complicata. Una donna, il cui unico compito è quello di badare a se stessa e ai propri figli, vivendo nel lusso e partecipando a feste, non trova poi così disgustosa la sua situazione» eppure, quella ragazza si. E Cutler non riusciva a spiegarsene il motivo. Intanto accarezzava dolcemente le piccole pedine nere sulla scacchiera.
«Infatti e ci credo. Le avete costrette a trovarsi bene.
» ringhiò. «Ti faccio una domanda, nano.»
«Come mi avete chiamato?» alzò un sopracciglio, leggermente irritato, guardandola dritta negli occhi e facendola rabbrividire.
«Cosa succede se una donna viene trovata su una nave a lavorare come marinaio?»
«Non potrebbe mai-»
«Rispondi!»
Beckett sbatté le palpebre e aprì le labbra in un nuovo sorrisetto. Aveva una giovane donna dall’orgoglio ferito davanti a se.
«Viene giustiziata. Le donne non possono salire a bordo di una nave come marinaio»
«Appunto»
Seguirono attimi di silenzio. Per la seconda volta quella giornata.
Dopo un po’ l’uomo decise di lasciar perdere. Probabilmente quella ragazza non avrebbe certo lasciato cadere il discorso.
«Non avete bevuto affatto. Scortese da parte vostra.» osservò l'inglese guardando il bicchiere pieno.
«I-Io…non ho mai bevuto quella roba. Dicono che ha un sapore forte» timorosa riprese il bicchiere tra le mani e annusò il contenuto.
Quasi nello stesso istante in cui lo aveva avvicinato lo distanziò tossendo un pochino.
«No, decisamente no.»
Cutler sorrise divertito e la guardò avvicinarsi di nuovo a lui, affiancandolo. Aveva lo sguardo fisso sulla scacchiera.
«Sai giocare a scacchi?» domandò lei.
«Mi state domandando se so giocare a scacchi?» chiese quello sarcastico andando a versarsi un altro po’ di brandy. «Non ho mai perso una partita negli ultimi dieci anni»
«Beh, è ora di annientare questo record, non pensi anche tu?»
Eris si sedette dal lato dei neri. «Ti do anche la possibilità di muovere per primo, guarda» sogghignò infine.
«Voi…sapete giocare?» chiese confuso, colpito ed estasiato insieme.
«Sbaglio o ti ho detto che le donne hanno diritto a tutto, ormai?»
Lord Beckett portò con se direttamente la bottiglia e andò a sedersi dalla parte opposta alla sua, guardandola intensamente.
«Mettiamo una posta in gioco? E’ noioso altrimenti.» scherzò la Gallese.
«Una pedina, una domanda. Risposte sincere.» accettò l’altro.
«Ottimo.»
Il primo a muovere fu lui portando il primo pedone in avanti.
Perdere il primo pedone per Eris fu facile.
«Quanti anni avete?»
«Lo sai che non si chiede un’età ad una signora? Poi sarei io quella scortese…» sbuffò lei alzando il sopracciglio.
«L’accordo.»
«22»
«22? Ma-»
«Lo so, sembro più piccola. Su, tocca a te muovere»
Un altro pedone. Dannazione.
«Dove avete studiato? Vi vedo parecchio istruita.»
«Nel mio futuro le donne,come gli uomini, son ben accette in scuole dai 3 anni ai 18 anni. Poi termina la scuola d’obbligo. Io ho proseguito i miei studi fino all’età attuale. Prendendo un ramo chiamato Giurisprudenza. Studio il diritto.»
«Interessante»
Cutler mosse altri pedoni ma fu il suo turno di perderne uno.
«Sei vergine?»
Il Lord quasi sputò tutto il brandy sulla scacchiera e dalla sorpresa quasi aveva fatto cadere la parrucca bianca.
«Che cosa?»
Eris sorrise malignamente. «Hai sentito bene.»
«Non vi riguarda!» sostenne lui guardandola e arrossendo un po’.
«L’accordo.» rise la moretta imitando il suo tono da rimprovero.
Quella mocciosa…«A-Anche gli uomini devono mantenere controllata la loro libido, così da rispettare la donna con la quale si condivideranno gioie e dolori»
«In breve, lo sei» aggiunse lei, guadagnandosi uno sguardo di intensa rabbia mista ad imbarazzo.
Neanche il tempo di fare un’altra mossa che un altro pedone bianco finì divorato.
«Ma come-»
«Strategie. Quelle che le donne non hanno.» lo scimmiottò. «Allora, hai mai corteggiato una donna o ti hanno friendzonato tutte?»
«Friend- cosa?»
«Uhm…lascia stare» si stava decisamente divertendo.
«Non ho mai corteggiato una donna. Avevo cose più importanti da fare»
«Capisco perché la tua libido è rimasta sottochiave allora» fece le fusa facendolo imbarazzare di nuovo.
Vedere quel lato dell’uomo la rendeva quasi soddisfatta di se. Come lo era stata lei, ora era il suo turno di sentirsi preso in giro.
Dopo un paio di minuti, dove le mosse e le spinte erano decisamente più calcolate. I pedoni erano caduti, gli alfieri li seguivano e le domande si facevano più insistenti e spesso imbarazzanti.
«Ti piacciono i maschi o le femmine?»
«Ma che domande sono!?»
«Rispondi»
«Donne, ovviamente.»
«Si, certo. Vorresti dirmi che non provi nulla per Jack Sparrow?» rise Eris ma la reazione che ne seguì fu terribile.
Quell’intervento e quel nome avevano alterato terribilmente Cutler che l’aveva fissata con rancore.
«Sbaglio o avete detto di non venire da questo mondo?»
Lei deglutì. «E’ vero…»
«E allora come conoscete Sparrow!?» abbaiò guardandola attentamente. Se avrebbe avvertito qualsiasi sorta di menzogna l’avrebbe fatta davvero uccidere.
«I-Io so cose…alcune cose…su qualcuno» mormorò quasi vergognandosene.
«Cosa sapete di Sparrow?»
«Non era nell’accord-»
«Non stiamo più giocando. Dimmi cosa sapete.»
Si era davvero cacciata in un guaio.
«So quello che ti ha fatto, del tradimento arrecatoti. So che sei alla sua ricerca non solo per conto del Re Giorgio ma anche per tua vendetta e per trovare qualcosa che è suo al momento…» sputò coprendosi subito dopo la bocca con le mani.
Fortuna si era bloccata. Chissà che casino se gli avesse rivelato il futuro. Inoltre aveva già il cuore di Devy Jones? Non sembrava.
«Voi…come?» solo balbettò rimanendo con lo sguardo puntato sulla testa china della mora.
«Mi dispiace, Beckett. So solo alcune cose…»
Beckett rimase silenzioso per un attimo. Eris era certa che da un momento all’altro avrebbe chiamato Mercer e l’avrebbe fatta torturare per avere informazioni simili. Ne era in grado, dopotutto.
Ma l’unica cosa che l’uomo fece fu muovere il cavallo.
«E’ il vostro turno»
La Gallese boccheggiò un pochino, come prima aveva fatto l’altro, e mosse la propria pedina.
Perse il cavallo nero.
«Cosa sapete di me?»
«E’ una domanda molto ampia...» osservò, agitandosi. Aveva il re a pochi passi. Quell’uomo era davvero bravo come diceva. Avrebbe dovuto usare qualche altra strategia dato che l’ultima era stata neutralizzata.
«Sto aspettando»
«Il tuo passato. Le tue difficoltà a scuola, la discussione con tuo padre, la morte di tua madre e di tua sorella, le torture inflittoti dal pirata francese di cui non ricordo il nome, le difficoltà avute durante il percorso per diventare qualcuno di rispettabile, qualcuno che tuo padre avrebbe dovuto ammirare, il tradimento di Jack, la perdita della tua speranza di diventare qualcuno, il-»
«Basta…basta così.» sospirò lui muovendo un altro pezzo.
Proseguirono per un po’, mangiando pezzi e Cutler aveva deciso di non fare più domande, così come Eris stessa.
Beckett era diventato aggressivo nel gioco. Aveva preso ad asfaltare praticamente il lato nero senza preoccuparsi di altro. Aveva per la testa altri pensieri. Del perché e di come quella ragazza lo conosceva così bene.
Del perché fosse così teso all’improvviso. Così nudo davanti a qualcuno che lui decisamente non conosceva tranne il nome, l’età, l’aspetto e la preparazione scolastica.
Nudo come non era mai stato.
Sbarrò gli occhi. Aveva sbagliato mossa. Le aveva dato lo scacco al Re e non l'aveva sentita affatto.
«Scacco Matto»
Cutler si lasciò cadere contro lo schienale e guardò con i suoi occhi grigi il Cavallo Nero e il Re Nero circondare il suo Re Bianco non permettendogli di sfuggire senza essere mangiato. Aveva sacrificato inutilmente la sua regina e l'alfiere non avrebbe potuto proteggerlo.
Aveva perso puntando a eliminare cosa, in realtà?
«Beckett, sono quasi le undici»
Non era stanca ma guardare lo sguardo dell’uomo le aveva messo ansia e l’aveva quasi fatta sentire in colpa.
Forse semplicemente non doveva dirgli tutte quelle cose. Forse, rammentarle gli aveva fatto male. Anche se il suo cuore doveva essere fatto di ghiaccio probabilmente provava anche lui emozioni.
«Si, le mie scuse» si alzò dal tavolino e così fece Eris, rimanendo con lo sguardo incollato al suo.
«Vi accompagno nella vostra stanza, presumo che possiate perdervi»
Prima che potesse avanzare verso la porta la mora si sbilanciò in avanti e lo abbracciò di scatto.
Cutler rimase immobile, gelato sul posto, non sapendo minimamente cosa fare.
«Mi dispiace così tanto. Non so come dev’essere stato ma non oso nemmeno immaginarlo.»
Con un’espressione irritata le lanciò uno sguardo più glaciale possibile. «Staccatevi»
Nessuno l’aveva mai abbracciato prima se non sua sorella o sua madre, quando stava meglio.
Quelle braccia emanavano così tanto calore da mandarlo in fiamme. O erano le guance che stavano diventando lentamente più rosse di un pomodoro maturo?
Poi, scocciato da quella situazione e dalla non-reazione al suo ordine, Beckett si ricompose e distanziò la giovane mantenendo il suo solito sguardo freddo e annoiato.
«Seguitemi»
Eris aveva sentito Cutler rilassarsi nel suo abbraccio ma dalla reazione che ne aveva seguito crebbe quasi di esserselo immaginato.
Dopo aver salito delle scale e attraversato un lungo corridoio la ragazza decise di nuovo di spezzare il silenzio.
«Voglio fare un bagno freddissimo in un’immensa vasca da bagno!»
«Che cosa?» chiese l’uomo credendo di aver capito male le parole della giovane.
«Stai scherzando? Una vasca da bagno, amico! Sai, per lavarsi!»
Il Lord strabuzzò gli occhi per un attimo considerandola assolutamente e completamente pazza. «Seriamente, milady, se state cercando di uccidervi avete tutta la mia simpatia ma non è il modo più semplice quello che avete scelto»
«Che intendi dire?» domandò scocciata.
«I bagni d’acqua indeboliscono l’organismo e dilatano i pori. Se volete morire di qualche malattia almeno evitatelo di farlo in casa mia»
“In realtà è casa del Governatore Swann questa…”
«Morire di- aspetta,mi stai dicendo che voi…che tu…non vi-»
Era scioccata.
«Devo criptare quello che dite o vi è tanto complesso formare una frase con un senso compiuto?» sbuffò lui fermandosi a guardarla.
«Quindi non vi lavate…presumo…» storse le labbra.
«Uhm? Ovviamente mi lavo. State paragonando un nobile ad un lercio pirata?»
«Ma hai appena detto-»
«Avete affermato di voler fare un bagno freddo. Se venite a contatto con una malattia sconosciuta e incurabile, Miss Eris, dubito riusciremo a farvi rimanere in vita»
«E-era un modo di dire…»
«Domani mattina vi farò preparare un bagno caldo dalla domestica di turno.» Beckett tirò fuori una serie di chiavi incatenate tra loro in un cerchio di ferro. Con una delle tante aprì la porta davanti a lui e si scansò di lato per far passare Eris, invitandola ad entrare con un piccolo inchino.
«Io-grazie.»
«Di nulla. Ci vedremo domani mattina. Credo sia bene fare una visita in paese. Bisogna assolutamente comprare qualche indumento adatto alla vostra…persona» l’ultima parola la pronunciò quasi fosse difficile accettare che, davvero, la Gallese fosse una persona e non un demonio. Fece per andarsene e lasciarla sola quando si bloccò sulla soglia e la guardò da sopra la spalla, gli occhi improvvisamente più scuri del previsto e decisamente più cattivi.
«Ah, e Miss Eris…» la ragazza ebbe un brivido. «Fate parola con qualcuno di ciò che sapete e vi troverete appesa per il collo senza sapere né come né perché.»
Con quelle parole chiuse a chiave la porta e la mora fu libera di lasciar uscire il respiro che le si era bloccato in gola.
Quel tizio sapeva sicuramente come intimorire la gente nonostante la sua piccola statura.
  
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